mercoledì 20 marzo 2019

DISPACCI DALLA CINA. XI JINPING E IL PAPA. LA SUSPENCE DI UN INCONTRO POSSIBILE. O FORSE NO….

Cari Stilumcuriali, il M° Aurelio Porfiri ci ha inviato i suoi Dispacci dalla Cina, come sempre estremamente ricchi di spunti e riflessioni. Anche alla luce dell’opera di propaganda che la maggior parte dei media cattolici legati al Vaticano sta conducendo per dimostrare che l’accordo provvisorio è un grande successo di pubblico e di critica…


Strategia e tattica
Seguendo una discussione sulla geopolitica, ho potuto apprezzare la differenza fra strategia e tattica. La strategia è il piano generale che si ha su qualcosa, per esempio la strategia di uno studente è quello di superare tutti gli esami del suo corso; la tattica è il metodo con cui si arriva a compiere la strategia.
La strategia della Chiesa cattolica sulla Cina non può essere che una: quella di evangelizzare questo grande paese. Su questa strategia, se ci professiamo cattolici, non possiamo che essere pienamente in accordo. Ma sulla tattica si può avere opinioni discordanti da quella ufficiale. Spesso si accusa coloro che contestano la politica attuale della Chiesa cattolica verso la Cina come critici della sua strategia, ma in realtà questo è un errore fondamentale perché al massimo possiamo essere accusati, e con ragione a volte, di essere perplessi della sua tattica.
Episodi
Alcuni organi di stampa riportano episodi che dimostrerebbero il successo della recente politica vaticana nei riguardi della Cina. Ora, che ci siano episodi di positiva collaborazione non può che rallegrarci, ma ci si deve chiedere se questi episodi siano indice di un effettivo cambiamento della situazione o siano soltanto episodici. Come dicemmo altre volte, la Cina è grande e con molte differenze al suo interno. Può succedere che in una regione la situazione sia in un certo modo e in un’altra regione le cose siano diverse. Ma quello che bisogna domandarsi è se ci sia un chiaro indirizzo di cambiamento dal potere centrale. Di questo cambiamento mi è sfuggita la notizia.
Detto questo, mi sfugge anche il motivo per cui alcuni riportano notizie che secondo loro confermano in pieno le loro opinioni sempre offendendo coloro che la pensano diversamente. Ma non bisogna costruire ponti e non muri? 
Xi, il Papa e la Via della Seta
In questi tempi si parla di un possibile incontro fra il presidente Xi e il Pontefice. Sarebbe opportuno? Non sta a me dirlo e immagino che la diplomazia vaticana stia lavorando dietro le quinte perchè questo incontri storico possa portare frutti. Lo stesso starà facendo quella cinese e immagino che cerchino di minimizzare ogni possibile accordo proveniente da questo incontro. Ai cinesi interessa avere le mani libere per garantire, dal loro punto di vista, la stabilità della loro nazione, cioè in questo momento la lunga tenuta del partito comunista.
Interessanti sono anche i dibattiti sul possibile accordo commerciale tra Italia e Cina, che vede molti mal di pancia da parte di coloro che non vogliono (continuare a) svendere il proprio paese. I cinesi fanno i loro interessi e non li biasimo. Ma noi? 
Universo
E riflettendo sulla Via della Seta un bel pensiero di Massimo Donda da “Pillole di Cina”: “La Cina non è mai stata per i cinesi un Paese fra gli altri Paesi, uno Stato delimitato, ma l’universo”. Questa frase spiega la Cina meglio di qualunque trattato.

CINA, XI JINPING NON VUOLE REGOLARE, MA ELIMINARE LA CHIESA CATTOLICA

A proposito dell’accordo sino-vaticano, vi segnalo questo articolo di Steven W. Mosher, presidente del Population Research Institute e autore del volume Bulli dell’Asia: Perché il sogno della Cina è la nuova minaccia per l’ordine mondiale.
Eccolo nella mia traduzione.
Foto: soldati cinesi
Foto: soldati cinesi
Dopo aver espresso oramai da molto tempo la mia preoccupazione per l’accordo proposto dal Vaticano con la Cina (vedi qui e qui), ho deciso di andare a Roma per parlare direttamente con alti funzionari vaticani.

Come persona che ha lavorato con i cattolici cinesi per decenni, volevo scoprire cosa questi funzionari pensavano del vantaggio che la Chiesa avrebbe tratto dalla conclusione di un accordo con il Partito comunista cinese. Volevo anche far loro sapere che, a mio parere, i credenti cinesi considererebbero tale accordo come un vero e proprio tradimento.

Così la settimana scorsa a Roma ho incontrato diversi funzionari che, da oltre un decennio, sono direttamente coinvolti nei lunghi negoziati tra il Vaticano e la Cina. Li ho trovati intelligenti, attenti, riflessivi e schietti. Sono stato invitato a partecipare a ulteriori discussioni, quindi preferirei non rivelare i loro nomi. Ma per darvi un senso di ciò che questi prelati stanno pensando quando si tratta di Cina, vi racconto una conversazione del genere qui sotto.

*  * *

Ho iniziato il mio incontro con l’Arcivescovo X descrivendo come la Cina sotto Xi Jinping stia scendendo verso una nuova Rivoluzione Culturale. È importante per lui sapere che la tolleranza di dieci o quindici anni fa è stata sostituita da una vera e propria ostilità alla Chiesa.

“Xi è il nuovo Imperatore Rosso, e più potere accumula, più diventa tirannico”, gli ho detto. “Sta purgando i suoi nemici con il pretesto di una campagna anti-corruzione”.

Oltre 1,5 milioni di funzionari del Partito comunista sono stati accusati di corruzione negli ultimi cinque anni, ho continuato, ma non è stato accusato nemmeno uno dei sostenitori di Xi. E ora che Xi è Presidente per la Vita, la purga si sta espandendo. Tutti coloro che criticano Xi sono nel mirino.

“Recentemente un visitatore cinese mi ha detto che Xi non ha altra scelta se non quella di rimanere”, ha risposto l’arcivescovo.  “Mi ha detto che la corruzione era così radicata in Cina che ci sarebbero voluti altri 20 anni per sradicarla. Così, naturalmente, non ha avuto altra scelta se non quella di rimanere in carica come Presidente per finire il lavoro”.

Entrambi abbiamo riso dell’assurdità di questa spiegazione, che lo stesso presule ha respinto come “fantastica”.

“Xi ha già più potenza di Mao Zedong”, ho continuato.  “Non è solo il capo del Partito Comunista, come lo era Mao, ma è anche il capo del governo e dei militari, cosa che Mao non era. Il suo culto della personalità sta crescendo. Come Mao, vuole che il popolo cinese adori, lui non il Dio della Bibbia. Per questo Xi Jinping ha inasprito i controlli su tutte le attività religiose”.

Negli ultimi anni di governo di Xi, i credenti cinesi hanno affrontato una realtà sempre più dura. Le croci sono state abbattute e le chiese demolite. Sacerdoti e vescovi sono stati imprigionati (qui) e torturati.

La nuova normativa, emanata il 1° febbraio, è ancora peggiore. Rendono illegale portare i propri figli a messa, impongono a tutti i cattolici di registrarsi presso il governo e vietano le assemblee religiose illegali, comprese le classi di catechismo e di scuola domenicale. “Queste nuove regole sono destinate a sradicare il cattolicesimo”, gli ho detto.

Abbiamo parlato a lungo dei negoziati che lui e altri hanno portato avanti con le autorità cinesi.    L’Arcivescovo mi ha fatto capire che era stata ultimata (qui) una bozza di accordo sulla nomina congiunta dei vescovi: “Stiamo aspettando che i cinesi procedano”.

“Prevedo che i comunisti cinesi non andranno mai avanti con l’accordo”, ho risposto.  “Le persone con cui lei ha avuto a che fare nell’Ufficio per gli affari religiosi non sono più al potere. Lo stesso Ufficio di presidenza è stato sciolto. Xi ha dato la responsabilità per le questioni religiose al Dipartimento del Fronte Unito del Partito Comunista Cinese. Questo significa che Xi non vuole semplicemente regolare le attività della Chiesa Cattolica in Cina. Vuole eliminare del tutto la Chiesa”.

Un accordo sarebbe stato possibile 15 anni fa, sotto la debole guida dell’allora presidente Hu Jintao. In quel periodo la maggior parte dei vescovi della Cina, anche quelli patriottici, erano stati riconosciuti come vescovi leciti dal Santo Padre. Ma negli ultimi anni il Partito Comunista ha “ordinato” sempre più vescovi illeciti.  “Penso che queste ordinazioni da parte della Chiesa patriottica continueranno”, gli ho detto.

“Sì, ora ci sono sette vescovi patriottici ordinati illecitamente”, ha detto tristemente l’arcivescovo. Ha poi continuato a dire, quasi chiaramente:  “Stiamo cercando di prevenire uno scisma”.

Ecco il nocciolo della questione: Lui e altri alti funzionari in Vaticano credono che, firmando un accordo con il Partito Comunista Cinese, in qualche modo eviteranno una separazione formale della Chiesa in Cina da Roma.

Il problema di questa convinzione è che la Chiesa patriottica è già in scisma. In realtà, fu proprio per creare uno tale scisma che il Partito comunista fondò la chiesa patriottica nel 1958.

Anche durante la capricciosa tolleranza di 10 o 15 anni fa, quando a volte era possibile costruire nuove chiese e ordinare vescovi tranquillamentei, c’erano vescovi patriottici ai più alti livelli della chiesa patriottica controllata dallo Stato che avevano voltato le spalle al magistero. In nessun momento lo scisma era stato effettivamente sanato.

Tornando all’accordo proposto, ho detto all’arcivescovo: “Penso davvero che sia una lettera morta. Il nuovo Imperatore Rosso, che di giorno in giorno diventa più potente, non tollererà il tipo di ‘interferenza straniera nelle questioni interne cinesi’ che un tale accordo implicherebbe”.

“Ma se dovesse accadere che la Cina voglia andare avanti”, ha detto modestamente l’arcivescovo, “allora firmeremo un accordo con Xi Jinping stesso. Così non lo rispetterà?

Ho rapidamente recitato una litania di accordi che il governo cinese aveva firmato solo per violarli. Tra questi, il trattato di non proliferazione nucleare, l’accordo sino-britannico su Hong Kong e i patti dell’Organizzazione mondiale del commercio. “Per rispondere alla sua domanda, sua eccellenza”, ho concluso, “non credo che lui o i suoi colleghi onoreranno un simile accordo. Non sono uomini d’onore”.

“I cattolici cinesi vedranno la firma di un tale accordo come un tradimento”, gli ho detto.  “Vi esorto a non firmare un accordo con un regime brutalmente ateo che sta attivamente cercando di eliminare ogni credo e pratica religiosa all’interno della Cina, a cominciare dal cattolicesimo”.

* * *
Nel complesso, i miei numerosi incontri sulla Cina con vari funzionari vaticani sono durati più di cinque ore. Ho preso questo come un segno positivo della loro profonda preoccupazione per la Chiesa sofferente in Cina.

Li ho convinti che il proposto accordo Vaticano-Cina sarebbe – come credo – una resa dei fedeli cinesi al Partito comunista?

Non ne sono sicuro.

Ma sono certo di una cosa: ora capiscono la realtà politica sempre più dura dei nostri fratelli nella fede in Cina.


Fonte: OnePeterFive

“Al Congresso Xi ribadisce: Sinicizzare le religioni sotto il Partito comunista”

LA NUOVA VIA DELLA SETA RAPPRESENTA SOPRATTUTTO UN'INSIDIA PER LA LIBERTA' RELIGIOSA OCCIDENTALE, ANCHE SE ABILMENTE MASCHERATA DA INTERESSI PURAMENTE LOGISTICI E COMMERCIALI



Nel suo discorso di ieri al Congresso del Partito, Xi Jinping ha ribadito i “nuovi approcci” verso le attività religiose. Per la Chiesa cattolica si ribadisce l’indipendenza delle nomine e delle ordinazioni dei vescovi. Al Congresso sono presenti due vescovi: mons. Giovanni Fang Xingyao di Linyi e mons. Giuseppe Ma Yinglin di Kunming.

“Sinicizzare le religioni”: è la direzione insistita e sottolineata da Xi Jinping nel suo rapporto di lavoro esposto ieri all’apertura del 19mo Congresso nazionale del Partito comunista cinese. La “sinicizzazione”, assieme ad altri scopi e visioni fanno parte del “Xi Jinping-pensiero” che egli ha espresso nel suo discorso da molti definito “epico”, e che si pensa diventerà dogma del Partito.

Ieri, subito dopo il discorso di Xi, durato tre ore e mezza, “Weyan Zhongjiao”, un account ufficiale su Wechat (il Whatsapp cinese) dell’Amministrazione statale per gli affari religiosi (Sara) ha diffuso un riassunto in quattro punti delle parti riferite alle religioni nel discorso del Segretario generale del Partito.

Con ogni probabilità il Congresso durerà fino al 24 ottobre e vede la partecipazione di 2280 rappresentanti del Partito. Fra I 74 ospiti speciali invitati all’incontro, oltre a cinque leadr di Quattro religioni, vi sono i vescovi Giovanni Fang Xingyao di Linyi (Shandong) (v. foto 2) e mons. Giuseppe Ma Yinglin di Kunming (Yunnan), rispettivamente presidenti dell’Associazione patriottica e del Consiglio dei vescovi cinesi. Entrambe le organizzazioni non sono riconosciute dalla Santa Sede.

Nel suo discorso, Xi ha detto che il Partito applicherà in pieno la sua politica di base sulle attività religiose, “mantenendo il principio che le religioni in Cina devono essere cinesi nell’orientamento, e provvederà guida attiva alle religioni così che esse possano adattarsi alla società socialista”.

Egli ha detto che il Partito deve anche proteggersi in modo rigoroso e prendere risolute misure per combattere ogni atto di infiltrazione, sovversione, sabotaggio, violente attività terroriste, attività di separatism etnico e di espremismo religioso per salvaguardare la sicurezza nazionale.

Xi ha parlato anche di una crescente democrazia consultiva socialista, del “consolidamento del fronte patriottico unito, e di nuovi approcci adottati per il lavoro legato agli affari etnici e religiosi” per compiere importanti passi nello sviluppo di una società socialista e dello stato di diritto.

Per sostenere e sviluppare il socialismo con caratteristiche cinesi, egli ha detto che il Partito deve compiere “analisi teoriche e provvedere una guida politica” negli affari etnici e religiosi, insieme ad altri aspetti quali gli affari politici, lo stato di diritto, la cultura, l’educazione, il benessere del popolo, il fronte unito, gli affari internazionali e la costruzione del Partito.

Nel suo discorso, Xi non ha spiegato quali siano questi “nuovi approcci” verso le attività religiose. Sul suo profilo Facebook, Ying Fuk-tsang direttore della Divinity School alla Chinese University di Hong Kong, scrive che la “sinicizzazione delle religioni”, una direzione stabilita da Xi nell’incontro con il Fronte unito nel 2015, è uno dei punti centrali della teoria sulle religioni per il socialismo con caratteristiche cinesi della nuova era.

Molti cristiani in Cina interpretano la parola “sinicizzare” come una sottomissione della religione al Partito.

Su “Qiushi”, una rivista di riflessioni comuniste a cura del Comitato centrale del Partito, alcune settimane fa è apparso un articolo che forse dà qualche indicazione riguardo a questi “nuovi approcci”.

Pubblicato il 15 settembre scorso, l’articolo è intitolato “Teoria e pratica innovativa nelle attività religiose dal 18mo Congresso nazionale del Partito comunista cinese”, ossia dal 2012 ad oggi. In esso si dice che Xi “ha offerto una serie di nuovi pensieri e visioni, come pure nuovi requisiti sulle attività religiose e ha tracciato una serie di importanti decisioni” alla Conferenza nazionale sulle attività religiose nel 2016.

L’articolo reassume i punti principali sottolineati da Xi alla Conferenza, che comprendono il provvedere a una “guida” ai settori religiosi, insistere sul principio di indipendenza nelle religioni, e per la Chiesa cattolica, sostenere elezione e ordinazione di vescovi in modo indipendente, potenziando le forze patriottiche.

Una personalità ecclesiale che ha richiesto l’anonimato, ha fatto notare che la Sara e il Dipartimento del Fronte unito “in numerosi articoli lo scorso anno hanno citato molte volte il ‘tracciare importanti strategie’ per le diverse religioni”.

“Questi articoli – continua la personalità ecclesiale – non danno modo di capire cosa siano questi piani o strategie, dato che non vengono pubblicizzati. Ma riguardo alla Chiesa cattolica è chiaro che si vuole tracciare una strategia per affrontare i negoziati fra Cina e Vaticano”.

Tali negoziati, che avvengono con incontri periodici – uno avvenuto anche in ottobre – si concentrano anzitutto sul tema delle nomine dei vescovi cinesi. Da quanto si conosce su questi dialoghi, la Cina rivendica il diritto di nominare e ordinare I propri vescovi, lasciando alla Santa Sede solo un potere di veto molto annacquato.

Li Yuan

I gesuiti: “Tutto a tutti”?

L’ORDINE dei gesuiti non ha mai cercato di distinguersi per il permissivismo. La bolla papale che nel 1540 istituì la Compagnia di Gesù si intitolava Regimini militantis Ecclesiae, “Per il governo della Chiesa militante”. A quel tempo questo nuovo ordine militante sembrava fatto su misura per difendere il cattolicesimo nelle battaglie religiose che si stavano combattendo.
Ignazio di Loyola, pur esortando i suoi seguaci a “combattere . . . sotto la bandiera della Croce”, disse loro anche che dovevano essere “tutto a tutti”. I gesuiti credevano che adattandosi a tutti sarebbero stati meglio in grado di fare tutto; la flessibilità sarebbe stata la chiave che avrebbe aperto molte porte.
Nel giro di poco tempo gli adattabili e istruiti gesuiti erano molto richiesti come insegnanti e diplomatici, uomini di corte e confessori. Forse andarono oltre le intenzioni di Loyola. Il successo in molti campi, specie nella politica, procurò loro denaro e potere, ma seminò anche i semi della catastrofe.
Nel 1773 papa Clemente XIV, cedendo alle pressioni di Francia, Portogallo e Spagna, soppresse l’ordine dei gesuiti “in perpetuo”. Il motivo? Per ‘restituire alla Chiesa vera e durevole pace’. A motivo delle loro ingerenze nella politica, i gesuiti erano diventati per la Chiesa fonte di problemi e di imbarazzo. Anche se 41 anni dopo questa decisione papale fu abrogata, i gesuiti non raggiunsero mai lo splendore di un tempo.
Oggi, con circa 23.000 membri sparsi in tutto il mondo, i gesuiti sono ancora al centro di controversie nel mondo cattolico, sia a proposito della teologia della liberazione, che dell’attivismo politico dei sacerdoti e del controllo delle nascite. Il loro dissenso ha scontentato il papa. Nel 1981 papa Giovanni Paolo II scavalcò la procedura elettorale gesuita e nominò preposito generale dell’ordine un uomo di sua scelta.
Negli ultimi anni il papa si è rivolto sempre più ai membri dell’Opus Dei come al baluardo conservatore della sua chiesa. Ad ogni modo, quello dei gesuiti non è un ordine cattolico qualsiasi. Come mai ha sempre dato luogo a controversie, anche fra cattolici? Si è dimostrato all’altezza del suo nome di Compagnia di Gesù? Qual è, esattamente, la sua missione?
Uomini con una missione
All’inizio, Loyola voleva che la sua piccola armata convertisse la popolazione della Terra Santa. Ma gli avvenimenti del XVI secolo fecero prendere loro un’altra direzione. Lo scisma protestante stava minacciando la chiesa di Roma, e si stavano aprendo nuove rotte per l’Oriente e per le Americhe. Pertanto i gesuiti scelsero una duplice missione: combattere l’“eresia” all’interno della cristianità e guidare la conversione del mondo non cattolico. Il compito che si erano prefissi era immane e loro erano pochi, per cui Loyola stabilì che ogni gesuita dovesse essere ben addestrato.
Egli stabilì i quattro voti dei gesuiti, elaborò una serie di esercizi spirituali per i novizi e redasse le Costituzioni, il codice di comportamento dei gesuiti. (Vedi riquadro). La parola d’ordine era: assoluta ubbidienza alla chiesa. Francesco Saverio, uno dei primi seguaci di Loyola, disse: “Non crederei nemmeno ai Vangeli se la Santa Chiesa lo proibisse”. Nulla doveva impedire loro di portare a termine la loro missione. “Combattete per le anime dovunque le troviate, e con ogni mezzo a vostra disposizione”, disse Loyola ai suoi uomini. Quali mezzi avevano a loro disposizione?
Arginato il dilagare del protestantesimo
L’istruzione e il confessionale furono le principali armi con cui i gesuiti combatterono il crescente potere del protestantesimo. Quasi per caso, scoprirono che le scuole elitarie che avevano appena fondato potevano essere molto più efficaci di qualsiasi campagna di predicazione per instillare il cattolicesimo nei re e nei nobili. E nel XVI secolo erano i nobili ad avere il potere di decidere la religione dei sudditi.
Loyola stesso osservò: “Il bene che l’Ordine può fare per promuovere la causa di Roma dipende meno dal predicare che dall’insegnare nei nostri collegi”. Le scuole elitarie dei gesuiti istruirono e indottrinarono molti futuri regnanti europei che, una volta saliti al potere, furono inclini a sopprimere i protestanti. Questo successo iniziale aumentò grazie a un nuovo modo di concepire la confessione. Lo storico Paul Johnson spiega: “Nel confessionale, i gesuiti e i loro potenti penitenti avevano un rapporto di tipo avvocato-cliente”. Non è strano che questo nuovo modo di fare godesse di maggiore popolarità. In breve tempo, molti monarchi europei ebbero i loro confessori privati gesuiti, che eccelsero nell’arte di adattarsi ad essere tutto a tutti gli uomini influenti che consigliavano.
I confessori gesuiti erano indulgenti in fatto di morale ma implacabili quando si trattava di avere a che fare con gli “eretici”. Un confessore gesuita del re francese Luigi XV raccomandò che, “nell’interesse della decenza”, il re installasse una scala nascosta tra la sua camera da letto e quella della sua amante. D’altra parte il suo bisnonno, Luigi XIV, era stato persuaso dal suo confessore gesuita a revocare l’Editto di Nantes, una legge che concedeva ai protestanti francesi, gli ugonotti, limitata libertà di culto. Questo provvedimento scatenò un’ondata di violenza contro gli ugonotti, molti dei quali furono massacrati.
Paul Johnson, nel suo libro A History of Christianity (Storia del cristianesimo), osserva: “Soprattutto, i gesuiti furono identificati ampiamente con l’idea che il codice morale si potesse in qualche modo accantonare quando gli interessi cattolici erano in pericolo. . . . I gesuiti erano un esempio lampante di un’élite altamente istruita e fortemente motivata che permetteva alle tensioni del conflitto religioso di confondere i loro valori morali”.
Nonostante la loro morale ambivalente, o forse proprio grazie ad essa, i gesuiti ebbero un ruolo determinante nella Controriforma. Solo 41 anni dopo la loro fondazione papa Gregorio XIII scrisse: “Al presente non esiste alcun singolo strumento preparato da Dio per estirpare gli eretici che sia più potente del vostro santo Ordine”. La flessibilità, unita all’influenza esercitata nelle alte sfere, era riuscita a combattere l’“eresia”. Avrebbe anche fatto convertiti?
L’adattabilità dei gesuiti
In Oriente, com’era loro abitudine fare in Europa, i gesuiti si prefissero di convertire i sudditi convertendo prima i governanti. Nel perseguire questo obiettivo, portarono alle estreme conseguenze il comando di Loyola di essere tutto a tutti. Roberto de Nobili, gesuita missionario in India nel XVII secolo, visse come un brahmano (un membro della casta più elevata) per predicare al ceto dominante. Per non offendere gli altri brahmani, a coloro che appartenevano alla casta degli intoccabili offriva l’eucaristia, l’ostia consacrata della Messa, mediante un bastone.
Matteo Ricci divenne un membro influente della corte cinese, soprattutto grazie al suo talento di matematico e di astronomo. Egli tenne per sé le sue credenze religiose. Il suo successore gesuita alla corte Ming, Johann Adam Schall von Bell, creò persino una fonderia di cannoni e addestrò le truppe cinesi a maneggiare i cannoni (a cui furono dati nomi di “santi” cattolici). Per fare convertiti i gesuiti permisero ai cattolici cinesi di continuare a praticare il culto degli antenati, decisione controversa che alla fine fu respinta dal papa. Nonostante questi compromessi, sia in India che in Cina i governanti non si convinsero.
Nell’America Meridionale si tentò un approccio coloniale. Nelle aree non colonizzate dell’interno i gesuiti costituirono insediamenti autonomi in cui gli indios guaranì erano più o meno governati dai missionari gesuiti. In cambio venivano loro insegnate l’agricoltura, la musica e la religione. Questi insediamenti, che al loro apogeo ospitarono 100.000 indigeni, alla fine si disgregarono quando vennero a interferire con gli interessi commerciali di Portogallo e Spagna. Anche se i gesuiti addestrarono un esercito di 30.000 indios, che combatterono almeno una battaglia campale contro i portoghesi, nel 1766 gli insediamenti furono distrutti e i gesuiti deportati.
Nel corso dei secoli molti singoli gesuiti hanno fatto sacrifici eroici per diffondere in lungo e in largo il messaggio cattolico. Alcuni hanno subito un orribile martirio per la loro attività, specie in Giappone, dove i gesuiti avevano conseguito qualche successo prima che lo shogun bandisse la loro attività.*
Anche se i gesuiti avevano zelo e spirito di sacrificio, i loro sforzi di convertire il mondo furono frustrati soprattutto a motivo dei loro stessi metodi subdoli.
Un vangelo politico
Nonostante i problemi avuti in passato, i gesuiti del XX secolo non sembrano affatto disposti a lasciare la politica ai politici. Nondimeno, c’è stato un notevole voltafaccia. Dopo aver appoggiato per secoli governi conservatori e di destra, il gesuita odierno è molto più incline a sostenere cause rivoluzionarie, specie se vive in un paese in via di sviluppo. Un caso emblematico è quello del Nicaragua.
Quando in Nicaragua salirono al potere i sandinisti, essi contarono sull’appoggio di Fernando Cardenal e Álvaro Argüello, due eminenti sacerdoti gesuiti che accettarono di ricoprire cariche nel governo. Argüello difese la sua carica politica sostenendo che “se c’è qualcuno in Nicaragua che non vuole partecipare alla rivoluzione, di certo non è cristiano. Oggi per essere cristiani bisogna essere anche rivoluzionari”. Com’è comprensibile, un tale vangelo politico offende molte persone sincere.
Già negli anni ’30 Miguel de Unamuno y Jugo, famoso filosofo spagnolo, criticò l’ingerenza dei gesuiti in politica definendola estranea agli insegnamenti di Gesù. Scrisse: “I gesuiti . . . se ne vengono con la storia trita e ritrita del regno sociale di Gesù Cristo, e con questa ideologia politica vogliono affrontare i problemi politici e socioeconomici. . . . Cristo non ha nulla a che vedere né con il socialismo né con la proprietà privata. . . . Egli disse che il suo regno non era di questo mondo”.
Anche sul fronte dottrinale i gesuiti moderni tendono ad essere rivoluzionari. Michael Buckley, eminente gesuita americano, ha criticato pubblicamente i decreti del Vaticano in materia di sacerdozio femminile. Nel Salvador, Jon Sobrino difende la teologia della liberazione e l’“influenza di Marx sul concetto di interpretazione teologica”. Nel 1989 il preposito generale dei gesuiti si sentì in obbligo di inviare una lettera a tutti i gesuiti ordinando loro di astenersi dal criticare i decreti del Vaticano in materia di contraccezione.
Visto il loro operato, passato e presente, i gesuiti si possono veramente definire Compagnia di Gesù?
Un’autentica Compagnia di Gesù?
Gesù disse: “Voi siete miei amici se fate quello che vi comando”. (Giovanni 15:14) Un vero amico e discepolo di Gesù deve assoluta ubbidienza a Dio e a Cristo, e a nessun altro. (Atti 5:29) Ubbidire agli uomini anziché a Dio porta inevitabilmente ad abusare del messaggio di Cristo e a politicizzarlo.
Non c’è dubbio che i gesuiti vinsero alcune battaglie nella guerra contro il protestantesimo. Ma a che prezzo? Il successo dipese più dagli intrighi politici che dall’amore per il prossimo. La loro evangelizzazione servì a diffondere un messaggio evangelico inquinato da idee e ambizioni politiche. I gesuiti, che erano partiti decisi a convertire il mondo, ne divennero parte. Era questo che Gesù voleva?
A proposito dei suoi veri discepoli Gesù disse: “Essi non fanno parte del mondo come io non faccio parte del mondo”. (Giovanni 17:16) È vero che l’apostolo Paolo divenne “tutto a tutti”, cioè “ogni cosa a persone di ogni sorta”. (1 Corinti 9:22CEI; NM) Ma questo significava che adattava il suo messaggio al suo uditorio, non che scendeva a compromessi sui princìpi cristiani allo scopo di fare convertiti o di ottenere potere politico.
Loyola voleva che i gesuiti si presentassero al mondo come imitatori di Gesù Cristo, ma questa immagine è stata offuscata dalla politica e dai sotterfugi. Essi sono divenuti “tutto a tutti”, ma non hanno fatto “tutto per la gloria di Dio”. — 1 Corinti 10:31CEI.
[Note in calce]
Compagnia di Gesù è il nome dato all’ordine da Ignazio di Loyola, lo spagnolo che l’ha fondato. Il termine “gesuiti”, con cui sono generalmente noti i membri dell’ordine, è stato coniato dai protestanti.
Latino per “Opera di Dio”. Si tratta di un’organizzazione cattolica prevalentemente elitaria, fondata in Spagna nel 1928 dal sacerdote cattolico José María Escrivá.
La pace di Augusta nel 1555 stabilì la regola del cuius regio eius religio, formula latina che significa “di chi [è] la regione, di lui [sia] la religione”.
In risposta a una minaccia degli spagnoli secondo cui sulle orme dei missionari sarebbero venuti i conquistadores, lo shogun giapponese Hideyoshi mise a morte diversi gesuiti e francescani. Non c’è dubbio che ad alimentare i sospetti sui motivi dei gesuiti in Giappone contribuì un piano gesuita per la conquista della Cina con l’aiuto di volontari filippini e giapponesi. Il bando ufficiale, che fu emesso nel 1614, menzionava specificamente il timore che lo scopo dei cattolici fosse quello di “cambiare il governo del paese e impadronirsi delle terre”.
[Riquadro/Illustrazione a pagina 12]
Come si diventa gesuiti
I quattro voti. Ci sono tre voti iniziali: povertà, castità e ubbidienza. Dopo 12 anni il gesuita pronuncia il quarto voto, impegnandosi ad “ubbidire a ogni istruzione del Papa di Roma”.
Gli Esercizi spirituali sono un manuale che descrive un programma di meditazione che dura quattro settimane e mira ad instillare nel novizio una devozione incrollabile alla causa dei gesuiti.
Durante la prima settimana il novizio immagina, con tutti i sensi, i tormenti dell’inferno. Nella seconda settimana deve decidere se diventare un gesuita. La terza settimana è dedicata all’esplicita meditazione sulla passione e la morte di Gesù, e l’ultima settimana è riservata a “sperimentare” la risurrezione di Cristo.
Vengono provvedute istruzioni dettagliate. Nella prima settimana, ad esempio, al novizio è detto di “sentire l’odore del fumo, dello zolfo, il fetore e la corruzione dell’Inferno” e di “sentire come quelle fiamme afferrano l’anima e la divorano”.
Le Costituzioni sono un libro di regole e regolamenti talmudici compilato da Ignazio di Loyola. Fra le altre cose, al gesuita è detto come tenere le mani, come guardare qualcuno che ha autorità e perché evitare di arricciare il naso.
Al di sopra di ogni altra cosa, le Costituzioni sottolineano l’assoluta ubbidienza del gesuita nei confronti dei superiori: “L’inferiore è come un cadavere nelle mani del suo superiore”.
[Riquadro/Illustrazione a pagina 15]
Perché un gesuita è diventato testimone di Geova
Fu mentre lavoravo nelle parrocchie più povere della Bolivia che cominciai ad avere dubbi. In principio questi non erano intorno alla Chiesa ma intorno ai suoi rappresentanti. Per esempio, ogni mese dovevo consegnare al vescovo locale una certa percentuale delle collette e dei pagamenti ricevuti per messe speciali, matrimoni, funerali e così via. Poiché la mia parrocchia era povera, la porzione del vescovo non era mai molto ragguardevole. Mi dispiaceva profondamente quando egli apriva la busta e diceva con sdegno: “È questa la misera contribuzione che mi porti?” Evidentemente i ‘due spiccioli della vedova’ non contavano per lui. — Luca 21:1-4La Bibbia di Gerusalemme.
Un altro fattore ancora che mi turbava era la volontà della gerarchia di accettare e permettere idee e pratiche pagane locali in relazione con il culto del Cristo de la Vera-Cruz (il Cristo della Vera Croce), che era l’immagine della chiesa della mia parrocchia. In molti casi era un’assoluta manifestazione di fanatismo demonico. Inoltre, con queste feste religiose era spesso associata l’ubriachezza, ma nessuna voce ufficiale si levava contro questo baccanale pagano.
Mi convinsi che nel corso dei secoli la Chiesa Cattolica aveva deviato dalla verità della Bibbia, sostituendola con tradizioni e filosofie umane, e che non erano solo uomini, come individui isolati, a venire meno. Conformemente, mi resi conto che non ero più un cattolico di cuore. — Narrato da Julio Iniesta García.
[Nota in calce]
Per l’intera biografia, vedi La Torre di Guardia del 15 giugno 1983.
[Illustrazioni a pagina 11]
Ignazio di Loyola, il fondatore dei gesuiti, e il suo santuario in Spagna
[Illustrazione a pagina 13]
A motivo della loro reputazione di intriganti politici, nel 1767 i gesuiti furono espulsi dalla Spagna

Il gesuita che fa la morale ai manager cinesi

Religioso svizzero-tedesco di 51 anni, padre Rothlin è segretario generale del Center for International Business Ethics (Cibe) presso la University of International Business and Economics di Pechino. In questo ruolo, dunque, si trova nella condizione di insegnare Etica degli affari alla nuova generazione di dirigenti della rampante economia cinese.

Come domare gli spiriti selvaggi del capitalismo cinese? È una domanda che i governanti di Pechino si pongono spesso, soprattutto dopo che la crisi finanziaria mondiale ha messo in luce tutti i rischi di un'economia "surriscaldata", che cresce vertiginosamente sulla spinta di una bolla speculativa fuori controllo. Per trovare una risposta, quattro secoli dopo la morte di Matteo Ricci, l'Impero di Mezzo si è rivolto ancora una volta ai gesuiti. È così che nel 2004 è nato il Center for International Business Ethics (Cibe) presso la University of International Business and Economics di Pechino, un centro specializzato nella diffusione e promozione in Cina dell'etica negli affari e nel management.

Un uomo nel Distretto degli affari di Pechino in una giornata resa nebbiosa dal tasso di smog.

Un uomo nel Distretto degli affari di Pechino in una giornata resa nebbiosa dal tasso di smog.


Il segretario generale del Cibe, Stephan Rothlin, è uno svizzero-tedesco di 51 anni. Difficilmente riconoscereste il gesuita nell'uomo in giacca e cravatta perfettamente a suo agio in una sala conferenze, mentre fa una presentazione con le slide che scorrono alle sue spalle. «Il mio ruolo qui», spiega, «non ha a che vedere con il mio ministero nella Chiesa». Ma, aggiunge, «le persone sono sempre molto attente se qualcuno vive secondo i suoi principi e mantiene le proprie promesse». Seguendo anche qui una via già tracciata da Ricci, Rothlin cerca anche di fondere le tecniche di meditazione zen con alcuni metodi di preghiera del cristianesimo orientale, come la «Preghiera di Gesù», nei corsi per manager che tiene tre volte all'anno, intitolati "Contemplazione in azione".

Un'operaia cuce calze in una fabbrica non lontano da Shangai.

Un'operaia cuce calze in una fabbrica non lontano da Shangai.


Insegnare i principi dell'etica agli imprenditori e ai manager della ruggente economia cinese non è un compito facile. «Non c'è certamente una grande fame di etica nella maggior parte dei businessmen. Ma sono sempre di più quelli che si rendono conto, dopo lo shock della crisi finanziaria globale, che un'economia priva di una cornice di riferimento morale può facilmente andare fuori controllo». Il Governo è consapevole di questo problema da anni e per questo ha sostenuto la nascita del Cibe: «Hanno capito che c'era molto da migliorare nel campo del management e dell'economia ed è per questo che hanno dato la loro approvazione alla proposta di invitare dei gesuiti a gestire un programma di etica degli affari». Il lavoro del centro si sviluppa in tre campi: in primo luogo la formazione dei manager e del personale delle aziende, ad esempio con la promozione del Corporate social responsability reporting, con cui le società imparano a riferire regolarmente ai propri azionisti non solo dell'andamento economico e finanziario ma anche dell'impegno sociale e ambientale, delle buone pratiche adottate a livello di gestione e così via, come già accade in Occidente. C'è poi la ricerca di tipo accademico, con la traduzione in cinese dei testi fondamentali di etica degli affari e la promozione, ad esempio, di un concorso per le migliori idee per uno sviluppo urbano sostenibile. Infine, c'è l'impegno sociale diretto, attraverso una Fondazione per i bambini autistici e la promozione delle migliori scuole elementari. Il tutto, naturalmente, appoggiandosi alla rete di ricchi imprenditori e società che entrano in contatto con le attività del Cibe.
Per Rothlin, anche sul piano dell'etica degli affari, è importante che l'Occidente non si ponga davanti alla Cina con un atteggiamento di superiorità. «Le critiche rivolte alle aziende cinesi», perché inquinano troppo o non rispettano i diritti dei lavoratori, sono percepite come «ipocrite», soprattutto se arrivano da Paesi le cui società si dotano sì di codici etici altisonanti, ma poi delocalizzano il loro "lavoro sporco" proprio in Cina.

Il padre gesuita Stephan Rothlin riceve la nomina a segretario del Cibe.

Il padre gesuita Stephan Rothlin riceve la nomina a segretario del Cibe.


In questo campo, ci sono grandi possibilità per la dottrina sociale della Chiesa. Già nel 1988, un altro gesuita, László Ladányi, aveva previsto che sarebbe stato proprio il magistero sociale a dare alla Chiesa in Cina il suo «necessario orientamento». La Caritas in veritate di Benedetto XVI «offre analisi complete e suggerimenti utili su come gestire l'economia e mandare avanti un'azienda in modo che siano in molti a trarne profitto», e non solamente il suo proprietario. Il suo mettere assieme «sussidiarietà e giustizia», dice Rothlin, «è rilevante dappertutto ma è particolarmente importante in un'economia cinese che ha bisogno di diventare più umana, più attenta all'ambiente e alla sicurezza delle condizioni di lavoro».

Un monitor mostra la chiusura dell'indice Hang Seng della borsa di Hong Kong.

Un monitor mostra la chiusura dell'indice Hang Seng della borsa di Hong Kong.


Anche qui, però, pesano i limiti posti dal Governo cinese all'azione della Chiesa. Da un'analisi condotta dallo stesso Rothlin, anche la maggior parte degli intellettuali cattolici impegnati ha confessato di non conoscere bene i contenuti dell'enciclica. Meglio è andata a Taiwan, dove però, anche tra i professori universitari, si sottolinea la necessità di dare maggiore visibilità, dentro e fuori la Chiesa, ai temi del magistero sociale. Il lavoro da fare, insomma, è ancora lungo.

Catena di montaggio della fabbrica di automobili Geely, a Ningbo.

Catena di montaggio della fabbrica di automobili Geely, a Ningbo (foto Q. SHEN/ANSA).


Rothlin sa che la sua vocazione lo ha portato in posti che non si sarebbe mai aspettato ma, aggiunge, la Cina e l'etica applicata sono da sempre le sue passioni. «Sono sempre stato interessato alla Cina», racconta. «Già da bambino rimasi affascinato dalla storia di un missionario svizzero che era stato espulso dal Paese». In quegli stessi anni germogliò anche la sua vocazione e, dopo il primo contatto con la Compagnia di Gesù («soprattutto con gli Esercizi spirituali di Sant'Ignazio»), «capii che quella avrebbe potuto essere la mia strada». Successivamente, la scoperta del lavoro dei gesuiti in Giappone contribuì solo a confermare la sua scelta. Rothlin si specializzò in etica applicata, diventando professore alla Facoltà di economia e management dell'Università di Zurigo. Quindi, nel 1996, il «dono inatteso» dell'invito ad andare in Asia, per insegnare in vari atenei a Hong Kong, Singapore e Pechino, fino all'apertura del Cibe nel 2004.

Alcuni operai si recano al lavoro in una centrale elettrica di Changchun.

Alcuni operai si recano al lavoro in una centrale elettrica di Changchun.


Per il futuro, Rothlin è certo che la Cina diventerà sempre più centrale per la Chiesa. «Sono convinto che tutte le denominazioni cristiane, tra cui naturalmente anche il cattolicesimo, abbiano un futuro luminoso qui. C'è una grande fame di cibo spirituale solido e di rigorosa formazione teologica, qualcosa che la Chiesa è sicuramente in grado di offrire».
Alessandro Speciale


Giulietto Chiesa: ad alta velocità verso la catastrofe. La verità sulla TAV

I centri del potere finanziario mondiale ci raccontano ogni giorno storie non verificabili, false, riportate sistematicamente dai media. Per liberarci è quindi prioritario cambiare il mondo della comunicazione: c'è un disperato bisogno di consapevolezza superiore, in un mondo a un passo da una transizione politica, economica e sociale di dimensioni epocali.








DOCUMENTO ESCLUSIVO! La "Mafia di S. Gallo" da molti anni tramava contro Papa Ratzinger al fine di eleggere Bergoglio e riformare (distruggere) la Tradizione della Chiesa cattolica.


PROPONIMENTO DI OGGI


Oggi prometto di impegnarmi a spegnere ogni tanto, soprattutto durante i pasti, la TV e la radio, per leggere un buon libro o conversare in famiglia.


LITURGIA DI OGGI



LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -
  





 PRIMA LETTURA 

Ger 18,18-20
Dal libro del profeta Geremìa

[I nemici del profeta] dissero: «Venite e tramiamo insidie contro Geremìa, perché la legge non verrà meno ai sacerdoti né il consiglio ai saggi né la parola ai profeti. Venite, ostacoliamolo quando parla, non badiamo a tutte le sue parole».
Prestami ascolto, Signore,
e odi la voce di chi è in lite con me.
Si rende forse male per bene?
Hanno scavato per me una fossa.
Ricòrdati quando mi presentavo a te,
per parlare in loro favore,
per stornare da loro la tua ira.


  SALMO  

Sal 30
Salvami, Signore, per la tua misericordia.

Scioglimi dal laccio che mi hanno teso,
perché sei tu la mia difesa.
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.

Ascolto la calunnia di molti: «Terrore all’intorno!»,
quando insieme contro di me congiurano,
tramano per togliermi la vita.

Ma io confido in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,
i miei giorni sono nelle tue mani».
Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori.


 VANGELO 

Mt 20,17-28
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».