mercoledì 12 settembre 2018

QUALCOSA DI GROSSO STA PER ACCADERE


Un'escalation militare in Siria basata su pure menzogne avrebbe terribili conseguenze per i Siriani, ha dichiarato un volontario francese della ONG "Noi siamo supereroi" che ha vissuto circa tre anni ad Aleppo. Si chiama Pierre Le Corf, e a Russia Today ha rilasciato un'intervista nella quale dice che Washington sembra determinata a prolungare la guerra a tutti i costi. "Quello che può accadere può essere catastrofico", ha detto. "Possiamo vedere cosa stanno cercando di fare gli americani. Due anni fa abbiamo lanciato circa 30 Tomahawk [missili] lanciati nel paese, un anno fa abbiamo ottenuto cento missili dalla Francia, dall'America e dal Regno Unito, e ora sappiamo che qualcosa di grosso sta per accadere ... Non vogliono vedere la fine della guerra finire". Le Corf ha osservato che gli Stati Uniti vogliono prolungare la guerra ad ogni costo perché probabilmente teme che se Idlib cadrà, la Siria nordoccidentale sarà il prossimo - che è attualmente controllata dalle forze armate statunitensi e dai suoi delegati. Il volontario francese ha anche respinto l'affermazione secondo cui "ribelli moderati" avevano controllato Aleppo Est prima che fosse liberato dall'esercito siriano nel 2016. 
"Ho sentito paesi, come il mio paese, la Francia, chiamare ribelli queste persone - e ancora oggi a Idlib li chiamano " ribelli "-  ma non è vero. La maggior parte delle persone sono terroristi", ha aggiunto il volontario francese. Washington ha ripetutamente avvertito che intraprenderebbe un'azione militare se Damasco usasse armi chimiche a Idlib, con l'inviata degli Stati Uniti all'ONU Nikki Haley annunciando addirittura che gli Stati Uniti già sanno chi è responsabile di eventuali futuri attacchi di gas. La Russia ha affermato di essere in possesso di informazioni di intelligence secondo cui i preparativi per un attacco con armi chimiche sotto falsa bandiera, compiuti da jihadisti con l'aiuto di sponsor stranieri, sono già in corso.


CINZIA PALMACCI

Fonte:







IL DITO E LA LUNA

L’Italia è davvero un paese strano, tra i più strani del mondo. Mentre si continua a recuperare gente in mare nonostante la chiusura dei porti da parte del governo, che era stato sempre chiaro sulla linea dura da adottare verso il problema annoso dell'immigrazione clandestina, le navi della Marina Italiana continuano imperterrite ad attraccare nei porti siciliani con il loro carico di "nuovi schiavi". Ma la cosa più assurda è che di tutto questo la magistratura non ha fatto altro che attribuirne la colpa al ministro Salvini. Avete capito bene, ad un ministro della Repubblica Italiana accampando accuse assurde: sequestro di persona, arresto illegale e abuso d'ufficio, insieme al suo capogabinetto. La procura di Agrigento ha ipotizzato anche i reati di sequestro di persona a scopo di coazione, in quanto secondo i magistrati il titolare del Viminale avrebbe impedito lo sbarco per fare pressione sull'Ue in direzione della ridistribuzione dei migranti; e l'omissione d'atti di ufficio poiché avrebbe ignorato la richiesta della Guardia Costiera di un porto sicuro, indicando Catania solo come scalo tecnico. Il procuratore Luigi Patronaggio ha intenzione di assicurare ai migranti che erano a bordo della 'Diciotti' la piena tutela legale e la possibilità di costituirsi in giudizio contro il ministro dell'Interno. Abbiamo capito bene? Patronaggio intende far costituire i migranti della Diciotti parte lesa in un processo contro Salvini, ammesso che gli immigrati sulla Diciotti capiscano cosa voglia dire "costituirsi parte lesa" in un processo (ci vorrà più tempo a farglielo capire che a mettere su un processo). Anche se i tempi della giustizia, in questo caso, immaginiamo saranno brevissimi nonostante la conclamata generale controtendenza della giustizia in Italia. Il fatto è che se un avvocato andasse in aula arringando su accuse di questo tipo, il giudice potrebbe sollevare molte opportune obiezioni. Trattandosi di un ministro nel pieno delle sue funzioni, le decisioni vengono prese dopo un'attenta valutazione delle circostanze e delle conseguenze giuridiche e politiche, ma sempre avendo cura di dare la priorità a scelte che pongano la sicurezza nazionale e il bene della comunità, che un ministro della Repubblica ha il dovere e l'onore di rappresentare e difendere prima di ogni altra cosa. Quello che invece ha omesso di fare la Guardia Costiera italiana alla quale in primis andrebbe contestato un atteggiamento di assoluta omissione quando, ignorando completamente le direttive del governo sulla chiusura dei porti, ha continuato a raccogliere i migranti costringendo il governo a far attraccare la nave per non essere accusato di omissione di soccorso. L'unica cosa che si potrebbe contestare al governo in carica, è di aver adottato una politica ondivaga e non abbastanza chiara sull'immigrazione. Quando il governo ha deciso di chiudere i porti, avrebbe anche dovuto adottare un opportuno blocco navale per evitare ambasce di questo tipo. E’ evidente che la Guardia Costiera non prende ordini dal governo in carica, ma continua “nostalgicamente” a seguire la linea politica del governo precedente silurato il 4 marzo dalla volontà popolare. Pertanto, sarebbe legittimato il governo in carica a procedere giudizialmente contro la Guardia Costiera per aver ignorato gli ordini precisi di Toninelli e Salvini rispettivamente ministro delle Infrastrutture, dal quale la Guardia Costiera dipende, e ministro degli Interni, ai quali compete vegliare sulla sicurezza interna del paese a cominciare dalla difesa dei confini nazionali. E’ altrettanto assurda l’accusa mossa a Salvini di aver usato la questione della nave Diciotti per far pressione sull’UE circa la redistribuzione dei migranti, perché l’Unione Europea è già di per se colpevole nell’aver omesso di rispettare una sfilza di trattati internazionali sulle migrazioni, a cominciare dal trattato sui diritti fondamentali dell’uomo. I migranti sbarcati finora sulle coste italiane sono migliaia, troppi per assicurare a tutti una permanenza dignitosa sul territorio italiano, che per estensione territoriale e problemi interni, non è in grado di potersi assumere altri carichi e incombenze. Il risultato disastroso è l’abbandono dei migranti a se stessi in balìa della criminalità autoctona, che li sfrutta e li costringe ad accettare condizioni di vita che nessun essere umano sarebbe in grado di sopportare. L’unica colpa del ministro Salvini è quella di operare per evitare che altri esseri umani possano subire la stessa sorte. Ma a muovere accuse contro Salvini ci si è messo anche Macron, strenuo difensore della politica inerte dell’UE, che non può permettersi di dare lezioni a nessuno dati i suoi 40000 respingimenti in atto in questi giorni. Insomma, sia la magistratura italiana che l’Unione Europea si stanno limitando ad indicare la luna guardando il dito.

CINZIA PALMACCI



IMMIGRAZIONE TRA MINACCE E PREVARICAZIONI ISTITUZIONALI

Adesso la parola d’ordine a bordo delle navi stipate di immigrati è: minacciare il personale per costringerlo ad attraccare in Italia. Il caso della nave Diciotti è emblematico. Facinorosi a bordo hanno minacciato l’equipaggio di farsi portare in Italia, perché appare sempre più evidente il “piano” di invasione dell’Italia come unico paese europeo costretto da politiche complici e scelte scellerate a farsi carico completamente del problema, mentre gli altri paesi UE recitano la pantomima del “not in my garden”, cioè non nei miei confini, non a casa mia. Ma andiamo a conoscere il problema dell’immigrazione di massa in modo più approfondito attraverso l’esperienza e la conoscenza a fondo della materia di Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università di Torino, che ribalta molti luoghi comuni. In un’intervista molto interessante, spiega che chi sbarca o viene traghettato sulle nostre coste, arrivando prevalentemente dall’Africa subsahariana, per la stragrande maggioranza dei casi non è un profugo. E nemmeno un povero in fuga dalla fame. Ma un giovane maschio, spesso appartenente al ceto medio, che non scappa da guerre o persecuzioni. “La maggior parte di chi lascia l’Africa subsahariana per l’Europa non scappa né dalla guerra né dalla povertà estrema”, spiega la professoressa Bono. «I dati dicono che dall’inizio dell’anno il numero di persone che hanno fatto domanda di asilo politico, e che hanno ottenuto risposta positiva, si assesta intorno al 4%. Significa che tutti gli altri non rientrano nei parametri previsti dalla convenzione di Ginevra, quindi non sono persone che hanno lasciato il loro Paese sotto la minaccia di perdere la libertà o la vita: non sono persone perseguitate». La docente spiega come i costi elevatissimi dell’emigrazione clandestina contraddicono la tesi dei profughi “per la fame”. Chi vuole venire in Europa deve mettere insieme 4mila, 5mila o 10mila dollari per potersi appoggiare a un’organizzazione di trafficanti che provveda all’espatrio. Cifre appunto elevatissime soprattutto se rapportate ai redditi medi dei Paesi di provenienza. Chi arriva generalmente appartiene al ceto medio o medio basso, comunque per la gran parte non si tratta di indigenti. C’è chi risparmia, chi si fa prestare il denaro dai parenti, chi paga a rate, chi vende una mandria, però i soldi ci sono, i trafficanti vogliono essere pagati in contanti. È gente che ha una disponibilità economica. In Africa i veri profughi sono milioni e milioni ma la quasi totalità di coloro che ottengono asilo non lascia il continente. I profughi sono più di 60 milioni, dato del 2015, di cui 41 milioni sono profughi interni, sfollati. Quando si vive in uno stato di conflitto o di pericolo ci si allontana solo il minimo indispensabile per mettersi al sicuro, pensando di poter fare ritorno a casa propria. La maggior parte delle persone si allontana restando all’interno dei confini nazionali, mentre un’altra porzione di persone oltrepassa i confini per essere ospitata nei campi dell’Unhcr anche per lungo tempo, come per il caso della Somalia. Benché la diaspora somala sia una delle più numerose al mondo, a causa di vent’anni di instabilità e del terrorismo di Al Shaabab, solo una parte dei profughi è fuggita all’estero: la gran parte ha oltrepassato i confini nazionali riparando nel vicino Kenya. Spesso, e in malafede, telegiornali, grande stampa e larga parte della politica insistono nel parlare erroneamente di “sbarchi di profughi o rifugiati” come fossero sinonimi. Si tratta di un errore voluto, perché c’è la tendenza ad affermare che chiunque lasci il proprio Paese abbia una forma di disagio e dunque abbia il diritto di essere ospitato. Questo approccio si traduce in ciò che vediamo: centinaia di migliaia di persone in marcia per arrivare in Europa. Molti dei quali non sono indigenti e per la maggior parte, circa l’80%, sono giovani uomini di età non superiore ai 35 anni. Poi c’è una fetta crescente di minori non accompagnati, metà dei quali non si sa che fine faccia. Si parla tanto di accoglienza e poi si lasciano sparire 5mila bambini nel nulla. L’esodo è favorito anche da una sorta di propaganda. Infatti, nei Paesi dell’Africa subsahariana esistono pubblicità che incitano ad andare in Italia, spiegando che qui è tutto gratis. E in effetti lo è. Se continuiamo ad andarli a prendere a poca distanza dalle coste africane la situazione non potrà che peggiorare. In Grecia non sbarca quasi più nessuno da quando è stato siglato l’accordo con la Turchia. Se chi pensa di venire in Italia ha la certezza di essere rimandato indietro, non avendo le caratteristiche per ottenere l’asilo, alla fine desiste. In molti si chiedono perché i migranti non raggiungono gli stati europei in aereo visto che costa anche meno. Ebbene, per poter fare domanda di asilo politico o di asilo umanitario in uno stato europeo bisogna essere fisicamente presenti sul territorio di questo stato. Questo vuol dire che non è possibile inoltrare una richiesta di asilo ad uno stato europeo da un’ambasciata di questo paese in uno stato terzo. Non esiste neanche la possibilità di avere un permesso temporaneo per giungere nel paese di propria scelta per poter chiedere asilo. L’unico modo per raggiungere un paese europeo che promette di garantire diritti e assistenza, come ha fatto la Svezia per prima nel 2013, è quello di usufruire di mezzi illegali e pericolosi e di affidare se stessi e la propria famiglia ai trafficanti di persone. Questo, per chi è in Egitto ed in Libia e per la maggior parte dei siriani, significa arrivare via mare. I trafficanti di esseri umani hanno come primo ed unico interesse il profitto economico e cercano quindi di guadagnare il più possibile stipando fino al limite centinaia di persone in barconi in pessime condizioni. Chi arriva via mare in Europa e sulle coste italiane rischiando la vita, non lo fa né perché è conveniente né per nascondersi dalle autorità, lo fa perché le leggi europee sull’immigrazione non gli permettono di fare altrimenti. Oltre a questo da tenere in seria considerazione sono i professionisti che ruotano intorno al fenomeno, cioè psicologi, mediatori culturali, operatori, medici ecc… tutti professionisti che ricavano un profitto dall’immigrazione. Ma dei quasi 3.000 stranieri che sbarcano a Lampedusa ogni giorno, purtroppo solo una piccola parte avranno diritto allo status di profugo. Anche sulla nave Diciotti, una buona parte di imbarcati non ha diritto allo status di profugo, nonostante ciò, l’ordine di far sbarcare tutti i migranti a bordo è arrivato direttamente da Palazzo Chigi. Subito dopo esser rientrato a Roma da Bruxelles, il premier Giuseppe Conte ha ricevuto la chiamata del Presidente Sergio Mattarella sulla vicenda della nave Diciotti. Subito dopo, secondo l’Adnkronos, il presidente del Consiglio ha chiamato i ministri Matteo Salvini e Danilo Toninelli per risolvere la situazione. Fonti del Viminale esprimono «stupore» per la telefonata del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella al premier Conte in merito alla vicenda della nave Diciotti. Le stesse fonti esprimono «rammarico» per la decisione della procura di Trapani di non emettere alcun provvedimento restrittivo. L’atteggiamento di Mattarella ha stupito perché si è di fatto sostituito al ministro dell’Interno Salvini, approfittando anche della sua assenza dall’Italia. Senza voler polemizzare sull’agire del ministro Toninelli, che non sembra più rispettare la linea dura che la Lega ha da sempre manifestato nel voler trattare l’anomalo fenomeno migratorio. Qualcosa a livello istituzionale comincia a non funzionare se ognuno comincia a prendere iniziative in ordine sparso. E se quel satanasso di Soros, attraverso le solite complicità italiane, avesse trovato un escamotage per mettere fuori combattimento il governo italiano?
CINZIA PALMACCI
  



IL GLOBAL COMPACT SULL’IMMIGRAZIONE GIOCA AL RIBASSO CON I DIRITTI UMANI 
 

“Since earliest times, humanity has been on the move. Some people move in search of new economic opportunities and horizons. Others move to escape armed conflict, poverty, food insecurity, persecution, terrorism, or human rights violations and abuses. Still others do so in response to the adverse effects of climate change, natural disasters (some of which may be linked to climate change) or other environmental factors. Many move, indeed, for a combination of these reasons”. Questo è il testo dell'introduzione del documento uscito dal meeting di alto livello sull’immigrazione dei rifugiati (purtroppo non sono tutti rifugiati e la semplificazione è quantomeno sospetta), tenutosi nel settembre 2016 all’ONU. Al punto 1 si legge che sempre più persone emigrano dai loro paesi in cerca di migliori condizioni economiche ed opportunità, sdoganando la figura del "migrante economico" che, a differenza di quelli che fuggono da conflitti, persecuzioni e terrorismo (anche se i terroristi di casa loro ce li ritroviamo anche in Europa), non hanno diritto allo status di rifugiato politico, e dunque non sono autorizzati a restare sul territorio di approdo. Ma la trappola di questo documento, che sarà sottoposto al voto di ratifica in ottobre, è proprio questa: quella di azzerare ogni speranza di poter regolamentare in patria il flusso ormai allarmante di migranti che arrivano sulle nostre coste. E' necessaria un'azione energica di contrasto da parte dell'opinione pubblica e del governo attraverso raccolte di firme o lo strumento democratico del referendum, perché le comunità ospitanti hanno il diritto di decidere ed essere parte attiva nella soluzione di questo annoso problema, che coinvolge gli interessi economici, politici e sociali dei paesi ospitanti. Il Global Compact, sulla carta, si prefigge di concordare i criteri basilari per una migrazione internazionale «disciplinata, sicura, regolare e responsabile». Nella Dichiarazione è posta un’attenzione specifica ai bisogni di donne, bambini e delle persone che necessitano di assistenza sanitaria, il riconoscimento e l’incoraggiamento degli apporti positivi dei migranti e dei rifugiati allo sviluppo sociale, la garanzia che il loro benessere rappresenti la priorità nei progetti di sviluppo, la garanzia di un finanziamento adeguato, flessibile e prestabilito. Il Patto però prevede anche impegni specifici in relazione sia ai rifugiati che ai migranti, con un maggiore sostegno ai Paesi e alle comunità che ospitano il maggior numero di rifugiati. Altri impegni riguardano la creazione di posti di lavoro e di sistemi per favorire l’accesso al reddito per i rifugiati e le comunità ospitanti. Abbiamo capito bene, se ratificato, il Patto prevede anche di occuparsi non solo delle garanzie legittime a favore dei rifugiati, ma anche dei migranti generici, quelli cioè che si riversano sulle nostre coste per i motivi più disparati, ma che con le tutele giuridiche del diritto internazionale e costituzionale dei singoli paesi, hanno poco o nulla a che vedere. Per non parlare dell’accesso al reddito, che diventa sempre più una chimera per i popoli ospitanti che non fanno più figli perché per loro non sono previste politiche di aiuto alla natalità, mentre dei migranti c’è bisogno perché fanno figli al posto nostro e, per giunta, ci pagano pure le pensioni! Intanto, di tasca nostra, li manteniamo nei centri d’accoglienza a 35 euro al giorno, che ormai in Italia non te li guadagni neanche con una giornata di lavoro, quando c’è. Secondo il Global Compact “dobbiamo accogliere” senza se e senza ma. Ma intanto arriva anche il ritiro americano dal Patto globale sui migranti mentre il Consiglio di Sicurezza dell’Onu intensifica le riunioni sulle migrazioni. L’America si muove in direzione opposta al mondo. La direzione del mondo va verso la condivisione delle sfide globali, o meglio, globaliste e “glebaliste” dei servi della gleba pronti a tutto pur di lavorare e campare, pure farsi sfruttare dalle mafie. Perché sono questi i lavori che gli Italiani “non vogliono più fare”, per dirla con alcuni politicanti e mass mediologi. Ma, in fondo, gli Africani illusi poi disillusi che ne sanno dei nostri problemi? A loro se parli di mafia, parli di un’opportunità di sopravvivenza, l’unica che gli resta. L’America che gli promettevano sui barconi è lontana, e anche lei sta chiudendo le frontiere...
CINZIA PALMACCI     


SI SCRIVE “LOBBY” SI LEGGE “LOGGIA”
Le famigerate lobbies sono oramai una parte importante del processo decisionale in diversi ambiti. Un processo a cui prendono parte suggerendo, dettando, modificando provvedimenti che, dal punto di vista formale, saranno comunque ineccepibili. Ma che cos'è una lobby? Facciamo un po' di chiarezza. Il sostantivo lobby deriva dal latino medievale laubia - "tribuna", da cui deriva "loggia" - che fa la sua comparsa nella lingua inglese nella seconda metà del XIV secolo. Lobby indica un lungo corridoio posto di fronte ad una stanza, adibita ad accogliere le persone. In ambito politico, il termine compare in Inghilterra nel 1640 a indicare uno spazio aperto, presente all’interno della Camera dei Comuni, in cui si potevano incontrare gli esponenti del governo, in modo tale da poter interloquire senza nessun disturbo. Intorno al 1808 questa parola viene utilizzata anche nel contesto istituzionale statunitense, fino al punto di diventare comune nel linguaggio politico. In particolare, divenne d’uso comune il termine di conio giornalistico lobby-agents, a indicare un gruppo di persone che ricercavano favori dai membri del Congresso. L'attività di questi attori è detta lobbying. Oggi, il lobbying è considerato un processo, posto in essere da un soggetto rappresentativo di un interesse socialmente legittimato, finalizzato a influenzare gli orientamenti e le scelte del decisore pubblico e dei suoi influenti. Il lobbying gode però di pessima reputazione presso l’opinione pubblica, perché spesso sconfina nell’attività di chi, disponendo di maggiori risorse, investe danaro per piegare alla propria volontà l’operato dei legislatori e dei funzionari pubblici. È questa una delle accuse più ricorrenti rivolte alle lobby dell’azzardo. Accuse provenienti anche da sedi istituzionali. Davanti ai continui, e riusciti, tentativi di disinnescare dispositivi di legge di contrasto alla cosiddetta ludopatia, il 19 dicembre del 2013, l’allora Ministro della Sanità Renato Balduzzi affermò: «siamo in presenza di un assalto delle lobby», riferendosi in particolare a quella dell’azzardo. La situazione non sembra cambiata se, esattamente un anno dopo le parole di Balduzzi, il 20 dicembre 2013, un altro ex Ministro, stavolta degli Interni, Roberto Maroni dichiarava: «la potente lobby gioco d'azzardo ha colpito ancora». Il lobbismo può essere definito in termini generali come «l’insieme delle tattiche e strategie con le quali i rappresentanti dei gruppi di interesse- i lobbisti- cercano di influenzare a beneficio dei gruppi rappresentati la formazione ed attuazione delle politiche pubbliche». L’attività di lobbying è però un processo più complesso della semplice trasmissione di informazioni perché prevede l’impiego di diversi mezzi di persuasione da parte dei lobbisti, alcuni dei quali possono essere preferiti ad altri, e tra loro coordinati con diverse modalità a seconda della necessità. Inoltre, l’attività di lobbying non si ferma alla fase di preparazione ed approvazione, ma può essere continuata anche nella fase di attuazione della politica pubblica, durante la quale l’interpretazione della legge si traduce spesso in un suo adattamento alle caratteristiche dei fruitori finali del provvedimento che si adoperano per adeguarlo alle loro specifiche esigenze. L’Unione Europea ha fornito una definizione di lobby e lobbismo, ma nulla dice sulla figura del lobbista: «Per lobbismo si intendono tutte le attività svolte al fine di influenzare l’elaborazione delle politiche e il processo decisionale delle istituzioni europee. Pertanto, i lobbisti vengono definiti come persone che svolgono tali attività e che lavorano presso organizzazioni diverse, come ad esempio le società di consulenza in materia di affari pubblici, gli studi legali, le ONG, i centri di studi, le lobby aziendali (rappresentanti “interni”) o le associazioni di categoria». Contrariamente avviene degli Usa, dove il Lobbying Disclosure Act del 1995 precisa che con il termine “lobbista” si intende qualsiasi persona dipendente o ingaggiata da un cliente dietro compenso finanziario per servizi che includano più di un contatto lobbistico e che lo impieghino almeno il 20% del tempo di lavoro prestato a quel cliente in sei mesi. In Italia, le lobbies agiscono nell’ombra sia per l’assenza di una specifica regolamentazione, sia per la centralità assunta nel sistema dai partiti politici. Non c'è mediazione, in Italia, che non passi da un partito o da un uomo di partito o da un funzionario di parastato comunque legato a un partito (il che spiega anche l'altissimo livello di concussione). Da queste concause deriva una sistematica mancanza di trasparenza del meccanismo decisionale che necessiterebbe di una legislazione ad hoc al fine di regolamentarne forme e modalità nell’ottica di un’assoluta trasparenza.
Rapporti tra massoneria, lobbies e finanza
Il massone italiano Gioele Magaldi scrive che Edmund Burke era un “massone britannico”; a lui e a Joseph de Maistre si rifanno le super logge conservatrici (intitolate a questi due personaggi) in contrapposizione con quelle progressiste. Esistono svariate associazioni paramassoniche e mondialiste che sono delle vere e proprie super logge, le quali affiancano le semplici logge e le dirigono. Per esempio la Fabian Society, la Pilgrims Society, la Mont Pelerin Society, il RIIA, il CFR, il Bilderberg Group, la Trilateral Commission, il Gruppo Altiero Spinelli rappresentano questo variegato mondo di super logge, lobbie o think-tank (serbatoi di cervelli pensanti) che governano il mondo politico tramite l’alta finanza e la filosofia massonico/liberale (sia conservatrice sia progressista). Anche Mario Draghi apparterrebbe alla super loggia conservatrice Edmund Burke. Un’altra super loggia conservatrice e oligarchica è la Heritage Foundation di Washington, che è uno dei think-tank più influenti degli Usa, fondato nel 1973 durante la Presidenza (1968-1974) del repubblicano Richard Nixon. Essa si prefigge di “elaborare e promuovere strategie politiche basate sui principi del libero mercato, della limitazione dell’intervento statale, delle libertà dell’individuo, dei valori americani tradizionali e della difesa nazionale statunitense”. Come si vede il programma della Heritage Foundation è molto simile a quello del Bilderberg, della Trilateral della Mont Pelérin Society, e del Club di Roma. Contrariamente a ciò che si pensa comunemente, esiste un’altra tradizione anarchica, che non è socialista, ma che è individualista e liberale. La Mont Pelerin Society è una lobby o super loggia liberista e conservatrice molto potente composta da economisti, filosofi ed uomini politici molto influenti, riuniti in un club, o meglio una retro loggia, per influenzare la politica interna ed estera degli Usa e GB e promuovere un mercato ed una finanza “assolutamente liberi” da ogni ingerenza dello Stato e dell’etica. La suddetta Society è nata in Svizzera, presso le terme di Mont Pelerin, da cui ha preso il nome, il 10 aprile del 1947. La Mont Pelerin Society ha sempre cercato di passare agli occhi dell’opinione pubblica come un’innocua accademia di studiosi e non un think-tank (“serbatoio di cervelli pensanti” capaci di cambiare il mondo) politico/finanziario di tendenza anti cattolico-romana, fortemente democraticista, liberale, liberista e libertaria, quale realmente è. Uno dei suoi obiettivi è la creazione di un “Ordine Internazionale o Mondiale”, che salvaguardi la Libertà (intesa come un assoluto ed un fine e non come un mezzo per raggiungere il Fine ultimo), la Pace (americana) e le Relazioni Economiche Internazionali, ossia il potere dell’alta finanza mondiale, delle Banche e la globalizzazione mondialista anglo/americana. Tra i suoi membri, oltre a Milton Friedman, figurano anche Friedrich August von Hayek, Ludwig von Mises, Karl Popper, Walter Lippman, e, per l’Italia, Luigi Einaudi, Antonio Martino, Bruno Leoni. Tra i 76 consiglieri economici del Presidente statunitense Ronald Reagan ben 22 erano della Mont Pelerin Society. Dalla Mont Pelerin Society è nato il pensiero neocon, che ha influenzato la politica estera e la finanza americana dagli anni Ottanta sino all’Amministrazione Bush jr (2008) e continua in maniera strisciante ancor oggi ad influenzare il Presidente statunitense Trump, con le relative guerre geopolitiche di esportazione della democrazia in paesi come Iraq e Siria, e il default o fallimento della finanza mondiale grazie ai mutui ad alto rischio, concessi dalla Federal Reserve (Banca Centrale) americana, che non potevano essere pagati dai “beneficiari”, i quali perdevano i risparmi e la casa. Questo default o fallimento è arrivato sino all’Europa, che ne è stata infettata e si trova in una crisi finanziaria mai vista prima, neppure nel 1929. Magaldi riassume bene la questione degli opposti liberismi massonici (conservatori e progressisti): «Nel 1974, due eminenti massoni affiliati sia alla Three Eyes che alla Edmund Burke ottennero una risonanza internazionale pari a quella conquistata dai confratelli, di campo diverso, John Rawls premio Nobel per l’economia nel 1971 e Milton Friedman nel 1976. Si tratta del massone Friedrich von Hayek premio Nobel per l’economia nel 1974 e il massone Robert Nozick».
Conclusioni
Dunque tra lobby e loggia esiste una perfetta assonanza non solo etimologica, ma anche finalistica. Ben preoccupanti sono le reti di connivenze che fanno capo a faccendieri e lobbisti vari, massoneria affaristica, finanza laica e vaticana, giornalismo al soldo, ecc… “Questa è la potentissima rete della corruzione che tocca interessi finanziari, industriali, della comunicazione, degli armamenti, nazionali e internazionali. In una parola, la corruzione alligna nelle oligarchie. Per combatterla davvero, ci vuole democrazia”, per dirla come il costituzionalista Zagrebelsky in un’intervista al Fatto Quotidiano. Già, la democrazia. Proprio quella forma di partecipazione popolare alle scelte politiche di un paese così invisa ai “signori del Nuovo Ordine Globale”. Se dovessimo ricercare una definizione sintetica su cosa si intenda per “Ordine Globale” e potere finanziario, non sarebbe sbagliato andare a ricercare quanto scritto da alcuni studiosi e teorici statunitensi, fra cui spicca per le sue teorie, scritte intorno agli anni ’60, Carroll Quigley. Questi, che era uno docente e studioso statunitense appartenente al circolo dei consiglieri di Washington, nella sua opera “Tragedia e Speranza”, aveva scritto allora che “...Il potere del Capitalismo finanziario ha un obiettivo trascendentale che è quello di creare un sistema di controllo finanziario globale in mano ad una élite in grado di dominare il sistema politico di ogni paese e l’economia mondiale come un tutto unico”. Per fare fronte all’imperialismo aggressivo delle centrali che vogliono istaurare il Nuovo Ordine Mondiale, bisogna fare leva su un pensiero forte che riscopra la sovranità e la dignità dei popoli, l’attaccamento alle proprie radici ed alla propria cultura. Non c’è altra strada o altro percorso, ed è proprio quello che dovremmo pretendere dal prossimo governo.
CINZIA PALMACCI