Anche in presenza si telefonate petulanti e continue se il motivo le giustifica non si commette reato di stalking.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la numero 38675 del 16 settembre 2016, ha affermato che se l’insistenza delle continue telefonate è giustificata da un motivo valido non si incorre nel reato di stalking.
Quello che generalmente si chiama stalking telefonico è in realtà un reato di molestia alla persona e non vi si incorre se si chiama continuamente l’ex moglie per cercare di parlare con i figli.
Reato di stalking: che cosa è?
Chi compie reato di stalking? Chi da fastidio o disturba in luogo aperto al pubblico o telefonicamente un’altra persona o chi si comporta in maniera petulante, pressante, ripetitiva con la precisa volontà di interferire nella libertà altrui creando anche turbamento.
Per il reato di stalking oltre all’ammenda pecuniaria che può arrivare fino a 516 euro, è previsto anche l’arresto da 15 giorni a 6 mesi.
Si intendono come molestie tutti quegli atti e comportamenti che creano in chi li subisce disagio, irritazione o tormento interiore sfociando, a volte, anche nella paura.
Quando lo stalking non è reato
Anche se alcuni comportamenti possono essere considerati irritanti e pressanti non sempre sono punibili penalmente. Infatti, un padre che non vede i figli e per poter parlare con loro, o almeno informarsi del loro stato di salute, deve chiamare continuamente sul telefono dell’ex moglie che non risponde mai, non commette reato di stalking. In questo caso, infatti, i numerosi messaggi e le continue chiamate hanno una giustificazione valida e costituiscono lo strumento per far valere un proprio diritto: sentire i propri figli.
In questo caso, appunto, le telefonate non sono volte all’interferire nella sfera privata di qualcuno violando la sua libertà e la sua quiete e proprio per questo, a prescindere dall’insistenza, non vi è alcun reato.