venerdì 6 dicembre 2019

DOSSIER: PERCHE' NO AL MES




Si svolge oggi, sotto il Parlamento, promossa da LIBERIAMO l'ITALIA, la manifestazione contro il MES e contro l'eventuale ratifica da parte di governo e Parlamento. Sul MES se ne dicono tante, spesso si tratta di colossali bugie. Come stanno davvero le cose ce lo spiega questo DOSSIER (curato da Moreno Pasquinelli e approvato del Coordinamento nazionale di LIBERIAMO l'ITALIA ).

Mettiamo il DOSSIER a disposizione di tutti in una versione pdf per la circolazione via web e smatphone o per la stampa.



NO AL MES
Le menzogne degli europeisti,
e le ambiguità dei “sovranisti”


Il contesto da cui nacque la bestia del MES

Dopo decenni di finanziarizzazione dissennata, nel 2007-2008, scoppiò negli Stati Uniti la bolla dei mutui subprime, in sostanza la più grave crisi finanziaria dopo quella del 1929. La conseguenza fu il cosiddetto “credit crunch”, il sostanziale blocco dell’offerta di credito da parte delle banche. L’onda d’urto globale travolse anzitutto l’Occidente, ma colpì in modo letale l’eurozona. I governi di Stati Uniti, Giappone e Gran Bretagna, dopo qualche esitazione, decisero di obbligare le loro banche centrali ad esercitare la funzione di prestatore di ultima istanza (lender of last resort), ovvero stampare la moneta necessaria per prestarla a banche e istituti simili, in grave crisi di liquidità. Il paracadute fornito dalla banche centrali evitò in effetti la catastrofe e l’economia poté riprendersi presto.



Per farci un’idea di quanto massiccia fu la manovra della Federal Reserve, basti ricordare che questa acquistò titoli sul mercato per circa 4500 miliardi. Risultato: vero che il deficit salì al 4,2% e il debito pubblico passò al 102% del Pil, ma la disoccupazione scese sotto il 5%, il Pil tornò a crescere del 2% e Wall street tornò presto ai livelli pre-crisi. Una linea “interventista” che la FED non ha mai abbandonato, se è vero, com’è vero, che nel settembre scorso è intervenuta con una gigantesca operazione di 260 miliardi in soccorso di diverse banche a rischio di collasso.

Non fu così nell’eurozona. Alla BCE, del tutto indipendente dai governi e dal Parlamento europeo, tenuta per statuto a rispettare le sue ferree regole monetariste (stabilità dei prezzi e tasso d’inflazione non superiore al 2%) è proibito di agire come prestatore di ultima istanza o di correre in soccorso degli Stati. Avemmo così, tra il 2010-2012, la cosiddetta “crisi dei debiti sovrani”: la finanza predatoria, proprio a causa di questa sua natura speculativa, e dato che la BCE non sarebbe intervenuta per assistere gli stati in sofferenza, cessò di finanziarli (i PIIGS in particolare), ed iniziò a sbarazzarsi dei titoli di debito che aveva acquistato. Non soltanto la BCE non corse in soccorso degli Stati sotto attacco ma, ubbidendo al comando della Germania e della Francia, impose alla Grecia di passare sotto il criminale comando della Troika — ricordiamo che il cosiddetto bazooka del “Quantitative easing” arriverà solo nel 2015. Per quanto concerne l’Italia, ottenute le dimissioni del governo Berlusconi che recalcitrava ad adottare draconiane misure antipopolari (lettera di Trichet e Draghi del 5 agosto del 2011), impose il governo commissariale di Mario Monti che adottò politiche austeritarie senza precedenti.

Fu il fallimento di queste politiche (debito pubblico e deficit dei paesi posti sotto comando come la Grecia o auto-commissariati come l’Italia crebbero invece di scendere), che spinse l’Unione europea a dare vita al MES (Meccanismo Europeo di Stabilità).


Il MES com’era…
Il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), contestualmente alla modifica del Trattato di Lisbona, venne approvato in fretta e furia dal Parlamento europeo il 23 marzo 2011. Venne quindi ratiticato dal Consiglio europeo il 25 marzo. Questo il testo integrale.



Il Parlamento italiano, governo Monti in carica (sostenuto anzitutto da Pd e Pdl), lo approverà assieme al Fiscal Compact, nel luglio 2012. Solo la Lega votò contro, anche se ci furono molti altri parlamentari contrari e astenuti (sul MES 108 addirittura gli assenti al momento del voto).

Finanziato dai singoli Stati membri con una ripartizione percentuale in base alla loro importanza economica — la Germania, contribuisce per il 27,1 %, seguita dalla Francia, 20,3%, e dall’Italia,17,9%. Il finanziamento diretto da parte degli Stati ammonta a 80 miliardi di euro (l’Italia ha versato 14,3 miliardi, la Francia 20 e la Germania 27). La cosiddetta “potenza di fuoco” prevista a pieno regime è di circa 700 miliardi — i restanti 620 miliardi, proprio come qualsiasi altro fondo speculativo che deve fare profitto, il MES li raccoglierà sui mercati finanziari attraverso l’emissione di propri bond.

Fondato formalmente come un’organizzazione intergovernativa, esso, per la natura e le smisurate discrezionalità consegnategli, è stato concepito, né più e né meno, che come una super-banca d’affari privata con in più poteri politici e strategici di vita o di morte sui Paesi che dovessero cadere sotto la sua “tutela”.

Scopo principale dichiarato ed essenziale del MES era ed è quello di salvare la moneta unica e l’Unione europea, mettendo entrambi al riparo dal rischio di collasso, esito altamente probabile nei casi eventuali di default di questo o quello stato membro, quindi la loro uscita dall’eurozona. A questo scopo esso doveva reperire sul mercato le necessarie risorse finanziarie per poi fornire “assistenza” (prestiti) ai Paesi dell’eurozona che si trovassero in difficoltà nel finanziarsi sui mercati.

In cambio di questa “assistenza” il MES, costituzionalmente investito di funzionare come prestatore di ultima istanza, ha l’autorità insindacabile di imporre agli Stati “assistiti” feroci politiche economiche e di bilancio: tagli alla spesa pubblica, a pensioni e salari, aumenti dell’imposizione fiscale, privatizzazione e vendita dei beni pubblici. Sotto mentite spoglie proprio il massacro che la Troika ha compiuto in Grecia. In sostanza, come accaduto alla Grecia, i paesi che dovessero ricorrere all' “aiuto” del MES, in cambio, dovranno cedergli piena sovranità, così che il Paese diventa un suo protettorato semicoloniale.

Come se non bastasse il Trattato consegnava, all’interno del comitato direttivo del MES, il potere di veto solo a Germania e Francia. Ergo: questi due Paesi avevano l’ultima parola sugli “aiuti” e nell’imporre le condizioni per erogarli. Tra queste condizioni la stessa “ristrutturazione

Peggio ancora: il MES si sceglieva motu proprio i controllori del suo operato; ad esso era consentito di operare al di sopra di ogni legge nazionale e comunitaria; i suoi membri potevano agire nell’assoluta segretezza; essi godevano di una illimitata immunità civile e penale (nessuno poteva essere perseguito in caso di abusi ed anche crimini); esso gode della cosiddetta “neutralità fiscale”, di fatto si appoggia ai paradisi fiscali per non pagare tasse sui suoi utili


I “sovranisti”, ovvero i pesci in barile
Attenti adesso alle date. Il vertice dell’Unione europea tenutosi il 29 giugno del 2018 (era in carica il governo giallo-verde) annuncia di voler “rafforzare” il MES, “riformandolo”. La ragione di questa “riforma” è palese: il vecchio MES non viene più considerato adeguato a fare fronte al rischio di una tempesta finanziaria globale che, considerata altamente probabile, potrebbe far saltare l’eurozona. Una conferma palese che, al di là delle chiacchiere di circostanza e dei peana verso Draghi, gli stessi tecnocrati prendono atto del fallimento loro e della politica di Quantitative Easing della BCE.



I tecnici si mettono al lavoro per emendare e aggiornare il vecchio Trattato del MES.

Così il 14 dicembre 2018 (governo giallo-verde in carica) il vertice dei paesi dell’eurozona approva le linee generali il “prospetto” con gli emendamenti per la revisione del MES.

E quindi arriviamo al 21 giugno 2019 quando si prende atto dell’accordo generale sul nuovo testo del Trattato. A nome del governo giallo-verde sempre in carica c’erano Conte e Tria che danno l’assenso. In questi giorni assistiamo al baccano assordante della Lega che accusa Conte di aver “tradito” la Risoluzione approvata dal Parlamento il 19 giugno 2019. Salvini e company vorrebbero far credere che quella Risoluzione impegnava Conte e Tria a respingere la riforma del MES.

Per quanto sia chiaro che Conte e Tria siano asserviti alla cupola eurocratica, l’accusa è falsa. La Risoluzione, riguardo al MES affermava solo quanto segue:

«è opportuno sostenere l’inclusione, nelle condizionalità previste dal MES e da eventuali ulteriori accordi in materia monetaria e finanziaria, di un quadro di indicatori sufficientemente articolato, compatibile con quello sancito dal Regolamento (UE) n. 1176/2011, dove si consideri quindi fra l’altro anche il livello del debito privato, oltre a quello pubblico, la consistenza della posizione debitoria netta sull’estero, e l’evoluzione, oltre che la consistenza, delle sofferenze bancarie, onde evitare che il nostro Paese sia escluso a priori dalle condizioni di accesso ai fondi cui contribuisce».La Risoluzione, come si vede, non solo non respingeva il MES, accettava la riforma chiedendo solo venissero considerati altri criteri per accedere all’assistenza del MES medesimo e respinti eventuali automatismi nella ristrutturazione del debito pubblico.



In barba alle resistenze di economisti come Alberto Bagnai e Claudio Borghi, c’è stato un evidente e implicito cedimento politico (dopo quello compiuto a dicembre 2018 sulla Legge di Bilancio). De facto la Lega non ha mai deviato dalla “linea Giorgetti”.

Non dimentichiamo che erano i giorni in cui la Commissione europea minacciava una procedura d’infrazione. I giallo-verdi, Lega compresa se l’erano praticamente fatta sotto: non consegnarono a Conte e Tria alcun mandato, né quello di dire no alla riforma, né tantomeno di dire no al MES. Peggio: chi abbia letto la selva di inaccettabili emendamenti è portato a chiedersi se dirigenti e parlamentari di Lega a 5 Stelle li abbiano letti davvero. Temiamo di no, altrimenti avrebbero dovuto convenire, almeno, per un rifiuto categorico della “riforma”.


Il MES com’è diventato
Veniamo ora a questa famigerata “riforma”. Le cose, sono peggiorate o migliorate per il nostro Paese? Fermi restando i già terribili criteri del vecchio MES, sono peggiorate, e di molto. Sono infatti diventate molto più severe, e di molto, le cosiddette “condizionalità” per poter accedere allo “aiuto” del MES. Per di più con le modifiche apportate vengono aumentati sia i poteri del MES che le sue facoltà di ingerenza negli Stati, e si rafforza la sua indipendenza — che diviene totale, anche rispetto agli organismi Ue come la Commissione o il Consiglio, per non parlare del cosiddetto “Parlamento europeo”. Altro che “democrazia”! Il MES è l’incarnazione stessa della natura oligarchica e tecnocratica, oltre che liberista dell’Unione europea.



Non è facile, per un comune cittadino, capirci qualcosa. Si tratta di 35 pagine di farraginosi e contorti emendamenti, quasi quanto l’intero Trattato originale, scritti nel tremendo linguaggio dei tecnocrati, cioè comprensibile solo a degli iniziati.

Incombente minaccia. Vengono istituite, in caso di tempesta finanziaria, due linee di credito, di fatto dividendo i Paesi dell’eurozona, in barba ad ogni principio di solidarietà europea, in affidabili (seria A) e inaffidabili (serie B).

A – Quelli di serie A, che rispettano un deficit sotto il 3%, un rapporto debito/pil entro il 60% (riconfermate, come si vede, come intangibili le assurde due regole alla base della Ue), e che non abbiamo procedure d’infrazione, potranno accedere facilmente ai crediti del MES. Per di più il nuovo Trattato terrà conto dell’assenza di problemi di solvibilità bancaria e che abbiano avuto accesso ai mercati finanziari a “condizioni ragionevoli”. Questa prima linea di credito è chiamata PCCL (Linea di Credito Precauzionale Condizionata).

B – Quelli di serie B, i quali, come scrivono lorsginori “deviano” dal Patto di stabilità e crescita. E’ palese che l’Italia è esclusa da questa categoria, mentre verrebbe collocata nella seconda linea di credito denominata ECCL (Linea di Credito Condizionata Rafforzata). Il MES fornirebbe aiuto solo a determinate condizioni, ovvero che il Paese in questione adotti politiche di bilancio e sociali per un rientro forzoso entro i parametri del 3% e del 60%. Ergo: ove l’euro barcollasse a causa di una nuova tempesta finanziaria globale e l’Italia dovesse ricorrere allo “aiuto” del MES, dovrebbe procedere a tagli immani della spesa pubblica, al massacro sociale, a svendere a predatori stranieri gran parte dei beni e delle aziende pubbliche.

E’ facile intuire come non solo sia falso che nel Trattto non siano contemplati “automatismi”, che date le condizioni terribili e di ardua attuazione, ove l’Italia dovesse ricorrere a questo eventuale “soccorso” del MES, il Paese verrebbe gettato nel girone infernale dei Paesi insolventi, con rischio effettivo di un caotico default.

La spada di Damocle. Per i Paesi di serie B i tecnocrati hanno previsto che il MES, prima di concedere “assistenza” possa chiedere loro la “ristrutturazione” maligna del debito pubblico, ovvero una brutale svalutazione del valore dei titoli di stato in mano ai suoi possessori. Tecnicamente questa “ristrutturazione si riferisce alle famigerate CACs (Clausole di Azione Collettiva) che implicano, in barba all’Art. 47 della nostra Costituzione, che i titoli di Stato potrebbero non essere più garantiti.

Il MES interverrebbe quindi solo dopo il default, comprando quindi i titoli di debito a prezzi stracciati. Perché questa “ristrutturazione” sarebbe nefasta? Perché milioni di cittadini che hanno acquistato titoli italiani, si troverebbero dimezzato il valore del loro risparmio. Va da sé che davanti a questo rischio è altamente probabile che si inneschi una fuga dai titoli italiani, coi paperoni e le stesse banche che vorranno sbarazzarsi di BTP, Bot ecc., per acquistare quelli di Paesi a tripla A. Non si fa altro, quindi, che incoraggiare la fuga dei capitali dal nostro Pese ed aggravare il pericolo di una crisi di debito, con spread in rialzo ecc.


Banche: la corda sostiene l’impiccato
Al peggio non c’è limite. Il Trattato riformato stabilisce che esso verrà applicato contestualmente all’attuazione della letale (non solo per l’Italia) Unione Bancaria europea.



Si istituisce, allo scopo di impedire agli Stati ogni salvataggio, un “Fondo Unico di Risoluzione” costituito dalle banche europee, ma sotto la stringente sorveglianza del MES. Le conseguenze per le banche italiane sarebbero devastanti. Non a caso addirittura due europeisti di ferro come il governatore di Bankitalia Visco e il Presidente dell’ABI Patuelli, hanno lanciato l’allarme.

Nel Trattato del MES, nascosto tra le pieghe degli arzigogolati emendamenti riguardante il “completamento dell’Unione bancaria”, su pressione anzitutto tedesca (in particolare del Ministro delle Finanze Olaf Scholz), è stato introdotto il criterio di “rischio rating sui titoli di debito”. Dato che le banche italiane hanno in pancia centinaia di miliardi di titoli di stato, non solo per esse si renderebbe altamente pericoloso acquistarne di nuovi, il punteggio negativo le spingerebbe in un tunnel senza via di scampo. Ed è evidente che ciò avvantaggerebbe la Germania. Dato infatti che circa 400 miliardi di titoli pubblici italiani è oggi in possesso delle banche italiane, esse si troverebbero con i loro asset falcidiati. Quella che lorsignori, con linguaggio criptico, chiamano “ponderazione dei titoli di stato”, che null’altro sarebbe se non una decurtazione lineare del valore dei titoli, farebbe saltare il sistema bancario italiano.

I tecnocrati hanno previsto pure questo, e hanno stabilito che le banche, se vorranno sopravvivere e non essere mangiate da quelle tedesche e francesi, dovranno ricorrere al bail-in, ovvero pagheranno un prezzo salatissimo i costi del salvataggio non solo gli azionisti e gli obbligazionisti ma pure i correntisti — come già accaduto a Cipro.

Viene così brutalmente calpestato l’Art. 47 della Costituzione che obbliga lo Stato a “favorire” e “proteggere il risparmio”. Si tratterebbe dell’ultimo strappo anticostituzionale, visto che da decenni i governi, accettando di sottomettersi alle regole dell’Unione europea hanno già ucciso il medesimo articolo che recita: “la Repubblica disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”. Sarà il MES e solo il MES ad arrogarsi questa funzione, obbligando le banche italiane, diventate suo ostaggio, a chiudere i rubinetti del credito a cittadini e imprese, con ciò facendo precipitare il Paese in una depressione spaventevole.

Abbiamo così che i Paesi che coi criteri ordoliberisti avrebbero un sistema bancario “sano” — per lorsignori sarebbero “sane” le banche tedesche, francesi e olandesi piene zeppe di derivati tossici mentre sarebbero “malate” quelle italiane dati i crediti deteriorati che ancora hanno in pancia — sono palesemente avvantaggiati, mentre quelli come l’Italia, malgrado le banche abbiano compiuto enormi sforzi di ricapitalizzazione, per godere dell’assistenza dovrebbero non solo sottomettersi a cure da cavallo —tagli drastici ai costi e una stretta nel credito— ma ricorrere al bail-in. E’ quindi un fatto, visto che i Paesi di serie A godranno di una corsia preferenziale per accedere al soccorso del MES, che coi soldi versati dall’Italia al MES saranno salvate in prima battuta le banche tedesche, francesi o olandesi.

Il soccorso del MES è come la corda che sostiene l’impiccato.

Potremmo continuare scendendo in dettagli che confermano l’impianto vessatorio (anzitutto verso il nostro Paese) della “riforma”. La morale è che lassù sono disposti a tutto pur di salvare l’euro e questa Unione liberista e matrigna, anche a far affondare l’Italia.


Come uscire dalla gabbia
Le destre “sovraniste” non la dicono tutta. Non basta chiedere il governo ponga un veto alla riforma del MES. Il veto va posto sul MES in quanto tale. Ove non lo facesse è giusto che esso si dimetta e che gli italiani siano chiamati al voto. Tanto più risibile, lo diciamo ai 5 stelle e a LEU, limitarsi a chiedere un “rinvio” per riformare la riforma.



Le destre “sovraniste” predicano bene ma razzolano male. Esse stanno sbraitando sul MES, ma cosa effettivamente propongono in alternativa alle direttive che vengono dall’Unione europea in caso di un altamente probabile shock finanziario globale? Essendo, come i loro compari del PD di provata fede liberista, e avendo abbandonato l’uscita dall’euro e la riconquista della sovranità monetaria, non riescono a proporre nulla di serio e credibile.

Se il male è grave la terapia non può che essere radicale. Quando arriverà il prossimo shock finanziario tutto dipenderà fondamentalmente da una questione: quella della sovranità nazionale, che include ovviamente la decisiva sovranità monetaria. Ciò è tanto più vero per un paese come l’Italia. E’ sicuro che un’Italia ancora prigioniera dell’euro e con le mani legate dai vessatori meccanismi europei, non potrà che restare in balia dei mercati finanziari (cioè delle grandi banche d’affari, fondi, etc.).

Un Paese che avesse scelto l’uscita dalla moneta unica avrebbe invece la possibilità di attuare misure difensive di notevole efficacia.

La prima di queste misure è quella del nuovo ruolo da assegnare alla Banca d’Italia, riportata a tutti gli effetti sotto il controllo dello Stato, come prestatrice di ultima istanza. In questo modo l’arma del debito puntata contro il nostro Paese risulterebbe del tutto spuntata.

La seconda misura è la nazionalizzazione dell’intero sistema bancario, a partire dalle principali banche nazionali (che non potranno più svolgere le funzioni proprie delle banche d’affari). In questo modo lo Stato provvederebbe ad eventuali salvataggi salvando il risparmio popolare senza alcun bisogno di interventi esterni. Al tempo stesso le banche pubbliche sarebbero la base di ampi progetti di investimenti pubblici, senza i quali non è possibile immaginarsi alcuna uscita dalla crisi.

La terza misura consiste nel blocco all’esportazione dei capitali, sia attraverso drastiche misure d’emergenza, sia con un’intelligente politica di investimenti nazionali in grado di ridare credibilità ad un percorso di ripresa economica.

La quarta misura dovrebbe consistere in provvedimenti tesi a favorire lo spostamento delle attività finanziarie da quelle speculative ed estere, a quelle interne e volte a finanziare il piano di investimenti pubblici (che andrà visto anche come grande piano per il lavoro). Se si riuscisse a riportare una quota del 20% della ricchezza finanziaria complessiva (4.500 miliardi) ad investire o direttamente nell’economia reale, o a finanziare gli investimenti statali con l’acquisto dei titoli del debito pubblico, la crisi finirebbe sia sul lato del lavoro che su quello del bilancio statale. A tale proposito utile sarebbe l’emissione di nuovi titoli di stato rivolti esclusivamente alle famiglie italiane, garantiti al 100%, e adeguatamente remunerati a condizione della loro non negoziabilità sul mercato secondario per un certo numero di anni.

Il Coordinamento nazionale di Liberiamo l’Italia
Dossier a cura di Moreno Pasquinelli

Popolo delle sardine, Greta Thunberg e Carola Rackete: cosa hanno in comune?

Le manifestazioni contro la Lega di Matteo Salvini, a partire dall'Emilia-Romagna, somigliano molto ad altri fenomeni mediatici del passato e del presente, tra cui Greta Thunberg e Carola Rackete. E tutti hanno un denominatore comune: la fine della sinistra.

Le manifestazioni contro la Lega di Matteo Salvini, a partire dall'Emilia-Romagna, somigliano molto ad altri fenomeni mediatici del passato e del presente, tra cui Greta Thunberg e Carola Rackete. E tutti hanno un denominatore comune: la fine della sinistra.

IL CARROZZONE MEDIATICO DELLA SINISTRA ALLA FRUTTA NON SA PIU' A CHE SARDINA VOTARSI.....

E’ andata oltre ogni rosea aspettativa. Il “popolo delle sardine”, che si riconosce nella leadership di fatto del 32-enne emiliano Mattia Santori, tiene banco da settimane sulle prime pagine dei giornali, non per quello che propone, bensì per quello che intende rappresentare: l’anima movimentista e di piazza della sinistra contro l’ascesa inarrestabile della Lega di Matteo Salvini.
Contro l’ex ministro dell’Interno ha protestato a Bologna per gridare che “l’Emilia-Romagna non si lega”. Stefano Bonaccini, candidato del PD nella storica regione “rossa”, non ci ha pensato due volte a dirsi vicino al popolo delle sardine, riconoscendosi nei suoi valori. Quali siano non è del tutto facile comprenderlo, anche perché dietro agli slogan scanditi nelle piazze non è stato ancora raccontato molto altro dagli stessi protagonisti.




Eppure, queste sardine ricordano tanto un altro popolo, nato sempre nelle piazze circa un decennio fa e che si aggettivava come “viola”. Sorto in opposizione all’allora governo Berlusconi, fu protagonista del cosiddetto “No B-day”, dove “B” stava per Berlusconi. Anche allora, i media e la sinistra in Italia si mostrarono interessatissimi al movimento, che tempo dopo si trasformava in studentesco con la “Onda”, guarda caso sempre in opposizione al governo di centro-destra e, in particolare, all’allora ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. Di popolo viola e Onda nemmeno ci ricordiamo più, anche perché con la fine del governo Berlusconi, avevano chiaramente esaurito la loro unica funzione di opposizione politica, cavalcata strumentalmente dalla sinistra.

Il popolo delle sardine, però, stavolta si scaglia contro le opposizioni e non il governo, scaricando sulle prime la responsabilità di ciò che pensano non vada dell’Italia, secondo un’interpretazione obiettivamente curiosa della realtà. Ed esso non è l’unico fenomeno mediatico a cui guarda al momento quel che resta del PD. Greta Thunberg, la cui risonanza mondiale è indiscussa, è diventato un modello da seguire per il partito di Nicola Zingaretti, in ossequio al quale ci sta “regalando” la tassa sulla plastica dal prossimo anno.
E Carola Rackete, la giovane comandante tedesca che quasi speronò un’imbarcazione della Guardia di Finanza per fare approdare diverse decine di clandestini a bordo della nave Sea Watch nel giugno scorso, viene celebrata anch’ella dal PD come il simbolo di un’alternativa umana “alle destre”.


La crisi di una sinistra che si cela nel movimentismo

Il filo conduttore che unisce il popolo viola fino a quello delle sardine, passando per singole personalità mediatiche, è quello di una sinistra al collasso in termini di rappresentanza e che ha bisogno di trincerarsi dietro a questo o quel fenomeno, pur di tenere un minimo il morale tra la sua base. Questa sinistra italiana ha le piazze ormai contro da anni e per reagire al suo declino cerca di mascherarsi con movimentismi di cui spesso nulla sa e nulla condivide nei fatti, ma che le servono per proporre sul piano mediatico un’alternativa d’immagine vitale alla destra, questa sempre più capace di far confluire su di sé un crescente consenso interclassista.

Il popolo delle sardine è così “neutrale” rispetto ai partiti, che si è appellato al Movimento 5 Stelle, affinché sostenga la candidatura di Bonaccini insieme al PD. Ma se l’obiettivo, più che legittimo, fosse quello di dare linfa vitale al partito di Zingaretti, tanto varrebbe rivelarlo sin dall’inizio e presentarsi per quel che si è. Spacciarsi come “distanti e autonomi dai partiti” per essere nei fatti la colonna di un partito specifico nelle piazze non farà andare lontano i protagonisti di questo fenomeno, che rischia di rivelarsi vittima dell’ennesimo “usa e getta” di una sinistra senza programmi spendibili ai fini del consenso e incapace di metterci la faccia alle occasioni in cui si vota, tanto si è auto-screditata negli anni di governo.

La rapidità con cui il PD sposa ogni causa che sia intentata contro i suoi avversari la dice lunga sull’assenza di una sua visione politica e “di popolo”. Quanto, infine, alla presunta etero-direzione di questi movimenti, poco importa.
Se un popolo scende in piazza per dire la sua è sempre positivo in una democrazia. Se il popolo delle sardine riuscisse ad andare oltre la sua avversione contro la Lega e a proporre idee realmente originali, ben venga. Nel caso contrario, rischia di finire nel nulla dal 27 gennaio prossimo. Un vecchio proverbio siciliano recita che “chi ha più sale condisce la minestra”. E da qualche decennio a questa parte, non c’è stato movimento benedetto dalla sinistra in Italia che abbia dimostrato di avere sufficiente sale in zucca per camminare sulle proprie gambe e realmente in autonomia.

Qualche info su Mattia Santori, leader delle Sardine

IL VERO VOLTO DEL LEADER DELLE "SARDINE" PUZZOLENTI.....UN SOLIDO SOSTENITORE DEGLI INTERESSI PETROLIFERI IN ITALIA ALLA FACCIA DELLA SALUTE E DELL'AMBIENTE. LE SARDINE AL PETROLIO (QUELLE VERE) RINGRAZIANO..... 





Nel manifesto delle Sardine c’è un riferimento alla bellezza. Sacrosanto.
Poi leggo che il cosiddetto leader MattiaSantori è uno degli autori del mitico “Coesistenza tra Idrocarburi e Agricoltura, Pesca e Turismo in Italia”, scritto con i petrolieri (Assomineraria) per sdoganare le trivelle in Italia.
Noi abruzzesi lo conosciamo bene questo testo in quanto nella lotta contro il megaprogetto petrolifero Ombrina Confindustria locale lo usò a piene mani per sostenere la compatibilità dell’intervento che avrebbe reso l’Abruzzo nero petrolio. Ora grazie a quella lotta abbiamo la ciclabile costiera e un mare, almeno in quel tratto, sgombro (giacché parliamo di pesci) da piattaforme.
Lo stesso Santori è autore di diversi altri illuminanti pezzi sul petrolio (due tra gli altri: “Sblocca Italia e trivellazioni. Novità, rivendicazioni, dati di fatto” e “Non solo Nimby, in Basilicata c’è chi dice sì”) che la dicono lunga sulla “giovinezza” e “leggerezza” del soggetto, in piena epoca di cambiamenti climatici.
Vecchio dentro, mi verrebbe da dire.



Tra l’altro, e non credo sia un omonimo visti i sostenitori (è un allievo del prof. Clò), fece appello contro il sì al referendum sulle trivelle. Un testo da leggere, oggi, con la crisi dei cambiamenti climatici che sta massacrando il nostro paese (https://formiche.net/…/referendum-no-triv-17-aprile-idroca…/).
Vedremo se gli altri sostenitori del neonato movimento (con il massimo rispetto per chi si mobilita) avranno le stesse posizioni o meno sul tema ambiente, se considereranno una forma di “bellezza” una grande trivella piazzata nel nostro mare.

Parigi: i pompieri respingono la polizia e rompono la trappola in Place de la République


ALTRO CHE SARDINE!....


Mentre la manifestazione è stata bloccata dalla polizia in Boulevard Magenta e in Place de la République, i vigili del fuoco fortemente mobilitati il 5 dicembre hanno spinto la polizia davanti ai manifestanti e hanno rotto il cordone.



Per più di un’ora la manifestazione di Parigi è stata repressa e gasata violentemente dalla polizia, al punto che l’aria era assolutamente irrespirabile e la manifestazione non ha potuto più avanzare. Di fronte a questa situazione, come si vede in questo video pubblicato da Cerveaux non disponibles, dozzine di vigili del fuoco hanno affrontato le forze di polizia per far avanzare la manifestazione.


Link: https://www.revolutionpermanente.fr/Paris-les-pompiers-font-reculer-les-CRS-et-cassent-la-nasse-a-Republique?fbclid=IwAR0bIdysnRiD8DyOqHivY0Q25lOpoxgv48bW_mUAMtLlb9aHQAFJOy_DugA

5.12.2109



MA “BELLA CIAO” E’ UNA CANZONE PATRIOTTICA E “SOVRANISTA”, NON CERTO COMUNISTA

LE SARDINE CONTENGONO FOSFORO, ECCO PERCHE' LA SINISTRA HA SBAGLIATO PESCE....



Ma l’hanno mai ascoltata “Bella ciao” quelli che oggi la cantano o dovunque, sardine, preti migrazionisti, compagni e militanti vari? È vero che la foga ideologica, la faziosità e il fanatismo – tipici della Sinistra – spesso accecano, ma – a quanto pare – possono anche rendere sordi.

Perché se avessero ascoltato bene le parole di quella canzone, anche loro avrebbero facilmente compreso che è un meraviglioso inno “sovranista”, tanto che si potrebbe consigliare a Matteo Salvini e a Giorgia Meloni di adottarlo nelle loro manifestazioni pubbliche. Nessuno più di loro può riconoscersi in quelle parole.

Invece paradossalmente oggi quel canto popolare è diventato una specie di simbolo polemico della Sinistra. Lo cantano le sardine, lo canta il prete migrazionista in chiesa, lo cantano tutti in polemica con Salvini e Meloni, mentre, a destra, non pochi lo ritengono – erroneamente – un inno “comunista”.

In realtà nel testo di quella canzone non c’è nulla di comunista e non c’è una sola parola che possa rimandare alla militanza di Sinistra. Anzi, questa canzone d’amore è squisitamente patriottica (riecheggia, peraltro, i canti alpini della Grande guerra e la letteratura risorgimentale).

L’unico riferimento politico infatti è all’“invasore” e alla lotta partigiana per cacciarlo via e riconquistare “la libertà” per la nostra Patria.

Pare che sia un canto nato dopo la guerra, quindi non fu intonato dai partigiani durante la lotta di liberazione. Ma esprime effettivamente il sentimento della stragrande maggioranza di coloro che andarono in montagna e fecero la Resistenza.

Se infatti, in seguito, vi fu una politicizzazione delle formazioni partigiane e un certo numero di loro divenne comunista, così non fu all’inizio: la motivazione originaria della maggior parte – spesso soldati dell’esercito italiano – fu quella di sfuggire all’arruolamento forzato dell’occupante tedesco (infatti molti furono internati nei campi di concentramento nazista per questo e anche loro furono “resistenti”).

Per esempio il comandante Bisagno, “primo partigiano d’Italia”, era sottotenente dell’esercito e, con le sue formazioni, si concepì sempre come un soldato italiano.

Il movente dei partigiani fu combattere l’esercito straniero che aveva invaso la penisola, perciò “Bella ciao” esprime perfettamente il senso della Resistenza. Quante volte nelle lettere dei partigiani condannati a morte si trova, come riferimento ideale, proprio l’amor di Patria.

Per esempio, nella sua ultima lettera prima dell’esecuzione, il partigiano cattolico Giancarlo Puecher Passavalli scriveva:
“Muoio per la mia Patria. Ho sempre fatto il mio dovere di cittadino e di soldato. Spero che il mio esempio serva ai miei fratelli e compagni. […] Non piangetemi, ma ricordatemi a coloro che mi vollero bene e mi stimarono. Viva l’Italia. Raggiungo con cristiana rassegnazione la mia mamma che santamente mi educò e mi protesse per i vent’anni della mia vita. L’amavo troppo la mia Patria; non la tradite, e voi tutti giovani d’Italia seguite la mia via e avrete il compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale. Perdono a coloro che mi giustiziano perché non sanno quello che fanno e non sanno che l’uccidersi tra fratelli non produrrà mai la concordia. […] A te papà l’imperituro grazie per ciò che sempre mi permettesti di fare e mi concedesti. […] Gino e Gianni siano degni continuatori delle gesta eroiche della nostra famiglia e non si sgomentino di fronte alla mia perdita. I martiri convalidano la fede in una Idea. Ho sempre creduto in Dio e perciò accetto la Sua volontà”.

Dalla lettera di Puecher emergono i tre pilastri della sua vita: l’amore di Patria, la fede in Dio e la famiglia. Inoltre notevolissimo è il suo appello accorato a una nuova “unità nazionale” da ricostruire dopo la guerra civile. Un’idea che sulle labbra di un giovane di vent’anni, che si prepara a essere fucilato, è davvero toccante (commovente la totale mancanza di odio e di volontà di vendetta: Giancarlo perdona coloro che lo fucilano chiamandoli “fratelli”).

Le parole di Puecher sono la migliore spiegazione di quello che poi ha fatto per l’Italia, nel dopoguerra, un capo dei partigiani cattolici, quel gigante che fu Enrico Mattei, che in fondo è il vero simbolo del “sovranismo” per come – creando l’Eni – difese l’interesse nazionale italiano e la nostra indipendenza economica.

Oggi l’indipendenza e la libertà dell’Italia sono di nuovo minacciati e fortemente condizionati, proprio per via economica e politica, da tanti fattori, in particolare dalla desovranizzazione della UE dominata da Germania e Francia. Il caso Mes è solo l’ultimo episodio.

Ma c’è anche il recente documento con cui Francia e Germania vogliono ridisegnare una UE a loro totale arbitrio, nella più assoluta marginalità dell’Italia che appare drammaticamente inconsapevole o addirittura eterodiretta dall’estero. Bisognerebbe davvero cantare “Bella ciao” contro “l’invasor”.


Antonio Socci

Da “Libero”, 1 dicembre 2019

(nella foto: Enrico Mattei)

LITURGIA DEL GIORNO

La Liturgia di Venerdi 6 Dicembre 2019

San Nicola


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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Bianco 

Antifona d'ingresso
Dio stabilì con lui un'alleanza di pace,
perché presiedesse al santuario e al popolo,
così a lui e alla sua discendenza
fu riservata la dignità del sacerdozio per sempre. (Sir 40,24) 

Colletta
Padre santo, 
che nel Vescovo Nicola hai dato alla tua Chiesa un maestro di fede,
invitto nel difendere la verità dagli assalti dell'errore 
e un pastore buono instancabile nel donarsi a tutti, 
dona una fede salva, e un amore aperto 
e generoso al tuo popolo che lo venera come protettore. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. 

PRIMA LETTURA (Is 29,17-24)
In quel giorno gli occhi dei ciechi vedranno.

Dal libro del profeta Isaìa

Così dice il Signore Dio:
«Certo, ancora un po’
e il Libano si cambierà in un frutteto
e il frutteto sarà considerato una selva.
Udranno in quel giorno i sordi le parole del libro;
liberati dall’oscurità e dalle tenebre,
gli occhi dei ciechi vedranno.
Gli umili si rallegreranno di nuovo nel Signore,
i più poveri gioiranno nel Santo d’Israele.
Perché il tiranno non sarà più, sparirà l’arrogante,
saranno eliminati quanti tramano iniquità,
quanti con la parola rendono colpevoli gli altri,
quanti alla porta tendono tranelli al giudice
e rovinano il giusto per un nulla.
Pertanto, dice alla casa di Giacobbe il Signore,
che riscattò Abramo:
“D’ora in poi Giacobbe non dovrà più arrossire,
il suo viso non impallidirà più,
poiché vedendo i suoi figli l’opera delle mie mani tra loro,
santificheranno il mio nome,
santificheranno il Santo di Giacobbe
e temeranno il Dio d’Israele.
Gli spiriti traviati apprenderanno la sapienza,
quelli che mormorano impareranno la lezione”».

Parola di Dio 

SALMO RESPONSORIALE (Sal 26)
Rit: Il Signore è la mia luce e mia salvezza. 

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?

Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore. 

Canto al Vangelo () 
Alleluia, alleluia.
Il Signore viene, andiamogli incontro:
egli è la luce del mondo.
Alleluia. 

VANGELO (Mt 9,27-31
Gesù guarisce due ciechi che credono in lui. 

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». 
Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». 
Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi. 
Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione.

Parola del Signore 

Preghiera dei fedeli
Per mezzo del suo Figlio, Dio ridona la vista ai ciechi, l'udito ai sordi e la gioia agli afflitti. Con il desiderio di essere noi pure guariti dal male e trasformati in uomini nuovi, lo preghiamo dicendo: 
Signore, liberaci dal male. 

Perchè la Chiesa, luce delle genti, testimoni che in Cristo ogni tenebra è vinta, ogni colpa perdonata, ogni morte redenta. Preghiamo: 
Perchè tutti i cristiani avvertano come compito specifico l'impegno per il superamento di ogni ingiustizia. Preghiamo: 
Perchè nel mondo crollino le dittature e ogni altra forma di governo che non rispettano la libertà e la dignità dell'uomo. Preghiamo: 
Perchè noi fedeli, che spesso crediamo di vedere, ricerchiamo umilmente e attentamente la verità, consapevoli di non possederla mai compiutamente. Preghiamo: 
Perchè la cecità fisica dei non vedenti, accettata e unita alla sofferenza di Cristo, diventi testimonianza di luce per i non credenti. Preghiamo: 
Per quanti si occupano dei malati. 
Per quanti si preparano alla prima comunione e alla cresima. 

O Padre, che hai pietà e misericordia di ogni uomo, ascolta le nostre suppliche e donaci di credere fermamente in te, che sempre ci illumini e ci salvi. Per Cristo nostro Signore. Amen. 

Preghiera sulle offerte
Accogli, o Signore, i doni che ti presentiamo 
nella solennità del tuo vescovo Nicola, 
e fa' che dall'oriente all'occidente possa levarsi a te 
l'unico rendimento di grazie nell'accordo della voce e del cuore. 
Per Cristo nostro Signore.



Antifona di comunione
Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà vigilante.
In verità vi dico: gli affiderà l'amministrazione di tutti i suoi beni. (Mt 24,46-17) 

Preghiera dopo la comunione
O Padre, che ci hai nutrito alla mensa del tuo Figlio, 
fa' che sentiamo in noi la fiamma viva del tuo amore 
e, imitando la fede e la carità di san Nicola 
andiamo incontro con gioia al Cristo che viene. 
Egli vive e regna nei secoli dei secoli. 

Commento
Nato a Pàtara, Asia Minore (attuale Turchia), ca. 250.
Morto a Mira, Asia Minore, ca. 326.
Proveniva da una famiglia nobile. Fu eletto vescovo per le sue doti di pietà e di carità molto esplicite fin da bambino. Fu considerato santo anche da vivo. Durante la persecuzione di Diocleziano, pare sia stato imprigionato fino all’epoca dell’Editto di Costantino. Fu nominato patrono di Bari, e la basilica che porta il suo nome è tuttora meta di parecchi pellegrinaggi. San Nicola è il leggendario Santa Claus dei paesi anglosassoni, e il NiKolaus della Germania che a Natale porta i doni a bambini.