lunedì 18 marzo 2019

Xu Xiaohong, il capo della chiesa protestante patriottica cinese : Il cristianesimo vuole sovvertire la Cina

COME SCUSA PER ATTACCARE IL CRISTIANESIMO NON C'E' MALE....


Xu Xiaohong, presidente della Commissione nazionale del Movimento patriottico delle Tre Autonomie, interviene alla Conferenza politica consultiva: “A molti credenti manca una vera coscienza nazionale. Ecco perché diciamo ‘un altro cristiano, un cinese in meno’. Combattiamo le infiltrazioni straniere”.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il cristianesimo in Cina “deve affrontare con più impegno la propria sinicizzazione, secondo i dettami del presidente Xi Jinping, e deve combattere contro le influenze straniere che vogliono sovvertire lo Stato attraverso la fede”. Lo ha detto Xu Xiaohong, presidente della Commissione nazionale del Movimento patriottico delle Tre Autonomie, durante una sessione della Conferenza politica consultiva del popolo cinese (Cpcpc). Il Movimento è il corpo amministrativo – creato da Mao Zedong – che riunisce i cristiani protestanti ufficiali.
La Cpcpc riunisce invece tutti i rappresentanti della società civile (anche quelli religiosi) per offrire consigli all’Anp e al Partito su come migliorare le sue politiche, ma in realtà essa tende a sottomettere la società civile alle decisioni del Partito.
La sinicizzazione cui fa riferimento Xu è la campagna lanciata dal leader supremo cinese nei confronti delle cinque religioni ufficiali del Paese (cristianesimo protestante, cattolicesimo, islam, taoismo e buddhismo). Secondo Xi Jinping, queste fedi potrebbero divenire strumento di separatismo etnico o di ingerenze straniere negli affari interni del Paese.
In epoca recente, ha aggiunto il leader protestante ufficiale, “il cristianesimo si è diffuso in Cina insieme all’invasione coloniale delle potenze occidentali. Per questo è considerato una religione straniera. Va detto che ad alcuni fedeli manca una vera coscienza nazionale. Ecco perché diciamo ‘un altro cristiano, un cinese in meno’. Fra i problemi più pesanti che dobbiamo affrontare vi sono le infiltrazioni di forze straniere e i raduni illegali di preghiera”.
Agli incontri della Conferenza politica ha partecipato anche Shen Bin, vice presidente dell’Associazione patriottica dei cattolici cinesi. Secondo il funzionario, “il cattolicesimo ha affrontato degli alti e bassi nel Paese a causa di alcune chiese locali, che non sono riuscite a mettere in pratica i principi di indipendenza ed auto-gestione e non si sono integrate con la cultura cinese”.

Il commercio mondiale dei falsi supera 500 miliardi di dollari. Cina primo produttore di merci contraffatte



Come sottolinea uno studio Ocse, la Cina è il primo produttore di merci contraffatte e l’Italia è il terzo Paese più colpito dai falsi che provocano la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro e un mancato gettito fiscale per svariati miliardi.
Il commercio dei falsi non conosce né crisi, né tensioni e, anzi, continua a fiorire. Come sottolinea uno studio Ocse, inoltre, la Cina è il primo produttore di merci contraffatte e l’Italia è il terzo Paese più colpito dai falsi che provocano la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro e un mancato gettito fiscale per svariati miliardi. Secondo il rapporto, nel 2016 il commercio mondiale di prodotti contraffatti e piratati aveva raggiunto 509 miliardi di dollari, pari al 3,3% degli scambi contro i 461 miliardi del 2013, pari del 2,5% dell’interscambio internazionale.
E nel calcolo non rientrano le merci contraffatte e usurpative (cioè piratate) prodotte e consumate all’interno dei singoli Paesi, né quelli distribuiti via internet, ma solo quelli che percorrono i canali internazionali. Si tratta, infatti, di stime basate solo sui sequestri effettuati dalle amministrazioni doganali. In Europa, il commercio dei falsi ha un peso ancora maggiore rispetto alla media mondiale: nel 2016 le importazioni di merci contraffatte nella Ue ammontavano a 121 miliardi di euro, pari a 134 miliardi di dollari, il 6,8% dell’import Ue, in aumento dal 5% del 2013.
A causa della contraffazione l’Italia ha perso almeno 88mila posti di lavoro, pari al 2,1% degli occupati a tempo pieno nei settori danneggiati dai falsi. Nel solo 2016 il mancato gettito fiscale dal settore retail e ingrosso è stato di 4,3 miliardi di euro e il mancato gettito da parte di titolari di diritti di proprietà intellettuale italiani ammontava a 6 miliardi.
Complessivamente, per le casse statali il commercio di merci contraffatte e piratate ha causato minori entrate per 10,3 miliardi di euro, l’equivalente del 3,2% di tutte le tasse derivanti da valore aggiunto, reddito di persone fisiche o società e da contributi sociali. Si tratta dello 0,62% del pil italiano. Il Paese che più risente della contraffazione sono in assoluto gli Usa, considerando che il 24% del valore totale dei prodotti sequestrati alle dogane fa riferimento a detentori di diritti di proprietà intellettuale registrati negli Usa. Seguono la Francia con il 16,6%, l’Italia con il 15,1%, la Svizzera con l’11,2% e la Germania con il 9,3%.
Il considerevole incremento del commercio delle merci piratate nel mondo è avvenuto oltre tutto in un periodo di relativo rallentamento degli scambi commerciali in generale. Di conseguenza, l’intensità della contraffazione e della pirateria rappresenta sempre più un rischio per la proprietaà intellettuale in un’economia globalizzata. I falsi vanno dai prodotti di lusso a quelli di largo consumo. I sequestri riguardano principalmente il settore delle calzature (quasi il 25% del totale nel 2016), seguiti dall’abbigliamento (15%), dalla pelletteria e dalle apparecchiature Ict.
Tra i prodotti di lusso i falsi più frequenti riguardano gli orologi, i profumi, la pelletteria di alta gamma e gli occhiali firmati. In buona parte, quindi, settori in cui il Made in Italy ha posizioni di leadership e questo spiega i pesantissimi danni che i ‘falsi’ provocano all’economia nazionale. Le merci contraffatte continuano a seguire una serie di complesse rotte, utilizzando punti intermedi di transito. Sono in forte aumento le spedizioni di piccoli pacchi di prodotti contraffatti, ancora più difficili da intercettare.
La Cina emerge quale il maggiore produttore di falsi in nove delle dieci categorie di prodotti analizzate dallo studio OcseIl 55% delle merci contraffatte o piratate sequestrate nel 2014-16 era di provenienza cinese. Anche altre economie asiatiche come l’India, la Malaysia, il Pakistan, la Thailandia, la Turchia e il Viet Nam sono importanti produttori di merce falsa. La Turchia, in particolare, è un importante produttore di falsi in settori quali la pelletteria, gli alimentari e la cosmesi, che sono trasportati in Europa via strada.
E’ aumentato anche il numero delle economie che si dedicano al falso: erano 173 nel 2011-2013, sono salite a 184 nel 2914-16. Tra gli hub della merce contraffatta hanno un ruolo considerevole Hong Kong, Singapore e gli Emirati Arabi Uniti: lì i falsi arrivano in container e vengono poi suddivisi in pacchi per essere inoltrati, via posta, verso il loro Paese di destinazione. Molti Paesi medio-orientale come l’Arabia Saudita e lo Yemen sono hub di smistamento verso l’Africa, mentre Albania, Egitto, Marocco e Ucraina sono importanti centri di redistribuzione dei fake verso la Ue.
Panama è invece un importante punto di transito dei falsi destinati agli Usa. Tra i fattori che facilitano la produzione di merci contraffatte vi sono una governance scarsa, con alti livelli di corruzione e una scarsa protezione della proprietà intellettuale, ma anche bassi costi del lavoro, scarse normative del mercato del lavoro, così come bassi costi portuali e scarse formalità di trasporto. Anche le zone franche sono importanti ricettacoli del commercio di fake. Ma per smerciare i falsi in tutto il globo servono pure buone capacità logistiche e una buona rete di trasporti: il nodo, in questo caso, sta nel cattivo uso che ne viene fatto e la sfida sta nel re-indirizzarle verso il commercio legale.

UN IMPULSO EMP PUO’ BLOCCARE UN CONTINENTE…

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Si tratta di un tipo di minaccia di cui finora si è parlato poco, perché offuscato dalla più conosciuta bomba nucleare, che ha insegnato il funzionamento.  
“Impulso Elettromagnetico” non è un termine così familiare per molti di noi. Ma potrebbe diventarlo. Ogni computer che compriamo, ogni sistema che mettiamo a lavorare sotto ad un computer, ogni periferica che si basa su componenti elettronici – tutte le auto, TV e telefoni, per esempio – ci rendono più vulnerabili a pioggie di elettroni ad alta energia.
L’EMP (Impulso Elettromagnetico) è una potente e potenzialmente devastante forma di “fallout” magnetico (come “fallout” viene considerata più frequentemente la ricaduta di particelle radioattive ed elettromagnetiche nell’ area di un’esplosione nucleare, ad esempio). E’ di solito associato alle armi nucleari, tuttavia può essere innescato dalla maggior parte delle cariche esplosive. A differenza del “fallout” radio, questa pioggia non colpisce direttamente gli esseri viventi. Si limita a friggere catastroficamente ogni sistema elettronico ed elettrico moderno, inducendo ondate vaste e rapide di impulsi di corrente elettrica.
“L’EMP è un grande equalizzatore per le piccole nazioni che cercano di stagliarsi contro i giganti militari” dice Roscoe Bartlett, scienziato ed ingegnere che ha lavorato in passato a progetti per la NASA e per l’apparato militare americano. “Tutto quello che serve per generare un impulso EMP in grado di provocare danni,” sostiene Bartlett “è un battello marino, 100.000 dollari per comprare un missile Scud, ed un’arma nucleare grezza. Poi si lancia il dispositivo in aria e lo si fa detonare”.
Questo sistema potrebbe non paralizzare gli interi Stati Uniti, si appresta a chiarire, ma “potrebbe spegnere tutto il New England”. Bartlett ha posto la questione sulla sicurezza delle industrie che producono energia e le loro vulnerabilità agli EMP questa mattina presso l’ House Science governativo e gli invitati hanno assistito a cosa sarebbe necessario per spegnere completamente la “smart grid” (Rete Intelligente, vedi questo link: http://www.oe.energy.gov ) dell’ intera nazione.
Una griglia elettrica intelligente dovrebbe, tra le altre cose, consentire alle nostre lavastoviglie, condizionatori d’aria, asciugatrici o luci dell’ ufficio di sapere quando la domanda regionale di energia è più alta, forzando la richiesta per un’ ulteriore supplemento energetico – e costi più alti per kilowattora. La tecnologia già esiste per far sapere ai nostri elettrodomestici quanto è il costo attuale dell’ energia che consumiamo. Quindi, dato che siamo capaci di programmare i nostri elettrodomestici per funzionare solo quando i costi dell’ energia sono bassi, gli utilizzatori finali possono aiutare a ridurre i picchi e nella produzione elettrica e tagliare i costi dell’ energia.
Ma il cuore della tecnologia Smart Grid – che è controllata da computer, circuiti e sensori – è che potrebbe essere vulnerabile ad attacchi condotti con EMP, sostiene Bartlett. E non è il solo a pensarla così. “La vulnerabilità agli EMP delle società occidentali è un dato reale” sostiene Suedeen Kelly, membro della Federal Energy Regulation Commission.
“Questo è di sicuro una reale proccupazione e dobbiamo indirizzare il contesto delle smart grid verso quella direzione” aggiunge George Arnold, del National Institute of Standards and Tecnology. Dall’altro lato, sostiene, dice che soltanto alcuni impianti sono suscettibili al fenomeno, e ha informato gli sviluppatori della rete smart grid di eseguire dei test di controllo sui circuiti chiave del sistema. Questa protezione è necessaria sia per la protezione a eventuali impatti con un fulmine che avrebbero un effetto simile ad un EMP, sia per la previsione di forti ventate di radiazioni solari che potrebbero danneggiare gli elementi elettrici della griglia.
In base all’ altezza dell’esplosione, un’area molto vasta può risentire gli effetti di un’arma EMP. E, con l’allargamento delle possibilità tecnologiche verso molti dei cosidetti “Stati canaglia”, l’interno territorio statunitense potrebbe essere soggetto ad attacchi di impulsi elettromagnetici.
La detonazione a circa 250 Km sopra lo Omaha, ad esempio, nel cuore degli USA, potrebbe letteralmente far spegnere l’intero traffico elettrico da costa a costa, friggere i computer delle banche e far cadere l’intere rete elettrica nordamericana. E tutto ciò che fa affidamento su computer, come auto, elettrodomestici e via dicendo, non funzionerebbe più fino al momento della sostituzione dei circuiti danneggiati.
Al congresso di oggi, Bartlett ha ricordato un incontro con alcuni membri della Duma, un’istituzione governativa russa, avvenuto anni fa, dicendo che 
uno di essi aveva sostenuto che se davvero Mosca avesse voluto ferire gravemente gli USA avrebbe autorizzato il lancio di un solo missile balistico, da far esplodere sopra il territorio statunitense lasciando il Nord America al buio per oltre sei mesi.

La bomba elettromagnetica (EMP).
Una bomba elettromagnetica o bomba-E (E-bomb) è un’arma progettata per mettere fuori uso i componenti elettronici in un vasto raggio di azione mediante un impulso elettromagnetico o EMP (electro magnetic pulse).
Teoria
Questo intenso flusso di energia elettromagnetica può essere generato per effetto Compton o fotoelettrico. In entrambi i casi si può avere generazione di elettroni ad alta energia ed è ipotizzabile l’impiego di ordigni esplosivi in grado di sfruttare questi fenomeni fisici stimolando l’emissione di elettroni dei materiali di cui sono costituiti o dei mezzi circostanti. Gli intensi campi elettrici e magnetici risultanti possono accoppiarsi con gli apparati elettrici o elettronici circostanti creando extracorrenti o picchi di tensione in grado di danneggiare i circuiti. Normalmente questo tipo di effetti associati alle esplosioni è nascosto dagli effetti della deflagrazione nel caso di esplosioni convenzionali, ma è più evidenziabile in raggi di azione molto più vasti nel caso di detonazioni nucleari o di ordigni progettati specificamente per generare una onda d’urto elettromagnetica”.
Storia
L’impulso elettromagnetico o EMP (electro magnetic pulse) fu osservato estensivamente per la prima volta durante gli esperimenti nucleari della serie Fishbowl, comprendenti i test Starfish, Checkmate, Bluegill e Kingfish condotti all’inizio degli anni anni sessanta con esplosioni nell’alta atmosfera. Durante queste detonazioni si verificò la generazione di un forte impulso elettromagnetico che si propagò in tutte le direzioni come un’onda d’urto e con una intensità che inizialmente era stata sottostimata. Questa onda d’urto elettromagnetica fu in grado di indurre elevate correnti nei dispositivi elettrici e elettronici anche posti a notevoli distanze. I picchi di corrente in alcuni casi furono di entità tale da generare il calore sufficiente a portare a temperatura di fusione i circuiti o a interrompere i fusibili. Si dimostrò, quindi, la potenziale capacità di ottenere pesanti danni su vasti territori, pur senza causare direttamente perdite di vite umane, ma rendendo inefficienti i sistemi elettrici ed elettronici. I resoconti più completi si hanno sugli effetti sperimentati sulle isole Hawaii nel caso della esplosione Starfish Prime, un test nucleare che portò all’esplosione a 400 km di quota di una testata da 1,4 Mton il 9 luglio 1962. Gli effetti EMP furono evidenti anche a oltre 1300 km di distanza e le misurazioni portarono ad una prima comprensione del fenomeno.


Effetti indotti dell’esplosione nucleare Starfish del 9 luglio 1962 sulle isole Hawaii, distanti oltre 1300 km dal sito della detonazione.

Analisi
I componenti soggetti a questo tipo di danni sono: (elencando in ordine decrescente di vulnerabilità)
1. circuiti integrati (IC), processori (CPU), componenti a base silicio in genere.
2. transistor.
3. valvole termoioniche
4. induttanze e motori.
Di conseguenza la tecnologia a transistor è più vulnerabile, 
mentre le vecchie apparecchiature a valvole potrebbero sopravvivere a questi attacchi. Comunque studi successivi hanno meglio caratterizzato la suscettibilità all’EMP dei dispositivi a semiconduttori verificando diverse sensibilità. Come risultato si è verificato che i circuiti integrati con tecnologia bipolare sono più resistenti rispetto a quelli utilizzanti tecnologie FET e specialmente MOSFET.Per proteggere i circuiti elettronici più importanti si può fare ricorso a gabbie di Faraday. 
Sviluppi
L’Unione Sovietica aveva condotto ricerche significative mirate a sviluppare e produrre ordigni nucleari da utilizzare nell’alta atmosfera e venne di seguito imitata dagli Stati Uniti e dal Regno Unito. Al termine degli studi, solo i Sovietici produssero quantità significative di questo tipo di testate, la maggior parte delle quali fu comunque radiata in osservanza degli accordi sul controllo degli armamenti dell’epoca Reagan. Un indizio che l’impiego di bombe elettromagnetiche venisse attentamente considerato si può trarre da un episodio della guerra fredda. Nel settembre 1976 un pilota sovietico defezionò atterrando con un MiG-25 in Giappone. Gli esperti occidentali che esaminarono il velivolo rilevarono che l’elettronica di bordo era basata su valvole termoioniche ed i relativi apparati erano schermati da gabbie di Faraday. In altre parole : i progettisti sovietici erano ben coscienti del pericolo dell’impulso elettromagnetico ed avevano adattato i propri sistemi d’arma a siffatta eventualità. ( Fonte : Tony Devereux “La guerra elettronica” , Varese, Sugarco, 1991, pagine 311-312).
Le armi nucleari specializzate nella produzione di EMP appartengono alla terza generazione di armi nucleari.
Le armi elettromagnetiche sono ancora essenzialmente ad alto livello di classifica di segretezza, ma gli analisti militari e gli esperti generalmente ipotizzano che le bombe-E utilizzino sorgenti con generatori a compressione esplosiva del flusso. Secondo alcune fonti, la U.S. Navy ha utilizzato bombe elettromagnetiche sperimentali durante la guerra del golfo del 1991. Questo tipo di bombe era armato con dispositivi che convertivano l’energia degli esplosivi convenzionali in un impulso elettromagnetico. La CBS News ha riferito dell’utilizzo di una bomba-E sulla TV Irachena durante la guerra in Iraq del 2003, ma la notizia non è stata confermata da fonti ufficiali.
Le forze armate americane stanno esaminando anche i transient elecromagnetic device (TED) o 
“dispositivi elettromagnetici basati su transitori”. Consistono in dispositivi che emettono un impulso elettromagnetico generato durante il fenomeno elettrico definito transitorio. L’energia verrebbe liberata grazie a transitori della durata progettata dell’ordine di picosecondi. I TED utilizzerebbero ruttori a scintillazione a bagno d’olio o in gas inerti come quelli impiegati negli impianti elettrici ad alta tensione. Gli studi americani sono particolarmente mirati a valutare il potenziale delle bombe-E come arma anti-computer.


I quattro tipi principali di impiego degli ordigni nucleari:

1. atmosferico;
2. sotterraneo;
3. alta atmosfera;
4. subacqueo.

Le crescenti preoccupazioni sull’influenza cinese al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite



Gli attivisti per i diritti umani sono sempre più preoccupati che l’influenza di Pechino abbia un impatto negativo sul lavoro del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Sophie Richardson, del Human Rights Watch (HRW), ha avvertito in un articolo questa settimana che la Cina sta cercando di minare la missione del Consiglio dall’interno.

Sessione del 22° Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ,Ginevra 25 febbraio 2013. (AFP)

Ha anche citato la ricerca del HRW nel 2017, che riportava minacce e vessazioni nei confronti del personale U.N. coinvolto nella valutazione dei diritti umani da parte di funzionari cinesi.

“Mentre ci dirigiamo verso la fase finale [della revisione dei diritti umani del U.N. in Cina], chiedetevi: quale altro governo minaccia gli esperti dei diritti umani?” ha twittato Richardson.

“Come membro del Consiglio dei Diritti Umani, la Cina dovrebbe mantenere i più alti standard”, ha scritto in un altro tweet, riferendosi a un rapporto sul New York Times. “Invece semplicemente afferma che partecipare ad un evento è un ‘atto ostile'”.

Secondo l’articolo di HRW del 2017, basato su un rapporto di 97 pagine: “i funzionari cinesi hanno molestato e intimidito il personale del U.N., gli esperti in materia di trattati e gli esperti indipendenti incentrati su specifici problemi dei diritti umani”.

La morte nel 2014 dell’attivista Cao Shunli, detenuta mentre si recava ad un evento dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, ha mandato un messaggio “agghiacciante” agli attivisti cinesi che potrebbero voler partecipare al processo dei diritti umani delle Nazioni Unite.

L’HRW non è l’unica organizzazione per i diritti umani preoccupata dell’influenza cinese presso l’U.N.
Renee Xia, a capo del Chinese Human Rights Defenders (CHRD), ha riferito questa settimana di un evento parallelo alla conferenza del Consiglio per i diritti umani a Ginevra.
“La forte partecipazione è stata notevole soprattutto dopo che i funzionari della Cina sono andati dai diplomatici di molti paesi presso l’U.N., a Ginevra, per minacciarli di gravi conseguenze”, ha scritto in un tweet.

Anche Wang Dan, ex leader del movimento pro-democrazia guidato dagli studenti del 1989 in Piazza Tiananmen, si trova a Ginevra questa settimana.
“Per dirti la verità, i miei sentimenti durante i miei due giorni qui sono che la Cina ha un’enorme influenza. Ad esempio non è stata solo la delegazione cinese che ha parlato contro [le critiche nei confronti dei diritti di Pechino], ma anche altri paesi hanno dato sostegno alla posizione della Cina”, ha detto Wang a RFA.
“Ci sono molte persone online in Cina, ma sono soggette a così tante restrizioni. Non puoi menzionare il massacro di Tiananmen, non puoi menzionare Liu Xiaobo, defunto premio Nobel per la pace e prigioniero politico, non puoi dire questo, non puoi dirlo. Non penso che sia così che definisci la libertà”, ha aggiunto.

Liu Qing, attivista per i diritti umani di New York, ha affermato che il lavoro del consiglio è diventato “irriconoscibile”.
“Molti dei paesi che partecipano al Consiglio dei diritti umani sono in realtà quelli che stanno attuando le maggiori violazioni dei diritti umani. L’unico scopo di questi paesi di insinuarsi nel Consiglio è quello di frenare il ruolo positivo”, ha detto Liu a RFA.

Il blogger di Amnesty International Shao Jiang ha scritto nel dicembre 2018 che Pechino sta reinterpretando i diritti umani universali semplicemente come il diritto alla sopravvivenza, alla libertà di accesso al cibo e considera le altre definizioni dei diritti umani come secondarie al commercio e allo sviluppo economico.
“Il governo cinese ha nominato funzionari governativi come esperti indipendenti nel comitato consultivo del Consiglio e negli organismi del U.N.”, ha affermato Shao.

Durante il recente evento, il governo cinese ha dichiarato di accettare la maggior parte delle 346 raccomandazioni sui diritti umani avanzate dal Consiglio.
Richardson ha scritto in un articolo sul The Hill lo scorso dicembre che l’U.N. riferisce ogni anno sulle rappresaglie contro i difensori dei diritti umani che partecipano agli sforzi delle Nazioni Unite per i diritti umani.

Traduzione a cura della Laogai Research Foundation



Cina, progetto finale





Nei prossimi dieci anni le azioni della Cina nella sua politica globale avranno un impatto su tutti noi. Una nuova superpotenza, la prima per popolazione e PIL, potrebbe essere sempre più assertiva nell’affermare i propri interessi. Attraverso l’esperta guida dell’autore, il libro guiderà i lettori nel decodificare gli aspetti più e meno noti della politica estera cinese, dalle tensioni con la marina americana nel Mar Cinese Meridionale alle dispute con il Giappone per le isole Senkaku/Diaoyu, senza trascurare la potenza militare in via sviluppo e i rilevanti investimenti nella cibernetica.

Attenzione particolare sarà rivolta al grandioso progetto di una “Nuova Via della Seta” lungo l’Asia Centrale, attraverso la più imponente serie di infrastrutture che la storia abbia mai visto. Qual è dunque l’obiettivo della Cina?

La risposta sta nel modo peculiare con cui questo millenario Paese guarda il mondo. Un’analisi ampia condotta da uno tra i maggiori esperti mondiali, in grado di condurre una ricerca senza paragoni che tenga presenti i leader cinesi, con le loro convinzioni e istinti.

Un libro di estrema attualità edito in Italia dalla Libreria Editrice Goriziana

Kerry Brown, neozelandese, consulente di religioni del WWF, dirige l’International Sacred Literature Trust. Ha curato la pubblicazione di numerosi libri sulle grandi religioni. Vive in Inghilterra. Dirige il Lau China Institute al King’s College di Londra.


La Cina potrebbe aver finanziato ricerca su bambini geneticamente modificati

LA "NUOVA VIA DELLA SETA" SAREBBE ANCHE QUESTO....



Il genetista cinese He Jiangkui non ha agito da solo, secondo i documenti scoperti dai giornalisti. Ma alla leadership cinese non conviene riconoscere la presenza di problemi sistemici con l’etica della ricerca.
Il governo cinese ha preso una posizione severe per quanto riguarda lo scandalo della nascita dei primi bambini geneticamente modificati. Il direttore della ricerca, He Jiangkui, è stato criticato e messo ai domiciliari, mentre la sua attività è stata messa sotto investigazione.
Tuttavia non si esclude che tale reazione sia semplicemente un tentativo di nascondere la partecipazione del governo al finanziamento del progetto.
Molti esperti sono sicuri che He Jiangkui non avrebbe potuto portare avanti un progetto del genere senza l’approvazione e il sostegno finanziario del governo cinese. I documenti analizzati da Stat News lo conferemerebbero.
Nella slide della presentazione del team di He Jiangkui sono elencate tre fonti di finanziamento della ricerca: il Ministero della Tecnologia e della Scienza, la Commissione tecnico-scientifica d’innovazione di Shanghai e l’Università tecnologico-scientifica meridionale, dove lavorava lo scienziato. In un’altra presentazione nella quale si descrivevavano i volontari per i test clinici anche si ricorda che il finanziamento proviene dal Ministero della Scienza e della Tecnologia
Lo stesso ricercatore ha affermato di aver utilizzato risparmi personali per gli esperimenti, così come i fondi raccolti quando si è candidato per un posto di lavoro all’università. Tuttavia, i documenti mostrano che il finanziamento statale c’è stato. E ora l’unica domanda è se i funzionari sapessero in che maniera sarebbero stati usati i loro fondi.
Da un lato, gli scienziati cinesi che richiedono sovvenzioni governative sono tenuti a descrivere dettagliatamente i piani di ricerca. Dall’altra parte possono utilizzare il finanziamento assegnato per i progetti precedenti
L’università nega di avere qualcosa a che fare con la nascita di bambini geneticamente modificati.
Tuttavia, i giornalisti ritengono che la leadership di cinque cliniche cinesi per l’infertilità sia stata probabilmente a conoscenza dell’esperimento. Alcuni di loro hanno semplicemente fornito materiale per i test preclinici. In una di esse è stata condotta la procedura di fecondazione assistita. In essa lavorava Qin Jinzhou, co-responsabile nel lavoro di He Jiangkui.
Secondo gli esperti, tutto questo indica che molte persone sono state coinvolte nel progetto. La dirigenza cinese ha la possibilità di condurre un’indagine approfondita sull’incidente e creare meccanismi per combattere tali violazioni e abusi bioetici. Tuttavia, sembra che sia molto più facile per il governo punire e mettere a tacere solamente lo scienziato.
È noto che l’esperimento era noto al di fuori della Cina, negli Stati Uniti. Il premio Nobel Craig Mello ha anche cercato di dissuadere senza riuscirci He Jiangkuy dal procedere con tale esperienza rischiosa.
Una nuova ricerca indica che i primi gemelli geneticamente modificati nati in Cina saranno più intelligenti dei loro coetanei. Essi hanno visto la rimozione del gene CCR5, che non solo rende le persone vulnerabili all’HIV, ma limita anche le capacità cognitive.

ESCLUSIVO: una nota trapelata rivela i piani dettagliati della Cina in Italia














La Cina prevede di cooperare con l’Italia nello sviluppo di “strade, ferrovie, ponti, aviazione civile, porti, energia e telecomunicazioni” nell’ambito dell’iniziativa Belt and Road di Pechino, rivela un memorandum  riservato ottenuto esclusivamente da EURACTIV.
Il documento afferma inoltre che la Cina sta cercando di cooperare nei piani di investimento della UE “sostenendo le sinergie tra l’Iniziativa Belt e Road e le priorità identificate nel Piano di Investimenti per l’Europa e le Reti Transeuropee”.
L’iniziativa Belt and Road  è il famoso piano di sviluppo della Cina che coinvolge infrastrutture e investimenti in oltre 80 paesi in Europa, Asia e Africa, rendendolo il più grande progetto di infrastrutture della storia.
Il memorandum, la cui bozza è stata redatta in settembre, afferma che la Cina e l’Italia “promuoveranno sinergie e rafforzeranno la comunicazione e il coordinamento”, oltre a “migliorare il dialogo politico” su “standard tecnici e normativi”.
Sono circolate voci sull’esistenza di un tale memorandum in seguito ad un articolo sul Financial Times di mercoledì 6 marzo, in cui Michele Geraci, sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico italiano, ha rivelato che i negoziati sulla formulazione del testo devono ancora essere perfezionati.
Il governo italiano ai ferri corti
L’8 settembre 2018, il Ministero dello Sviluppo Economico italiano, guidato da Luigi Di Maio, dei  Cinque Stelle, ha fatto un annuncio sul sito web istituzionale, tuttora online(*), circa  un’intesa raggiunta sul memorandum  stilato a seguito di una missione di stato in Cina guidata da Geraci.
Una fonte che vuole restare anonima, ha dichiarato a EURACTIV che l’annuncio ha sorpreso il Ministero degli Affari Esteri, che è stato emarginato nonostante sia formalmente responsabile della negoziazione degli accordi di cooperazione internazionale.
Da allora, le tensioni sono aumentate tra il ministero dello sviluppo economico italiano e il ministero degli affari esteri, culminando di recente in uno scontro riguardo ai contratti di Huawei per la costruzione di reti 5G in Italia.
Ma sembra che tutte le resistenze all’accordo italo-cinese  siano state messe da parte e che il memorandum possa essere firmato nelle prossime settimane.
Il presidente cinese Xi visiterà Roma il 22 marzo, data in cui i colloqui saranno probabilmente conclusi.
In alcuni documenti preparatori per la visita di Xi, che sono stati messi in circolazione, è prevista una cerimonia per la firma del memorandum, con il coinvolgimento del Primo Ministro italiano Giuseppe Conte e del vice primo ministro Luigi Di Maio.
Una fonte ha rivelato giovedì nella tarda serata che il testo attualmente in mano a EURACTIV riguarda le proposte avanzate dallo stato cinese e che il governo italiano non ha ancora modificato il testo.
La porta della Cina verso l’Europa
Il memorandum trapelato stabilisce il quadro per la cooperazione e gli accordi commerciali specifici minori, compresi i nuovi investimenti delle compagnie cinesi nel porto di Trieste.
Il nodo marittimo di Trieste è uno dei più grandi del Mediterraneo, con il trasferimento di 62,7 milioni di tonnellate di merci nel 2018. Ha anche collegamenti ferroviari con l’Europa centrale e settentrionale.
Michele Geraci e il sottosegretario alle infrastrutture Edoardo Rixi hanno visitato Trieste il mese scorso per promuovere il porto triestino come porta cinese per l’Europa nella Nuova Via della Seta.
EURACTIV è stato informato che tra gli altri punti dell’accordo previsto per la visita di Xi, ce n’è uno che consentirà un’ ulteriore collaborazione tra due operatori nazionali dell’elettricità, la State Grid Corporation della Cina e l’italiana Terna. Il primo possiede attualmente il 35% delle azioni di CDP Reti, una società che controlla il 29,8% di Terna.
Accordi commerciali e joint venture un più controversi potrebbero essere stabiliti inoltre  tra alcune aziende cinesi e l’eccellenza italiana della difesa Leonardo.
Inoltre è all’esame dei tecnici italiani anche  una proposta di memorandum d’intesa sull’e-commerce fatta dal Ministero del Commercio della Repubblica Popolare Cinese (MOFCOM) .
Più in generale, il memorandum rivela anche che potrebbero essere concordati ulteriori accordi nel settore dei trasporti, con la divulgazione che “entrambe le parti condividono una visione comune sul miglioramento di trasporti accessibili, sicuri, inclusivi e sostenibili”.
EURACTIV sottolinea che tutti i piani di cui sopra sono iniziative proposte dalla Cina.
Potere morbido
Se tutto andrà secondo i piani cinesi, l’Italia sarà il primo paese del G7 a sostenere l’Iniziativa Belt and Road.
Tuttavia, questo progetto non solo ha diviso il governo italiano ma anche molti altri governi in tutta l’UE, che sono preoccupati per il verificarsi di “trappole del debito”, in cui gli stati economicamente in difficoltà non sono in grado di pagare i prestiti agli investimenti.
Mercoledì scorso, la Commissione europea ha risposto alle preoccupazioni relative a eventuali accordi tra l’Italia e la Cina, chiarendo che qualsiasi cooperazione con la Cina nell’iniziativa Belt and Road dovrà rispettare “le regole del mercato, i requisiti e gli standard della UE nonchè quelli internazionali”.
“Né l’Unione europea né alcuno degli stati membri possono effettivamente raggiungere i loro obiettivi con la Cina senza una piena unità”, ha detto oggi la portavoce della Commissione Europea Maja Kocijancic.
Kocijancic ha aggiunto che, sottostante a questo tipo di accordi, deve essere ben presente la responsabilità di “assicurare la coerenza con le norme e le politiche del diritto dell’UE” e il rispetto per “l’unità dell’UE nell’attuazione di nuove politiche”.
A cura di Zoran Radosavljevic
NDR:
Fonte: 

Inferno in Terra, gli oltre 100 metodi di tortura delle carceri cinesi



Torture e abusi nei confronti dei gruppi perseguitati sono ancora la norma in Cina. Secondo associazioni per i diritti umani, alcuni dei metodi di tortura sembrano usciti direttamente dal Medioevo, mentre altre forme di abuso, come il prelievo forzato di organi, non hanno precedenti nella Storia.
«Le torture, così come altre punizioni o trattamenti, crudeli, disumani o degradanti sono diffuse da molti anni in Cina, in tutte quelle situazioni nelle quali le autorità privano gli individui della loro libertà», si legge in un rapporto di Amnesty International del 2015, intitolato Nessuna fine in vista: torture e confessioni forzate in Cina.
Pestare di botte le vittime e aizzare cani contro di loro è uno dei metodi di tortura usati nei centri di detenzione in Cina. (Minghui.org)
Tra i prigionieri di coscienza, i praticanti della Falun Dafa in Cina sono le vittime di alcuni dei più vili metodi di tortura. Tanto che, secondo alcuni investigatori, la campagna di persecuzione lanciata nel 1999 dal Partito Comunista Cinese contro gli aderenti della Falun Dafa ha contribuito a rendere più efficaci le tattiche di persecuzione del regime, che poi sono state impiegate anche contro altri gruppi.
Bambù affilati vengono usati per ferire le mani, spesso vengono infilati sotto le unghie per torturare la vittima. (Minghiu.org)
I 100 metodi di tortura
Il metodo più comune di tortura nelle carceri cinesi, nei centri di detenzione e nei ‘centri di lavaggio del cervello’ è considerato il manganello elettrico. La tensione può arrivare fino a 300 mila volt. I manganelli vengono utilizzati sulle parti sensibili del corpo come la bocca, i genitali, il collo e le suole dei piedi.
I manganelli elettrici sono considerati il metodo di tortura più comune (Minghui.org)
Ma ci sono molti altri metodi di tortura: oltre cento. Il numero è una stima basata sulle testimonianze dei praticanti della Falun Dafa sopravvissuti ai brutali sistemi di detenzione cinesi. Tra gli altri prigionieri di coscienza in Cina ci sono cristiani, buddisti tibetani, musulmani uiguri e attivisti democratici.
La “panca della tigre” (Minghui.org)
Status of Chinese People, un sito web che espone gli abusi dei diritti umani in Cina, ha creato una lista che include 100 diversi metodi di tortura usati sui prigionieri di coscienza della Falun Dafa. Nella lista si trovano descrizioni di percosse, abusi sessuali e posizioni dolorose che le vittime sono costrette a mantenere, ammanettate, per lunghi periodi di tempo. Inoltre i prigionieri hanno raccontato le sofferenze che hanno patito quando sono stati costretti a rimanere all’aperto in condizioni atmosferiche estreme, quando sono stati sottoposti all’alimentazione forzata a base di urina o feci, alle bruciature di sigarette, alla scabbia, a lunghi periodi di isolamento, alla privazione del sonno, alle torture praticate con bastoncini di bambù affilati da infilare sotto le unghie e ai morsi di cani o serpenti.
Le vittime a volte vengono appese e lasciate a soffrire per lunghi periodi di tempo (Minghui.org)
Molti dei metodi di tortura hanno persino un nome. ‘La piccola gabbia’ consiste nell’ammanettare la vittima all’interno di una piccola gabbia in modo che non possa stare in piedi né sedersi; ‘Vicino all’inferno’ è uno strumento dotato di manette e catene, che impedisce alle vittime di camminare, sedersi, usare il bagno, o mangiare; nel metodo denominato ‘Coprire il tetto’, le vittime vengono soffocate; nel ‘traino’ le vittime vengono trascinate ripetutamente su un terreno accidentato.
La vittima viene costretta a sedersi per lungo tempo su un piccolo pezzo di cartone ondulato. (Minghui.org)
Nella famigerata ‘Panca della tigre’ la vittima viene messa a sedere su una panca con le gambe distese e legate saldamente alla panca stessa con delle cinghie. Oggetti pesanti, come ad esempio dei mattoni, vengono posti sotto i talloni della vittima. L’altezza aumenta fino a quando le cinghie si rompono, causando un dolore insopportabile.
    Alimentazione forzata con sale e acqua. (Minghui.org)
Questi metodi di tortura possono avere effetti devastanti, sia a livello fisico che mentale. Gli articoli pubblicati da Minghui.org (sito che documenta la campagna di persecuzione lanciata dal Partito Comunista Cinese a partire dal 1999 contro la Falun Dafa) contengono informazioni dettagliate a questo riguardo.
I praticanti della Falun Dafa sono anche sottoposti a torture mentali: una specie di lavaggio del cervello intensivo. L’obiettivo è logorare la loro volontà in modo che abbandonino la loro fede o vi si oppongano; il tutto può portarli naturalmente a sprofondare nella depressione e nella disperazione.
Un altro metodo di tortura è l’iniezione di droghe tossiche che danneggiano il sistema nervoso centrale, e causano dolori insopportabili, collasso mentale e disabilità fisiche.
In questa forma di tortura la vittima viene costretta immergere la faccia in un secchio pieno di feci e urina. (Minghui.org)
Gli abusi sessuali
Gli abusi sessuali sono utilizzati in modo sistematico come mezzo per umiliare e traumatizzare le donne. In una inchiesta pubblicata da Minghui nel 2013 sono riportate le descrizioni di queste torture.
Uno dei casi noti più eclatanti è avvenuto all’interno del campo di lavoro forzato di Masanja, dove le guardie hanno gettato 18 donne nelle celle di pericolosi criminali uomini e hanno incoraggiato gli uomini a violentarle. Tra le vittime alcune hanno perso la vita, altre sono rimaste disabili o hanno perso la salute mentale.
Neanche i bambini sono stati risparmiati. Nel 2002, una bambina di 9 anni, orfana di un praticante della Falun Dafa morto a causa delle torture, è stata violentata da tre uomini nell’Ospedale Psichiatrico Changping di Pechino.
Un altro caso documentato è avvenuto all’inizio del 2003, quando le guardie di Masanjia hanno torturato una donna con dei manganelli elettrici procurandole ferite che le hanno causato la lacerazione del seno.
Il prelievo forzato di organi
Il prelievo forzato di organi da persone ancora in vita può essere considerato la forma più estrema di tortura, che termina sempre con la morte della vittima. I ricercatori ritengono che i prigionieri di coscienza della Falun Dafa siano soggetti a questo crimine disumano da quando il Partito Comunista Cinese ha lanciato la sua campagna per sradicare la pratica spirituale tradizionale nel 1999.
Un’indagine del 2006 degli investigatori canadesi David Matas e David Kilgour ha rivelato che i praticanti della Falun Dafa sono stati uccisi su ampia scala, e i loro organi venduti a caro prezzo nel mercato dei trapianti.
Il prelievo forzato di organi da prigionieri ancora in vita è una brutalità che non ha precedenti nella Storia. (Minghui.org)
Nel giugno 2016, Kilgour e Matas, assieme al giornalista statunitense Ethan Gutmann, hanno pubblicato un aggiornamento della loro inchiesta per definire con più precisione il numero dei prelievi forzati di organi in Cina. Hanno scoperto che i 169 ospedali per trapianti autorizzati dal governo avevano la capacità di eseguire più di un milione di trapianti tra il 2000 e il 2016.
I principali gruppi vittime di questi abusi sono i praticanti della Falun Dafa, i tibetani, gli uiguri e i cristiani indipendenti. Gutmann ha stimato che, in ogni dato momento degli ultimi 20 anni, tra i 100 mila e i 450 mila praticanti della Falun Dafa siano detenuti nel vasto apparato carcerario cinese, che comprende prigioni, campi di lavoro e centri di detenzione extra-legali.

Il faraonico progetto cinese per cambiare il clima del Paese

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La Cina è sempre stata il simbolo di un rapporto molto complesso con il clima e in generale con l’ambiente. Il governo cinese, forzando una crescita industriale repentina e costante nel tempo, ha completamente rimosso i problemi ambientali dalla propria agenda politica, facendo sì che nel Paese si creasse un sistema assolutamente privo di ogni etica ecologista.

I risultati, dal punto di vista della produzione industriale, sono sotto gli occhi di tutti. Ma i limiti di queste scelte altrettanto. La salubrità dell’aria, delle acque e del suolo cinesi sono ai minimi termini e il governo di Xi Jinping sta correndo ai ripari per cercare di fermare quella che può trasformarsi in una vera e propria catastrofe sanitaria.


Ma non c’è solo l’inquinamento a indicare la via cinese allo sviluppo. C’è anche la modifica dell’ecosistema a essere un pilastro dell’evoluzione dell’economia della Cina. E l’ultima notizia che arriva dal Tibet, e che riporta il quotidiano South China Morning Post, è emblematica. 

Il progetto per far piovere in Tibet

Secondo il quotidiano di Hong Kong, che ha avuto accesso alle informazioni direttamente dai ricercatori che hanno contribuito allo sviluppo di questo progetto, il governo cinese avrebbe dato il semaforo verde a un sistema di modifica meteorologica a basso costo per portare più pioggia sull’altopiano tibetano, la più grande riserva di acqua dolce dell’Asia.

Il sistema, come spiega il quotidiano cinese, prevede un’enorme rete di decine di migliaia di camere a combustibile installate sulle montagne tibetane. Lo scopo, è quello di aumentare le precipitazioni nella regione fino a 10 miliardi di metri cubi all’anno. Il tutto per produrre precipitazioni su un’area totale di circa 1,6 milioni di chilometri quadrati, circa cinque volte la superficie dell’Italia.


Le camere bruceranno combustibile solido per produrre ioduro d’argento, l’agente chimico che viene usato per “seminare” le nuvole. Quando il vento colpisce la camera a combustibile, questo produce una corrente verso l’alto che colpisce le particelle nelle nuvole per provocare le precipitazioni. Un ricercatore coinvolto nel progetto ha dichiarato al Scmp, che fino ad ora sono stati installati più di 500 bruciatori tra Tibet e Xinjang. Le due regioni (non casualmente) coinvolte in questi progetti sperimentali.

L’importanza di questo progetto per la strategia cinese è evidenziata anche dall’agenzia statale che cura la sua realizzazione: la China Aerospace Science and Technology Corporation. Parliamo di una delle più importanti agenzia pubbliche che si occupano di spazio e di sviluppo di progetti per la difesa, variando dai satelliti militari ai progetti come l’esplorazione lunare e la costruzione della stazione spaziale cinese.

Scopi civili e militari

Il fatto è che questi progetti sperimentali hanno ovviamente un potenziale uso bellico estremamente interessante. E infatti anche gli Stati Uniti e la Russia da tempo stanno investendo su quelle che sono a tutti gli effetti delle armi. Immaginiamo quanto possano rivoluzionare i rapporti di forza tra Paesi dei sistemi che possono scatenare piogge costanti in una regione in cui le sorgenti dei fiumi sono tutte in un’area specifica. Controllare il flusso delle acque dolci significa controllare l’agricoltura dei Paesi limitrofi ma anche la resistenza delle infrastrutture. E non a caso la costruzione delle dighe cinesi nell’area vicina al Sud est asiatico sta creando non pochi problemi ai Paesi della regione.


Ci sono quindi diversi motivi per continuare in questi progetti visionari quanto concreti. Uno è quello di modificare il clima per scopi produttivi. Un altro scopo è quello di fare in modo che il Paese abbia una riserva di acqua maggiore in un futuro di impoverimento dell’oro blu. Un terzo motivo è anche di natura geopolitica: controllare l’accesso alle risorse idriche significa di fatto avere l’interruttore di settori vitali degli Stati limitrofi.