Ormai non è un segreto che l'Organizzazione mondiale della sanità riceve finanziamenti dalla Bill e Melinda Gates Foundation. Mentre Pechino prosegue la strategia di ampliamento della sua influenza in tutte le agenzie dell'Onu.
Ed è probabilmente questo il motivo per cui sia l'OMS che l'ONU vengono sempre più tacciate di menzogna e da più parti se ne chiede lo smantellamento. Ad alimentare i forti sospetti di estrema e pericolosa politicizzazione di questi organismi, che ne mina fortemente la funzione garantista super partes, anche la protesta contro la decisione di nominare la Cina nel gruppo consultivo del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite promossa da oltre 100 organizzazioni. In tempo di pandemia "cinese" questa nomina desta qualche perplessità, dati anche gli stretti e comprovati legami tra il Presidente cinese Xi Jinping e Bill Gates.
I VACCINI DI BILL GATES: quali effetti sulla salute?
Dal 1° aprile 2020 Jiang Duan, ministro consigliere alla Missione Permanente della Repubblica Popolare Cinese, è stato nominato nel Gruppo consultivo del Consiglio per i diritti umani. Servirà fino al 31 marzo 2021, svolgendo un ruolo chiave nella selezione degli ispettori per i diritti umani in vari organi delle Nazioni Unite. Gli altri quattro membri provengono da Venezuela, Pakistan, Eritrea e Qatar. Era il primo di aprile, ma non è stato uno scherzo.
Visto lo stato pessimo in cui versa il rispetto dei diritti umani in Cina, e nel mezzo della tempesta scatenatasi attorno all’insabbiamento sistematico operato da Pechino in merito alla pandemia del coronavirus, 82 fra organizzazioni e associazioni principalmente dell’Europa centrale e orientale hanno presentato una petizione congiunta per chiedere la cancellazione di tale nomina indirizzandola al Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, al presidente del Terzo comitato dell’Assemblea generale, Christian Braun, al presidente del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC), Elisabeth Tichy-Fisslberger, all’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, e a ciascuno dei 55 Stati membri del gruppo regionale Asia-Pacifico che ha nominato la Cina al Gruppo consultivo dell’UNHRC.
Una seconda petizione, firmata anche da Bitter Winter, è stata lanciata da Jubilee Campaign e fatta propria dall’International Religious Freedom Roundtable, e verrà inviata alla Tichy-Fisslberger alla fine di aprile. Assieme, i firmatari delle due petizioni rappresentano più di 100 organizzazioni. Di solito petizioni come queste non ricevono risposta e rimangono sospese in un limbo di semi-esistenza, ma non c’è dubbio che se vuole preservare la propria credibilità, questa volta il Consiglio per i diritti umani dell’ONU deve rispondere adeguatamente.
Inettitudine politica e ruolo filo-cinese dell’attività “umanitaria” dell’ONU e delle sue agenzie
Il giornalista Christian Rocca analizza Il fallimento delle Nazioni Unite e la formidabile idea di un’alleanza tra le democrazie attraverso i fatti che ne hanno caratterizzato la storia, a partire dal congelamento causato dalla Guerra Fredda (1945-1989) che le ha fatto “[…] perdere ogni funzione vitale” .
“L’elenco dell’irrilevanza e dei disastri dell’Onu è, secondo Rocca lungo, quasi infinito” . Inizia nel 1948, quando l’ONU non difende la propria risoluzione sullo Stato di Israele e su Gerusalemme, arrivando nel 1970 a riconoscere de facto il terrorismo con la risoluzione n. 2708 del 1970 che autorizza, in materia di autodeterminazione dei popoli, a combattere con “ogni mezzo necessario a disposizione”. Si tratta di un input fatto proprio dalle varie organizzazioni terroristiche con gli attentati che insanguinano quelle terre da più di trent’anni.
Quando la Repubblica Democratica Popolare di Corea o Corea del Nord invade nel 1950 la Repubblica di Corea o Corea del Sud l’unico contributo dell’ONU è quello di porre una bandierina sui mezzi USA intervenuti a difesa della libertà. “L’Onu non ha mosso un dito quando l’Unione Sovietica si è presa prima l’Ungheria, poi la Cecoslovacchia e infine l’Afghanistan. Nel 1956, subito dopo il silenziamento dell’ultima richiesta d’aiuto via radio da Budapest, l’Onu se la cavò con un documento che invitava il Segretario Generale a “indagare sulla situazione in Ungheria causata da un intervento straniero”.
La situazione non muta con il passare dei decenni. Quando il Consiglio di Sicurezza delibera a favore di un intervento nel 1991 in Kuwait e nel 1994 ad Haiti si limita ad autorizzare gli Stati Uniti d’America a muovere le proprie forze. Così avviene in Bosnia nel luglio del 1995, quando gli ufficiali ONU invitano i bosniaci a raggrupparsi in alcune città, fra cui Srebenica, per difenderli meglio. Il risultato è il massacro, proprio a Srebenica, di settemila bosniaci a opera delle milizie serbe guidate dal generale Ratko Mladic.
In realtà, il fallimento dell’ONU sta nella sua stessa struttura che vede l’Assemblea Generale rispettare il principio, utopico, dell’eguaglianza giuridica e politica degli Stati membri, che fa sì che il voto degli Stati Uniti d’America conti quanto quello di qualsiasi altro Stato, a prescindere dalla dimensione territoriale e dal peso politico, economico o demografico: “Dei due organi di governo, invece, il Consiglio di Sicurezza si fonda sul principio orwelliano che le cinque potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale [Stati Uniti d’America, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Repubblica Francese, URSS e Repubblica Popolare Cinese] le sole chiamate a decidere con effetti operativi sono “più eguali” delle altre”. Con un limite non da poco: la necessità di deliberare all’unanimità, “[…] e siccome sono sempre state radicalmente divise su natura e fini di uomo, società e storia […] l’unanimità non l’hanno mai raggiunta” sino al crollo dell’Unione Sovietica. Lo stesso problema si presenta a proposito del secondo organo esecutivo delle Nazioni Unite, il Segretario Generale, che, eletto dall’Assemblea Generale, non può imporsi ai cinque grandi. “Il risultato è dunque quella paralisi che dura dal 27 giugno 1945".
Insomma, l'inettitudine delle Nazioni Unite a garantire la pace e la sicurezza nel mondo è ancora oggi evidente in ogni controversia internazionale che non trova mai soluzioni stabili e durature nel ricorrere ai vaghi pareri dell'ONU.
Ma l'ambiguo agire dell'ONU non si manifesta solo in questioni di politica internazionale, ma anche e soprattutto quando tocca temi etici. E' per questo che si è spesso trovata in aperta contrapposizione con la Santa Sede che da sempre conserva la posizione poco incisiva di “Stato non membro con lo status di osservatore permanente”. Tale status, che non prevede il diritto di voto, consente la partecipazione a importanti convenzioni internazionali e ai lavori di numerose agenzie specializzate. Proprio in tali sedi la Santa Sede ha contrastato la concezione fortemente antinatalista e contraria ai diritti naturali dell’uomo avviata dalle Nazioni Unite con l’appoggio di potenti organizzazioni non governative nel settore umanitario. Nel 2003, l’allora responsabile della politica internazionale della Santa Sede, l’arcivescovo Jean Louis Tauran, dichiara: “È un mondo [quello dell’ONU] che talora fa della tolleranza la sua bandiera laica e che rifiuta a volte i valori della cultura cristiana in nome della asserita parità di ogni convinzione” . Si tratta di una posizione che spinge l’ONU a essere molto ben disposta verso tutte le organizzazioni interreligiose, in particolare verso quelle che puntano alla creazione di una nuova religione mondiale che sostituisca tutte le altre. Fra queste sia monsignor Schooyans sia la docente di Storia Contemporanea all’Università di Roma La Sapienza Lucetta Scaraffia citano la URI, la United Religions Iniziative, che fa parte del Comitato, istituito nel 1994, chiamato a stendere la Carta della Terra, considerata come Gaia, nuova dea di un “[…] paganesimo intinto di New Age, che si preoccupa soprattutto d’impedire la crescita della popolazione umana sulla terra” (la pachamama oggi tanto cara a Bergoglio) .
Il passaggio più significativo concernente il diritto umano alla riproduzione si ha alla Conferenza di Pechino del 1995, nella quale i cosiddetti diritti riproduttivi trovano una compiuta definizione. Nel 1979 nella Repubblica Popolare Cinese viene introdotto il divieto di avere più di un figlio. Per sposarsi e per avere figli è necessaria l’autorizzazione dello Stato e quindi del partito comunista. Le donne in attesa di un secondo figlio sono costrette ad abortire. Le sanzioni, poi, per chi contravviene sono pesantissime: i figli vengono sottratti ai genitori e chiusi in orfanotrofi simili a campi di concentramento e con la medesima percentuale di sopravvivenza. La coppia che ha tradito la Rivoluzione viene isolata e la loro casa distrutta. Si registrano anche casi di uccisione del neonato. Così, grazie al terrore, “la disobbedienza procreativa” viene ridotta quasi a zero. La Repubblica Popolare Cinese vince la sua battaglia contro la sovrappopolazione, merita quindi l’appoggio dell’UNFPA, l’United Nations Fund for Population Activities, oggi United Nations for Population Fund, che per anni finge di non sapere e di non riconoscere quanto le associazioni per la tutela dei diritti umani denunciano. Anzi, “secondo un rapporto pubblicato nel 1990 dall’American Enterprise Institute, una nota dell’UNFPA per l’USAID (l’agenzia americana per lo sviluppo, che è la maggiore fonte di finanziamento per l’UNFPA) sosteneva che la politica cinese del figlio unico si basava sull’assenso volontario, e che nessuna forma di coercizione era tollerata”. L’allora direttrice dell’UNFPA, la pachistana Nafis Sadik, nel 1991 arriva a dichiarare che la sua organizzazione avrebbe propagato l’esperienza cinese in materia di pianificazione. Per comprendere ancora meglio le caratteristiche dell’attività “umanitaria” dell’ONU è senz’altro opportuno affrontare la questione delle sterilizzazioni di massa, operate su donne inconsapevoli, senza i necessari standard igienico-sanitari e, soprattutto, senza spiegare adeguatamente che cosa quell’intervento avrebbe significato per la loro vita futura. Roccella nota che “la mortalità varia a seconda del luogo in cui l’operazione viene effettuata: negli Stati Uniti muore una donna su 70.000, ma in paesi come India o Bangladesh […] si può immaginare molto più alta […]. Nonostante i rischi, però, alle donne la cosa viene presentata come una piccola operazione di routine, semplice e veloce: la Planned Parenthood, per esempio, la definisce “Band Aid surgery”, chirurgia da cerotto, benché richieda un buon grado di competenza da parte del chirurgo”. In particolare, “il Bangladesh è forse l’esempio che meglio illustra come la convergenza delle organizzazioni internazionali sui programmi nazionali di pianificazione demografica, e l’insistenza sul raggiungimento, in pochi anni, di alte percentuali di decremento abbia creato situazioni mostruose, un crescendo di accanimento antinatalista che si traduce in accanimento sul corpo delle donne più indifese”. Elemento altrettanto importante per comprendere le vere finalità della politica di pianificazione dell'ONU è la sua “moderata” capacità di tutelare la maternità.
Ma se fino a Papa Benedetto XVI l'ONU aveva trovato filo da torcere sui diritti umani, oggi con Bergoglio sul soglio di Pietro, la sua azione è divenuta sempre più spiccatamente sinocentrica. In questi giorni in cui la Liturgia esalta la figura di Cristo come Buon Pastore, Bergoglio pare non muoversi affatto da pastore, da padre, da Vicario di Cristo, ma da politico. Infatti, in queste settimane, insieme agli affettuosi pronunciamenti verso la Cina e ai gesti di aiuto (le mascherine sanitarie), ha voluto prendere anche due decisioni politiche che hanno fatto molto piacere al regime comunista di Pechino: lo storico incontro diplomatico del 15 febbraio fra il ministro degli esteri della Santa Sede e quello del regime cinese (avvenuto nel momento di maggiore isolamento del regime cinese a causa del coronavirus e quindi ancora più prezioso); e la micidiale lettera che Bergoglio ha fatto scrivere al decano del collegio cardinalizio contro l’eroico card. Zen, “reo”, agli occhi di Pechino, di opporsi al trattato con cui Bergoglio consegna la Chiesa cinese al regime comunista di Xi Jinping, con buona pace di ONU e OMS. Inoltre Bergoglio non perde mai occasione di pronunciarsi in favore dei vaccini che faranno incassare cifre da capogiro alle grandi multinazionali del farmaco e a fondazioni "filantropiche" come quella di Bill e Melinda Gates. Tempo fa, la filantropa Melinda Gates ha affermato di aver "accettato di non essere d'accordo" con la Chiesa Cattolica sulla contraccezione. Ha detto che la sua Fondazione e la Chiesa lavorano a stretto contatto ed è "ottimista" nel tempo che il Papa cambierà le idee sulla contraccezione (Vedi: https://www.bbc.com/news/av/health-40566689/melinda-gates-hopes-pope-will-change-views-on-contraception). Come sappiamo, la Fondazione Gates è tra le prime finanziatrici dell'OMS.
La Cina e il Vaticano, che oggi ha una politica molto orientata verso Pechino, si rivelano due forze alleate nel comune intento di depopolare e schiavizzare l'umanità e distruggere il Cristianesimo.
Bergoglio e la moglie di Bill Gates, Melinda, a P.zza San Pietro (Nov. 2014)
Bill Gates e Xi Jinping
L'azione fortemente condizionante del regime cinese su organismi internazionali come l'ONU e l'OMS è diventata ancora più evidente con il propagarsi della pandemia di COVID19. Lo stesso Presidente Usa Trump ha più volte dichiarato l'attitudine troppo filo-cinese dell'OMS accusandola di aver insabbiato la diffusione del virus. Lo stesso commendevole comportamento della Cina di Xi Jinping che ha tenuto nascoste informazioni di vitale importanza che avrebbero salvato migliaia di vite umane nel mondo.
Il Presidente dell'OMS Ghebreyesus e il Presidente Xi Jinping
Forse l’ONU e l'OMS non chiuderanno a breve i propri battenti, ma è certo che segnali nuovi di speranza per un futuro meno aperto alla cultura della morte si percepiscono, negli Stati Uniti d’America di Trump, ma anche, grazie a Dio, in Italia dove numerose associazioni a difesa dei consumatori e dei diritti umani, stanno promuovendo class action in concomitanza con varie altre iniziative nel mondo che muovono nella stessa direzione.
Cinzia Palmacci
Fonti:
Cfr. Papa Benedetto XV (1914-1922), Lettera enciclica “Ad beatissimi Apostolorum Principis”. Programma del pontificato, dell’1-11-1914, in Enchiridion delle Encicliche, ed. bilingue, vol. 4, Pio X. Benedetto XV. (1903-1922), EDB. Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 1998, pp. 462-495, soprattutto pp. 466-467; e Idem, Lettera “Dès le début” ai Capi dei popoli belligeranti, dell’1-7-1917, ibid., pp. 970-977.
Christian Rocca, Contro l’Onu. Il fallimento delle Nazioni Unite e la formidabile idea di un’alleanza tra le democrazie, Lindau, Torino 2005.
Sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, sui suoi valori ma anche sulle sue “notevoli carenze, alcune per omissioni e altre dovute all’esorbitare dei diritti previsti”, cfr. Victorino Rodrìguez y Rodrìguez O.P. (1926-1997), La “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, in Cristianità, anno XXVI, n. 283-284, novembre-dicembre 1998, pp. 15-27.
Cfr. Monsignor Michel Schooyans, Il volto nascosto dell’Onu, Verso il governo mondiale, trad. it., con Prefazione di Roberto de Mattei, Il Minotauro, Roma 2004; e Eugenia Roccella e Lucetta Scaraffia, Contro il Cristianesimo. L’Onu e l’Unione Europea come nuova ideologia, con appendici a cura di Assuntina Morresi, Piemme, Casale Monferrato (Alessandria) 2005.
Cfr. L. Scaraffia, I diritti dell’uomo: realtà e utopia, in E. Roccella e L. Scaraffia
Cfr. A. Carloni, Il Nuovo Disordine Mondiale e i suoi agenti, in Cristianità, anno XXXI, n. 320, novembre-dicembre 2003, pp. 7-13.
Cfr. E. Roccella, Non crescete, non moltiplicatevi, in E. Roccella e L. Scaraffia, op. cit., pp. 91-163
E. Roccella, L’ideologia dei “diritti riproduttivi” secondo le Nazioni Unite