giovedì 20 febbraio 2020

“Le baby squillo di oggi non ci scandalizzano…”



L'ORA DI SATANA DI PADRE LIVIO FANZAGA I PARTE

II PARTE

BABY SQUILLO, MINORENNI ALCOLIZZATI, BULLISMO, PEDOFILIA, PORNOGRAFIA IN CHAT ECC....LA SOCIETA' GIOVANILE MODERNA DEI SENZA DIO. I GIOVANI VULNERABILI E PRIVI DI VALORI SONO LE PRIME VITTIME DEL DEMONIO CHE LI ATTIRA VERSO IL SATANISMO E LA MORTE. 


Siamo dinanzi a dei giovani che hanno ormai perso molti valori morali, nei decenni scorsi indispensabili. Ma qualcuno che continua a mantenere saldi punti di riferimento c’è. Sono i ragazzi che si impegnano e partecipano attivamente alle attività sociali. Ragazzi nei quali albergano ancora il senso e la voglia di aiutare il prossimo, di fare del bene. E noi riponiamo ogni speranza futura su di loro e su genitori ed educatori vigilanti e zelanti nel bene.



“Pornobimbe, cosi ci chiamano i ragazzi”, affermano Caterina e Francesca (pseudonimi di convenienza), quattordicenni romane, mentre sono impegnate a “messaggiare” con il loro telefonino di ultima generazione. Alzano appena lo sguardo, quasi in segno di sfida. Verso chi hanno di fronte e verso il mondo.


Non è il titolo di un nuovo film hard di Tinto Brass. Ma, come racconta una delle giovanissime, “un soprannome ambito”. Appena la smette di martellare il suo cellulare, si scusa dicendo che “avendo postato un selfie su Instagram, volevo controllare il numero di like ottenuti”.

Le vedi a Ponte Milvio, a Vigna Clara e a Piazza Euclide. Riconoscerle è semplice: atteggiamento da donne vissute, truccate in maniera vistosa, tacco 12 cm, borsa firmata, così come tutti i vestiti. Sembrano grandi, a guardarle. Ragazze molto belle, provocanti nella maggior parte dei casi. Donne a tutti gli effetti. Ma ad osservarle meglio, dietro tutto quel mascara e quel fard, sono delle bambine. Bambine che giocano a fare le adulte, con vizi ed atteggiamenti da non credere. Degrado più totale ed abitudini perverse. Dal sesso alla droga, passando per alcool e tatuaggi. Ad aver contribuito a creare questo “mostro” è stata sicuramente la serie di “Romanzo Criminale”. Molte giovani sono così affascinate da quella fiction e da quel modo di vivere, che vogliono a tutti i costi diventare una sorta di giovane Patrizia per farsi conquistare dal Dandi di turno.

Non basta avere l’armadio “giusto” per essere degna di un soprannome del genere: “prima di tutto se sei una porno bimba, sicuramente sarai fighissima, perciò i ragazzi ti chiameranno per fare delle orge. Se vuoi essere una di loro devi accettare e devi fare sesso di gruppo. Di solito due amici più te”. Fa una pausa, quasi per vedere l’espressione sul viso del suo interlocutore. Riparte con lo sconcertante racconto…

Le orge

Partiamo da qui, dalla cosa probabilmente più incredibile e impensabile. Ebbene si, molte ragazze minorenni partecipano a delle orge sessuali. E se domandi loro cosa pensano dello scandalo “baby squillo”, Caterina e Francesca ti rispondono che non ci vedono nulla di così osceno, che di ragazze così ce ne sono moltissime. Che è un fenomeno diffuso.

Il sesso molto spesso lo praticano con ragazzi più grandi, ogni tanto, ma non così di rado maggiorenni. Ed in gruppo. Una ragazzina e due uomini. Due ragazzine e tre uomini…Di tutto, di più. “Si inizia perché la cosa è trasgressiva, accattivante e ci fa sentire più adulti”. La voce poi si inizia a spargere, la cosa piace sempre di più e gli incontri sono più frequenti. “Diventa praticamente un’abitudine”, continuano le giovani. Il tutto accompagnato da cocaina, che si sposa perfettamente con il sesso. “Quella non può mancare mai nei giochi più erotici”. Ma le ragazze sono tutte minorenni? “Nella maggior parte dei casi si. Se non lo sono, hanno compiuto i 18 anni da poco”.

“Al diciottesimo di una mia amica è arrivata una torta incredibile, a forma di fallo gigante”, le parole di una delle due Pornobimbe. “Gliel’abbiamo organizzata noi questa sorpresa, ovviamente i genitori erano d’accordo”, il racconto choc di una di loro. E di fronte allo scetticismo ti danno la prova provata.

Spaccio

Se le orge delle quattordicenni non fossero elemento sufficiente per scandalizzarsi, basta sentirne parlare alcune di queste quattordicenni. Basta fare loro alcune domande, ed il “tema caldo” dello spaccio esce subito fuori. Molte di loro, forse non vendono il corpo, ma certamente spacciano per comprarsi vestiti firmati e apparire più grandi. Altre lo fanno “perché fa figo”, o perché “tanto siamo donne e a noi non ci beccano mai”. E quando chiedi se i genitori sanno qualcosa ti rispondono di no, che non sanno nulla. Allora viene spontaneo domandare come facciano i familiari, sapendo che la loro figlia non lavora, e di conseguenza nemmeno guadagna, a non sospettare nulla. “Se lo sanno non chiedono, fanno finta di nulla”. Preferiscono non fare domande, dunque. Molti di questi genitori hanno problemi a relazionarsi con i loro ragazzi. Adulti piegati da una evidente sudditanza psicologica nei confronti di chi è appena adolescente. Non riescono ad imporsi e a dettare delle regole. “In quel momento capiamo che abbiamo la situazione in pugno”, raccontano le ragazzine intervistate.

Slogan

Usano i termini più incredibili, più stravaganti, più assurdi ed incomprensibili. Forse è lì che capisci la loro giovane età. E ci rimani di stucco. “Ti devo dire una cosa full”, lo usano quando bisogna comunicare tra loro una cosa importante. Oppure “quel ragazzo è proprio un taps”, indica un giovane troppo preso e innamorato di una ragazza. Poi ci sono i vari “sei una scesa” e “scialla”. Come non menzionare, inoltre, la celebre frase “stasera se tiramo pellaria” (rigorosamente tutto attaccato) per indicare le intenzioni “bellicose” della pariolina di turno di fare serata, con droga e alcool. Sembra davvero una storia di fantasia, ma purtroppo è la realtà. Un contesto di degrado sociale dove i genitori assistono da spettatori passivi alle abitudini devastanti dei propri figli. Senza far nulla, un po’ impotenti e un po’ ignavi.

Bestemmie e tatuaggi

Basta assistere ad una telefonata tra amiche per rendersi conto che la situazione è più seria di quanto si possa scrivere. Si comunica con le bestemmie, usate con cadenza regolare quasi fossero segni d’interpunzione tra una frase e l’altra. Sentire una bestemmia in generale può dar fastidio a chiunque, sentirla da una ragazzina è qualcosa di disgustoso. “Si usa tra di noi bestemmiare, anche per le cose più stupide, è da sfigati non farlo”.

Si impreca per ogni cosa, è di moda e fa grande. Come è da sfigati non farsi i tatuaggi quando sei minorenne. Quelli “old school” sono i più frequenti sulla pelle delle pornobimbe, ma è facile imbattersi in una ragazza, come Francesca e Caterina, nate nel 2000 (sic!) con le scritte più assurde incise sulla pelle. Come le lettere “shhh” sul dito, per intendere di dover restare in silenzio. Oppure “iperattiva” sul polso. La domanda a questo punto sorge spontanea. Ma non bisogna essere maggiorenni per tatuarsi? Non serve altrimenti l’autorizzazione di un genitore? Per le ragazze “bene” di Roma Nord, evidentemente no.

Una giornata tipo

Il sabato mattina praticamente non esiste. “Si dorme tutto il giorno e se vai a scuola sei un poraccio”, ti rispondono così. Questo perché il venerdì si fa serata al Goa in discoteca, si beve e di conseguenza il giorno dopo non ci si sveglia. Per la scuola non è un problema, perché nella maggior parte dei casi si è stati bocciati e si “studia” in istituti parificati che ti permettono di fare due, tre, ma anche quattro anni in uno. “Il sabato pomeriggio si va rigorosamente a Villa Ba (intendono Villa Balestra, ndr) a fumare”. Poi si ‘cazzeggia’ fino a sera e si decide in che locale andare a ballare. E, a seconda della serata, come vestirsi. “Tacchi e minigonna se andiamo in qualche discoteca”, “leggins e scarpe “Dr Martens” se decidiamo di stare a Piazza Euclide o Ponte (inteso Ponte Milvio, ndr)”. Qualunque sia la fatidica scelta, l’alcool non può mai mancare. “In alcuni posti la birra costa un euro, quindi con dieci euro sei praticamente ubriaca”. E i documenti? “Ma te quanti anni me dai? Me lo chiederesti mai il documento per prendere un cocktail?”.



Coronavirus, il testamento del medico cristiano che per primo ne comprese la gravità



“In tutta la Cina, la gente parla della morte del dottor Li Wen Liang”, scrive su Facebook il professor Stefano Biavaschi.

“Fu il medico cristiano che scoprì per primo il coronavirus e venne perseguitato dalle autorità per aver lanciato l’allarme sui pericoli”, ricorda Biavaschi.

Come è noto, nel dicembre del 2019 era stato perfino arrestato. Rilasciato si era sempre preso cura dei pazienti fino a quando anche lui non è stato infettato.

Li Wen Liang è morto la mattina presto del 7 febbraio, alle ore 2:58, lasciando una moglie, anch’essa infettata dal coronavirus (oltre che incinta di 8 mesi del loro secondo figlio).

“Prima di morire”, ricorda Biavaschi, “il dottor Li Wen Liang ha lasciato uno scritto nel quale, in modo profondamente toccante, ha detto come gli sarebbe mancata la sua famiglia, la sua amata Wuhan, ed ha citato 2 Tim 4,7-8”. Quello splendido passo biblico che dice: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione”.

Nato a Beizhen, il 12 ottobre 1986, morto a Wuhan il 7 febbraio 2020, questo medico oculista dell’ospedale centrale di Wuhan, fu uno dei primi medici a riconoscere la pericolosità della polmonite di Wuhan, lanciando l’allarme sul coronavirus il 30 dicembre 2019.

Il 3 gennaio 2020, la polizia di Wuhan lo ha convocato ammonendolo per “aver detto commenti falsi su Internet”.

Subito dopo il regime comunista cinese si è accorto dell’errore e il dottor Li Wen Liang era tornato al lavoro in ospedale ma ha contratto il coronavirus da un paziente infetto, contagio che lo ha portato alla morte.

Dopo il suo decesso, il governo cinese ha dichiarato di aver aperto un’inchiesta sull’accaduto e intanto il medico cristiano è diventato un eroe nazionale, almeno per il popolo, considerando che il governo nazionale comunista è sostanzialmente ateo e reprime con la forza quasi tutto ciò che riguarda le fedi presenti nel popoloso paese asiatico.

Il dottore ha offerto un’eredità che lascerà sempre un segno nel cuore del popolo cinese. Si è preso cura dei pazienti e ha cercato di fermare la diffusione del coronavirus sapendo che molto probabilmente sarebbe stato infettato. Il dottor Li Wen ha scelto di donare la sua vita per cercare di salvare quella di altri.

Ecco un testo che ha lasciato e diffuso su internet dal pastore Dencio Acop.

“Non voglio essere un eroe.
Ho ancora i miei genitori,
i miei figli,
la mia moglie incinta che sta per partorire
e ci sono ancora molti miei pazienti nel reparto.
Sebbene la mia integrità non possa essere scambiata con la bontà verso gli altri,
nonostante la mia perdita e confusione,
devo ancora continuare,
chi mi ha lasciato scegliere questo paese e questa famiglia?
Quante lamentele ho?
Quando questa battaglia sarà finita,
io guarderò il cielo,
con lacrime che sgorgheranno come pioggia.

Non voglio essere un eroe,
ma solo un medico,
non riesco a guardare questo virus sconosciuto
che fa del male ai miei pari
e a così tante persone innocenti.
Anche se stanno morendo,
mi guardano sempre negli occhi, con la loro speranza di vita.

Chi avrebbe mai capito che stavo per morire?
La mia anima è in paradiso,
guardando quel letto bianco di ospedale,
su cui giace il mio stesso corpo,
con la stessa faccia familiare.
Dove sono mio padre e mia madre?
E la mia cara moglie,
quella ragazza per cui stavo lottando fino all’ultimo respiro.
C’è una luce nel cielo!
Alla fine di quella luce c’è il paradiso di cui spesso la gente parla.
Preferirei non andare,
preferirei tornare nella mia città natale a Wuhan.
Ho la mia nuova casa lì appena acquistata,
per la quale devo ancora pagare il prestito ogni mese.
Come posso rinunciare?
Come posso cedere?
Per i miei genitori perdere il figlio quanto deve essere triste?
La mia dolce moglie, senza suo marito, come potrà affrontare le future vicissitudini?

Me ne sono già andato
Li vedo prendere il mio corpo,
metterlo in una borsa,
dentro la quale giacciono molti connazionali.
Andati come me,
spinti nel cuore del fuoco,
all’alba.

Arrivederci, miei cari.
Addio, Wuhan, la mia città natale.
Spero che, dopo il disastro,
ti ricorderai che qualcuno ha provato a farti sapere la verità il prima possibile.
Spero che, dopo il disastro,
imparerai cosa significa essere giusti.
Mai più brave persone
dovrebbero soffrire di paura senza fine
e tristezza profonda e disperata.

Ho combattuto la buona battaglia,
ho terminato la corsa,
ho conservato la fede.
Ora c’è in serbo per me la corona della giustizia” (Li Wen Liang).

Ed ecco il testo nell’originale cinese:

我不想當英雄。
我還有爹娘,
還有孩子,
還有懷孕臨產的妻,
還有許多的病人在病房。
盡管正直換不來善良,
盡管䢛途迷茫,
可還是要繼續進行,
誰讓我選擇了這國這家,
多少委屈,
等打完這仗,
垂淚如雨仰天遠望。

我不想當英雄。
只是做為醫生,
我不能眼看著這不明的病毒,
傷害著我的同行。
還有那多無辜的人們,
他們盡管已奄奄一息,
可眼睛裏總望著我,
帶著生命的希望。

誰成想我競死了!
我的靈魂分明在天上,
望著那張白色的病床,
床上分明是我的軀體,
軀體上還是那熟悉的臉龐。
我的父親母親在哪?
還有我親愛的妻子,
那當年我苦苦追求的姑娘。

天上有一道光!
那光的盡頭是人們時常說起的天堂。
我寧願不去哪裏,
我寧願回到武漢我的家鄉。
那裏有我新買的房子,
每月還要還貸的賬。
我怎能舍得,
我怎能舍得!
沒有兒子的爹娘,
該有多麽悲傷;
沒有了丈夫的寶貝,
該如何面對這未來的滄桑。

我分明死了。
我看見他們把我的軀殼,
裝進一個袋子。
在袋子的近傍
有許多死去的同胞,
象我一樣,
在黎明時分,
被推進火的爐堂。

再見了,難舍的親人。
永別了,武漢我的故鄉。
但願你們在災難過後,
還記得曾經有人,
努力地讓你們盡早知道真相。
但願你們在災難過後,
學會正直,
不再讓善良的人們,
遭受著無盡的恐懼,
和無奈的悲傷。

“那美好的仗我已經打完了,
應行的路我已行盡了,
當守的道我守住了。
從此以後,
有公義的冠冕為我留存。”
《聖經》提摩太後書4.7


In questa foto il dottor Li Wen Liang, con la moglie, il suo primogenito e i cani di famiglia.

LITURGIA DEL GIORNO

La Liturgia di Giovedi 20 Febbraio 2020


Risultato immagini per Va dietro a me satana!

Giovedì della VI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde


Antifona d'ingresso
Sii per me difesa, o Dio, rocca e fortezza che mi salva,
perché tu sei mio baluardo e mio rifugio;
guidami per amore del tuo nome. (Sal 31,3-4)


Colletta
O Dio, che hai promesso di essere presente
in coloro che ti amano
e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola,
rendici degni di diventare tua stabile dimora.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


PRIMA LETTURA (Gc 2,1-9)
Dio non ha forse scelto i poveri? Voi invece avete disonorato il povero!


Dalla lettera di san Giacomo apostolo


Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali. Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?
Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano? Voi invece avete disonorato il povero! Non sono forse i ricchi che vi opprimono e vi trascinano davanti ai tribunali? Non sono loro che bestemmiano il bel nome che è stato invocato sopra di voi?
Certo, se adempite quella che, secondo la Scrittura, è la legge regale: «Amerai il prossimo tuo come te stesso», fate bene. Ma se fate favoritismi personali, commettete un peccato e siete accusati dalla Legge come trasgressori.


Parola di Dio


SALMO RESPONSORIALE (Sal 33)
Rit: Il Signore ascolta il grido del povero.


Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.


Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.


Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.


Canto al Vangelo (Gv 6,63)
Alleluia, alleluia.
Le tue parole, Signore, sono spirito e vita;
tu hai parole di vita eterna.
Alleluia.


VANGELO (Mc 8,27-33)
Tu sei il Cristo… Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire.


+ Dal Vangelo secondo Marco


In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».


Parola del Signore


Preghiera dei fedeli
Illuminato dallo Spirito Santo, Pietro riconosce in Gesù il Messia promesso e atteso. Docili allo stesso Spirito, ci rivolgiamo al Padre, dicendo:
Ascoltaci, o Signore.


Perché la croce di Cristo sia per tutti i popoli segno vittorioso posto da Dio per la salvezza del mondo. Preghiamo:
Perché la Chiesa sia riconosciuta come l'arca santa dove tutti vengono accolti da Dio in un patto di eterna alleanza. Preghiamo:
Perché la comunità cristiana allarghi le braccia alla sofferenza e all'emarginazione stampate nel volto dei poveri, che più visibilmente assomigliano al Cristo rifiutato dagli uomini. Preghiamo:
Perché le coppie cristiane siano generose verso la vita, accogliendo con gioia l'invito del Creatore ad essere fecondi e moltiplicarsi. Preghiamo:
Perché il Cristo morto e risorto di questa eucaristia ci liberi dalla tentazione della facile richiesta di miracoli, e ci aiuti a vivere con fede la difficoltà di ogni giorno. Preghiamo:
Per la Chiesa oppressa e perseguitata.
Per chi vive nel proprio corpo la passione del Signore.


O Dio, che hai inviato nel mondo il tuo Figlio che si è reso solidale con noi in tutto, fuorché nel peccato, rendici vicini e solidali gli uni verso gli altri, per giungere insieme alla beata risurrezione. Per lo stesso Cristo nostro Signore. Amen.


Preghiera sulle offerte
Questa nostra offerta, Signore,
ci purifichi e ci rinnovi,
e ottenga a chi è fedele alla tua volontà
la ricompensa eterna.
Per Cristo nostro Signore.


Antifona di comunione
Hanno mangiato e si sono saziati
e Dio li ha soddisfatti nel loro desiderio,
la loro brama non è stata delusa. (Sal 78,29-30)


Oppure:
Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo unico Figlio,
perché chiunque crede in lui non perisca,
ma abbia la vita eterna. (Gv 3,16)


Preghiera dopo la comunione
Signore, che ci hai nutriti al convito eucaristico,
fa’ che ricerchiamo sempre quei beni
che ci danno la vera vita.
Per Cristo nostro Signore.



Commento
Da dove può essere nata nel cuore di Gesù, forse sul far della sera, sulle rive scoscese del Giordano, questa singolare domanda? “Chi dice la gente che io sia?”. Non certo dall’impossibile ignoranza della sua missione: egli sa chi è e dove sta andando.
Poteva forse avere un qualche interesse nel reperire l’immagine di sé sulle bocche curiose della gente?
Chi è da sempre l’immagine perfetta del Padre non ha bisogno di simili specchi deformanti.
La domanda di Gesù viene dal profondo affetto per i suoi, per quelli che hanno lasciato tutto e lo stanno seguendo. Quelli di cui conosce le ansie e i timori e gli interrogativi acuti e i dubbi e (perché no?) gli equivoci, circa la sua identità e circa la loro comune avventura.
È mosso a compassione dalla loro fedele sequela che forse non riusciva a capire. Ma chi può capire il mistero del Dio fatto uomo?
E la forza dello Spirito suggerisce a Pietro la celebre risposta che l’evangelista Marco riproduce scarnamente: “Tu sei il Cristo”. La fedeltà amante di Pietro e dei suoi compagni apre loro lo scrigno prezioso del mistero e intravedono, come nel bagliore di un lampo, la verità delle cose.
Gesù li invita, con severità, alla discrezione.
Potrebbe l’uomo portare il peso della verità tutta intera prima che lo Spirito sia effuso su di lui? Verrà la morte e la risurrezione, verrà l’ascensione e verrà infine il Paraclito. Allora il segreto messianico sarà gridato sopra i tetti, ma intanto ora, là sotto l’Ermon, all’imbrunire, l’affezione tra di loro ha toccato il suo fondamento.




Oltre lo smog, quei disastri ambientali dimenticati

Oltre lo smog, quei disastri ambientali dimenticati


LO SMANTELLAMENTO DELLE CENTRALI NUCLEARI IN ITALIA E' ANCORA IN ATTO ALMENO FINO AL 2025-26, MA IL DANNO BIOLOGICO DELLE MALFORMAZIONI DEGLI ANIMALI E DELLE MALATTIE E' UN FATTO ORMAI IRRIMEDIABILE....

Erano le sette di sera in un giorno di metà ottobre di quattro anni fa, quando ricevetti una telefonata da Clara. Subito dopo aver alzato la cornetta mi resi conto che quella sarebbe stata una chiamata che difficilmente avrei dimenticato. “Sono andata al supermercato ed ho comprato dei loti”- mi disse. “E allora?- risposi. “Li ho buttati subito”- replicò veloce. 

Di primo acchito non riuscii a capire cosa volesse dire con quella frase, ma tutto mi fu più chiaro quando esclamò: “Vengono da Sessa Aurunca”. Sessa Aurunca è una città della provincia di Caserta dove sorse (e sorge) ancora una centrale nucleare (ormai dismessa). A quel tempo stavo già lavorando ad un’inchiesta che avrebbe indagato poi sulla percezione del rischio nucleare degli abitanti del comune casertano. Fu in quel periodo che feci vedere a Clara foto di animali nati malformati a causa del malfunzionamento del reattore. Avevo condiviso con lei documenti ed opinioni. Fu per questo che si impressionò della provenienza di quei loti, che in realtà non avevano nessun tipo di problema (se non quello di essere un frutto che a me nemmeno piace). Si impressionò Clara perché sapeva che si era consumato in quel territorio un disastro ambientale. Un disastro da molti e per molto tempo taciuto o dimenticato.

In un’intervista di qualche anno fa ad un ex dipendente di un’altra centrale nucleare, quella di Borgo Sabotino (LT), questo mi raccontò che durante i trent’anni di lavoro nell’impianto, dal 1975 al 2005, ricevette dai reparti direzionali, ordini illegali e pericolosi per la salute: “Mi si chiedeva di lavare i coffins a mano (contenitori di uranio, n.d.a.) poiché smaltire i residui come da regolamento -cioè facendo lavorare i residui per un riuso degli stessi- sarebbe costato all’azienda tempo e denaro. Mi sono rifiutato sempre, ma altri miei colleghi –forse per farsi belli con i capi- l’hanno fatto”. Aggiunse poi: “Soprattutto quando facevo il turno di notte e rimanevo isolato, qualcuno veniva a bussarti alle spalle e ti chiedeva di andare a smaltire materiale nelle fogne”. “Fu dimostrato anche dall‟ARPA: i residui pericolosi venivano buttati là dentro e finivano in mare”.

Ma fu proprio sul finire dell‟intervista che l’ex dipendente di Borgo Sabotino mi rivelò un altro particolare molto interessante: “Per un po’ -disse- durante i miei ultimi anni di lavoro ho prestato servizio anche a Sessa Aurunca, alla centrale del Garigliano. Mi occupavo di risorse umane. Ebbene, durante la mia permanenza in quella centrale, lì a Sessa, cambiò uno dei responsabili di settore, il quale -non so per quale motivo, forse era impazzito (?)- mi commissionò la distruzione dei dati relativi agli ex dipendenti della centrale. Ogni operaio aveva infatti una cartella, una scheda insomma dove erano inseriti che so, documenti, certificati medici, eventuali note su assimilazione di radiazioni superiori alla norma. Ebbene, è andato tutto distrutto. Le ho distrutte io le schede, col tagliacarte”.


A Sessa Aurunca, il cantiere dei lavori fu inaugurato nel 1959 con l’obiettivo di ultimarli entro il 2 dicembre 1962. Termine questo che non fu rispettato perché le frequenti piene del fiume Garigliano costrinsero gli operai a lavorare fino al 1964, anno in cui la centrale entrò in funzione, pur non avendo alcuna licenza di esercizio. Fu solo nel 1967 che ottenne il permesso, perciò durante i suoi primi tre anni di attività la centrale era stata abusiva.

Durante la breve vita del reattore, si registrarono diversi incidenti. Una descrizione dettagliata è stata fatta dall’ormai scomparso avvocato Carlo Marcantonio Tibaldi, voce e leader indiscusso della contestazione antinuclearista di Sessa Aurunca. Nel dicembre 1976 l’acqua del Garigliano, in fase di piena, penetrò nel locale sotterraneo della centrale, dove erano “stoccate” le scorie radioattive e, ritirandosi, si trascinò dietro nel letto del fiume, nella campagna e fino al mare, più di un milione di litri di acqua contaminata dai radionuclidi presenti nel reattore. Incidente analogo avvenne nel novembre 1979 con il Garigliano in piena che invase letteralmente l’impianto. In quell’occasione i dipendenti della centrale per mettersi in salvo furono tratti all’esterno dai mezzi anfibi dei Vigili del Fuoco di Latina, giacché il gommone inviato loro dai Vigili di Caserta, appena messo in acqua colò misteriosamente a picco.

Secondo quanto riportato dal rapporto CNEN del 22/11/1980, l’acqua del Garigliano aveva invaso la centrale portando con sè “essenzialmente Cesio 137”. Ma oltre alle inondazioni, si verificarono incidenti tecnici nell’arco degli anni che vanno dal ’64 all’80. Incidenti che furono negati dal comune di Sessa Aurunca.

Difficile quantificare i danni, vista la mancanza del registro tumori che le istituzioni promettono da anni, ma che –a campagna elettorale finita- non hanno mai realizzato. Da quanto riferito da Tibaldi però, l’incidenza dei tumori sulle persone decedute nell’area della centrale tra il 1972 ed il 1978, sarebbe stata del 44%. 

Inoltre tra il 1971 ed il 1980 risulta che nell’ospedale “Dono Svizzero” di Formia (LT), ospedale che serviva una vasta area compresa tra i comuni di Formia, Minturno, Sessa Aurunca, Roccamonfina, Castelforte e SS.Cosma e Damiano, siano nati 15.771 bambini, tra i quali sono stati registrati 90 casi di malformazione genetiche. Malformazioni che hanno colpito anche gli animali: pulcini a tre zampe, agnelli senza muso e maiali con le zanne. L‘impianto del Garigliano è gestito dalla Sogin, un’azienda che si occupa di smaltire la centrale entro il 2025. Le associazioni ambientaliste si battono per ottenere chiarezza perché la gente continua ad ammalarsi. Continua a morire.

Di casi simili in Italia ce ne sono stati diversi e l’emergenza smog di queste settimane non è altro che la punta di un iceberg molto più profondo, molto più nascosto, fatto di errori umani, negligenze e profitto ottenuto sulla pelle dei cittadini. Si pensi alla Valle del Sacco. Basta risalire un centinaio di chilometri da Sessa Aurunca per ritrovarsi in provincia di Frosinone. Da lì si estende fino a Roma un un territorio che vide popolarsi di industrie di ogni tipo, da quelle belliche (in un primo tempo) a quelle per la produzione di cemento e prodotti chimici (negli anni più recenti). In mancanza di una regolamentazione legislativa le acque del fiume che scorre nella Valle, il Sacco per l’appunto, ha per anni fagocitato sostanze tossiche e rifiuti pericolosi. Solo negli ultimi tempi ci si sta rendendo conto della catastrofe generata, e malgrado tremila ettari di terreno siano stati posti ad osservazione e a riqualificazione, il processo di smaltimento durerà ancora per decenni.


Ricordo l’intervista ad una signora del posto. Si chiamava Vincenza, viveva a Ceccano (FR). Andai a trovarla perché sapevo che aveva perso quasi tutti i suoi parenti a causa dell’inquinamento. Vincenza lo vedeva scorrere a 500 metri dal portone di casa sua il Sacco e per anni ne ha respirato l’essenza sotto forma di nebbia che la mattina -mi raccontava- “si alza fittissima”.

Vincenza mi parlò di una storia lunga 30 anni. Era il 1980 quando per un tumore alla lingua perdeva il marito. Due anni più tardi sempre per un tumore, alla tiroide stavolta, perdeva la suocera, e nello stesso anno la cognata per un tumore al cervello. “Ricordo che una mattina mio marito mi fece vedere una bolla sotto la lingua, che dal centro si faceva largo a forma di ragnatela. Niente ha potuto salvarlo”. Negli anni ’80 la roba coltivata con l’acqua del fiume veniva mangiata. Si pescavano i pesci e si cucinavano. A volte ci si beveva pure dal fiume Sacco. Nessuno sapeva quanto fosse pericoloso. Nessuno aveva motivo di sospettare niente. 

Come nessuno sospettò niente a Seveso (MI) nel 1976, quando nello stabilimento dell’ICMESA, un’avaria causò la dispersione di una massiccia formazione di diossina. La popolazione dei comuni colpiti venne però informata della gravità dell’evento solamente otto giorni dopo la fuoriuscita della nube.

Si avvertì -questo raccontano i testimoni- un odore acre e infiammazioni agli occhi. Per fortuna non vi furono morti, ma circa 240 persone vennero colpite da cloracne, una dermatosi provocata dall’esposizione al cloro e ai suoi derivati, che crea lesioni e problemi alla pelle. Quanto agli effetti sulla salute generale, essi sono ancora oggi oggetto di studi. I vegetali investiti dalla nube morirono a causa dell’alto potere diserbante della diossina, mentre migliaia di animali contaminati dovettero essere abbattuti. Nonostante l’aborto fosse proibito, fu comunque reso legale ai fini terapeutici per le donne del posto che ne fecero richiesta.


L’incidente di Seveso viene ricordato anche per la scandalosa negligenza delle autorità. È chiaro che se si fossero prese misure precauzionali preventive o quantomeno provvedimenti celeri e trasparenti post incidente, molti danni alle persone sarebbero stati evitati.

La storia dei disastri ambientali in Italia è lunga, ed è frutto dell’inesperienza da un lato e di una commistione tra denaro, politica e mafie locali dall’altro. Si pensi alle navi cariche di rifiuti tossici fatte affondare a largo della Somalia o -per rimanere in territorio italiano- a largo delle coste calabresi per mano delle organizzazioni criminali. Oppure si pensi alle rivelazioni fatte da Carmine Schiavone, il pentito dei Casalesi (deceduto quest’anno), che denunciò l’interramento dei rifiuti nel casertano e nel basso Lazio che “nel giro di venti anni ucciderà tutti”.

Uccisi, come i morti del Monferrato dall’amianto, la cui produzione iniziò nel 1906 e continuò per 80 anni. Le vittime furono circa 2000.

Uccisi come a Porto Marghera, dove per decenni le industrie chimiche della zona hanno riversato idrocarburi clorurati e metalli pesanti nella laguna, causando aumenti esponenziali di tumori nella popolazione.

Uccisi dopo lunghe malattie e intossicazioni a Cogoleto, dove la Stoppani, avrebbe riversato 92.000 m3 di fanghi tossici stoccati nella discarica di Pian di Masino, con rilascio di metalli pesanti in quantità elevatissime e concentrazioni di cromo esavalente nelle acque di falda 64.000 volte superiore al limite.

Spesso i colpevoli di questi incidenti non hanno pagato, nemmeno con un giorno di carcere. E fino a quando nemmeno la giustizia della legge (che è poca cosa a confronto con le morti causate) riuscirà a fare il suo dovere, noi continueremo ad assistere al ripetersi della storia e ad ammalarci, o per precauzioni iperboliche, ma giustificabili, proseguiremo a buttare loti dalla dubbia provenienza appena comprati.