Ai più attenti osservatori non sarà di certo sfuggito
uno spot pubblicitario martellante di una nota marca farmaceutica di termometri
per monitorare le possibilità di concepimento, trasmesso su tutte le reti
televisive commerciali. Nello spot si vede un uomo dalla pelle bianca in
ginocchio (posizione emblematica), che chiede alla sua compagna di colore di
concepire un figlio. Un esempio piuttosto esplicito di spot pubblicitario (non l’unico),
“schierato” a favore del meticciato e della mescolanza razziale che, “lapsus”
politici a parte, dovrebbe indignare tutti gli europei che vedono minacciata la
propria integrità razziale e non solo quella. E se qualcuno osa ancora tacciare
di razzismo chi avverte il pericolo di vedere le proprie radici etniche
vacillare a colpi di irresponsabili politiche di accoglienza e patetico
buonismo, una rinfrescata alla memoria storica può aiutare a mettere le cose
nella giusta prospettiva svelando alcuni retroscena che poco hanno a che fare
con un “volemose bene”, ma molto con un’articolata e organizzata pianificazione
di sottomissione globale. Già negli anni Trenta una cosa dovette risultare del
tutto chiara a ‘chi di dovere’: fino a che fossero rimasti degli stati
etnicamente/razzialmente ancora validi e più o meno omogenei, il
programma talmudico di conquista mondiale (attraverso interposti
lenoni/ruffiani/cristiani) sarebbe sempre stato in pericolo. Già dall’inizio degli anni Cinquanta, un rabbino ungherese poté
fare una significativa dichiarazione, non certo sua personale, ma che
rifletteva l’indirizzo di tutto il ‘popolo eletto’: “Vi posso assicurare che l’ultima generazione di bambini bianchi, o
se no la penultima, sta nascendo adesso: le nostre commissioni di controllo
favoriranno, nell’interesse della pace, il meticciato di bianchi con altre
razze. La razza bianca scomparirà, perché la mescolanza di bianchi con negri
significa la fine dell’uomo bianco, per cui il nostro più pericoloso nemico non
sarà più altro che un ricordo. Entreremo così in un’era di mille anni di pace e
prosperità, la pax judaica, e la nostra razza dominerà indiscutibilmente il
mondo. La nostra superiore intelligenza ci permetterà, sicuramente, di
conservare il nostro dominio su di un mondo di razze di colore.” Dei
‘precursori’ di questo tipo di idee non erano mancati. Il celebre massone
Richard Coudenhove-Kalergi proponeva negli anni Venti una futura Europa
di mulatti sotto egida ebraica, mentre Werner Sombart prevedeva,
per il secolo XXI, che gli Stati Uniti d’America sarebbero stati popolati quasi
esclusivamente da schiavi negri sotto la sferza di padroni ebrei – qualcosa di
analogo, ma fuori dall’Europa. Ecco dunque il nuovo piano ebraico –
assecondato, è chiaro, dai loro inservienti cristiani: quello del meticciato totale ossia ‘facciamo del
mondo una sola famiglia’ si vede spesso negli striscioni appesi all’entrata
delle chiese. Questo piano è portato avanti dalle istituzioni giuridiche
internazionali post-1945, nonché dalle chiese cristiane con esse in relazione
di sudditanza e collaborazione. Sergio Viera de Mello, amministratore delle
Nazioni Unite nel Kosovo, ebbe a dichiarare il 4 agosto 1999: “… i popoli razzialmente puri sono un
concetto nazista. Proprio contro questo concetto hanno combattuto gli alleati
nella seconda guerra mondiale… È per lo stesso motivo che la OTAN/NATO ha
combattuto in Kosovo… per impedire l’insorgere di un sistema di purezza etnica”.
Il crollo dell’Europa per
disfacimento razziale è certo una decisione definitiva presa dall’establishment
puritanese-ebraico americano e di riflesso a Bruxelles, capitale
dell’Europa/UE. Starà agli Europei, fino a che Europei in piedi ce ne saranno
ancora, opporsi a questo piano. Naturalmente, il fatto del meticciato in Europa
è strettamente legato a quello dell’immigrazione extracomunitaria e con la
denatalità europea. Molto recentemente, l’OCSE (Organizzazione per la
cooperazione e la sicurezza in Europa, un organo dell’UE) ha dichiarato che
bisogna incrementare l’immigrazione, perché i nuovi immigrati saranno necessari
come forza-lavoro dopo la ripresa dell’economia, raccomandando intanto che si
dia assistenza a quelli che, già presenti in Europa, sono rimasti senza lavoro.
Secondo Nick Farage esiste una manovra per fare entrare 50 milioni di immigrati
africani nell’Unione
Europea e all’uopo un ufficio collocamento è stato aperto nel Mali sin dal
2008. Secondo gli ‘economisti’ di Bruxelles, questi immigrati ci vogliono,
entro il 2050, “per compensare il crollo demografico europeo dovuto alla
denatalità”. Inoltre, in Europa ci sarebbero circa 8 milioni di
clandestini, che secondo l’OCSE dovrebbero essere visti con un occhio di
riguardo e certamente non espulsi. Anche se inizialmente furono pochi quelli
che seppero identificare ciò che stava dietro le quinte dei movimenti migratori
verso l’Europa provenienti dal Terzo Mondo, adesso non ci dovrebbero essere
misteri di alcun genere. A riguardo, tre gli ‘argomenti’ più rappresentativi
con cui gli immigrazionisti riescono ancora a ingannare parecchi sprovveduti,
dei quali molti presenti in Italia: (a)
“bisogna mantenere il livello numerico della popolazione europea che rischia
di diminuire come conseguenza della denatalità” – non si vede proprio
perché quel livello numerico deva essere mantenuto, soprattutto a costo di falsificare
la popolazione dell’Europa; (b) “anche gli europei sono emigrati nel
passato, adesso è doveroso aprire le nostre porte chi vuole emigrare”, chi
è rimasto in Europa anche in tempi difficili non ha alcun dovere verso coloro
che ‘accolsero’ (e qui ci si potrebbe dilungare) gli emigrati europei di altri
tempi; (c) il più falso e sfacciato: “saranno gli immigrati terzomondiali a
pagare le pensioni dei nostri vecchi, in mancanza di giovani autoctoni pagatori
di tasse in numero sufficiente”, i versamenti al fisco di una esigua
frazione degli extracomunitari non compensa il vuoto lasciato dagli
autoctoni non nati, senza contare i mastodontici costi sociali e sanitari
causati dalla presenza degli allogeni extracomunitari. Intanto, il traffico clandestino
di migranti “nuovi schiavi” è divenuto un affare criminoso che, a livello
mondiale, ha un gettito superiore a quello delle armi o della droga. Ma per i
mondialisti nessun problema. Bisogna offrire l’opportunità a tutti i popoli di
venire in Occidente per vedere riconosciuti i propri diritti, primo fra tutti
quello alla felicità (ammesso che sopravvivano sfruttati in baracche fetide e
fredde per pochi euro a giornata). Ma a chi viene a dirci che la società
‘multirazziale e multietnica’, cioè: la globalizzazione quindi, il facciamo di tutto il mondo una famiglia,
si può rispondere con tutta certezza che la storia non è teleologica e a farla
sono sempre gli uomini, finché ci saranno ancora uomini in piedi. E, in ogni
caso, al giorno d’oggi i mezzi tecnici per liberarsi dagli allogeni e
rispedirli indietro non mancherebbero bisognerebbe soltanto avere la
volontà di usarli. Il lato più pratico e tangibile della collaborazione, da
parte della Chiesa Cattolica postconciliare, con la volontà ebraica di
globalismo e meticciato, è stato anche, forse, il più ‘naturale’ da parte
vaticana e monoteista in generale. Questo è stato confermato anche
dall’enciclica vaticana che sollecita una ‘vera autorità politica mondiale’,
sussidiaria a un governo della globalizzazione concorde con quanto
prospettato dalle Nazioni Unite; mentre all’ebreo Giuseppe Montini/Paolo VI
viene riconosciuto il merito di avere accolto l’ideale cristiano di
‘un’unica famiglia dei popoli’ (‘facciamo di tutto il mondo una famiglia’). I
cristiani devono favorire il processo di integrazione planetaria, rendendola
prefiguratrice della città vera, senza barriere (popperiana ‘società
aperta’). Più espliciti non si potrebbe essere, ma questo ha degli antecedenti:
per esempio, il giubileo dell’anno 2000 fu chiuso da Karol Wojtyła/Giovanni
Paolo II con un appello per fare dell’Europa un continente multietnico e
multiculturale. I partiti di sinistra, in Europa, sopravvivono soltanto per inerzia,
usufruendo del voto di vecchi habitué, ma in ogni caso la loro situazione è instabile; essi sono dei residuati,
‘intellettuali’ e burocratici del dopoguerra. La loro unica possibilità di
sopravvivenza (cioè: di prolungamento del possesso di posti burocratici da
parte delle corrispondenti nomenklature), a medio-lunga scadenza, è
quella di scatenare una nuova ‘lotta di classe’ nella quale il ‘proletariato’
sarà costituito dagli immigrati di colore e la ‘borghesia’/’nemico teologico’
sarà l’europeo di razza bianca, per quanto povero egli possa essere. Perciò la
sinistra politica attuale è lanciata a testa bassa verso uno sfrenato
immigrazionismo terzomondiale. Ciò le sinistre portano avanti in parallelo con
l’attacco contro la piccola e media industria e a favore dei dinosauri
megaindustriali ma che, nella loro Weltanschauung di tipo ‘rivoluzione
industriale’, rappresentano il passo intermedio fra la realtà fattuale e il
Paese dei Balocchi di pinocchiesca qualità. Secondo l’appena menzionato Pier
Luigi Bersani, l’industria (italiana) soffre di ‘familismo’ e di ‘nanismo’,
mentre è proprio vero che la piccola industria, spesso familiare, manda avanti,
al 70%, l’economia. In termini generali, la differenza fra
sinistra/marxismo e ‘non-sinistra’, adesso come adesso, si riduce
fondamentalmente al campo dell’immigrazione: la sinistra vorrebbe una valanga
di immigrati di colore, indipendentemente dagli effetti sociali che questo
fenomeno potrebbe avere per le genti autoctone; la ‘non-sinistra’ vorrebbe
fermare o per lo meno limitare quella valanga. In questo contesto la
sinistra fa letteralmente tutt’uno
con i neocattolici. L’antico anticlericalismo di sinistra è completamente
scomparso. Ci si può immaginare una futura fusione fra quella che adesso è
la sinistra politica e i residui di quelle che ancora si autoqualificano chiese
cristiane, per dare origine, nel campo del politico, a una ‘nuova sinistra’/’nuovo cristianesimo’, una creatura mostruosa
intenta a diffondere un nuovo vangelo “riadattato”. Intanto la sinistra in Europa continua la sua
missione di sempre come fattore destabilizzante a favore dell’‘Usrael’
(Usa/Israele). Nel 2000, l’ambasciatrice americana, tale Kathryn Walt Hall, in
Austria ebbe la sfacciataggine di dichiarare, durante una sua conferenza
all’università di Klagenfurt, che
l’America non era d’accordo con le
politiche di Jörg Haider e che
l’Europa doveva cambiare la
sua cultura per
accomodarsi al globalismo e al multiculturalismo. Haider,
governatore della Carinzia e leader dell'estrema destra, rimase vittima di uno strano incidente d'auto otto anni dopo,
nel 2008. Haider, 58 anni, viaggiava da solo. Per cause mai ben accertate ha
perso il controllo del veicolo, che è sbandato e si è ribaltato, finendo in una
scarpata a circa dieci chilometri da Klagenfurt. Haider ha riportato ferite
alla testa e lesioni interne ed è morto poco dopo. Per oltre 20 anni è stato un
personaggio determinante per la politica austriaca anche se, dopo un periodo
nell'ombra, era tornato sulla scena pubblica solo negli ultimi anni, facendo
discutere tra l'altro per le sue tendenze xenofobe che avevano provocato
l'intervento sanzionatorio da parte dell'Unione Europea. La sua formazione
politica ultra-nazionalistica, l'Alleanza per il Futuro dell'Austria, alle
ultime elezioni aveva ottenuto una forte affermazione. A dieci anni dalla
scomparsa di Haider, l’Austria ha un nuovo leader di estrema destra: Sebastian
Kurz, un giovane trentenne dalle idee molto chiare su cosa vuole, ma
soprattutto su cosa non vuole fare del suo paese, e cioè un covo di disadattati
e sprovveduti “estirpati” con la forza dai loro paesi d’origine per soddisfare
il piano visionario di un’unica famiglia
globale. Una visione caotica e
delirante di un futuro che non si potrà mai realizzare senza il consenso del
Popolo Europeo fiero delle proprie origini razziali.
CINZIA
PALMACCI
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