martedì 4 giugno 2019

La dittatura europea, intervista a Ida Magli



IDA MAGLI - LA DITTATURA EUROPEA - FIRENZE 2011


Intervista a Ida Magli, classe 1925, storica e antropologa autrice – tra l’altro – di La dittatura europea. Una voce critica e radicale, troppo spesso censurata, capace di portare argomenti che è invece necessario ascoltare e dibattere.


Qual è la sua idea di Europa?
Io non ho nessuna “idea di Europa” perché non è mai esistita un’Europa se non come territorio geografico. Quello che è sempre esistito sono le nazioni, le lingue, i popoli, con i loro nomi a cominciare dai Romani, i Galli, gli Iberici, etc. È questo il motivo fondamentale per cui il progetto d’unificazione europea era sbagliato fin dall’inizio.

Secondo alcuni analisti politici, l’Europa sarebbe davanti a una crisi nella quale crescono o si manifestano nuovamente fenomeni come il nazionalismo e un forte antieuropeismo. Come giudica questo?
La crisi è evidente, ma in realtà la chiamano “crisi” i politici che avevano voluto costruire l’unione europea senza consultare i popoli. Quello che oggi si vede chiaramente, quindi, non è la crisi bensì il giudizio negativo dei popoli e la debolezza di una costruzione cui manca qualsiasi forza vitale proprio perché mancano i popoli. Il “nazionalismo” è l’amore naturale di ogni popolo per la propria terra, la propria patria, la propria lingua, la propria storia, etc. Averlo voluto cancellare per costruire l’unificazione europea è un crimine di cui i governanti sono responsabili davanti alla storia.

Nel suo La dittatura europea parla di identità dei popoli. Ma quando si parla di identità, lo spauracchio che si agita di solito è quello del nazionalismo inteso come un “ritorno al passato”, tanto irreale quanto arma di propaganda mondialista. Che cosa ne pensa?
Un popolo è come un individuo, la sua identità si costruisce allo stesso modo con il quale si costruisce quella d’un individuo: con il proprio nome, i propri antenati, la propria famiglia, la propria casa, la propria lingua, la propria storia. Farsi scudo del nazismo o del fascismo da parte dei governanti per creare l’Unione Europea distruggendo l’amore per la patria, è un’operazione di orrida falsità. Fra l’altro è questa falsità, che tutti più o meno percepiscono, uno dei fattori principali dell’inevitabile crollo dell’Ue.

La crisi europea è solo monetaria o c’è dell’altro?
La crisi monetaria è quella che si vede di più perché è sui vantaggi della moneta unica che i politici avevano puntato per convincere i popoli a rinunciare alla sovranità monetaria. Visto che gli economisti e i banchieri hanno sbagliato i conti perfino nel loro campo, se ne deduce facilmente che sia sbagliato anche tutto il resto. La crisi monetaria, perciò, è l’indice di un prossimo crollo totale. Io, però, voglio aggiungere una cosa: il crollo dell’Europa è voluto. La costruzione è stata fatta (anche se non tutti lo sapevano o lo capivano) appositamente per distruggere la forza dell’Europa, la sua civiltà, la sua storia, i suoi popoli. Lo scopo finale, infatti, è la mondializzazione: un solo governo, una sola moneta, una sola lingua, una sola religione, etc. Dietro all’unificazione europea c’è la volontà massonica della globalizzazione.

Qual è il ruolo dei “fratelli maggiori”, ovvero il popolo ebraico, come li aveva chiamati Giovanni Paolo II, nel progetto europeista e mondialista?
Wojtyla era polacco, animato in quanto tale dalla volontà di espiare il passato polacco nei confronti degli ebrei innalzandoli in confronto ai cristiani. Per questo era un entusiasta “mondialista” e, consapevolmente o meno, ha fatto del mondialismo lo scopo del suo pontificato. Nella mondializzazione naturalmente il Cristianesimo diventerà una religione “minore” in quanto, perduta la forza di ribellione di Gesù allo spirito precettistico e normativo dell’ebraismo, assumerà i connotati di una sua semplice “variante”, presto assorbita dall’islamismo. Io mi sono soffermata a lungo nel mio libro sul tradimento della Chiesa nei confronti di Gesù, un tradimento sorprendente e atroce a cui però sembra nessuno voglia opporsi.

Non crede che sia necessario smettere di parlare di Europa e più verosimilmente, dal punto di vista storico e geopolitico, parlare di Eurasia?
No, non lo credo. La civiltà europea è connotata dallo spirito delle nazioni d’Occidente. Il dilemma dell’influsso asiatico è stato, e lo è ancora, lo slavismo e il mongolismo della Russia. Ma della Russia sembra che nessuno voglia ricordarsi neanche a proposito dell’unificazione europea.

Non crede che l’esclusione della cultura islamica da parte europea sia non solo una forzatura ma anche un arbitrio, visti molti secoli di storia comune?
Come ho già detto, non lo credo. Ogni civiltà ha un suo focus, un suo centro. La civiltà europea è nata e si fonda sul diritto romano, sul primato della persona, sulla filosofia greca, sulla lingua latina, sul primato della rappresentazione artistica: tutte cose agli antipodi della cultura islamica in cui il Corano è l’unico codice e che infatti ha potuto soltanto essere combattuta, ma non integrarsi.

Lei è molto dura nei confronti dell’Islam: non crede però che esso una delle pochissime alternative culturali e sociali all’imperialismo americano?
L’Islam non è un’alternativa. L’imperialismo americano lo dovremmo respingere in nome della nostra civiltà, non in nome di quella islamica. Ma nessuno dei nostri governanti lo vuole fare perché – lo so che è difficile e troppo duro crederlo – la meta prefissata è la morte della cultura e dei popoli d’Europa. A questo serve l’immigrazione islamica.

Si sente a ogni piè sospinto parlare di “Europa democratica”, posto che le critiche alla democrazia sono sempre benedette – e che, alla faccia di Churchill, la democrazia non è «il peggior sistema a esclusione di tutti gli altri», anzi – come giudica questa situazione, politicamente e giuridicamente?
Politicamente e giuridicamente è illegittima e falsa. Non si può dire altro. Io, infatti, ho chiesto al nostro Ministro dell’Interno che mi venga tolta la cittadinanza europea in quanto mi è stata imposta illegittimamente. Spero, però, che questo fatto così evidente convinca i lettori che i governanti “sapevano” e volevano distruggere l’Europa e tutti noi.

Di recente sulla stampa italiana sono comparse critiche all’euro. Secondo Lei sono fuochi di paglia oppure serpeggia in alto loco qualche fastidio per quella che può esser vissuta come una dittatura economica?
No, non sono fuochi di paglia: il fallimento dell’euro era sicuro fin dall’inizio, ma è giunto troppo presto per i piani a lunga scadenza che avevano i politici. Naturalmente non potevano prevedere gli enormi furti dei vari banchieri che hanno giocato e perduto i soldi di tutto il mondo. È stata la crisi delle banche a mettere in ginocchio anche le nazioni europee. Se non fosse che stiamo parlando della nostra stessa vita e di quella dei nostri figli, si potrebbe dire che si tratta di una giusta nemesi: banchieri che affossano banchieri.

I Paesi dell’est Europa che sono entrati a far parte dell’Unione Europea ci hanno rimesso, in molti sensi. Qual è la loro possibilità di salvezza, visto che si parla di zone in cui, sebbene l’occidentalizzazione sia già arrivata in massa, conservano ancora forti radici?
Tutti ci abbiamo rimesso, ma i Paesi dell’Est si salveranno meglio di noi per due motivi: erano e sono molto più poveri e di conseguenza cadono da un gradino più basso. Ma, soprattutto, conoscono per durissima esperienza lo spirito bolscevico che soggiace alla costruzione europea (l’ha detto Vladimir Bukowski, uno dei più noti dissidenti sovietici, non io, che l’Ue è come l’Unione Sovietica) e ne diffidano.

Come giudica i governi dell’est Europa che si sono succeduti prima del 1989? Crede che la caduta del muro di Berlino sia stato un bene o un male?
Dei governi dell’est Europa non è stato detto quasi nulla, i giovani non ne sanno nulla, malgrado la caduta del muro di Berlino. Il muro è caduto perché la Russia è stata annientata dal bolscevismo. C’erano rimaste soltanto rovine, rovine materiali e spirituali. Purtroppo ancora non è stato avviato nessuno studio serio su quanto è avvenuto e in Occidente l’informazione praticamente non è esistita e non esiste. Sostenere che Wojtyla abbia avuto un qualsiasi ruolo in questo campo è una tale sciocchezza che basta da sola a far comprendere come nessuno sappia ancora neanche minimamente quale fosse la situazione. È il principio dell’uguaglianza che fa impazzire gli uomini, anche quando sono in buona fede, prescindendo quindi dalle personalità criminali come quella di Stalin, perché provoca una continua “misurazione” (l’uguaglianza è concetto di misura), crea il bisogno di una “organizzazione per la misura”, la cosiddetta burocrazia, che cresce su se stessa all’infinito. Posso dire che io ho diffidato dell’unificazione europea fin dall’inizio perché vi ho riconosciuto lo spirito bolscevico: quello dell’uguaglianza.

L’Occidente imploderà su se stesso?
Non sono in grado di fare questa previsione. Posso dire che forse siamo ancora in tempo a salvarci e che il fallimento dell’euro ci aiuterebbe perlomeno a fermarci perché costringerebbe i politici a riflettere, se non altro per giustificarsi davanti ai popoli prima di chiedere il loro voto. Parlo di “politici”, non di banchieri trasformati in politici. Qua e là, in Francia, in Germania, in Austria, ce ne sono. Anche in Italia ce n’è qualcuno, anche se non osa dire ad alta voce quello che pensa. Io non ho perso tutte le speranze: l’importante è che gli Italiani sappiano.

LE VERITÀ NASCOSTE DIETRO LE MIGRAZIONI VENGONO FINALMENTE ALLA LUCE…..


MIGRANTI: LE VERITÀ NASCOSTE



Che le ondate migratorie, così come queste si sono drammaticamente estese negli anni , prima in sordina poi sempre più aggressive e selvaggie nelle modalità e nei numeri , siano un fenomeno che è stato il frutto di un complotto internazionale partito dal gruppo Bilderberg con il consenso delle sinistre europee tra le quali quella italiana dei famigerati Prodi, Amato, Bonino …è ormai innegabile.

Le schiaccianti prove che gli eventi di questi giorni hanno messo in luce, condannano senza alcuna ombra di dubbio l’operato del PD ( e dei suoi sodali ) che tanto si è prodigato per nascondere al popolo italiano la verità di uno scandaloso mercato di schiavi indotti spesso con la forza a salire su un barcone anche contro la loro volontà come è risultato dal racconto di qualche immigrato.

Le oscure finalità di questa immigrazione incontrollata ed anomala , se prima erano solo intuibili, ora sono diventate certezza poiché alla base di una valanga di merce umana da introdurre nel tessuto sociale europeo vi è un progetto altrettanto oscuro che è quello di distruggere l’identità europea attraverso un rimescolamento di razze che cancellino l’identità culturale, storica, religiosa di un popolo che ,dopo secoli di evoluzione in ogni campo dello scibile, si ritrovi a ricominciare una nuova storia sotto un nuovo padrone , un nuovo Governo , quello programmato che fa capo ad un nuovo ordinamento che ha nome NWO (New World Order). Un Nuovo Ordine Mondiale che ga la funzuone di scardinare gli Stati nazionali e sostituirsi ad essi con una serie di organismi transnazionali gestiti da una Elite finanziaria dominante.

Per questo la sinistra Italiana , per aver accettato passivamente le imposizioni del gruppo attualmente ancora più potente al mondo, merita di essere condannata da tutti gli italiani che di questo progetto erano e sono ancora ignari. .La sinistra di Prodi, Amato, Renzi, Gentiloni ,Bonino e tutta la gang al loro seguito, sono colpevoli di alto tradimento verso il popolo italiano a cui di certo non venivano svelati i loro oscuri complotti. Chi potrebbe mai negare che trent’anni della nostra storia sono stati bruciati per parlare sempre e solo di immigrazione ? A chi interessava realmente inondare l’Europa intera di immigrati africani , al 90% tutti islamici di sesso maschile che durante le traversate inneggiavano ad Allah con quella stessa paurosa esclamazione usata negli attacchi terroristici fanaticamente portati a compimento nel nome di Allah: (Allah Akbar) ? Ai ‘signori ‘ della guerra, ovviamente!

A quella Elite finanziaria i cui interessi economici e politici diffusi in tutto il mondo spaziano ovunque ci siano giacimenti utili per incrementare i propri profitti e rafforzare la propria egemonia finanziaria da cui dipende anche il controllo del mondo. Prima dalla Libia, disastrata dall’intervento della NATO, e poi dalla sfortunata Siria, impegnata in una lunga e sanguinosa guerra ( portata dall’esterno dagli stessi della Libia ) che ha costretto i nativi alla fuga , è iniziata la più importante ondata migratoria verso l’Italia e l’Europa, motivata dalla sofferenza , dalla paura , dalla mancanza di case rase al suolo dai bombardamenti.
Onore alla nostra Italia per aver accolto tutti i profughi di guerra, i profughi siriani, libici, irakeni, quelli che l’Isis ha vessato , torturato, ucciso, bruciato senza che alcuno di loro avesse una benché minima colpa se non quella di essere nato in uno di quei paesi barbaramente attaccati con la stessa determinazione e ferocia dei grandi genocidi della storia. Azioni barbare che si ripetono con il pretesto di difendere i deboli e la libertà ma che nascondono solo la volontà di potere assoluto della elite dominante nel mondo. A questo potere si sono genuflessi i traditori della libertà e della pace in Italia come in Europa e con disprezzo totale verso la vera libertà dei popoli, hanno assecondato i progetti diabolici che avevano il fine di destabilizzare l’Italia e l’Europa.

Infatti, solo in una Italia disomogenea negli obiettivi , tra scambi di accuse , insulti e guerre di parole sarebbe stato facile creare divisioni , dissidi e scambi di accuse tra fratelli che avrebbero fiaccato il morale degli uni e degli altri perchè la guerra delle accuse , delle parole e delle azioni fossero il pretesto per chiamare in causa ‘i potentati ‘, quelli che, guarda caso, invoca Roberto Saviano per mettere ordine tra le opposte fazioni e visioni . Bravo Saviano, che racconta di mafia e di Camorra senza combatterla e poi si allea con i diavoli che gli hanno permesso di stare al sicuro negli appartamenti lussuosi di New York ; bravo Saviano, che invece di rimboccarsi le maniche per difendere il suo paese si allea con i più forti per sentirsi protetto e non sa giudicare, né andare oltre quello che vede perchè la sua coscienza rifiuta di conoscere la verità che è dietro il fenomeno migratorio e, come un agente della Elite finanziaria, si dedica ad ingannare l’opinione pubblica ricorrendo al falso umanitarismo.

Roberto Saviano, guru delle migrazioni

Con con lo stesso falso pietismo di Bergoglio, Roberto Saviano recita anche lui la ‘Santa Accoglienza’ fino a che tutta l’Europa non esploderà in un ribellione totale dove i poveri immigrati al 99% per cento islamici (quelli che Gheddafi monitorava ogni qualvolta un paese dell’est entrava nell’Unione Europea, profetizzando in pochi anni un numero di 100 milioni di islamici), guidati dall’antico fervore religioso che mai li ha abbandonati in tutti questi secoli, con un pretesto qualsiasi o per qualche giudizio espresso da un innocente europeo, ripensando all’unico comando di Maometto ancora vivo nel corano, “uccidi l’infedele”, attaccheranno i figli dei nostri figli e sarà guerra nei quartieri divenuti nel frattempo piccoli stati islamici autonomi, sia nella gestione della giustizia (sharia) sia nella gestione della vita pubblica. Questo, il futuro che attende l’Europa: Vedi: youtu.be.com/Watch ; 

Quella su esposta è la verità che anche Emma Bonino conosce bene. Come se non bastassero i 650 mila immigrati clandestini già in Italia, non si comprende perchè la Bonino e i suoi fedeli seguaci insistano, con un accanimento che sa di patologico, nella ambigua ‘missione’ migratoria progettata dai signori del NWO di cui Soros e Company sono gli esecutori. Da quando il Papa si è alleato con i padroni del mondo , le sinistre si sono convertite al clericalismo anticamente combattuto. L’appoggio indiretto infatti, di Papa Francesco alla lotta della Bonino per l’ingresso illimitato dei migranti, sta nella condivisione delle finalità che con tale immigrazione si intendono realizzare; finalità nascoste al popolo ma che sono intuibili dalle azioni dello stesso Papa il quale, nominando Peter Sutherland, esecutivo di Goldman Sachs e del gruppo Bilderberg ,presidente della ‘International Catholic Migration, (https://www.maurizioblondet.it/suggeritore-bergoglio-sui-migranti-un-bilderberg-goldman-sachs/ ) conferma la sua volontà di aderire totalmente al progetto mondialista senza alcuna previsione di ciò che questo progetto comporti realmente per il futuro del’Europa: il pericolo, cioè, incombente che la nostra Europa diventi sottomessa all’Islam.

Fino a che punto le buone intenzioni di Francesco che di certo considera solo l’aspetto umanitario e non quello politico, cultural e religioso degli immigrati (quasi tutti islamici) e la mente della Bonino siano invase dall’ardore di una Europa islamica a cui in futuro, gli europei dovranno obbedire, è pensiero ancor più angosciante, poiché la solita propaganda di una Europa che non ‘fa’ figli non giustifica una immigrazione senza fine dove gli immigrati di sesso maschile sono al 90% uomini.

Emma Bonino con la percezione che l’Islam porterebbe in Europa una nuova e ‘grande’ civiltà, pur di realizzare questo delirante progetto , si è inventata il “Welcoming Europe’, la petizione da firmare per dare accesso illimitato a stuoli di maschi islamici muscolosi da far accoppiare con le donne europee in modo da incrementare anche le conversioni all’islam come Maometto comanda. Per giungere a questo demenziale obiettivo , la sinistra ha indirizzato tutta la sua azione verso una propaganda falsa e accusatoria sempre nei confronti della opposizione, divenendo complice di una immigrazione niente affatto spontanea, ne’ legale, ma guidata e voluta da organizzazioni lautamente pagate dai mercanti della guerra per mettere in opera il progetto destabilizzante di quel prezioso ‘gioiello’ che ancora si chiama ‘Europa’; quel Gioiello che la Natura e la Storia ci hanno donato perché la custodissimo nella bellezza e nella civiltà.

Ora, pare che l’unico obiettivo sia diventato quello di creare una razza ibrida, una “africanizzazione” dell’Italia, tant’è che La Bonino , causa i milioni di aborti praticati dagli anni in cui ella difendeva questa pratica, sta cercando di recuperare i mai nati con nuovi accoppiamenti tra africani e donne europee.

Animati dallo stesso intento, centinaia di ragazze europee, invase anche esse dal delirio di una Europa islamica, fuggono dall’Europa per raggiungere le tane dell’ ISIS per accoppiarsi ( ma di questo non sono consapevoli e vengono poi sorvegliate come prigioniere) con i guerrieri della morte e fare figli a volontà per essere poi questi ultimi, istruiti alle armi già a cinque anni ed essere poi rimandati in Europa per compiere attentati. (dalla confessione di un infiltrato). Questo l’orrore che potrebbe percorrere le nostre strade grazie ai jihadisti che segretamente, inviano ragazzini incattiviti dall’indottrinamento per compiere azioni criminali . C’è da chiedersi come faccia Bergoglio , che di certo l’Europa non è il suo paese, a non vedere questa realtà e a non saper guardare il futuro con gli occhi dei grandi profeti che , dotati di qualità e capacità introspettive, sapevano intelligentemente predire le azioni future degli uomini basandosi sulla conoscenza dei loro vizi e sulla evidenza delle atrocità del presente. Questa la vera ‘ sfida’ europea, una sfida verso la morte voluta e propagandata da piccoli uomini e donne che l’Europa l’hanno trasformata in un potenziale inferno.

Intanto , le ondate migratorie , frutto di una pianificazione irresponsabile a cui i tre Governi precedenti hanno collaborato , hanno rivelato il losco business e gli illeciti che sono saliti in superficie proprio dalle profondità del mare mediterraneo e che riguardano le navi ONG. Grazie alla determinazione del ministro degli interni Matteo Salvini che sulle azioni umanitarie nutriva fondati sospetti che la ‘mafia globale’ governasse tutte le operazioni da una postazione di comando esterna, la verità è venuta alla luce..

Nave ONG Aquarius

L’Italia e ovviamente anche l’Europa, travolta da una immigrazione inarrestabile è rimasta intrappolata in quella guerra ideologica sotterranea che rimane il vero obiettivo della invasione: la supremazia islamica in Europa e il progetto kalergi ( la sostituzione della razza europea con razza ibrida): obiettivi che si concretizzano con attentati terroristici: azioni suicide annoverate nell’elenco di esaltati mentali, ma che sono invece, vere e proprie azioni di guerra pianificate da gruppi che a loro volta ricevono denaro e ordini da personaggi che nella gerarchia del terrore trovansi un po’ più in alto così che il vero mandante rimane segreto e mai identificato.

Ma il mandante esiste e si chiama : NWO. Cioè a dire, un Governo Unico mondiale che potrebbe rappresentare un incubo ed un’incognita per le future generazioni europee, in quanto privo di rassicurazioni e di garanzie sul rispetto delle libertà, dei diritti, e sul sistema democratico da attuare.

La strategia della Elite finanziaria , meglio nota come ’ Mafia Kazara’, era quella di creare con l’immigrazione appunto, ingovernabilità, frammentazione, divergenze tra partiti e popoli (come infatti è accaduto anche in Europa). In Italia per tentare di vincere sul malcontento degli italiani, le sinistre hanno usato la propaganda accusatoria contro l’opposizione ( populisti, fascisti, razzisti, xenofobi…) richiamando dall’al di là i fantasmi del fascismo; una strategia boomerang che al contrario ha rafforzato la destra. Infatti oggi, il popolo italiano, stanco di subire le imposizioni, con il voto delle amministrative ha detto basta. Il popolo dice basta agli stupri, alle aggressioni alle forze dell’ordine, al coprifuoco serale e notturno, agli agguati tesi da spacciatori, da drogati o da delinquenti in cerca di sesso, basta agli omicidi, al terrore, insomma basta a questa Europa che non è più Europa.

VERSO GLI STATI UNITI D'EUROPA? II E ULTIMA PARTE

L'Atto Unico 

Il 12 febbraio 1986 venne firmato l'Atto Unico Europeo e ratificato da tutti i dodici Paesi della Comunità Europea nell'estate 1987, allo scopo di “far progredire concretamente l'Unione Europea” (art. 1 ). Si calcolava che i contenuti dell'Atto - vera e propria Costituzione europea - sarebbero stati recepiti in 300 diverse leggi CEE. L'Atto, nella sez. II, art. 13, stabiliva: “Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali...” Fatto questo che automaticamente comporta la possibilità per le multinazionali di operare senza restrizioni mediante trasferimenti di capitali ovunque sia conveniente. In tal modo esse potranno imporre i nuovi standard di produzione europea; ne consegue che le piccole attività imprenditoriali indipendenti (o, peggio, aziende agricole di modesta dimensione) non disponendo dei capitali necessari per riconvertire la produzione ai nuovi standard di mercato, non saranno in grado di resistere e verranno condotte a scegliere fra chiusura o svendita a prezzi stracciati ai cartelli delle corporatìons, proprio come storicamente già accaduto ai piccoli proprietari fondiari di fronte ai voraci latifondisti. Ma dietro l'avanzata delle multinazionali dei mercanti operano le banche, la cui attività è coordinata da una Banca Unica Europea il cui ruolo consiste nel sostituirsi alle attuali Banche Centrali nazionali. I Capi di Stato della CEE avevano dato incarico, nel giugno 1988, al sinarca Jacques Delors e ad una quarantina di banchieri appartenente alla Banca per i Regolamenti Internazionali di Basilea e alle Banche Centrali nazionali, di costituire quella Banca Unica il cui fine fosse “l'abolizione dei controlli sui cambi e la liberalizzazione dei movimenti di capitali [...] (a tal punto) per il 1992 [...] ai Paesi dello SME (Sistema Monetario Europeo, N.d.A.) sarà quasi impossibile perseguire politiche monetarie indipendenti o anche impor re livelli diversi di riserva alle proprie banche”. E interessante rendersi ben conto che queste misure venivano messe a punto nel giugno 1985, in esecuzione di un piano della Trilaterale di dieci anni prima, nel corso di un incontro fra Jacques Delors e membri della multinazionale Philips, del Gruppo Bilderberg e della Round Table britannica. Ne uscì un documento di 35 cartelle pubblicato dalla CEE nello stesso 1985 col titolo Completing the Internal Market, che servì da i ruolino di marcia verso l'«Europa 1992». Esso si apriva con questa affermazione: “L'unificazione del mercato per 320 milioni di persone presuppone che gli Stati Membri convengano nell'abolire barriere di ogni tipo, nell'armonizzare le regole, nel rendere più simili le strutture legislative e fiscali, nel rafforzare la cooperazione monetaria e le necessarie misure di sostegno per incoraggiare le imprese europee a lavorare congiuntamente. Per ottenere questo occorre rimuovere le “barriere tecniche”, cioè dar via libera alle multinazionali dei tecnocrati che in breve sapranno imporre il loro monopolio in ogni settore, realizzando così la (facile) “profezia” del professor Howard V. Perlmutter, consigliere di oltre 100 multinazionali, quando nel 1971, in occasione del 1° Simposio dello World Economie Forum a Davos in Svizzera, annunziava programmaticamente, in compagnia dell'economista John Kenneth Galbraith: “Da qui al 1991 il mondo sarà dominato da circa 300 multinazionali che regoleranno su scala mondiale il mercato dei prodotti di consumo [...]. Queste 300 dovranno controllare tutto quel che riguarda la ricerca, lo sfruttamento, la produzione e la ripartizione nel mondo, delle materie prime e degli elementi chiave del nostro tempo [...]”. Fu in quel giorno che nacque la parola d'ordine delle fusioni fra banche, industrie, compagnie e aziende per settori di attività. Man mano che ci si avvicinava al 1991, il numero delle multinazionali globali sembrava cambiare: secondo la Repubblica - Affari e Finanza, del 23 novembre 1988, infatti, l'opinione dei banchieri britannici era che non più di 150/200 grandi Corporations avrebbero dovuto condizionare l'economia mondiale, a loro volta legate a non più di qualche decina di superbanche. A buon diritto, quindi, il sinarca Jacques Delors poteva invocare una sollecita “distruzione creativa”, ovvero il solve gnostico che deve sempre precedere il coagula inteso quale fase ricostruttiva secondo i nuovi piani: così, ad esempio, la Banca Unica Europea avocherà a sé il compito di riportare ordine in campo monetario ed esercitare quel diritto di battere moneta fino allora riservato agli Stati, decidendo nel contempo, in campo finanziario, a chi assegnare i crediti, come e quando. Del resto il presidente della First National City Bank, Walter B. Wriston, direttore del CFR dal 1981 al 1987, fin dal 24 febbraio 1971, nel corso di un incontro a Parigi con altri banchieri, ammoniva: “I nostri amici europei giudicano a volte la situazione sulla base di un contesto storico non più valido [...]. L'Europa deve trasformarsi in una Compagnia multinazionale europea per discutere, finalmente in modo utile, con la Compagnia multinazionale americana […]”. Gli Stati Uniti di Europa, in realtà, si rivelano sempre più essere gli Stati Uniti - ovvero il mondo anglosassone - in Europa. Rimane da accennare a qualche meccanismo attraverso il quale verranno trasferite al governo sovrannazionale europeo le competenze degli Stati nazionali. Basti osservare che prima dell'Atto Unico un paese poteva respingere una legge non gradita, o dannosa alle propria economia, elaborata a livello europeo, mentre ora il diritto di veto, pur esistente, è virtualmente sterile e sostituito dal concetto di “maggioranza qualificata” raggiunta con un sistema di punteggio fissato in base al “peso” dei vari paesi. In un discorso tenuto nel 1987 l'eurocrate trilateralista Willy De Clercq vantava che l'Atto Unico avrebbe dovuto rendere possibile prendere i due terzi delle decisioni della Comunità con una semplice maggioranza qualificata, contro il 90% delle decisioni che precedentemente richiedevano l'unanime consenso. A ciò si aggiunga che a tutt'oggi il Parlamento europeo ha funzione solo consultiva, mentre le leggi vengono approvate da un Consiglio dei Ministri pressoché onnipotente. Così i disegni di Monnet e degli eurocrati prendono corpo: l'Atto Unico e il Trattato di Maastricht tendono a dare un carattere di irreversibilità all'unione politica ed economica, attraverso una sottrazione continua di potere ai singoli Stati spesso mascherata dietro i soliti termini di grande effetto e altisonanti arcinoti, come “cooperazione”, “unione”, “convergenza”, “armonizzazione”, in modo che ben presto sarà impossibile ai singoli Stati membri opporsi alle politiche decise a Bruxelles. È l'Europa dei tecnocrati e dell'Alta Finanza che, sotto la guida dall'Alta Loggia, si fa espressione geopolitica continentale del piano mondialista con la restrizione delle libertà economiche e politiche delle sue gloriose nazioni, seguita dalla perdita delle singole identità culturali millenarie, dissolte in un crogiolo multinazionale e multirazziale e con essa lo svuotamento dell'altissimo patrimonio spirituale maturato in due millenni di civiltà cristiana. L'ex consigliere di Mitterrand Jacques Attali, membro dell'alta massoneria ebraica del B'nai B'rith, in vista del referendum che avrebbe portato la Francia verso l'accettazione del Trattato di Maastricht, si compiaceva del fatto che “l'Europa moderna provi, dopo la guerra, a distruggere il concetto stesso di Nazione”, osservando che “all'Ovest le nazioni tendono a dissolversi dall'alto, nella costruzione europea [...]. Tale è la nuova utopia, il nuovo progetto di civilizzazione: una democrazia senza frontiere dove le istituzioni non richiedano né Stati forti, né frontiere che limitino”. Nello stesso tempo Jacques Delors, noto come lo “zar” di Bruxelles, membro dei “Futuribles International”, una fraternità di circa 2000 tecnocrati e sinarchi del mondo intero, che siedono anche alla Trilaterale, al Bilderberg e in simili club mondialisti, parlando nel 1992 del Trattato di Maastricht toglieva il marchio di qualità democratico agli oppositori del Trattato, apostrofandoli coi termini che nei regimi totalitari si riservano agli avversari politici: “In democrazia non v'è posto per gli avversari di questo Trattato. A costoro io consiglio di abbandonare la politica”. La tappa dell'Unione Europea è tappa massonica? Quasi scontata la risposta: nel settembre 1988 fu l'allora Gran Maestro della massoneria italiana Armando Corona che si fece carico di rispondere: “[...] (la Massoneria) si pone oggi in prima fila nel processo di unione europea. Lo fa con la consapevolezza di chi ha posto mano per primo alla liberazione dei popoli, alla redenzione delle minoranze, all'avvento della Società delle Nazioni e dell ONU e ora punta all'unità europea […] (per) contribuire all'affermazione della libertà universale”. Contenuto già annunciato nel significativo - dato il livello al quale era proposto - titolo del tema affidato nel corso della trentaduesima Conferenza europea dei Sovrani Gran Commendatori della massoneria di Rito Scozzese, tenuta nel maggio 1986 in Roma, ai partecipanti, tutti iniziati del 33° grado: “Cosa può fare il Rito per facilitare la costruzione dell'unità europea”. Problema sempre vivo per la massoneria europea, fin dalla sua fondazione e puntualmente ripreso, aggiornato e riproposto, come quando nel 1975 il Grande Oriente di Francia pianificava la futura organizzazione del mondo profano secondo una “federazione europea, con parlamento, governo e lingua ausiliaria” e una “federazione mondiale... con un governo mondiale, un parlamento mondiale, moneta mondiale. 

Risultati immagini per “Europa: molte lingue, una voce”

“Europa: molte lingue, una voce” è il commento del poster del Consiglio d'Europa dove una Torre di Babele è il soggetto dominante, coronata da 11 pentalfa (stella a 5 punte) rovesciati: una Torre dei nostri giorni, come lo provano la gru meccanica, la ruspa che si sta avviando verso la Torre e l'aereo a reazione che entra in scena sulla sinistra, mentre un sereno quadretto di fraternità e di solidale lavoro e vita comune domina il primo piano. Il significato della composizione è apertamente iniziatico: il simbolo della Torre è infatti un emblema massonico classico, che richiama il tentativo prometeico dell'uomo mortale di scalare il cielo, sfidando il Demiurgo, il Dio cattivo dei cristiani che, incatenando l'uomo alla Terra, ha così voluto condannarlo alla fragilità del dolore e della morte. Ma l'attività che armoniosamente si sviluppa alla base della Torre, già in fase di avanzata costruzione - e che certamente per sorgere ha richiesto un lungo periodo di preparazione e uno schieramento unico di mezzi - è di buon auspicio per la “Grande Opera”: da tutto l'insieme sembra scaturire un messaggio di successo, teso a sottintendere che il biblico tentativo aveva fallito per l'insufficienza spirituale degli uomini, privi allora di quello slancio decisivo che oggi invece ne infiamma i cuori e li affratella nella comune intrapresa. Questa volta - sembra quasi voler significare l'iniziato compositore - non ci sarà spazio per la confusione delle lingue, e la casa di tutti, la casa europea nella fattispecie, ma in realtà la casa dell'umanità, sorgerà alla luce di quelle splendenti stelle che dall'alto ne illuminano e consacrano i lavori. Tuttavia i pentalfa, che con la punta volta verso il basso dominano la scena, non lasciano dubbio alcuno sull'origine di quella luce, e la loro disposizione a cerchio - che si ripete nell'emblema classico del Consiglio d'Europa questa volta con le punte diritte (v. in basso a destra) - richiama il serpente esoterico Ouroboros della dottrina dei cicli e della caduta originale, del Dio dell'iniziazione e dell'Era veniente, l'Èra dell'Acquario. Secondo taluni autori alla Torre di Babele gli iniziati attribuirebbero anche un'azione magica di “protezione”, funzione assunta nel corso dei secoli dalle varie Torri di Babele, costruite a sfidare il cielo e sparse un po' ovunque sul pianeta, generalmente vicino ad un corso d'acqua come l'originale: citiamo solo la Statua della Libertà e le Twin Towers di New York, il Genio della Bastiglia e la Torre Eiffel di Parigi, la sede di Basilea della Banca per i Regolamenti internazionali, e, per l'antichità, il Colosso di Rodi e il Faro di Alessandria, dove in esse non può sfuggire neppure la comune figurazione del Demiurgo lucifero, apportatore di luce agli uomini. Una delle particolarità più notevoli della Torre di Babele è quella di essere simbolo, rappresentazione e manifestazione visibile e tangibile della Montagna Primordiale Polare, che il “pellegrino” si ripropone di salire durante l'iniziazione in cerca della luce. Una montagna che molti elementi fanno pensare a forma tronca, simile a un vulcano (e a quella che troneggia sul dollaro americano) della quale la Revue Internationale des Sociétés Secrètes di mons. Jouin, osservava: “[...] La montagna, del resto, nel simbolismo della Massoneria ebbe il suo “geroglifico” nella piramide colorata in senso opposto, vale a dire nella sua parte inferiore, sfumando verso l'alto per mostrare che le emanazioni grevi e terrestri si purificano elevandosi verso l'alto”. Poco dopo il suo passaggio Genscher è diventato un alto esponente del partito liberal-democratico della Germania Ovest. Caso singolare: né per Genscher, né per Bahr, Mosca e Berlino Est se ne sono adontate, come drammaticamente invece per altri casi simili, anzi, una volta che entrambi hanno avuto un ruolo politico di governo, all'Est sono stati accolti a braccia aperte! In attesa che l'ONU diventi sede del Governo mondiale, con il suo esercito, la sua polizia segreta, i suoi parlamenti, l'Alta Loggia, ovvero l'AUTORITÀ, spinge il POTERE ad accelerare la realizzazione dei grandi insiemi economici da sostituire agli Stati-Nazione, come il NAFTA nordamericano (Canada, Stati Uniti, Messico) creato in funzione anche di obbligare l'Europa ad unirsi per reggerne la concorrenza sul piano politico e commerciale, e come la Pan-Asia, un insieme est-asiatico fulcrato sulla Cina, in grado di contenere la crescita, e quindi la supremazia nell'area, del Giappone. Tutto ciò - lo si tenga presente - non comporta automaticamente l'esistenza di un'organizzazione che, a livello di POTERE, sia interamente coerente, disciplinata, gerarchizzata, monolitica nei suoi strumenti operativi (CFR, Circoli Bilderberg, Trilaterale, Club, eccetera, con i loro patrocinatori Rothschild e Rockefeller), salvo che in riferimento agli obiettivi ultimi da raggiungere come, appunto, la distruzione dello Stato-Nazione. Così, ad esempio, il de Villemarest riferisce che nel 1949 nel settore bancario la banca Morgan giocava la carta anglo-europea, ma, nel 1955, essa passava sotto controllo americano. La banca Worms si separava allora dalla Lazard e si intendeva con i Rothschild... Poi agli inizi degli anni 1970 Rockefeller e Rothschild tenteranno di porre fine alle loro rivalità, ma quando Rothschild si accorse che Rockefeller lo stava sorpassando chiamò a raccolta per contrastare l'operato di David e dei suoi fratelli..


Il Parlamento europeo 

L'Europa federale organizzata su base democratica presenta la classica suddivisione dei poteri: 
• il legislativo, attraverso l'ultimo organismo in ordine di tempo della Comunità Europea, il Parlamento, con sede a Strasburgo. 
• l'esecutivo, affidato al Consiglio d'Europa istituito nel 1949 con sede a Bruxelles 
• il giudiziario, esercitato dalla Corte di Giustizia che risiede a Lussemburgo. Ad essi si affiancano organismi specializzati come la Commissione CEE di Bruxelles, la Corte dei Conti, eccetera. A maggioranza socialista, il Parlamento Europeo ha oltre 2.900 funzionari e perfino una Commissione contro il fascismo e il razzismo. E' l'organismo - eletto a suffragio diretto - al quale sono delegate le decisioni della costituenda Europa federale, sempre meno assunte nelle assemblee parlamentari dei singoli Stati. La sua prima seduta venne tenuta dal 17 al 20 luglio 1979. L'israelita Marcel Shapira, membro del Supremo Consiglio rumeno dei 33, nel 1985 dichiarava: "Non nascondo che c'è un gran numero di massoni al Parlamento Europeo..."  Albert Lantoine (1869-1949) - appartenente alla élite intellettuale della massoneria francese degli anni Trenta, assieme a personaggi del calibro di Oswald Wirth, Marcel Cauwel, Antoine Cohen - e famoso per avere pubblicato, nel 1937, una sua Lettera al Sovrano Pontefice, nella quale si offriva alla Chiesa la possibilità di collaborare con la massoneria in ambito temporale “per difendere la civiltà contro la barbarie montante”, ebbe occasione di illustrare in modo parimenti efficace questo complotto contro le nazioni. In Hiram au Jardin des Oliviers (Hiram nell'Orto degli Ulivi) il grande iniziato scriveva: “Il nostro segreto consiste nel costruire insensibilmente una Repubblica universale e democratica di cui sarà Regina la Ragione e Consiglio Supremo l'assemblea dei Saggi”. Nel numero di settembre del 1991 la rivista del Grande Oriente di Francia Humanisme offriva lumi sulla filosofia che avrebbe animato questa repubblica: “La filosofìa della Repubblica in fondo non è altro che un umanesimo, la fede nella possibilità di uno sviluppo pieno di ogni potenzialità umana sotto il solo controllo della ragione. Essa esprime un immenso atto di fiducia nel potere dell'uomo di salvare se stesso al di là di ogni appello al soprannaturale” [...]; con una precisazione, tuttavia: “La repubblica non può ammettere nella comunione spirituale dei repubblicani coloro che non hanno fatto atto di obbedienza (alla massoneria, N.d.A.)”. Nessuna illusione perciò: nel “mondo uno” di domani, prefigurato nella Repubblica Universale massonica, non vi sarà posto né per il cittadino che volesse conservare sentimenti di fedeltà per la propria nazione e la propria terra, né, a fortiori, per il cattolico che intendesse obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.

estratto da:

VERSO GLI STATI UNITI D'EUROPA?

GLI STATI UNITI D'EUROPA: UN PROGETTO CHE VIENE DA LONTANO E CHE SI STA REALIZZANDO OGGI. QUANDO SUCCEDERA': "....LASCIATE OGNI SPERANZA O VOI CHE ENTRATE...."  



CI STANNO PORTANDO DENTRO GLI STATI UNITI D'EUROPA


CAPITOLO XXV (CAP. 25 EPIPHANIUS)

La tappa europea Verso gli Stati Uniti d'Europa 

Narra il pastore protestante sionista Richard Wurmbrand che l'unico emblema religioso che compare nell'atrio principale del Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York è una figura ignuda di Zeus, la divinità nota per la sua ferocia, e che nella mitologia greca si trasformò in un toro che rapì e tenne prigioniera Europa: similitudine a quanto pare puntualmente avverata. Alla fine della seconda guerra mondiale lo schieramento era definito: da un lato la Paneuropa sinarco-martinista di Coudenhove-Kalergi, sostenitrice della tesi di un federalismo europeo a carattere regionale lungo l'asse franco-tedesco, dall'altro il gruppo ebraico-anglosassone di ispirazione palladista, vincitore della guerra, che caldeggiava gli Stati Uniti d'Europa stabilmente fissi in orbita americana. In generale per federalismo europeo si intende una forma di governo che riceve potere delegato dai governi delle singole nazioni, che peraltro mantengono le loro costituzioni e prerogative. Gli Stati Uniti d'Europa invece postulano l'esistenza di un solo governo centrale che estende il suo potere su tutte le nazioni europee trasformate in grandi province. La divergenza invero non era nuova, datando fin dai tempi dell'origine della Sinarchia, come testimonia uno scritto del SaintYves del 1890, e si è protratta fino ad oggi attraverso le note forme del gaullismo (de Gaulle rappresentava politicamente i Rothschild e ideologicamente il Patto Sinarchico) e dell'opposizione ad un'unione europea da parte dell'Inghilterra la quale, legata agli Stati Uniti, è rimasta fedele alla sua grande tradizione “di impedire che fra le nazioni del continente si organizzi qualcosa di serio”. Ma le opposizioni nei disegni dell'Alta Loggia coincidono, e l'Europa unita si farà come ricordava negli ormai lontani anni Sessanta il 33 Yves Marsaudon del Supremo Consiglio di Francia: “Noi possiamo affermare che l'Europa Massonica si fa...”. Così il 19 settembre 1946 il massone (era Maestro alla Studholme Lodge n. 1591) e membro di spicco del ramo britannico della Pilgrims' Society Winston Churchill, in un discorso all'Università di Zurigo, poteva proclamare: “Sotto la direzione e nell'ambito del quadro dell'Organizzazione mondiale delle Nazioni Unite, noi dobbiamo ricreare la famiglia europea in un quadro regionale che si chiamerà - può darsi - gli Stati Uniti d'Europa, e il primo passo pratico sarà di costituire un Consiglio d'Europa. Se agli inizi tutti gli Stati d'Europa non accettano o non sono in grado di prender parte a questa unione, noi dovremo tuttavia continuare a raccogliere e ad organizzare quelli che vi aderiscono e coloro che lo possono [...] vi dico dunque: In piedi, Europa!” Quasi contemporaneamente il 21 settembre 1946 l'ONU approvava un documento programmatico, conosciuto come “Piano Hertensteiner” che auspicava la nascita di una federazione mondiale guidata dalle Nazioni Unite. In esso venivano richiesti ai singoli stati europei sacrifici di sovranità in tema di economia e politica per giungere ad un'organizzazione regionale atta ad inserirsi un giorno nel concerto planetario guidato dall'ONU. L'appello lanciato da Churchill ebbe immediata e grande risonanza: ancora nel 1946 venne fondato in Gran Bretagna lo “United Europe Movement” ad opera dello stesso Churchill; seguiva in Francia il “Conseil pour une Europe Unie” di Jean Monnet e Robert Schuman; in Belgio la “Lega indipendente di Cooperazione economica europea” di Paul van Zeeland; e ancora l'«Unione Europea dei Federalisti» seguita a Londra nel 1948 dal “Movimento Socialista per gli Stati Uniti d'Europa”, l'«Unione Parlamentare europea» di Coudenhove-Kalergi e l'«Associazione Internazionale per l'Unità Europea» presieduta dallo stesso Paul van Zeeland e alla quale apparteneva un certo Joseph Retinger. Gran parte di questi movimenti confluì l'11 novembre 1947 in un “Comitato internazionale di Coordinamento dei Movimenti per l'Unità europea” che a sua volta generò un “Congresso dell'Europa” da tenersi all'Aia fra il 7 e il 10 maggio 1948 sotto la presidenza di Winston Churchill. Questo Comitato avrebbe poi suscitato il 24 ottobre 1948 il famoso “Movimento Europeo” sotto il patrocinio di Churchill, Spaak, Léon Blum e Alcide De Gasperi. Alla presidenza venne chiamato il genero di Churchill, Duncan Sandys, affiancato nella segreteria generale da Joseph Retinger. Il profilo di quest'ultimo personaggio è quanto mai rilevante ai fini della nostra trattazione. Nato a Cracovia nel 1887, figlio di un ricco israelita, Retinger rimase orfano a quattro anni. Raccolto dal conte Zamoyski, venne inviato nel 1906 a studiare alla Sorbona, dove conobbe André Gide. A quell'epoca, nonostante la giovane età Retinger era già un alto dignitario della massoneria svedese; sembra inoltre fosse stato pure un Superiore Incognito del martinismo. La cosa in ogni modo gli facilitò non poco la conoscenza di alti personaggi come il “Colonnello” Mandell House, l'uomo della Massoneria illuminista sinarchica e teosofica dei “Maestri di Saggezza”, membro della Round Table e fondatore di spicco del CFR americano. Agente dei servizi segreti e successivamente diplomatico, Joseph Retinger, con l'appoggio del Pilgrims miliardario Nelson Rockefeller, sarà il vero ispiratore e il padre fondatore nel 1954 del Bilderberg Group, un superparlamento riservato alla crema del mondo degli affari e della politica esteso alle due sponde dell'Atlantico. Le idee di Retinger, ossia quelle dell'Alta Loggia, che si rifletteva nella Pilgrims e nella Fabian Society, fanno strada, come si poteva leggere nel “Bollettino del Centro di Cultura Europea”: “Senza di lui la Lega europea di cooperazione economica, il Movimento Europeo e il nostro Centro di cultura europeo, non avrebbero mai visto la luce. Il Congresso dell'Europa all'Aia fu opera sua e il Consiglio d'Europa ne fu la conseguenza. Più recentemente fu lui che concepì e (che oggi, N.d.A.) anima il Bilderberg Group, consacrato alla comprensione e all'unione atlantica”. Se ora aggiungiamo che Retinger era amico di lunga data di Coudenhove-Kalergi è facile immaginare il motivo della scelta dell'Aia quale sede del primo Congresso dell'Europa, il padrone di casa essendo quel principe Bernardo d'Olanda, importante azionista della Royal Dutch Petroleum e della “Société Génerale du Belgique” controllate dai Rothschild, ma soprattutto materiale fondatore dei circoli Bilderberg sotto l'influenza di Retinger. Grazie a questo Congresso il 25 ottobre 1948 poté dunque riunirsi per la prima volta il “Movimento Europeo”.


La distruzione della civiltà europea 

“La guerra futura sarà una guerra invisibile. E quando i suoi raccolti saranno distrutti, le sue industrie paralizzate, le sue forze armate incapaci di agire, che un paese comprenderà all'improvviso che era in guerra e che la sta perdendo”. Frédéric Joliot-Curie (Membro Pugwash, premio Nobel per la Chimica, membro onorario dell'Accademia delle Scienze di Mosca, Alto Commissario per l'Energia Atomica dal 1945 al 1950, Premio Stalin per la Pace, Membro del Movimento contro il Razzismo e l'Antisemitismo eper la Pace - MRAP - ) (cit. d a IM Revue des Étoiles, 1947). Due, ripetiamo, sono le direttrici di marcia del mondialismo: la lotta alla Chiesa cattolica di sempre, fondamento della civiltà europea e unica Istituzione in grado di imporre al singolo uomo una morale perfetta, sia personale che sociale; e la creazione del prototipo di questo “uomo nuovo”, tramite una scuola laica e onnipresente, fortemente ideologizzata (con aggiornamento ad ogni livello) e allargata ad un numero di soggetti il più ampio possibile. Nel corso di questo studio si è più volte accennato alla cittadella della Chiesa assalita, talora frontalmente, talora, come oggi, per successive infiltrazioni. Esiste in proposito un testo programmatico, scritto del 1819 (!), ma terribilmente attuale, tratto dall'Istruzione segreta permanente data ai membri dell'Alta Vendita, il vertice della Carboneria ottocentesca, di cui si propongono alla riflessione del lettore alcuni passi: “Ora dunque per assicurarci un Papa secondo il nostro cuore si tratta prima di tutto di formare, a questo Papa, una generazione degna del regno che noi desideriamo. Lasciamo in disparte i vecchi e gli uomini maturi; andate invece diritto alla gioventù, e, se è possibile, anche all'infanzia... Alla gioventù bisogna mirare, bisogna sedurre i giovani: è necessario che noi attiriamo la gioventù anche senza se ne accorga, sotto la bandiera delle società segrete. Per avanzarci, a passi contati ma sicuri, in questa via pericolosa, due cose sono assolutamente necessarie. Voi dovete avere l'aria di essere semplici come colombe, ma insieme voi dovete essere prudenti come serpenti [...]. Una volta che la vostra reputazione sarà stabilita nei collegi, nei ginnasi, nelle università e nei seminari: una volta che voi vi sarete cattivata la fiducia dei professori e dei giovani, procurate che specialmente coloro che entrano nella milizia clericale ricerchino la vostra conversazione [...]. Questa reputazione [...] aprirà alle nostre dottrine il cuore del giovane clero e degli stessi conventi. Fra qualche anno questo giovane clero avrà, per forza di cose, invase tutte le funzioni; egli governerà, amministrerà, giudicherà, formerà il consiglio del sovrano, e sarà chiamato ad eleggere il Papa del futuro. Questo Papa, come la più parte dei suoi contemporanei, sarà più o meno necessariamente imbevuto, anche lui, dei principi […] umanitari che noi cominciamo ora a mettere in circolazione. Fate che il Clero cammini sotto le vostre bandiere, credendo di camminare sotto la bandiera delle Chiavi Apostoliche”. (E. Delassus, Il problema dell'ora presente, Voi. I, pp. 588-90) “[...] Il cattolicesimo, meno ancora della Monarchia, non teme la punta di uno stile, ma queste due basi dell'ordine sociale possono cadere sotto il peso della corruzione. Non stanchiamoci mai di corrompere. Tertulliano diceva con ragione che il sangue dei martiri era seme di cristiani. Ora è deciso nei nostri consigli che noi non vogliamo più cristiani: dunque non facciamo dei martiri, ma popolarizziamo il vizio nelle moltitudini. Che lo respirino coi cinque sensi, che lo bevano, che se ne saturino... Fate dei cuori viziosi e non avrete più cattolici. Allontanate il prete dal lavoro, dall'altare e dalla virtù: cercate destramente di occupare altrove i suoi pensieri e il suo tempo [...]. Noi dobbiamo intraprendere la corruzione in grande, la corruzione del popolo per mezzo del clero, e del clero per mezzo nostro [...]”. (ivi, p. 611) “Date la libertà di coscienza agli eretici, agli ebrei, agli atei, ma abbiate cura che non ne godano il prete e i cattolici [...]. Per distruggere l'influenza del prete tagliategli i beni che lo rendono indipendente, riducetelo al salario dell'impiegato dello Stato [...]. Diminuite il numero delle feste, impiegate le domeniche con esercizi, banchetti, divertimenti e occupazioni che allontanino il popolo dalla morale evangelica [...]. Per togliere al prete l'affezione assoluta che lo rende caro al popolo studiatevi di incatenarlo a una famiglia, sollevate l'opinione contro il celibato [...]”. (pp. 626 – 628) L'istruzione laica nella scuola pubblica è un fatto ormai universale ed acquisito in Europa. Gli Stati esercitano un controllo stretto sugli ordinamenti e i programmi scolastici: ovunque la religione è facoltativa o trasformata riduttivamente in storia della religiosità umana; le scuole sedicenti cattoliche, per poter sussistere, devono rigidamente trasmettere i programmi laici statali privilegiando l'ideologia democratica elevata a rango di dogma indiscutibile. Né si può negare che buona parte dei sacerdoti siano oggi “democratici” e, come tali, portati a minimizzare l'ispirazione divina della Scrittura, interpretando i testi con l'aiuto della critica storica laica o, peggio, in senso simbolico e sottomettendo gli stessi dogmi all'evoluzione storica (modernismo). Gli stessi principi democratici hanno condotto col Vaticano II alla politica, da parte cattolica, del silenzio sui dogmi, allo sconvolgimento liturgico e ad un ecumenismo che è rinuncia al depositum fidei fondato sulla Roccia evangelica per abbracciare l'erroneo altrui. Il terreno così dissodato è oltremodo fertile per la crescita della malapianta della morale libertaria massonica; la libertà individuale intesa come assoluto è presto degenerata in licenza: da qui l'aumento vertiginoso della criminalità in Europa, l'immoralità diffusa, l'attacco - che abbiamo visto pianificato - alla famiglia con il divorzio, le unioni libere, gli anticoncezionali, gli aborti di Stato, l'omosessualità, la pornografia, e, non certo ultima, la droga. Indebolimento e morte delle Nazioni europee L'attacco all'Europa cristiana, dalla distruzione della Casa d'Austria perorata da Comenius alle due guerre mondiali, non ha conosciuto soste: l'idea di una Repubblica Universale del secolo scorso si è trasformata in quella di Governo Mondiale sovrannazionale al quale affidare le scelte e i destini dell'umanità. Riecheggiano sinistre le parole del Pilgrims John Foster Dulles quando, nel 1942 in veste di presidente del “Federal Council of Churches” (Consiglio Federale delle Chiese), definiva gli obiettivi della guerra, diceva: “[...] Un governo mondiale, la limitazione immediata e severa delle sovranità nazionali, il controllo internazionale di tutti gli eserciti e di tutte le marine, un sistema monetario universale, la libertà di immigrazione nel mondo intero, l'eliminazione progressiva di tutte le restrizioni doganali (diritti e tributi) al commercio mondiale, e una Banca Mondiale sotto controllo democratico”. 

Limitazione delle sovranità nazionali 

Arnold Toynbee, membro di spicco della Round Table britannica, ancora nel lontano giugno del 1931, nel corso della quarta conferenza annuale dell'Institute for the Scientific Study of International Relations in corso a Copenaghen, affermava: “In questo momento stiamo lavorando, con discrezione ma con tutta la nostra forza, per strappare dalla presa degli stati nazionali locali del nostro mondo questa forza misteriosa che si chiama sovranità. E in ogni momento neghiamo con le labbra quello che stiamo facendo con le mani, perché impugnare le sovranità dei locali stati nazionali del mondo è ancora un'eresia, per cui uno statista o un attivista può essere, forse non proprio bruciato sul rogo, ma sicuramente ostracizzato e discreditato”. Quarantanni dopo il barone Edmond de Rothschild (1926-1997), il più ricco di quei Rothschild che hanno determinato le sorti dell'Europa degli ultimi due secoli, personalità di immenso rilievo del mondo israelita, membro influente del Bilderberg Group e della Commissione Trilaterale, presidente della banca svizzera omonima, uomo d'affari e proprietario di celebri vigne bordolesi, annunciava i tempi ormai maturi: “L'Europa dell'Ovest, vale a dire i sei paesi del Mercato Comune, più la Gran Bretagna, e infine l'Irlanda e i paesi scandinavi, secondo modalità da definire costituiranno un'Europa politica federale, ma poiché ciascun individuo sente il bisogno di collocarsi in un ambiente ristretto, esso si identifiche paesi vallo “L'Europa Stati”. Richard Gardner, esponente in vista dell'area del Potere, dalle colonne dell'organo ufficiale del CFR, il quadrimestrale Foreign Affairs dell'aprile 1974, sosteneva: «[...] In breve, la “casa dell'ordine mondiale” dovrà essere costruita dal basso in alto piuttosto che dall'alto in basso. Sembrerà una grande confusione, dinamica e dominata da rumori di fondo [...] ma le sovranità nazionali si approssimano alla fine, rosicchiate pezzo per pezzo, in modo più efficace del vecchio, fascinoso assalto frontale». «La nazionalità, così come la conosciamo sarà obsoleta; tutti gli stati riconosceranno un'unica autorità globale. Il termine “Cittadini del mondo” avrà allora assunto il suo reale significato». In sostanza il discorso che la massoneria propone è elementare: poiché i problemi da affrontare sono ormai internazionali, non possono essere risolti dalla singola nazione, ma da un Governo mondiale. La scomparsa della nazione risponde perciò ad una fase precisa della Grande Opera massonica: quella del definitivo solve in vista di un coagula altrettanto definitivo di dimensioni planetarie. Si può oggi, con sufficiente certezza, delineare le tre tappe del cammino percorso verso l'integrazione massonica europea nella decolonizzazione, per indebolire la potenza delle Nazioni: la regionalizzazione e il Parlamento europeo, succursale continentale delle Nazioni Unite. “Un processo è avviato nel mondo, non esattamente il declino delle superpotenze, ma quello degli Stati-nazione [...]. Due forze, ben più dei paesi presi individualmente, foggiano il mondo degli anni Novanta: una è il raggruppamento delle nazioni in entità regionali, come lo testimonia la CEE. L'altra è la forza delle multinazionali [...]”. Così quello Stato-nazione per costruire il quale perirono a schiere soldati e patrioti, idealisti e avventurieri in lotte protratte su scala continentale per anni, cessa di rappresentare quel deposito di valori laici così tenacemente presentato dalla Scuola di Stato, per rivelare invece tutta la sua natura strumentale di tappa in un cammino a carattere planetario che sfocerà infine nel governo mondiale oligarchico. Il filosofo e storico ebreo Jacob L. Tàlmon (1916-1980), cogliendo l'essenza della nazione massonicamente intesa, scriveva: “Il riconoscimento del diritto dell'individuo di darsi legge, la sfida diretta a se stesso di esprimere spontaneamente la sua personalità, invece di sottomettersi a precetti dati da Dio o sacralizzati dal tempo per l'espiazione dei suoi peccati, a lavorare per il trionfo del progresso sulla terra invece di attendere il giudizio divino, tutto ciò venne esteso alla personalità collettiva della nazione. Inoltre la debolezza e l'indegnità proprie dell'uomo potevano venire sublimate entro la grandezza e la potenza della nazione, come precedentemente lo fu nella gloria della Chiesa”. L'essenza della nazione, dunque, come risultato collettivo di tante sfide personali a Dio, come surrogato di Dio e deposito fedele dei valori laici espressi negli altari della Patria, nei motti, nei canti, nei riti di esaltazione patriottica, nei matrimoni e funerali civili, che oggi, grazie ai mezzi di comunicazione e alle reti finanziarie e informative operanti a livello planetario alla velocità della luce non serve più sacralmente circoscrivere ad un territorio e ad un popolo.

CONTINUA....

O la Costituzione della Repubblica Italiana o l’Unione Europea


1. Breve premessa.


L’Unione Europea è una organizzazione internazionale. Ad essa si è dato vita mediante la stipulazione di Trattati internazionali.

I Trattati prevedono materie di competenza della UE e organi destinati ad emanare norme vincolanti ora per gli Stati ora per i cittadini degli Stati membri. Le materie di competenze della UE sono in espansione continua, man mano che i Trattati sono modificati. Al di là delle precise previsioni dei Trattati, la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, alla quale è riservata la decisione ultima sulle competenze della UE, tende da sempre ad espandere le competenze degli organi UE, ben al di là dei limiti, semantici e logico-giuridici, che discenderebbero dalle disposizioni dei Trattati.

Le (sempre più) ampie competenze della UE non tolgono che quest’ultima sia e resti fondata su accordi internazionali e pertanto abbia natura internazionalistica. L’UE esiste perché gli Stati membri vogliono questa forma di cooperazione. Gli Stati membri restano (formalmente) sovrani. La Corte Costituzionale tedesca in una sentenza del 2003 ha affermato con chiarezza che gli Stati membri sono i “padroni dei trattati”; e ha ribadito il concetto nella sentenza del 30 giugno 2009, pronunciata con riguardo alla legge tedesca di esecuzione del trattato di Lisbona.

Fino a quando uno Stato membro non esce dai trattati europei, il diritto dei trattati e quello “derivato”, emanato dagli organi previsti nei trattati medesimi, prevalgono sul diritto degli Stati membri, comprese le norme costituzionali (o meglio, comprese le norme costituzionali che disciplinano i rapporti economici). Il diritto della UE prevale sul diritto interno. Oggi, in seguito alla modifica dell’art. 117 della Costituzione (voluta e introdotta dal centro-sinistra), le norme di tutti i trattati internazionali ai quali sia stata data attuazione, e in particolare le norme di “diritto comunitario” (specificamente menzionato nell’art. 117 Cost.), prevalgono su quelle contenute in leggi ordinarie, sia anteriori che successive (Corte Cost. 348/2007; e Corte Cost. 349/2007), senza che sia più necessario porre in essere le piroette logico-giuridiche compiute in precedenza per giustificare soluzioni che, sotto il profilo tecnico, non stavano né in cielo né in terra. La possibile e necessaria interpretazione restrittiva dell’art. 117, suggerita da autorevoli dottrine, non nega quanto ho appena affermato.

Insomma, oggi è indubbio che il Parlamento italiano non può derogare ad una norma dei Trattati europei o a una norma introdotta dagli organi europei nemmeno all’unanimità. Uscire dai trattai europei o soggiacere; questa è l’alternativa a nostra disposizione. Il diritto interno contrario al diritto della UE o deve essere disapplicato dai giudici nazionali o comporta sanzioni per lo Stato italiano, comminate dalla UE. La modifica dei trattati, invece, non è nella nostra possibilità. Le modifiche richiedono il consenso di tutti gli Stati che hanno stipulato i trattati (ciò è vero anche per le “procedure di revisione semplificate”, perché esse prevedono la possibilità di atti di dissenso dei Parlamenti nazionali: art. 48 TUE). 

2. Il diritto della UE e il diritto costituzionale italiano

Come ho accennato, la prevalenza del diritto europeo sul diritto italiano riguarda anche il diritto costituzionale italiano, sia pure con taluni limiti.

La Corte Costituzionale Italiana ha da lungo tempo affermato e più volte ribadito che la prevalenza del diritto dell’Unione Europea trova un limite “nell’intangibilità dei principi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione” (dopo l’introduzione del nuovo art. 117, 1° co., cost., si veda Corte Cost. 348/2007; in altre precedenti sentenze il limite era enunciato con diversa formula: “i principi fondamentali del nostro ordinamento o i diritti inalienabili della persona umana”). La Corte Costituzionale, in questa materia, si riserva di giudicare costituzionalmente illegittima una norma UE contraria a “iprincipi fondamentali del nostro ordinamento o i diritti inalienabili della persona umana”.

La Corte Costituzionale ha anche creduto, in tempi risalenti, che “appare difficile configurare anche in astratto l’ipotesi che un regolamento comunitario possa incidere in materia di rapporti civili, etico sociali, politici, con disposizioni contrastanti con la Costituzione” (Corte Cost. 183/1973).

Non interessa in questa sede verificare se i principi di libertà siano stati toccati da uno o altro regolamento UE (in dottrina si crede che in un paio di occasioni siano stati almeno sfiorati), quanto osservare che la sentenza del 1973 non menzionava i “rapporti economici”. Se sfogliamo la Costituzione italiana, ci accorgiamo che, dopo il titolo I della parte I, dedicato ai rapporti civili e il titolo II dedicato ai rapporti etico sociali, prima del titolo IV dedicato ai rapporti politici, c’è il titolo III, dedicato ai rapporti economici (artt. 35-47).

La Corte Costituzionale non era incorsa in una dimenticanza; anzi voleva proprio precisare che con l’(allora) art. 189 del Trattato di Roma era stata limitata la sovranità in materia di rapporti economici.

La verità è che in materia di rapporti economici non ha senso indagare se i Trattai europei e la normativa europea derivata contrastino sotto uno o altro profilo con i principi costituzionali. Semplicemente siamo in presenza di due programmi radicalmente antitetici e quindi alternativi (N. IRTI, L’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, 1998, pp. 22 ss.) O il legislatore applica il primo e tradisce il secondo. O applica il secondo e tradisce il primo.

Confrontiamo i due programmi, con la stringatezza imposta dall’occasione. 

Non mi soffermo sul preteso fondamento giuridico della prevalenza dei Trattati europei rispetto alle norme della costituzione economica. Mi limito semplicemente a constatare e tra breve ad illustrare che quella prevalenza è un fatto, il quale ha una portata molto maggiore rispetto a quanto si creda comunemente, anche nella dottrina critica.

3. Il programma costituzionale in materia di rapporti economici

La norma fondamentale della nostra Costituzione –a mio parere della Costituzione intera e non soltanto del gruppo di norme che disciplinano i rapporti economici– è posta dall’art. 41. Proprio quell’articolo che alcuni vorrebbero modificare.

La norma fondamentale non risiede, come si crede, nel secondo comma dell’art. 41, il quale precisa che l’iniziativa economica privata, che il primo comma dichiara libera, “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana”. I principi espressi nel secondo comma sono evidentemente deducibili da altre norme ed è difficile pensare che, abrogando il secondo comma dell’art. 41 cost., nel nostro ordinamento l’iniziativa economica potrebbe svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o sacrificando la sicurezza, la libertà e la dignità umana. Naturalmente, resta salvo il problema del significato delle formule vaghe –si tratta di clausole generali– che esprimono i limiti (“utilità sociale”, “dignità umana”, ecc). Un significato che va viepiù restringendosi, anche e soprattutto nella coscienza sociale dominante, man mano che la logica necrofila del capitale, promossa dai mezzi di formazione dell’opinione pubblica, da ideologie insegnate nelle università e dai mutamenti dell’ordine giuridico, penetra nell’animo e nelle menti dei cittadini italiani.

La norma fondamentale della nostra Costituzione è espressa nel terzo comma dell’art. 41: “La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Con questa norma i costituenti sceglievano un modello dirigista (N. IRTI, L’ordine giuridico del mercato, op. loc. cit.), un dirigismo che deve svolgersi nel rispetto della sacrosanta tutela costituzionale dell'iniziativa economica privata, ma pur sempre di direzione politica dell'economia si tratta.

L’insieme dei principi e dei valori espressi dalle altre norme del titolo (nonché altri principi e valori che trovano fondamento in altri luoghi della costituzione) non sono affidati al mercato, al libero incontro e scontro delle forze e quindi di fatto e di diritto al dominio del capitale. Sono invece realizzati mediante un programma. Il programma si esprime mediante prese di posizione e interventi. Questa norma dice chiaramente che l’attività economica soggiace alla decisione politica, la quale si esprime nella legge. Lo Stato è consapevole della forza del denaro, vi si oppone e, pur utilizzandola, la disciplina.

Ferma la libertà d’iniziativa economica privata e fermi i limiti sanciti nel secondo comma dell’art. 41 Cost., lo Stato, per mezzo della legge, programmava chiproduceva determinati beni e servizi; cosa si produceva e vendeva; cosa non si doveva produrre e vendere; come si produceva e vendeva.

Lo Stato si riservava di stabilire prezzi equi per beni e servizi essenziali (equo canone e scala mobile, per esempio). Legiferava per realizzare i valori costituzionali e, per raggiungere l’obiettivo, poteva prevedere monopoli pubblici, discipline vincolistiche in settori economici di rilevanza pubblica, imporre prezzi minimi e massimi, imporre dazi all’importazione o all’esportazione, e altri strumenti di protezione di uno o altro settore dell’industria italiana.

Lo Stato, desideroso di tassare le rendite e i grandi patrimoni o i grandi centri di produzione di profitti, poteva limitare o vietare la libera circolazione dei capitali, al fine di impedirne la fuga, in caso di aumento dell’imposizione. La legge poteva prevedere aiuti di Stato a tipi di industrie e attività; vietare la produzione e la commercializzazione nel territorio dello Stato di determinati beni; ignorare il valore della concorrenza -ignorare la concorrenza non significa imporre in ogni settore monopoli o oligopoli, bensì, semplicemente, non perseguire ossessivamente la concorrenza e preferire una sana e regolata competizione(1); condizionare l’esercizio di attività commerciali a licenze e autorizzazioni di vario tipo a tutela di uno o altro interesse; prevedere minimi tariffari nell’esercizio delle professioni, vietare la pubblicità delle attività professionali; accettare una inflazione modesta (o relativamente modesta) a tutela dell’occupazione (e quindi dei salari); limitare il potere delle banche commerciali di creare denaro, fissando un’alta riserva frazionaria (intorno al 25% fino alla metà degli anni Ottanta); consentire il finanziamento, attraverso le banche commerciali, soltanto della produzione e non del consumo (come avveniva fino alla seconda metà degli anni Ottanta); perseguire l’autosufficienza alimentare della nazione e pertanto tutelare in modo assoluto l’agricoltura. Lo Stato poteva fare ed effettivamente fece gran parte di ciò che ho indicato e molto altro. Ciò che non fece non deve essere imputato al programma economico costituzionale; bensì alla volontà politica che, pure nella dialettica politica del tempo, risultò dominante.

4. Il programma della UE in materia di rapporti economici

Quello che ho descritto nel paragrafo precedente è l’esatto contrario del modello prefigurato nei Trattati istitutivi dell’Unione Europea. Infatti, “L’Unione instaura un mercato interno” (art. 3, n. 3, 1° co., TUE). Il mercato interno “comporta uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali” (art. 26, n. 2 TFUE).

L’UE è una “unione doganale” (artt. 30 ss. TFUE). L’Unione doganale implica un limite di sovranità molto maggiore rispetto alle zone di libero scambio (per esempio il NAFTA), perché queste ultime lasciano la libertà di porre tariffe doganali verso l’esterno e consentono una politica commerciale autonoma ai singoli Stati partecipanti. Ciò non accade con le unioni doganali, che vincolano anche verso l’esterno e privano gli Stati di una autonoma politica commerciale. La tariffa doganale comune la stabilisce il Consiglio Europeo a maggioranza qualificata su proposta della Commissione Europea. A rigore, l’Unione doganale non comporta un semplice limite alla sovranità, bensì la totale perdita della sovranità nel campo della politica commerciale. Va detto che si è arrivati a questa vera e propria forma di fanatismo della libera circolazione delle merci in modo graduale e si è pienamente conseguito il risultato diabolico soltanto nel 1993. Direi che è stato un lungo cammino verso l’adorazione di Satana.

Il valore supremo della UE è “la concorrenza”. Il termine e il concetto erano assenti nella Costituzione della Repubblica Italiana. La concorrenza è un valore che la UE promuove in ogni modo, anche se poi, quando ci sarebbero valori da difendere promuovendola, l’UE furbescamente si ritrae. Per recare un esempio, esistono ben due regolamenti UE (nn. 4087/1988 e 2790/99) che direttamente o indirettamente tutelano il “franchising”, il quale è un chiaro strumento per evitare non soltanto la concorrenza ma anche una sana competizione tra commercianti.

Lasciando da parte l’ipocrisia del diritto anticoncorrenziale, osservo che la disciplina europea della concorrenza si compone, oltre che di norme rivolte alle imprese, anche di norme rivolte agli Stati. In particolare, l’art. 106, n. 2 del TUE, prevede che “Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole della concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento in linea di diritto o di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell’Unione”. Inutile dire che la definizione di cosa sia un “servizio essenziale” spetta alla Corte di Giustizia europea e che trattandosi di una deroga alle norme sulla concorrenza la nozione è interpretata restrittivamente. Anche il controllo sul superamento della misura necessaria a svolgere la missione è attribuito alla Corte di Giustizia. Si tratta di limiti all’azione pubblica (o svolta nell’interesse pubblico) del tutto ignoti alla nostra Costituzione.

Inoltre, in materia di banche e intermediari finanziari, l’Italia ha perduto ogni potere normativo (salvo quello di applicare i principi UE): non può alzare la riserva frazionaria; non può separare le banche d’affari dalle banche commerciali; non può imporre speciali vincoli di portafoglio alle banche commerciali italiane (per esempio: detenere titoli del debito pubblico italiani); non può organizzare il credito secondo principi razionali, distinguendo (come prevedeva la vecchia legislazione italiana) tra istituti che erogano credito a lungo termine, istituti che erogano a medio termine e istituti che erogano a breve termine. La segnalata impossibilità è in gran parte di diritto, perché l’ordinamento italiano ha perduto la competenza o non potrebbe comunque disporre in contrasto con il diritto della UE. Per altra parte, è impossibilità di fatto, perché le discipline che sarebbe opportuno introdurre renderebbero meno competitive le banche italiane e quindi imporrebbero contestualmente limiti alle banche straniere o tutele delle banche italiane che il diritto europeo della concorrenza non consente.

Il dogma della concorrenza è poi la matrice della disciplina che pone il divieto di “aiuti di Stato” (art. 107 TFUE), nozione vaga che ovviamente è interpretata estensivamente (quindi ampliando il divieto) e il cui contenuto dipende, in definitiva, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea. Ne consegue che se il popolo italiano intendesse investire enormi somme in un nuovo settore e “aiutare” le imprese italiane, pubbliche o private, che operassero in quel settore, le leggi italiane dovrebbero essere disapplicate e lo Stato italiano sarebbe sanzionato dagli organi competenti della UE.

Il divieto di aiuti di Stato e di ogni altra forma di “protezione” di settori economici rende pure declamazioni irrealizzabili le proposte di promozione di un ritorno a forme di agricoltura contadina, così come pressoché tutte le politiche industriali un tempo praticate dai governi italiani.

Per quanto riguarda i movimenti dei capitali (“operazioni finanziarie che riguardano essenzialmente la collocazione o l’importo di cui trattasi e non il corrispettivo di una prestazione”: Corte di giustizia 31 gennaio 1984, Luisi e Carbone), l’art. 63 del TFUE ne vieta “tutte le restrizioni… tra Stati membri nonché tra Stati membri e paesi terzi”. Identico principio è posto per i pagamenti (“sono trasferimenti di valuta che costituiscono una controprestazione nell’ambito di un negozio sottostante”: Corte di giustizia 31 gennaio 1984, Luisi e Carbone). Anche in questa materia, alla completa adorazione di Satana si è giunti dopo molti anni, per effetto della direttiva del Consiglio n. 88/361 del 24 giugno 1988 e poi con il Trattato di Maastricht.

Il divieto di tutte le restrizioni ai movimenti di capitali è mortale per ogni idea, anche vaga e moderata di “economia sociale e popolare”; inizialmente, forse, soltanto per gli Stati europei meno produttivi; ma alla lunga per tutti gli Stati. Per recare un solo macroscopico esempio, esso rende del tutto impossibile per i singoli Stati, in via di fatto, introdurre regimi giuridici che prevedono una effettiva progressività nella tassazione dei redditi, degli utili sociali e soprattutto delle rendite. Per introdurre un tale regime impositivo, infatti, uno Stato è costretto a limitare la libera circolazione dei capitali. Diversamente, i capitali fuggirebbero. Il divieto di restrizione ai movimenti dei capitali è un modo elegante e ipocrita per decretare la concorrenza fiscale tra gli Stati europei.

L’unione monetaria ha sottratto agli Stati anche il potere di svalutare la propria moneta e anzi ha sottratto agli Stati la moneta.

L’unione monetaria è stata un grave errore tecnico, non soltanto politico. Gli Stati del sud Europa hanno perduto la possibilità di svalutare, per promuovere le esportazioni e soprattutto per rendere competitive le imprese nazionali. In caso di svalutazione, la produzione nazionale è più economica rispetto a quella straniera, perché per le imprese nazionali, che in precedenza acquistavano beni strumentali all’estero o che erano solite vendere beni importati, i beni stranieri aumentano di prezzo in misura pressoché corrispondente alla svalutazione (l’impresa nazionale che intendesse acquistarli dovrebbe acquistare con la moneta nazionale svalutata la moneta straniera necessaria per acquistare i beni stranieri).

A causa dell’unione monetaria, gli Stati del sud Europa sono divenuti debitori cronici nei confronti di quelli del nord e segnatamente della Germania: si indebitano con la Germania, per acquistare beni tedeschi! Un tempo, invece, accadeva che la richiesta di beni tedeschi e di marchi per acquistarli portava a un aumento dei prezzi dei beni tedeschi, con la conseguenza che i beni prodotti dagli Stati del sud Europa ridivenivano competitivi. Oggi, la moneta unica impedisce l’aumento dei prezzi dei beni tedeschi e quindi il riequilibrio commerciale. Ovvio, poi, che i tedeschi abbiano limitato le vacanze che un tempo trascorrevano in massa in Italia, in ragione dei (per loro) bassi prezzi, che non sono più tali!

In questa sede non interessa indagare se gli svantaggi siano stati complessivamente superiori o inferiori ai vantaggi, tanto propagandati. Interessa soltanto sottolineare che l’Unione monetaria ha sottratto agli Stati e ai popoli europei ulteriori poteri.

5. Conclusioni

Anche un ingenuo comprende che il modello di disciplina dei rapporti economici prefigurato nella Costituzione e quello prefigurato nei Trattati europei sono antitetici. Ciò che dobbiamo sapere, e dobbiamo ripetere fino alla nausea, è che il Parlamento italiano non può violare i Trattati europei e il diritto derivato, nemmeno all’unanimità e nemmeno modificando la Costituzione. Perciò, per attuare o per non violare il diritto dei Trattati europei e il diritto derivato, il Parlamento deve rinunciare ad attuare il programma costituzionale e deve rinunciare a dirigere la vita del popolo italiano. Oramai da venti anni la rinuncia è sistemica e senza eccezioni.

Coloro che innalzano il vessillo della Costituzione della Repubblica Italiana e non si pongono l’obiettivo di uscire dalla UE o sono ingenui e non consapevoli della prigione nella quale è stata rinchiusa la parte più nobile e moderna della nostra Costituzione, o sono ipocriti in mala fede, privi di coraggio e non degni di candidarsi al ruolo di classe dirigente della nazione.

L’UE è una organizzazione internazionale nata per distruggere gli Stati europei e per dissolvere i popoli europei in masse di consumatori anonimi, in balìa del mercato globale e del potere del capitale. L’UE non è altro che un insieme di vincoli per i popoli e quindi per gli Stati europei. Per il momento gli effetti deleteri della UE si sono verificati soprattutto nei paesi del Sud Europa. Ma essi non tarderanno ad apparire anche negli altri paesi.

Divieti di restringere la circolazione dei capitali, dei servizi, delle merci e dei lavoratori. Divieto di disciplinare in uno o altro modo i diversi settori economici, per rispettare l’obbligo di adeguarsi al dogma della concorrenza totale, ossia al “valore” della guerra totale permanente. Divieto di perseguire la piena occupazione sopportando il costo di qualche punto d’inflazione; dunque divieto di evitare la deflazione salariale. Vincoli esterni alla spesa pubblica, anche in periodi di recessione, a costo di sprofondare in una grande depressione. Impossibilità di svalutare la moneta. L’Unione Europea è l’insieme di questi vincoli e niente altro. L’Unione Europea è la più potente delle armi utilizzate dal neoliberismo per lanciare contro i popoli, le nazioni, le culture e i mercati nazionali la quarta guerra mondiale (secondo l’acuta analisi e la terminologia del comandante Marcos).

Sono vincoli pensati e voluti per uccidere Stati e Popoli. Dalla metà degli anni Ottanta i principi fondanti della UE (che altro non sono se non divieti e limiti per Stati e popoli) sono stati estesi e privati di eccezioni, dando così vita, anche in ragione dell’introduzione della moneta unica, a un veleno micidiale che aspira a uccidere nazioni secolari e millenarie.

Il destino al quale i popoli del sud Europa sono chiamati è la liberazione dalle catene imposte dalla UE, le quali, dopo averli indotti, con conseguenze culturali e antropologiche gravissime, all’indebitamento (privato – il problema è l’indebitamento privato, non quello pubblico!) e al conseguente impoverimento, hanno fatto ad essi conoscere finanche il disonore del commissariamento.

Inoltre, con specifico riguardo all’Italia, la UE, ostacolando la coesione non soltanto sociale ma anche territoriale –in Italia la questione sociale coincide in parte con la questione meridionale– è un cancro che sta colpendo l’unità della nazione. 

Recedere dai trattati europei (e dal WTO, che pone regole molto simili a quelle della UE) e attuare il modello dirigista previsto nella nostra costituzione economica, questo è il programma che deve essere accettato da tutti i patrioti italiani. Invece, come debba essere applicato il modello dirigista prefigurato nella nostra Costituzione, lo deciderà democraticamente il popolo italiano quando avrà riconquistato la piena sovranità. Dividerci oggi sul come attuare un potere che non ci è dato e che non potremo utilizzare fino a quando non sarà stata completamente riconquistata la sovranità, è atteggiamento ingenuo, infantile, massimalista e gruppettaro (da gruppetti di sinistra degli anni Settanta), che deve essere assolutamente evitato e censurato.