giovedì 28 novembre 2019

Siamo entrati in un periodo di transizione

Sei progetti contraddittori per l’ordine mondiale 


di Thierry Meyssan 

Le sei maggiori potenze mondiali affrontano la riorganizzazione delle relazioni internazionali in maniera funzionale ai propri esperimenti e sogni. Con prudenza si adoperano per difendere i propri interessi prima di portare avanti la loro visione del mondo. Thierry Meyssan descrive le rispettive posizioni prima dello scontro. 

Il ritiro degli Stati Uniti dalla Siria, benché immediatamente rettificato, indica che Washington vuole certamente smettere di essere il gendarme del mondo, l’impero da cui nessun Paese può prescindere. Senza esitazione ha sovvertito ogni principio che regola le relazioni internazionali. Siamo entrati in un periodo di transizione in cui ogni grande potenza persegue un nuovo programma. Ecco i principali. 


I tre grandi 



Gli Stati Uniti d’America 

Il crollo dell’Unione Sovietica avrebbe potuto causare anche quello degli Stati Uniti, giacché i due imperi si sorreggevano a vicenda. Non è accaduto. 

Con l’operazione “Tempesta del deserto” George Bush senior si assicurò che Washington diventasse leader mondiale incontrastato, indi smobilitò un milione di soldati e proclamò che il fine americano sarebbe stato la ricerca della prosperità. 

Le società transnazionali suggellarono perciò un patto con Deng Xiaoping al fine di far produrre le merci agli operai cinesi, retribuiti un ventesimo di quelli statunitensi. Ne conseguirono un notevole sviluppo del trasporto internazionale delle merci e la progressiva scomparsa di posti di lavoro nonché delle classi medie statunitensi. 

Il capitalismo industriale fu soppiantato dal capitalismo finanziario.Alla fine degli anni Novanta Igor Panarin, professore all’Accademia diplomatica russa, analizza il crollo economico e psicologico della società statunitense. 

Prevede la disintegrazione degli USA, sul modello di quanto avvenuto con l’insorgenza dei nuovi Stati in Unione Sovietica. Per evitare il collasso, Bill Clinton svincolò il Paese dal diritto internazionale, facendo aggredire la Jugoslavia dalla NATO. 

Lo sforzo si rivelò insufficiente, sicché personalità statunitensi pensarono di adattare il Paese al capitalismo finanziario e organizzare con la forza gli scambi internazionali in modo tale che gli anni a venire fossero “un nuovo secolo americano”. 

Con George Bush figlio, gli Stati Uniti abbandonarono la posizione di nazione leader per tentare di trasformarsi in potere unipolare assoluto. Lanciarono la “guerra senza fine”, o “guerra al terrorismo”, per distruggere, una a una, ogni struttura statale del Medio Oriente Allargato. Barack Obama proseguì l’opera, associandovi una frotta di alleati. 

Una politica che portò frutti, di cui però beneficiarono in pochissimi: i “super-ricchi”. 

Gli statunitensi reagirono eleggendo Donald Trump alla presidenza dello Stato federale. Trump ruppe con i predecessori e, come Michail Gorbaciov in Unione Sovietica, tentò di salvare gli USA sgravandoli degli impegni più onerosi. Rilanciò l’economia, incoraggiando le industrie nazionali a discapito di quelle che avevano delocalizzato posti di lavoro. Sovvenzionò l’estrazione del petrolio di scisto e acquisì il controllo del mercato mondiale degli idrocarburi, nonostante il cartello di OPEP e Russia. Consapevole che le forze armate USA sono innanzitutto un’enorme burocrazia che sperpera un budget colossale per risultati risibili, smise di sovvenzionare Daesh e PKK, negoziando con la Russia un percorso per far cessare la “guerra senza fine” riportando il minor danno possibile. 


Negli anni a venire gli Stati Uniti saranno prioritariamente sospinti dalla necessità di economizzare sugli interventi all’estero, persino di abbandonarli, se necessario. La fine dell’imperialismo non è una scelta, bensì una questione esistenziale, un riflesso di sopravvivenza.


La Repubblica Popolare di Cina 

Dopo il tentativo di colpo di Stato di Zhao Ziyang e il sollevamento di Tienanmen, Deng Xiaoping intraprese il “viaggio verso sud”. Annunciò che la Cina avrebbe continuato sulla strada della liberalizzazione economica, stipulando contratti con le multinazionali USA. 

Jiang Zemin proseguì l’opera. La costa si trasformò in “officina del mondo”, dando inizio a un gigantesco sviluppo economico. Ripulì progressivamente il Partito comunista dei suoi maggiorenti e fu attento a che i posti di lavoro ben retribuiti si propagassero all’interno del Paese. 

Hu Jintao, mosso dall’intenzione di realizzare una “società armoniosa”, abrogò le tasse che gravavano i contadini delle regioni interne, non ancora toccate dallo sviluppo economico. Non riuscì però a sottomettere i poteri regionali e affondò in una vicenda di corruzione. 

Xi Jinping si propose di aprire nuovi mercati attraverso il titanico progetto di vie commerciali internazionali, le “vie della seta”. Un progetto maturato però troppo tardi giacché, a differenza dell’antichità, la Cina non ha prodotti originali da offrire, bensì gli stessi delle società transnazionali, venduti però a prezzo inferiore. Il progetto, accolto come una manna dai Paesi poveri, è invece temuto da quelli ricchi, che si apprestano a sabotarlo. 

Xi Jinping sta rioccupando tutti gli isolotti del Mar della Cina, abbandonati con il crollo dell’Impero Qing e l’occupazione degli otto eserciti stranieri. Consapevole della potenzialità distruttiva degli Occidentali, la Cina si allea con la Russia e si preclude ogni iniziativa politica internazionale. 


Negli anni a venire la Cina dovrebbe consolidare la propria posizione nelle istituzioni internazionali, tenendo però presente quanto nel XIX secolo le inflissero gl’imperi coloniali. Dovrebbe vietarsi d’intervenire militarmente e rimanere una potenza rigorosamente economica.


La Federazione di Russia 
Con il crollo dell’URSS i russi credettero che si sarebbero salvati aderendo al modello occidentale. In realtà l’équipe di Boris Eltsin, formata dalla CIA, organizzò il saccheggio dei beni collettivi da parte di pochi. In due anni un centinaio di persone, al 97% provenienti dalla minoranza ebrea, si accaparrarono quanto poterono e divennero miliardari. Questi nuovi oligarchi si combatterono in una battaglia spietata, condotta a colpi di mitra e attentati nel cuore di Mosca, mentre il presidente Eltsin faceva bombardare il parlamento. 

Senza un vero governo, la Russia era un relitto. Capibanda e jihadisti armati dalla CIA organizzarono la secessione della Cecenia. Il livello e la speranza di vita crollarono. Nel 1999 il direttore dell’FSB, Vladimir Putin, salvò il presidente Eltsin da un’inchiesta per corruzione, ottenendo in cambio la nomina a presidente del Consiglio dei ministri; una posizione che Putin utilizzò per costringere il presidente a dimettersi e per farsi eleggere al suo posto. 

Putin mise in atto una vasta politica di ricostruzione dello Stato: mise fine alla guerra in Cecenia e abbatté sistematicamente tutti gli oligarchi che si rifiutarono di piegarsi allo Stato. Il ritorno dell’ordine significò altresì la fine del sogno occidentale dei russi. Livello e speranza di vita si risollevarono. Ripristinato lo stato di diritto, dopo due mandati consecutivi Vladimir Putin non poté ricandidarsi. Per la sua successione sostenne uno scialbo professore di diritto, adulato dagli Stati Uniti, 

Dimitri Medvedev. Non aveva però intenzione di lasciare il potere in mani deboli, sicché si fece nominare primo ministro fino alla successiva rielezione come presidente, nel 2012. Persuasa, a torto, che la Russia stesse nuovamente affondando, la Georgia attaccò l’Ossezia del Sud, trovando però immediatamente la strada sbarrata dal primo ministro Putin, che ebbe così l’opportunità di toccare con mano lo stato pietoso dell’armata rossa. Grazie all’effetto sorpresa Putin riuscì comunque a vincere. Rieletto presidente si dedicò immediatamente a riformare la Difesa. Mandò in pensione centinaia di migliaia di ufficiali, spesso disillusi, nonché in alcuni casi alcolizzati, e mise a capo della Difesa il generale tuvano (turcofono di Siberia), Sergei Shoigu. 

Adottando un modo di gestione tradizionale russo, Vladimir Putin separò il budget civile da quello militare: il primo votato dalla Duma, il secondo segreto. Ripristinò la ricerca militare, proprio mentre gli Stati Uniti decisero di non aver più bisogno d’investirvi. Prima di dispiegare la nuova armata rossa in soccorso della Siria testò grandi quantità di nuove armi. Le collaudò in situazione di combattimento e decise quali produrre e quali abbandonare. Organizzò una rotazione trimestrale delle truppe affinché tutte, una dopo l’altra, fossero addestrate. 

La Federazione Russa, che nel 1991 era ridotta a niente, in diciotto anni è diventata la prima potenza militare mondiale. Contemporaneamente Putin utilizzò il colpo di Stato in Ucraina per riprendersi la Crimea, territorio russo che Nikita Krusciov aveva amministrativamente legato all’Ucraina. 

Di conseguenza dovette fronteggiare una campagna di sanzioni agricole dell’Unione Europea, ma seppe cogliere l’occasione per organizzare una produzione interna autosufficiente. Putin strinse un’alleanza con la Cina imponendole di modificare il progetto delle vie della seta per integrarvi le esigenze di comunicazione del territorio russo, al fine di fondare un “Partenariato dell’Eurasia Allargata”. 
Negli anni a venire la Russia tenterà di riorganizzare le relazioni internazionali su due basi: separare i poteri politici e religiosi; riformare il diritto internazionale sui principi formulati dallo zar Nicola II. 


Gli europei dell’occidente

Regno Unito di Gran Bretagna e d’Irlanda del Nord 
Dopo la caduta dell’URSS il Regno Unito sottoscrisse con riserva il trattato di Maastricht: il primo ministro conservatore, John Major, voleva profittare dello Stato sovranazionale in costruzione tenendone però al di fuori la sterlina. 

Sicché fu per lui una buona notizia che George Soros avesse attaccato la valuta inglese, costringendola a uscire dallo SME (“serpente monetario” [accordo stipulato nel 1972 dagli Stati della CEE per mantenere un margine di fluttuazione predeterminato e ridotto tra le valute comunitarie e tra queste e il dollaro]). Il successore di Major, il laburista Tony Blair, restituì piena indipendenza alla Banca d’Inghilterra e pensò di abbandonare l’Unione Europea per aderire al NAFTA [Accordo Nordamericano per il Libero Scambio, North American Free Trade Agreement]. 

Trasformò la tutela degli interessi del proprio Paese sostituendo al rispetto del Diritto Internazionale il riferimento ai Diritti Umani. Si fece promotore delle politiche USA di Bill Clinton, poi di George Bush junior, incoraggiando e giustificando l’allargamento dell’Unione Europea, la “guerra umanitaria” contro il Kosovo, nonché il rovesciamento del presidente iracheno Saddam Hussein. Nel 2006 elaborò il piano delle “primavere arabe”, che sottopose agli USA. 

Gordon Brown esitò a perseverare in questa politica e tentò di recuperare un margine di manovra, ma fu investito dalla crisi finanziaria del 2008, che riuscì comunque a superare. David Cameron, insieme a Barack Obama, mise in atto il piano Blair-Bush delle “primavere arabe”, segnatamente la guerra contro la Libia, ma alla fine riuscì solo in parte a portare al potere i Fratelli Mussulmani nel Medio Oriente Allargato. Diede le dimissioni dopo il voto a favore della Brexit, quando però non era più all’ordine del giorno l’adesione al NAFTA. 

Theresa May avrebbe voluto che la Brexit riguardasse l’uscita dallo Stato sovranazionale, istituito dal Trattato di Maastricht, ma non l’uscita dal mercato a esso anteriore. Fallì e fu sostituita dal biografo di Winston Churchill, Boris Johnson, che decise di uscire totalmente dall’Unione Europea e di riattivare la tradizionale politica estera del regno: lottare contro ogni Stato concorrente del continente europeo. 
Se Boris Johnson resterà al potere, negli anni a venire il Regno Unito dovrebbe tentare di aizzare, l’una contro l’altra, Unione Europea e Federazione di Russia.


La Repubblica francese 

François Mitterrand non capì lo smembramento dell’URSS, spingendosi fino a sostenere il putsch dei generali contro il presidente russo Mikhail Gorbaciov. Vi scorse in ogni caso l’opportunità di costruire uno Stato sovranazionale europeo, sufficientemente vasto da misurarsi con Stati Uniti e Cina, ponendosi così in continuità con il tentativo napoleonico. 

Insieme al cancelliere Helmut Kohl promosse la riunificazione della Germania, nonché il Trattato di Maastricht. 

Preoccupato per il progetto di fondazione degli Stati Uniti d’Europa, il presidente Bush senior – fautore della “dottrina Wolfowitz” per prevenire l’insorgenza di un nuovo sfidante della leadership degli Stati Uniti – costrinse Mitterrand ad accettare che l’UE fosse protetta dalla NATO e venisse allargata agli Stati ex membri del Patto di Varsavia. 

Mitterrand sfruttò la coabitazione e il ministro gollista dell’Interno Charles Pasqua per combattere i Fratelli Mussulmani, che la CIA aveva imposto in Francia e che l’MI6 utilizzava per allontanare la Francia dall’Algeria. Jacques Chirac ebbe cura di implementare la potenza dissuasiva francese, portando a termine gli esperimenti nucleari nel Pacifico prima di passare alle simulazioni e di firmare il Trattato sulla messa al bando degli esperimenti nucleari (Comprehensive Test Ban Treaty – CTBT). 

Contemporaneamente adattò le forze armate francesi alle necessità della NATO, abolendo il servizio militare obbligatorio ed entrando nel Comitato militare (di pianificazione) dell’Alleanza. 

Sostenne l’iniziativa della NATO contro la Jugoslavia (guerra del Kosovo), ma – dopo aver letto e studiato L’incredibile menzogna [1] – si mise a capo dell’opposizione mondiale all’aggressione dell’Iraq. Una vicenda che consentì a Chirac di legarsi al cancelliere Schröder e far progredire lo Stato sovranazionale europeo, da lui sempre concepito come strumento d’indipendenza, aggregato attorno alla coppia franco-tedesca. Scosso dall’assassinio del partner in affari Rafic Hariri, il presidente francese si rivoltò contro la Siria, indicata dagli Stati Uniti come mandante dell’uccisione. 

Annunciando una politica radicalmente diversa, Nicolas Sarkozy mise le forze armate francesi al comando degli Stati Uniti, attraverso il Comando integrato della NATO. 

Tentò di allargare la zona d’influenza francese organizzando l’Unione per il Mediterraneo; progetto che però non funzionò. 

Fece esperimenti rovesciando Laurent Gbagbo in Costa d’Avorio e, benché fosse stato surclassato dalle primavere arabe di Tunisia ed Egitto, mettendosi a capo dell’operazione NATO contro Libia e Siria. Tuttavia, con senso realistico prese atto della resistenza siriana e si ritirò dalle operazioni. 

Portò avanti il progetto di costruzione degli Stati Uniti d’Europa facendo adottare il Trattato di Lisbona dal parlamento, nonostante gli elettori avessero respinto lo stesso testo sotto il nome di “Costituzione europea”. Il Trattato di Lisbona, col pretesto di modificare le istituzioni di un’Unione Europea di 27 Stati per renderle più efficienti, ha trasformato in realtà profondamente lo Stato sovranazionale, autorizzandolo a imporre la propria volontà agli Stati membri. 

Arrivato al potere senza preparazione, François Hollande si collocò, con una certa rigidità, nella scia di Nicolas Sarkozy e ne adottò l’ideologia. Firmò tutti i trattati negoziati dal predecessore – incluso il Patto di stabilità europeo che permetterà di sanzionare la Grecia – aggiungendovi ogni volta, quasi a scusarsi del voltafaccia, dichiarazioni per esprimere il proprio punto di vista, ma senza carattere vincolante. 

Autorizzò così l’installazione di basi militari NATO sul territorio francese, mettendo fine in modo definitivo alla dottrina gollista d’indipendenza nazionale. Ancora, proseguì la politica di aggressione contro la Siria, lanciandosi in un rilancio verbale, salvo poi non far nulla che non fosse su ordine della Casa Bianca. Affidò una missione in Sahel all’esercito francese, rendendola di fatto forza suppletiva di terra dell’AfriCom. Infine giustificò la Borsa di scambio dei diritti d’emissione di CO2 con l’Accordo di Parigi sul clima. 

Eletto grazie al fondo d’investimento statunitensi KKR, Emmanuel Macron è innanzitutto un difensore della globalizzazione secondo Bill Clinton, George Bush junior e Barack Obama. Ciononostante ha rapidamente adottato il punto di vista di François Mitterrand e di Jacques Chirac, secondo cui uno Stato sovranazionale europeo permetterà alla Francia di continuare a svolgere un ruolo internazionale conseguente, come però adattato da Sarkozy-Hollande: l’unione deve consentire l’assoggettamento. 

Due linee di condotta che talvolta portano Macron a contraddirsi, soprattutto di fronte alla Russia, ma che si ricongiungono nella condanna del nazionalismo degli Stati membri dell’Unione Europea, di una Brexit breve, nonché della volontà di ripristinare gli scambi commerciali con l’Iran. 


Negli anni a venire la Francia dovrebbe misurare le proprie decisioni in base al loro impatto sull’edificazione dell’Unione Europea. Cercherà prioritariamente di fare blocco con ogni potenza che lavori in questo senso.


La Repubblica federale tedesca 

Il cancelliere Helmut Khol scorse nello smembramento dell’impero sovietico l’opportunità di riunire le due Germanie. Ottenne il via libera dalla Francia, in cambio del sostegno tedesco al progetto di moneta unica dell’Unione Europea, l’euro. Ottenne anche il consenso degli Stati Uniti, che vi videro un mezzo indiretto per far entrare l’esercito della Germania dell’Est nella NATO, nonostante fosse stato promesso alla Russia che la Repubblica Democratica tedesca non vi avrebbe aderito. 

Realizzata l’unificazione della Germania, il cancelliere Gerhard Schröder pose la questione del ruolo internazionale del Paese, ancora non ripresosi dalla disfatta della seconda guerra mondiale. Sebbene la Germania non fosse più militarmente occupata dalle quattro grandi potenze, cionondimeno ospitava enormi contingenti USA, la sede dell’EUCom nonché, in seguito, quella dell’AfriCom. 

Schröder utilizzò la guerra “umanitaria” contro il Kosovo per impiegare legalmente, per la prima volta dal 1945, le truppe tedesche fuori del Paese. Rifiutò però di riconoscere questo territorio conquistato dalla NATO come Stato. A fianco del presidente francese Chirac, s’impegnò altresì fermamente contro la guerra statunitense-britannica in Iraq, ribadendo che non esistevano prove dell’implicazione del presidente Saddam Hussein negli attentati dell’11 Settembre. 

Tentò d’influire sulla costruzione di un’Unione Europea su basi pacifiche. Rafforzò anche i rapporti energetici con la Russia e propose un’Europa federale sul modello tedesco, che includesse a termine anche la Russia, scontrandosi però con la Francia, molto attaccata a un progetto di Stato sovranazionale. 

La cancelliera Angela Merkel è ritornata invece alla politica del suo mentore, Helmut Khol, che nell’arco di una notte, da responsabile della Gioventù comunista della Germania Democratica, l’issò a capo del governo della Germania federale. Sotto stretta sorveglianza della CIA, che non sapeva bene come inquadrarla, 

Merkel ha consolidato i legami della Germania con Israele e Brasile. Nel 2013, su proposta di Hillary Clinton, ha chiesto a Volker Perthes di studiare la possibilità di rafforzare le forze armate tedesche per far loro svolgere un ruolo centrale nel CentCom, qualora gli Stati Uniti avessero spostato le proprie truppe verso l’Estremo Oriente. Ha ordinato che venisse studiato il modo per gli ufficiali tedeschi d’inquadrare le forze armate dell’Europa centrale e orientale e ha chiesto a Volker Perthes di predisporre un piano per la capitolazione della Siria. 

Molto attaccata alle strutture atlantiste ed europee, ha preso le distanze dalla Russia e sostenuto il colpo di Stato nazista in Ucraina. 

Ha preteso, in nome dell’efficienza, che l’Unione Europea potesse imporsi agli Stati membri più piccoli (Trattato di Lisbona). Durante la crisi finanziaria greca Merkel ha assunto un atteggiamento molto duro e ha mosso con pazienza le proprie pedine nella burocrazia europea per far eleggere Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea. 

Quando gli Stati Uniti si sono ritirati dalla Siria, ha immediatamente reagito proponendo alla NATO che le truppe statunitensi fossero sostituite da quelle tedesche, conformemente al piano del 2013. 


Negli anni a venire la Germania dovrebbe favorire i possibili interventi militari nella cornice della NATO, in particolare in Medio Oriente, e diffidare del progetto di uno Stato sovranazionale europeo centralizzato. 
Fattibilità 
È molto strano sentir parlare oggi di “multilateralismo” e “isolazionismo”, di “universalismo” e “nazionalismo”. Sono problemi che non si pongono dato che, sin dalla conferenza dell’Aia del 1899, si è consapevoli che il progresso delle tecniche rende tutte le nazioni solidali. Questa verbosità male nasconde la nostra incapacità a prendere atto dei nuovi rapporti di forza e a immaginare un ordine del mondo il meno ingiusto possibile. 

Soltanto le tre grandi potenze possono sperare di aver i mezzi per realizzare la propria politica. Esse possono raggiungere i propri fini senza fare la guerra, ma soltanto seguendo la linea russa che si fonda sul Diritto Internazionale. Tuttavia, il pericolo di un’instabilità politica interna negli Stati Uniti ora più che mai fa serpeggiare la minaccia di uno scontro generalizzato. 

Lasciando l’Unione, i britannici si sono messi nella condizione di dover ricongiungersi agli Stati Uniti (cosa che Donald Trump rifiuta), pena la sparizione politica. Germania e Francia, nazioni in declino, non hanno altra scelta che costruire l’Unione Europea. Per il momento valutano in modo diverso il tempo a disposizione e la immaginano in modi fra loro incompatibili; il che potrebbe indurle a smembrare l’Unione Europea.

LITURGIA DEL GIORNO

La Liturgia di Giovedi 28 Novembre 2019
Giovedì della XXXIV settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde


Antifona d'ingresso
Il Signore parla di pace
al suo popolo, e ai suoi fedeli
e a quanti ritornano a lui con tutto il cuore. (Sal 85,9)


Colletta
Ridesta, Signore, la volontà dei tuoi fedeli
perché, collaborando con impegno alla tua opera
di salvezza,
ottengano in misura sempre più abbondante
i doni della tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


PRIMA LETTURA (Dn 6,12-28)
Dio ha mandato il suo angelo che ha chiuso le fauci dei leoni.


Dal libro del profeta Daniele

In quei giorni, alcuni uomini accorsero e trovarono Daniele che stava pregando e supplicando il suo Dio. Subito si recarono dal re e gli dissero riguardo al suo decreto: «Non hai approvato un decreto che chiunque, per la durata di trenta giorni, rivolga supplica a qualsiasi dio o uomo all’infuori di te, o re, sia gettato nella fossa dei leoni?». Il re rispose: «Sì. Il decreto è irrevocabile come lo sono le leggi dei Medi e dei Persiani». «Ebbene – replicarono al re –, Daniele, quel deportato dalla Giudea, non ha alcun rispetto né di te, o re, né del tuo decreto: tre volte al giorno fa le sue preghiere».
Il re, all’udire queste parole, ne fu molto addolorato e si mise in animo di salvare Daniele e fino al tramonto del sole fece ogni sforzo per liberarlo. Ma quegli uomini si riunirono di nuovo presso il re e gli dissero: «Sappi, o re, che i Medi e i Persiani hanno per legge che qualunque decreto emanato dal re non può essere mutato».
Allora il re ordinò che si prendesse Daniele e lo si gettasse nella fossa dei leoni. Il re, rivolto a Daniele, gli disse: «Quel Dio, che tu servi con perseveranza, ti possa salvare!». Poi fu portata una pietra e fu posta sopra la bocca della fossa: il re la sigillò con il suo anello e con l’anello dei suoi dignitari, perché niente fosse mutato riguardo a Daniele. Quindi il re ritornò al suo palazzo, passò la notte digiuno, non gli fu introdotta nessuna concubina e anche il sonno lo abbandonò.
La mattina dopo il re si alzò di buon’ora e allo spuntare del giorno andò in fretta alla fossa dei leoni. Quando fu vicino, il re chiamò Daniele con voce mesta: «Daniele, servo del Dio vivente, il tuo Dio che tu servi con perseveranza ti ha potuto salvare dai leoni?». Daniele rispose: «O re, vivi in eterno! Il mio Dio ha mandato il suo angelo che ha chiuso le fauci dei leoni ed essi non mi hanno fatto alcun male, perché sono stato trovato innocente davanti a lui; ma neppure contro di te, o re, ho commesso alcun male».
Il re fu pieno di gioia e comandò che Daniele fosse tirato fuori dalla fossa. Appena uscito, non si riscontrò in lui lesione alcuna, poiché egli aveva confidato nel suo Dio. Quindi, per ordine del re, fatti venire quegli uomini che avevano accusato Daniele, furono gettati nella fossa dei leoni insieme con i figli e le mogli. Non erano ancora giunti al fondo della fossa, che i leoni si avventarono contro di loro e ne stritolarono tutte le ossa.
Allora il re Dario scrisse a tutti i popoli, nazioni e lingue, che abitano tutta la terra: «Abbondi la vostra pace. Per mio comando viene promulgato questo decreto: In tutto l’impero a me soggetto si tremi e si tema davanti al Dio di Daniele,
perché egli è il Dio vivente,
che rimane in eterno;
il suo regno non sarà mai distrutto
e il suo potere non avrà mai fine.
Egli salva e libera,
fa prodigi e miracoli in cielo e in terra:
egli ha liberato Daniele dalle fauci dei leoni».


Parola di Dio


SALMO RESPONSORIALE (Dn 3)
Rit: A lui la lode e la gloria nei secoli.


Benedite, rugiada e brina, il Signore.
Benedite, gelo e freddo, il Signore.


Benedite, ghiacci e nevi, il Signore.
Benedite, notti e giorni, il Signore.


Benedite, luce e tenebre, il Signore.
Benedite, folgori e nubi, il Signore.


Benedica la terra il Signore,
lo lodi e lo esalti nei secoli.


Canto al Vangelo (Lc 21,28)
Alleluia, alleluia.
Risollevatevi e alzate il capo,
perché la vostra liberazione è vicina.
Alleluia.


VANGELO (Lc 21,20-28)
Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.


+ Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.
Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».


Parola del Signore


Preghiera dei fedeli
La creazione geme nelle doglie del parto, nell'attesa che Dio crei cieli nuovi e terre nuove e la liberi da ogni schiavitù e caducità. Preghiamo dunque Dio, che ha il potere di fare nuova ogni cosa, e diciamo:

Liberaci, o Signore.


Da ogni divisione religiosa, ideologica e politica che alimenta l'antagonismo, i pregiudizi e la violenza fra i popoli. Preghiamo:
Da ogni paura che la Chiesa ha di essere rinnovata e purificata per vivere in semplicità il vangelo. Preghiamo:
Dalla durezza del cuore che si chiude alle necessità dei nostri fratelli e ai segni di Dio nella nostra vita. Preghiamo:
Dalla tristezza che impedisce di guardare con meraviglia e gratuità le opere del creato e, attraverso di esse, adorare Dio creatore. Preghiamo:
Da tutto ciò che ferisce la nostra comunità, impedendole di vivere serenamente l'amicizia con Dio e bloccando il dialogo e la fiducia fra le persone. Preghiamo:
Dall'egoismo che impedisce il nascere di nuove vite.
Dall'accidia che non considera il dolore altrui. Preghiamo: Liberaci o Signore


O Dio, principio e fine di ogni cosa, aiutaci a comprendere il tuo piano salvifico e collaboravi docilmente e generosamente, perché l'umanità vada incontro al tuo Cristo benedetto, che vive e regna con te nei secoli dei secoli. Amen.


Preghiera sulle offerte
Accogli, Signore, questi santi doni
che ci hai comandato di offrire in tuo onore,
perché, obbedienti alla tua parola,
diventiamo anche noi un’offerta a te gradita.
Per Cristo nostro Signore.


Antifona di comunione
Popoli tutti, lodate il Signore,
perché grande è il suo amore per noi. (Sal 117,1.2)


Oppure:
“Ecco, io sono con voi tutti i giorni
sino alla fine del mondo”, dice il Signore. (Mt 28,20)


Preghiera dopo la comunione
O Dio, che in questi santi misteri
ci hai dato la gioia di unirci alla tua stessa vita,
non permettere che ci separiamo mai da te,
fonte di ogni bene.
Per Cristo nostro Signore.


Commento
C'è un fortissimo contrasto fra la descrizione che Gesù fa degli avvenimenti ultimi, di sconvolgimento del cielo e della terra, e la sua esortazione finale: "Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina". Invece di spaventarsi, i credenti devono essere nella gioia, nell'attesa della vicina liberazione.
Questo passo del Vangelo mi fa pensare a un fatto personale.
Durante la guerra lavoravo in una polveriera per i nazisti, e il nostro campo vi era vicinissimo.
Una notte fummo svegliati dal rombo degli aerei e da enormi luci nel cielo e fuggimmo a piedi verso la campagna.
Mentre correvo sentivo i miei compagni che gridavano spaventati; io invece provavo una grande esultanza: quegli aerei erano contro i nostri nemici e preparavano la liberazione.
E pensavo proprio a questo Vangelo: "Quando cominceranno ad accadere queste cose, levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina", e l'ho capito meglio.
Così ogni tribolazione è foriera di vittoria, se in essa siamo docili alla potenza dello Spirito che tutto rinnova; così la sofferenza della morte è liberazione verso Cristo, nella vita per sempre. Pensiamo alle parole di san Paolo: "Desidero essere sciolto dal corpo, per essere con Cristo...".
Facciamo nostra questa visione cristiana, che legge gli avvenimenti alla luce della fede e della speranza.
Esternamente non cambierà nulla, ma noi saremo sempre nella pace, quella portataci da Gesù risorto.