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giovedì 28 maggio 2020

L'UMANITA' COME MALE DELL'ECOSISTEMA NON FUNZIONA PIU'


Acque limpide, animali in città, cieli tersi, mappe satellitari che mostravano la riduzione dell'inquinamento sulle aree più inquinate del pianeta. Subito dopo i primi giorni di lockdown, ha iniziato a farsi strada la narrazione che la pandemia stesse paradossalmente facendo bene al pianeta. Finalmente l'uomo arretrava e la natura si riappropriava dei propri spazi. Ma non c'è retorica più distorcente e più nociva di questa. Perché dopo che oltre un terzo della popolazione mondiale ha vissuto sotto isolamento, tutte le responsabilità umane nei confronti dell’ambiente appaiono tragicamente evidenti. Come ha detto l'ex direttore del Guardian, Alan Rusbridger, la pandemia è “la prova generale di quello che ci aspetta con il cambiamento climatico”.

Crisi climatica e pandemia si assomigliano: entrambe ci stanno danneggiando, entrambe sono causate dall'intervento umano sugli ecosistemi, per entrambe la scienza ci dice a cosa stiamo andando incontro e quali strategie adottare, muovendosi tra pressioni politiche, industriali, corporative. Negli Stati Uniti, in piena campagna elettorale per le presidenziali di novembre 2020, i conservatori stanno dicendo che la crisi economica a causa del lockdown è solo l'antipasto di quello che il paese dovrà affrontare nel caso venisse approvato il Green New Deal.

L’inquinamento è davvero diminuito?

Oltre alle immagini, un’altra distorsione viene dai dati sull’inquinamento che sembrano mostrare un quadro incoraggiante. Ma, mentre l'aria è indubbiamente più pulita a causa di un calo delle emissioni legate ai trasporti, l'impatto dell'isolamento individuale sull'ambiente è tutto sommato inferiore a quanto si pensi.

In un articolo su Internazionale, Gabriele Crescente ha fatto notare come in realtà tutte le crisi economiche sono state gli unici momenti storici in cui la crescita costante delle emissioni ha subito un calo. Ogni volta si è trattato di un episodio di breve durata seguito dalla ripresa e il conseguente aumento delle emissioni. È successo anche nel 2009: quando i governi hanno meno risorse e hanno fretta, sono le attività produttive tradizionali a venire privilegiate.

Quindi non sarà la pandemia a risolvere il cambiamento climatico, anzi. Il think tank Ember ha registrato un drastico calo della domanda di elettricità ovunque in Europa - con l'Italia in testa. La domanda di elettricità in Italia è calata del 25% in tre settimane, seguita dalla Spagna al 10-15% e Germania, Regno Unito e Polonia finora all’8%. Da allora, il valore del petrolio è crollato. Secondo Bloomberg, il prezzo è così basso che gli attivisti possono comprarlo.
Contrariamente alla tendenza che vede l’aria generalmente più pulita nelle città dove è stato imposto il lockdown, le concentrazioni di gas serra non soltanto non si sono fermate affatto ma stanno persino raggiungendo nuove vette.


L’intento di chi ha postato queste immagini era dimostrare che la natura, da quando le persone sono costrette in casa dal lockdown, si sta riprendendo i suoi spazi legittimi e sta guarendo da sé. Invece la frase ricorrente “dovremmo estinguerci tutti”, associata a questi fenomeni, non considera la necessità del lavoro ambientalista.

In effetti, la natura si stava riprendendo da molto prima che la pandemia di COVID-19 ci costringesse a casa e continuerà a farlo con l'aiuto di buone politiche. In futuro, e in una società sempre più connessa, la lotta alle epidemie non sarà più di esclusiva responsabilità degli esperti della sanità pubblica, ma richiederà la collaborazione dei leader sia pubblici che privati, nonché l'aiuto della popolazione in generale. Forse non tutta l'umanità è degna di estinzione. Quella di buona volontà non lo è affatto anzi, l'ecosistema dipende dalla collaborazione umana per non estinguersi. Essere "autenticamente" umani significa provare amore per la salvaguardia, la conservazione e il rispetto di ogni forma di vita. L'ingannevole narrazione eugenetica dell'uomo come vero male del pianeta non attacca più....

Fonte:


lunedì 2 marzo 2020

Biodinamica: l'agricoltura del futuro

Dovete sapere che l'alimentazione dell'uomo moderno non è la stessa del passato e che gli alimenti utilizzati sono armi che in questo momento continuano ad avvelenare attivamente il vostro organismo, figli Miei; cosicché, se non cedete al male tramite libero arbitrio, lo fate attraverso le malattie che si manifestano nel vostro corpo a causa di ciò che mangiate.

(LA SANTISSIMA VERGINE MARIA
01.05.2014)


L'ALIMENTAZIONE DEL FUTURO E' L'AGRICOLTURA BIODINAMICA SANA E NON ADULTERATA DA PESTICIDI E DALLA SPECULAZIONE INDUSTRIALE. LA GENTE SI STA SEMPRE PIU' ORIENTANDO VERSO UN'ALIMENTAZIONE SALUTARE ALLA QUALE LE GRANDI CATENE ALIMENTARI DOVRANNO COMINCIARE A RIVOLGERSI..... 


Intervista a Pierre Masson, autore di «Manuale pratico di agricoltura biodinamica», sul significato di questo metodo in Italia, e le prospettive per il futuro.


Seppure meno diffusa dell’agricoltura biologica, la biodinamica vanta in Italia una lunga tradizione. Attualmente sono oltre 500 le aziende agricole che praticano questo metodo, ideato da Rudolf Steiner come alternativa all’industrializzazione dell’agricoltura.

Con una lungimiranza sorprendente, Steiner previde i guasti che l’uso massiccio di concimi e pesticidi chimici e le tecniche intensive avrebbero arrecato all’ambiente e alla salute dell’uomo.

Dalla storica presentazione delle otto conferenze del 1924, note come il «Corso agli agricoltori», numerosi eredi con la pratica in campo e osservazioni in laboratorio hanno contribuito a definire quello che oggi prende il nome di metodo
agricolo biodinamico.

Tra i numerosi pionieri della biodinamica, una citazione particolare merita l’australiano Alex Podolinsky, al quale è ispirato il recente volume Manuale di agricoltura biodinamica (Terra Nuova Edizioni), scritto da Pierre Masson. Masson è un tecnico francese che da oltre vent’anni pratica e insegna l’agricoltura biodinamica in diversi Paesi europei. All’uscita dell’edizione italiana del suo libro, già pubblicato in lingua francese e spagnola, lo abbiamo intervistato per voi.

Pierre, come sei arrivato alla biodinamica?
Ho iniziato la mia attività come agricoltore convenzionale. Poi, 22 anni fa, ho scoperto l’agricoltura biodinamica. Le cose che mi hanno convinto a metterla in pratica sono state l’economicità, la maggiore autonomia dall’industria dei concimi
e dei fitofarmaci, la straordinaria scoperta che ogni agricoltore può prodursi da sé concimi e preparati, e infine l’attenzione che la biodinamica rivolge ai cicli naturali. Mi piace ricordare che Rudolf Steiner e il suo collaboratore Ehrenfried Pfeiffer hanno ideato la biodinamica perché diventasse l’agricoltura del futuro.

L’agricoltura biodinamica è arrivata in Italia molto prima dell’agricoltura biologica, eppure quest’ultima oggi è molto più diffusa. Quali sono secondo lei le ragioni di questo ritardo?
La biodinamica è fortemente caratterizzata da una visione spirituale, difficile da comprendere per la maggior parte delle persone. Oggi si è affermata una visione materialistica, gli agricoltori cercano risposte veloci ed efficaci, non cercano un «metodo» ma una tecnica facile da applicare e dai risultati immediati. La biodinamica si può definire una scelta di vita, e nella maggior parte dei casi l’agricoltore, oltre a lavorare nei campi, lavora anche con se stesso. Ri chiede un’osservazione attiva, una capacità d’intuizione e d’azione. Spesso mi domando se questo metodo sia generalizzabile, perché richiede un maggior impegno sul piano umano e spirituale rispetto ad altri metodi, come quello biologico.

Quali sono gli aspetti fondamentali e caratterizzanti del metodo biodinamico?
Innanzitutto va detto che negli ultimi trent’anni l’agricoltura biologica ha integrato molte delle soluzioni tipiche della biodinamica. In ogni caso, le due idee che più caratterizzano la biodinamica sono l’idea dell’organismo agricolo individuale e l’uso dei preparati biodinamici.

Può spiegare meglio di cosa si tratta?
Le relazioni tra piante, uomini e animali esistono dalla notte dei tempi e questa è la natura, non l’agricoltura! Rudolf Steiner ha cercato di capire il significato profondo di questi legami e il loro funzionamento: questo è quello che noi in biodinamica chiamiamo «lo sguardo agricolo». L’idea dell’organismo agricolo individuale nasce dalla necessità dell’uomo antroposofico di «tenere le cose in mano», di sentirsi al centro dei legami che uniscono tra loro tutti gli esseri viventi. I preparati biodinamici riguardano invece un aspetto di metamorfosi difficile da spiegare, che ha a che fare con la trasformazione della sostanza organica e della luce in composti utili per la crescita delle piante. È un aspetto di difficile comprensione per l’agricoltore di oggi, perché o siamo troppo in ritardo e non riusciamo ad afferrare pienamente questa visione a 360 gradi, o siamo troppo in anticipo e non riusciamo a fare riferimento ai saperi alchemici e alle tradizioni sapienziali del passato.

Alla luce di quello che ha appena detto, perché un consumatore dovrebbe preferire un alimento biodinamico rispetto a quello proveniente dall’agricoltura biologica o convenzionale?
Dalle prove realizzate in diverse università europee, è stato dimostrato che i prodotti biodinamici, che si tratti di carote, vino o cotone, sono più vitali e presentano un potere terapeutico maggiore. Stiamo parlando di una qualità nutrizionale e biologica superiore, che può essere quantificata come maggiore contenuto di vitamine, antiossidanti, sali minerali e altri principi nutritivi. Ecco perché è importante che i consumatori si impegnino a sostenere gli agricoltori biodinamici: solo così si dà la possibilità a chi segue il metodo biodinamico di riprodurre questo cibo per gli anni a venire.
In teoria la certificazione di un prodotto biodinamico dovrebbe premiare la collocazione dei prodotti sui mercati locali, il rispetto di buone condizioni per i lavoratori e il giusto prezzo di vendita. Il marchio di certificazione Demeter è nato per rispondere a queste esigenze, anche se non è sempre facile rispettarle quando ci si misura con i problemi concreti della produzione e della vendita.

Come è nata l’idea di scrivere questo manuale?
Da tempo ho fatto della divulgazione dell’agricoltura biodinamica lo scopo della mia vita. Più precisamente, sono impegnato a rendere il metodo biodinamico più comprensibile e praticabile da tutti. Per questo motivo nel mio libro ho dato molto spazio agli aspetti pratici: come preparare e utilizzare i preparati; i fondamenti agronomici da seguire; l’importanza dell’unicità di ogni azienda; l’aspetto sociale della collaborazione tra agricoltori. La ricerca di un equilibrio e di un legame profondo con il luogo in cui si opera passa attraverso il rispetto delle tante piccole operazioni colturali, che devono essere svolte in modo corretto e consapevole.

Come si distingue il panorama biodinamico italiano da quello degli altri Paesi europei?
Nelle mie ormai numerose visite, sento che in Italia esiste una sorta di genialità legata al passato, alla ricchezza della vostra lingua. C’è una grande capacità di mobilitarsi: la grande evoluzione dell’agricoltura biodinamica in Italia negli ultimi anni testimonia proprio questo.


Libro consigliato "Agricoltura biodinamica "

Una guida facile e chiara per chi vuole iniziare a praticare o approfondire il metodo biodinamico

Dalla quarta di copertina:

Come applicare il metodo biodinamico? Come scegliere le sementi? Quali sovesci utilizzare? Quali trattamenti naturali impiegare?

Questo manuale risponde, con testi chiari e numerosi disegni e fotografie, alle principali domande inerenti la pratica dell'agricoltura biodinamica.

Il curatore della presente edizione ha adattato il volume alle condizioni e alle specificità della realtà italiana, rendendolo particolarmente indicato a chi opera nel nostro paese.

Il libro descrive con precisione l'impiego dei preparati biodinamici da spruzzo e da cumulo, il compostaggio e l'uso delle diverse tisane ed estratti vegetali per migliorare la fertilità del suolo e la crescita delle piante.

L'autore si sofferma inoltre sull'importanza della policoltura e dell'allevamento, e descrive approfonditamente alcune colture specializzate come i frutteti e i vigneti. Oltre 200 illustrazioni e disegni a colori rendono il volume immediatamente comprensibile e di facile utilizzo per tutti.

Tutti questi motivi rendono questo manuale un riferimento importante e utile per tutti gli agricoltori che già praticano o che vorrebbero avvicinarsi all'agricoltura biodinamica, così come per giardinieri e appassionati che troveranno anch'essi preziose indicazioni.

martedì 18 febbraio 2020

Chernobyl: nel reattore nucleare cresce un fungo che resiste alle radiazioni e sembra "nutrirsi" di esse

DALLA NATURA IL RIMEDIO PER RIPULIRE IL PIANETA DAI RIFIUTI TOSSICI E RADIOATTIVI?.... 

Nel lontano 1991, quando erano trascorsi solo pochi anni dal disastro nucleare di Chernobyl (1986), il più famoso della storia, i ricercatori rimasero piuttosto colpiti nel trovare un organismo vivente che sembrava proliferare sulle pareti del reattore. Si trattava di un fungo scuro – il Cryptococcus neoformans – che appariva totalmente a suo agio un ambiente estremo, caratterizzato da livelli altissimi di radiazioni.

Da quel momento sono trascorsi alcuni decenni durante i quali i ricercatori hanno svolto numerose rilevazioni e ricerche, grazie alle quali si è arrivati ad una conclusione interessante: non solo il fungo sopravvive in ambienti radioattivi, ma sembra essere addirittura attratto da essi.


Le ricerche su questo organismo vivente hanno rilevato una massiccia presenza di melanina, il pigmento che si trova anche nella pelle umana. Come molti di noi sanno, questo pigmento riesce ad assorbire la luce dissipando le radiazioni ultraviolette che colpiscono la pelle, proteggendola dai raggi del Sole. Nel caso del fungo, oltre alla funzione di protezione, sembra esserci anche una funzione nutritiva: esso sembra prendere dalle radiazioni anche una qualche forma di energia chimica utile alla sua crescita.


La conclusione ha fin da subito destato molto scalpore, perché si presterebbe a molti campi di ricerca diversi. Studiando i meccanismi di difesa e di crescita del fungo si potrebbero creare tecnologie in grado di proteggere uomini e animali in maniera efficace negli ambienti altamente radioattivi; oppure, se si "coltivasse" nello spazio, il fungo potrebbe diventare una fonte extra di energia durante le missioni; e sempre in tema di energia, potrebbe aiutarci ad aprire nuove frontiere per il nucleare, aumentando la sicurezza delle centrali e permettendoci di ridurre ulteriormente la dipendenza dal fossile.


Inoltre, il fungo dimostrerebbe anche che possono esistere organismi che sopravvivono in ambienti ad altissima concentrazione di radiazioni, aprendo nuovi scenari nella ricerca di forme di vita extraterresti.
Source:


venerdì 17 gennaio 2020

FINANZA AGEVOLATA PER GIOVANI AGRICOLTORI

SEMPRE PIU' GIOVANI SCELGONO UN FUTURO IN AGRICOLTURA FACENDOSI PORTATORI DI IDEE INNOVATIVE NEL RISPETTO DELLA NATURA E DEI SUOI NATURALI CICLI BIOLOGICI. IL MONDO AGRICOLO, IN UNA PROSPETTIVA VINCENTE E LUNGIMIRANTE, PUO' ESSERE UN OTTIMO INVESTIMENTO E UNA SAGGIA SCELTA DI VITA PER UN GIOVANE....

Vuoi dare una opportunità a tuo figlio?

Con i fondi della Comunità Europea, Tuo figlio può avere fino a 2.000.000 di Euro per creare la Sua azienda agricola. I fondi per il “Ricambio Generazionale in agricoltura” sono stanziati dalla Comunità Europea attraverso ISMEA, Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo e alimentare. La dotazione è di 3 miliardi di Euro all’anno per i prossimi 7 anni.

Obiettivo

Favorire l’imprenditoria agricola giovanile e il ricambio generazionale in agricoltura.

Di cosa si Tratta
Si tratta di fondi europei destinati a:
Primo insediamento
Subentro in azienda già esistente
Opere di miglioramento in una azienda agricola già esistente



Il futuro
La vostra storia


PRIMO INSEDIAMENTO

Destinatari
Caratteristiche
Investimenti Finanziabili



Giovani tra i 18 e 40 anni, in forma individuale o societaria
Non essere o essere già stati titolari di Partita Iva agricola
Non essere segnalati nei circuito bancari come “cattivi pagatori”

Erogazione fino a 2.000.000 € per le ditte individuali e società
Agevolazione in forma di contributo a fondo perduto in conto interessi
Studio e redazione di Business Plan

Acquisto terreni e immobili
Aziende agricole
Aziende agrituristiche


SUBENTRO

Destinatari
Caratteristiche
Investimenti Finanziabili

Giovani tra i 18 e 40 anni, in forma individuale o societaria
Non essere o essere già stati titolari di Partita Iva agricola
Non essere segnalati nei circuito bancari come “cattivi pagatori”

Erogazione fino a 1.500.000 €
Agevolazione in forma di mutuo a tasso ZERO
Studio e redazione di Business Plan
Erogazione a SAL

Miglioramento fondiario (es. riconversione di impianti d’irrigazione con risparmio del 25% di acqua utilizzata)
Opere edilizie
Oneri per il rilascio della concessione edilizia
Allacciamenti, impianti, macchinari e attrezzature
Servizi di progettazione
Beni pluriennali
Opere agronomiche eco-compatibili ed eco-sostenibili
… ed altro ancora!


GARANZIA SGFA

Destinatari
Caratteristiche
Investimenti Finanziabili


Imprenditori agricoli con almeno 2 anni di attività
Persone con meno di 50 anni, in forma individuale o societaria
Non essere segnalati nei circuito bancari come “cattivi pagatori”

mercoledì 6 novembre 2019

Gli impianti a biomasse crescono in Italia



UN'IDEA PER RICONVERTIRE L'ILVA DI TARANTO IN STABILIMENTI PER LA PRODUZIONE DI BIOMASSE. LE ENERGIE RINNOVABILI POSSONO RAPPRESENTARE IL FUTURO LAVORATIVO IN ITALIA CON UN INDOTTO RAGGUARDEVOLE NELLA PRODUZIONE DI PIL. INCREMENTIAMO ED INCENTIVIAMO QUESTO FONDAMENTALE SETTORE!....

Crescono in Italia gli impianti a biomasse per la produzione di energia. A un ritmo che si è fatto sostenuto nel quadriennio 2009-2013 dopo quasi dieci anni di crescita lenta. Dal 2000 al 2008 il numero degli impianti a biomasse è infatti aumentato meno del 50% (da 186 a 352 unità) per poi esplodere nel 2009 con un tasso di crescita dell’81% rispetto all’anno precedente (dati ISPRA – La produzione di energia elettrica da impianti a fonte rinnovabile in Italia).

I motivi di questa accelerazione sono rintracciabili nella redditività degli impianti a biomasse garantita da incentivi come la tariffa omnicomprensiva (valida per gli impianti sotto il megawatt di potenza), i certificati verdi e il CIP6.

Ma qual è la fotografia oggi degli impianti a biomasse in Italia? A fine 2012, ultimi dati certi disponibili, la potenza efficiente lorda aveva raggiunto i 3.801 MW rispetto ai 685 installati nel 2000, con un tasso di crescita medio di circa il 17% annuo. In termini di produzione lorda di energia elettrica, l’aumento è stato costante di anno in anno passando da 1.906 GWh nel 2000 a 12.487 GWh nel 2012, con un tasso di crescita medio del 17,5% (elaborazione ISPRA su dati di TERNA).

Ancora più significativa della crescita è la posizione di leadership mondiale detenuta dall’Italia nelle applicazioni alla produzione di elettricità da biomassa solida con tecnologia ORC (Organic Rankine Cycle), il che rende strategico per il Paese il ruolo degli impianti a biomasse e di tutta la filiera biomassa-energia.

Di tutto questo si parla a mcTER Forest 2015 (Milano – 25 giugno) la quinta edizione della mostra convegno dedicata alle migliori tecnologie e soluzioni per gli impianti a biomassa. L’evento è organizzato dall’Ente Italiano Organizzazione Mostre e dal Comitato Termotecnico Italiano (CTI) e sarà affiancato da due appuntamenti paralleli: mcTER, dedicato ai temi della cogenerazione in ambito industriale, e mcTER Bio-Gas dedicato ai combustibili gassosi.

Distribuzione regionale in Italia degli impianti a biomasse per la produzione di energia elettrica (fonte TERNA):
Lombardia (26,4%)
Veneto (14%)
Emilia Romagna (12,2%)
Piemonte (10,6%)
Trentino Alto Adige (7%)
Toscana (5,3%)
Friuli Venezia Giulia (4,1%)
Lazio (3,4%)
Marche (2,5%)
Umbria (2,3%)
Puglia (2,2%)
Sicilia (2%)
Campania (1,9%)
Abruzzo (1,5%)
Calabria (1,4%)
Sardegna (1,3%)
Liguria (0,6%)
Basilicata (0,6%)
Molise (0,4%)
Valle d’Aosta (0,2%)

venerdì 25 ottobre 2019

Raccolta differenziata: in Norvegia la “munnezza” si vende al supermercato (Video)

spazzatura_Norvegia

Proprio nei giorni in cui Napoli comincia a vedere la luce dall’emergenza rifiuti con la firma di accordi per il trasferimento della “munnezza” anche se De Magistris si prende “un anno in più” per attuare il suo piano per portare la raccolta differenziata al 70%, su internet sta girando, condiviso viralmente sui social network un video che fa pensare seriamente, dove la spazzatura rappresentano davvero una risorsa.


A girarlo proprio dei ragazzi napoletani, estasiati di fronte al sistema di raccolta automatica dei rifiuti come plastica e alluminio presente in Norvegia.


Il principio alla base è un po’ quello che alimenta gli Ecopunto aperti in Sicilia in cui a fronte di lattine, bottiglie o carta vengono erogati punti che danno poi diritto al corrispettivo in generi di prima necessità come pasta, riso, confetture, ma anche biglietti per il cinema ed eventi culturali.


Solo che in Norvegia il raccoglitore automatico è piazzato nei supermercati e in cambio dei rifiuti, un po’ come i parcheggi automatici viene rilasciato uno scontrino che varrà come buono sconto per fare la spesa. In pratica dunque, la munnezza viene letteralmente venduta al supermercato in cambio di denaro elargito sotto forma di buono-spesa.


“Se prendi tutta la spazzatura di Napoli e la porti qua ci campi due anni” si sente affermare nel video da uno dei tre ragazzi che hanno voluto testare personalmente il dispositivo automatico e ci hanno ricavato quasi 6 euro di risparmio sulla spesa.
Voi che dite funzionerebbe anche da noi un sistema simile?

https://www.greenme.it/informarsi/rifiuti-e-riciclaggio/raccolta-differenziata-supermercati-norvegia/

Bottiglie di plastica in cambio di bonus: dove trovare i compattatori per guadagnare con la differenziata




COME AL SOLITO L'ITALIA E' IL PAESE DELLE INIZIATIVE "A MACCHIA DI LEOPARDO", INVECE C'E' BISOGNO DI UNA LEGGE NAZIONALE CHE RENDA OBBLIGATORI I COMPATTATORI DEL REVERSE VENDING IN OGNI CITTA' ITALIANA! OTTERREMMO IL DOPPIO VANTAGGIO DEL RISPETTO DELL'AMBIENTE E DELL'AIUTO ECONOMICO A TANTI CHE NE HANNO BISOGNO....

Raccolta incentivante, o per meglio dire, quando la raccolta differenziata premia con buoni sconto e bonus sulla spesa e fa risparmiare. Ormai anche in Italia, come da anni avviene già in alcuni Paesi esteri, si stanno diffondendo in modo capillare compattatori e cassonetti intelligenti dove portare lattine e bottiglie di plastica.


Tra le aziende italiane che forniscono i compattatori e che creano accordi con supermercati e amministrazioni troviamo Garby e Eurven. Garby di recente è riuscito a portare la raccolta incentivante anche in carcere. Nella Casa Circondariale di Carinola – Sessa Aurunca (CE) verrà installato un eco-compaattatore per incentivare la raccolta differenziata, ricompensando i detenuti per il conferimento dei rifiuti nel raccoglitore automatico. Il progetto mira a rafforzare la sensibilità verso la tutela dell’ambiente di tutti i partecipanti.


Ecco le mappe che vi permettono di trovare i punti per la raccolta incentivante più vicini a casa nostra.
Garby


Garby è un azienda campana che dalla Terra dei Fuochi vuole diffondere in tutta Italia la raccolta differenziata che premia lo spirito ecologico dei cittadini. Mette a disposizione compattatori per la raccolta differenziata incentivante e il riciclo della plastica e dell’alluminio. Si tratta di contenitori per la raccolta differenziata che compattano tappi di plastica, bottiglie in PET o altro materiale plastico e rifiuti in alluminio, ad esempio le lattine, riducendone il volume fino all’80%. Questi eco compattatori vengono installati in luoghi pubblici, come scuole, musei e teatri, ma anche in aziende private, così tutti possono dare il proprio contributo per rendere il mondo più pulito. Il riciclo aumenta e le emissioni di Co2 diminuiscono.



Trova l’ecopoint Garby più vicino a te. Clicca qui per guardare la mappa.

I cassonetti per la raccolta differenziata Greeny di Eurven permettono di conferire rifiuti di materiale differente, ad esempio plastica e alluminio, in modo che il compattatore ecologico riduca il loro volume fino al 90%. Nei cassonetti per la raccolta multimateriale i rifiuti di materiali diversi vengono separati automaticamente e poi compattati. Esistono diversi cassonetti Greeny che possono essere adatti per la raccolta di PET, plastica e alluminio, ma anche per vetro, organico, lampadine, Tetrapak e altro ancora. Sempre all’insegna del rispetto dell’ambiente e del desiderio di città più pulite.



Trova il punto Greeny Eurven più vicino a te. Clicca qui per guardare la mappa.

Questi sono i più diffusi, ma esistono anche altre aziende che forniscono i compattatori per guadagnare dai rifiuti che si stanno diffondendo in tutta la Penisola persino negli uffici per riciclare i bicchierini del caffè. Una cosa impensabile solo qualche anno fa quando con grande invidia guardavamo all’estero.

mercoledì 25 settembre 2019

Fotosintesi Clorofilliana: cos’è e come funziona

DATO CHE, DURANTE QUESTI GIORNI DI "ALLARME CLIMATICO" CAPITANATO DALLA DISINFORMATA GRETA THUNBERG, SI SONO SENTITE UNA SERIE DI FACEZIE DEL TIPO: "L'ANIDRIDE CARBONICA E' UN INQUINANTE", CORRE L'OBBLIGO INFORMATIVO DI FARE MAGGIORE CHIAREZZA SUL TEMA A COMINCIARE DAL PROCESSO DELLA FOTOSINTESI CLOROFILLIANA INDISPENSABILE ALLA VITA UMANA SUL PIANETA TERRA. DA CIO' SI EVINCE COME SIA IMPORTANTE NON ABBATTERE LE FORESTE E GLI ALBERI NELLE CITTA' SEMPRE PIU' INQUINATE DALLO SMOG....

Fotosintesi-clorofilliana


La fotosintesi clorofilliana è il processo biochimico che sta alla base della sopravvivenza delle piante: mediante questo fenomeno infatti la luce solare viene catturata attraverso la clorofilla e trasformata in energia chimica, indispensabile per sintetizzare le molecole di glucosio e liberare ossigeno. Vediamo più nel dettaglio come funziona.


La fotosintesi clorofilliana è un processo biochimico: per comprendere quindi il suo meccanismo bisogna osservare la formula chimica che esplica questo fenomeno:

6 CO2 + 6 H2O → C6H12O6 + 6 O2 

6 molecole di anidride carbonica + 6 molecole di acqua = 1 molecola di glucosio + 6 molecole di ossigeno. 

Come appare evidente leggendo la formula chimica della fotosintesi clorofilliana, le piante durante questo processo assorbono 6 molecole di anidride carbonica e 6 molecole di acqua e le trasformano in 1 molecola di glucosio e in altre 6 molecole di ossigeno. 

Fotosintesi Clorofilliana: il glucosio

La domanda viene spontanea: a cosa serve il glucosio? Perchè le piante producono questo composto con la fotosintesi? Il glucosio è fondamentale perchè permette di sintetizzare le molecole ad alto contenuto energetico e liberare quindi l’energia necessaria per il processo metabolico. In sostanza, quindi, le piante riescono a rimanere in vita grazie alla fotosintesi clorofilliana perchè riescono con questo processo ad ottenere il glucosio, indispensabile per la loro sopravvivenza.

Se quindi come vedremo tra poco l’ossigeno è indispensabile per la nostra esistenza, il glucosio lo è per la sopravvivenza delle piante che ne traggono il nutrimento necessario.

Fotosintesi Clorofilliana: l’ossigeno

La fotosintesi clorofilliana è anche indispensabile perchè permette di liberare ossigeno nell’atmosfera (attraverso gli stromi delle foglie): le piante prelevano quindi anidride carbonica e la trasformano in ossigeno, il quale è indispensabile per la nostra stessa sopravvivenza. Per questo motivo la deforestazione e la progressiva riduzione dei polmoni verdi del nostro pianeta suscitano allarmismi: se sulla faccia della terra dovessero scomparire tutte le piante, per noi sarebbe impossibile sopravvivere.

La fotosintesi clorofilliana è un processo fondamentale per la nostra stessa esistenza e per quella di tutti gli animali. Abbiamo tutti bisogno di respirare ossigeno per riuscire a sopravvivere e se non ci fossero le piante sarebbe per noi impossibile la vita stessa.
Schema e fasi del processo


Il processo della fotosintesi clorofilliana avviene in 2 fasi, ognuna delle quali è fondamentale per la sua riuscita:
Fase luminosa: una catena di trasporto degli elettroni sfrutta la luce per produrre energia sotto forma di ATP;
Fase oscura (ciclo di Calvin): nello stroma del cloroplasto avviene la trasformazione del carbonio inorganico (presente nell’anidride carbonica) in molecole di carbonio organico (glucosio).

La fase luminosa, per poter avvenire, richiede necessariamente la presenza di una fonte luminosa e quindi di sole: attraverso la clorofilla viene assorbita la luce solare e quindi prodotta energia utile per la pianta. La fase oscura, invece, avviene sempre perchè non richiede luce.

Come avviene la fotosintesi clorofilliana: la spiegazione semplice per i bambini

Comprendere i meccanismi della fotosintesi clorofilliana non è semplicissimo, specialmente se non si possiedono le conoscenze di base in ambito chimico. Tuttavia, si tratta di un processo talmente importante che viene insegnato anche ai bambini della scuola media ma per farlo occorre trovare delle parole semplici e delle spiegazioni che siano comprensibili anche a questa età. Vediamo quindi in modo schematico come avviene la fotosintesi clorofilliana in modo semplice e il più chiaro possibile:

Le radici delle piante assorbono dal terreno l’acqua ed i sali minerali, che si trovano sotto forma di linfa grezza;
Questa linfa grezza sale lungo il gambo o il fusto della pianta fino ad arrivare alle foglie;
Una volta che la linfa arriva alle foglie, queste catturano attraverso gli stomi l’anidride carbonica che si trova nell’aria;
Quando sono illuminate dalla luce del sole, la linfa grezza e l’anidride carbonica si trasformano in linfa elaborata (non più grezza) e questo processo si chiama fotosintesi clorofilliana;
Una volta che questo processo è terminato, la pianta rilascia nell’aria l’ossigeno, che è il prodotto della fotosintesi clorofilliana.

Perchè la fotosintesi clorofilliana è essenziale

La fotosintesi clorofilliana è uno di quei processi essenziali per la sopravvivenza della vita sulla Terra: è infatti mediante questo processo che le piante riescono a trarre nutrimento e sopravvivere, ma non solo. Come abbiamo accennato prima, senza la fotosintesi clorofilliana le piante non assorbirebbero l’anidride carbonica presente nell’atmosfera e soprattutto non produrrebbero ossigeno (indispensabile per la nostra stessa esistenza).

Come abbiamo visto quando abbiamo parlato dell’Effetto Serra e delle Piogge Acide, l’anidride carbonica è un grande problema al giorno d’oggi perchè presente in grandi quantità nell’atmosfera per via degli inquinanti delle industrie. Le piante permettono di ridurre sensibilmente la presenza di anidride carbonica nell’aria e di trasformarla in ossigeno. E’ per questo motivo che l’allarme lanciato dagli ambientalisti deve oggi essere preso sul serio: se continuiamo a distruggere il pianeta e la vegetazione che rappresenta il polmone verde della Terra rischiamo di non avere più ossigeno per respirare. Stiamo continuando ad aumentare la produzione di anidride carbonica peggiorando la situazione dell’inquinamento atmosferico e contemporaneamente stiamo portando avanti politiche di disboscamento. Se continuiamo di questo passo, in futuro non avremo più l’elemento indispensabili per la nostra stessa esistenza: l’ossigeno.

La fase oscura e il motivo per cui non conviene tenere le piante in camera da letto

Come ormai dovrebbe essere chiaro, la prima fase della fotosintesi clorofilliana può avvenire solamente di giorno perchè le piante necessitano della luce solare. Durante la notte invece il processo si inverte e invece di assorbire l’anidride carbonica ed espellere ossigeno, le piante assorbono ossigeno espellendo l’anidride carbonica in eccesso.

Questo è il motivo per cui viene sempre sconsigliato di tenere delle piante in camera da letto. Se infatti le collochiamo in questa stanza, potrebbero sottrarre ossigeno durante la notte e quindi noi ne avremmo meno a disposizione. In molti si chiedono perchè sia scorretto tenere delle piante in camera da letto e la spiegazione anche in questo caso chiama in causa il complesso ed affascinante meccanismo della fotosintesi clorofilliana. Se quindi vi piacerebbe adornare la stanza con una bella pianta, in questo caso conviene sceglierne una artificiale!

Riepiloghiamo che cos’è la fotosintesi


Recenti scoperte sulla fotosintesi clorofilliana

Negli ultimi anni sono numerosi gli studi fatti sulla fotosintesi. I ricercatori di biologia sintetica hanno esplorato a fondo l’argomento, facendo esperimenti e studi accurati. Le ultime ricerche hanno come protagonista una lumaca di mare, simile ad una foglia, che pare nutrirsi della luce del sole. L’Elysia chlorotica, così si chiama, si nutrirebbe di luce solare, ma è un animale. Un’incredibile scoperta. Essa mantiene il suo colore mangiando alghe e replicando i suoi geni fotosintetici. Essa è l’unico caso al mondo conosciuto di un essere pluricellulare che è in grado di appropriarsi del DNA altrui.

Fino al momento della scoperta di questa lumaca, era dichiarato impossibile che un’alga potesse funzionare in una cellula animale, eppure queste lumache lo rendono possibile. L’animale di conseguenza si affida alla luce del sole per la sua nutrizione. Per quanto riguarda l’utilizzo dell’energia solare, gli uomini muovendosi, richiedono un’alimentazione consistente. Le piante invece conservano il loro lento e costante nutrimento di “succo solare” restando immobili. Grazie a questa lumaca, si è scoperto che dal punto di vista biologico e genetico la differenza non è poi così tanta, se è possibile che un animale rubi la fotosintesi a una pianta.

Procedendo con le ricerche nella biologia sintetica, pare che questi esseri marini, non siano l’unico essere del regno animale a farlo. C’è un’afide che pare assorbire l’energia solare attraverso i carotenoidi, dei pigmenti. Così anche la vespa orientalis, utilizza la xantoferina al fine di convertire l’energia del sole in elettricità. Nessuno di questi animali tuttavia è fotosintetico. Mano a mano che gli studi procedono si scoprono diversi animali che sono in qualche modo in grado di replicare la fotosintesi: il corallo, la salamandra maculata e altri. Le lumache però sono le uniche a non avere intermediari e a fare la fotosintesi clorofilliana per conto loro, mangiando cloroplasti e ricoprendo con essi le pareti del loro apparato digerente. In base a queste scoperte ci si chiede se sia davvero una follia pensare di seguire in qualche modo la natura nel fare la fotosintesi, vedremo come procederanno gli studi.






lunedì 23 settembre 2019

GLI ITALIANI ELEGGONO IL VETRO MATERIALE SOSTENIBILE PER ECCELLENZA: SIAMO I PRIMI CONSUMATORI D’EUROPA.

ABOLIRE LA PLASTICA E TORNARE AL VETRO, SOPRATTUTTO  PER LA CONSERVAZIONE DI CIBI E BEVANDE SAREBBE NON SOLO AUSPICABILE PER LA SALUTE UMANA, MA ANCHE PER L'AMBIENTE....




ECOLOGICO, RICICLABILE, SICURO PER CONSERVARE GLI ALIMENTI. L’ITALIA SI FIDA DI UNO DEI MATERIALI PIÙ ANTICHI DA SEMPRE SUL MERCATO.


Vetro materiale sostenibile? Sì, lo è per 28 milioni di Italiani che non rinuncerebbero mai alla sua versatilità. Al primo posto tra gli adulti spopolano le motivazioni legate alla salute dei cibi, tra i millennials invece “vetro” significa soprattutto materiale riciclabile.
Europei ed italiani amanti del vetro

Cosa usano gli europei per conservare i cibi o per portarsi il pranzo in ufficio? Una persona su due utilizza proprio contenitori in vetro. Ne sono contenti? Pare proprio di sì, l’85% dei cittadini comunitari e il 91% degli italiani lo consiglia vivamente.

Lo studio ha rivelato che è proprio l’Italia il paese in Europa con la più alta percentuale di gradimento nei confronti di questi antico materiale: addirittura il 6% in più rispetto alla media EU!
Vetro materiale sostenibile anche per l’economia

Una particolare simpatia che si riflette anche nella nostra economia e nell’occupazione: la produzione di bottiglie in vetro nei primi dieci mesi del 2017 ha goduto di un incremento dell’1,8% rispetto al 2016.
La lavorazione di 3,7 milioni di tonnellate di materiale (circa 62 kg per abitante) offre lavoro a 36 mila addetti e garantisce un fatturato di 1,5 miliardi di euro l’anno.

Il vetro è uno di quei materiali che possono essere riciclati al 100%: tra le bottiglie che ci passano sotto le mani 9 su 10 sono riciclate. Un materiale più eco-friendly di così è davvero difficile da trovare.
Le previsioni sono ottimiste: nei prossimi anni la percentuale di riciclaggio potrebbe raggiungere il 75%, ovvero due terzi del totale!

Il riciclaggio facilita la vita fiscale delle industrie riducendo drasticamente i costi di produzione se comparati al materiale vergine. Non solo, il beneficio è anche ambientale: è stato stimato che, in 10 anni di riutilizzo dei vetri usati, siano state emesse il -20% di emissioni di azoto, -9% di zolfo e -50% di polveri.
Una fiducia sempre solida tra italiani e vetro

Vetro materiale sostenibile che viene incontro alla mutata percezione degli italiani nei confronti dell’ambiente e della loro stessa salute.

Sono 28 milioni gli italiani che non lo sostituirebbero mai con altri materiali. Per quasi la metà di noi è impensabile comprare del vino in un packaging che non sia di vetro; circa il 31% invece non rinuncerebbe mai ad una bottiglia di birra!
L’81% degli italiani lo considera il packaging più sostenibile in assoluto.


Questi sono i dati dell’ultimo studio Censis chiamato “Valore sociale di prodotti e attività dell’industria vetraria in Italia” che ha indagato il rapporto tra italiani e vetro, vetro e ambiente.

Solo una questione di tradizione? No.
Al primo posto c’è la sicurezza alimentare. Il 65% dei nostri compatrioti lo reputa più sicuro per gli alimenti: dura nel tempo, non assorbe l’odore dei cibi e, quando scaldato, non li contamina con il rilascio di micro particelle o sostanze potenzialmente tossiche come avviene invece con plastiche di bassa qualità.
Nuovi valori per i giovanissimi

Sono però le nuove generazioni quelle che ritengono il vetro materiale sostenibile e versatile per eccellenza: al primo posto nella loro visione non c’è tanto tradizione o igiene, ma rispetto per la natura. Chiedendo ai millennials quale fosse l’aggettivo più adatto al vetro quasi il 30% ha risposto “ecologico” o “riciclabile”.
Nella concezione dei giovani infatti questo materiale è il paradigma di un potenziale infinito ciclo di raccolta e riutilizzo. E quindi anche un simbolo di economia circolare.


“Questa indagine, che vede l’Italia tra le prime nazioni d’Europa per la scelta di contenitori in vetro, più rispettosi dell’ambiente, più sicuri per gli alimenti e simboli dell’economia conferma una tendenza in atto, che vede in Italia consumatori sempre più attenti alla salute e alla sostenibilità dei prodotti alimentari. Ormai non si legge solo l’etichetta di un prodotto, ma si tiene conto anche della sostenibilità dei contenitori”. Marco Ravasi, Presidente dei contenitori in vetro di Assovetro
Infinite forme, colori, infiniti utilizzi e riutilizzi

Con il vetro si può giocare con forme diverse per supplire a varie necessità. La sua antica tradizione artigiana ci permette di arricchirlo di colori per dare libero sfogo ad esigenze estetiche senza trascurare il design.


Soprattutto, come rivelato dal Censis, il vetro è uno di quei materiali di cui la nostra società ha bisogno: è ecologico e, con l’aiuto dei consumatori, potrebbe non divenire mai rifiuto grazie al suo essere riciclabile al 100% (senza perdere le sue proprietà).


Il fatto che gli italiani gli siano così affezionati è sintomo di una società stanca dell’usa e getta, attenta alla propria salute e all’inquinamento ambientale.
Il valore che le nuove generazioni danno ai materiali riutilizzabili inoltre ci fa ben sperare in un futuro più green.

TERRENI INQUINATI? ECCO LA BONIFICA CON IL FITORIMEDIO

DALLA NATURA I RIMEDI AI DANNI DELL'UOMO. QUESTO PIANETA E' L'UNICO CHE DIO CI HA DATO DA CUSTODIRE. DALLA SALUTE DEL PIANETA DIPENDE LA NOSTRA. IN CASO CONTRARIO, LA NATURA ATTUA TUTTA UNA SERIE DI "PROTOCOLLI" DI AUTOCONSERVAZIONE NEI QUALI L'UOMO NON E' CONTEMPLATO....





ENI E ALTRI ISTITUTI DI RICERCA STANNO SVILUPPANDO NUOVE TECNOLOGIE IN GRADO DI CONSENTIRE RISANAMENTI NON INQUINANTI E CAPACI DI PRODURRE ENERGIA RINNOVABILE.


È innegabile che in passato, in Italia, spesso siano state condotte a cuor leggero delle attività industriali dietro alle quali si sono nascoste per tantissimo tempo delle gravi e importanti minacce per l’ambiente. A pagarne il conto più caro sono da sempre i terreni circostanti a queste attività che spesso loro malgrado venivano contaminati da metalli pesanti o altamente tossici o da altri composti nocivi. Ancora oggi, sebbene siano passati in certi casi parecchi anni, questi materiali inquinanti resistono al processo di bonifica e continuano in maniera silenziosa, ma inesorabile, a procurare danni alle terre e agli animali.

Che fare allora?

In questi casi la bonifica con metodi tradizionali prevede la rimozione dal sito del suolo contaminato e una successiva serie di trattamenti chimici, fisici, termici o biologici che estraggono gli elementi inquinanti e li degradano in composti meno pericolosi, e sebbene sia una strada da percorrere non è forse la strada migliore. Esiste qualcosa di meglio? La risposta è sì. Eni sta infatti sviluppando dei processi di bonifica a basso impatto ambientale che siano in grado di eliminare gli agenti inquinanti presenti nel suolo o di ridurli a dei livelli non più pericolosi per la salute.

Come bonificare un terreno inquinato

La ricerca è condotta nell’unità Tecnologie Ambientali del Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente in collaborazione con l’Istituto per lo Studio degli Ecosistemi del CNR di Pisa per conto di Syndial, una società Eni che si occupa di risanamento ambientale. Tra le tecnologie di bonifica “sul posto” oggi disponibili merita sicuramente una menzione di merito il fitorimedio. Si tratta di un processo che sfrutta la naturale capacità depurante delle piante per estrarre dal suolo sia i metalli pesanti sia i composti organici.
I meccanismi principali sono due: da un lato, le piante estraggono dal suolo i metalli pesanti e li accumulano nelle radici e nelle foglie, il cosiddetto processo di fitoestrazione; dall’altro, sfruttando la sinergia tra i vegetali e i microrganismi presenti intorno e all’interno delle loro radici, si promuove la biodegradazione dei contaminanti organici in altre sostanze più semplici e meno tossiche.

Piante accumulatrici di metalli pesanti

Dimostrata l’efficacia di questa tecnologia, si stanno ora definendo dei protocolli di intervento condivisi da Eni e dalle autorità pubbliche preposte alla tutela dell’ambiente e della salute.
La grande biodiversità del regno vegetale e le numerose specie in grado di svilupparsi anche su terreni contaminati e di accumulare metalli pesanti nei loro tessuti rendono la fitoestrazione una valida alternativa ai trattamenti fisici e termici. Sono state individuate specie particolarmente promettenti come il girasole o le piante erbacee comprendenti specie molto diverse tra di loro, quali ad esempio la senape, la rapa e il cavolo, o ancora il salice, il pioppo o il granturco. Si tratta di specie in grado di estrarre e accumulare nelle radici e nelle foglie quantità significative dei diversi metalli, con efficienze variabili dal 35% al 40% a seconda del metallo considerato. È possibile quindi ipotizzare che in un terreno, dopo 4-5 successivi cicli stagionali si possa raggiungere il 100% di fitoestrazione della frazione metallica biodisponibile.

Un batterio per accelerare la bonifica

Questi test hanno anche dato risalto al ruolo giocato dai microrganismi rizosferici. Il processo di estrazione è stato supportato e coadiuvato dall’azione di ceppi batterici metallo-tolleranti, cioè che possono sopravvivere alla presenza di quei particolari metalli. I microrganismi hanno mostrato di possedere proprietà di promozione della crescita vegetale: aggiunti al terreno seminato con le diverse piante, hanno permesso di migliorare significativamente le prestazioni dei vegetali, sia come quantità di biomassa prodotta, sia come resa di fitoestrazione. Questa è aumentata del 40-50% rispetto alle prove senza microorganismi aggiunti, raggiungendo efficienze fino al 60% della frazione metallica biodisponibile in una stagione. Questo risultato può consentire di raggiungere gli obiettivi della bonifica in tempi molto più rapidi. Il risultato finale è un recupero ambientale efficiente, sostenibile e a costi ridotti rispetto alle convenzionali tecniche chimico-fisiche. Ma c’è di più: al processo di bonifica del suolo si può associare la valorizzazione a scopi energetici della biomassa prodotta bruciando periodicamente le piante in modo controllato per produrre energia termica. E non finisce qui: se il terreno è inquinato da metalli pesanti, questi, una volta concentrati dalle piante, possono essere recuperati dalle ceneri delle piante stesse permettendo di riutilizzarli (phytomining).

Una tecnologia che non disperde nulla

La tecnologia Eni, quindi, permette di evitare opere di bonifica inquinanti per sé stesse, riqualificare i siti contaminati, produrre energia da fonti rinnovabili e come se non bastasse di recuperare i metalli. Una specie di grande legge di Lavoiser applicata ai terreni bonificati e in cui nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma.

In collaborazione con Eni

GIAPPONE: LE ALTERNATIVE ALL’ENERGIA NUCLEARE




SE IL GIAPPONE DECIDERA' DI SVERSARE ACQUA RADIOATTIVA NELL'OCEANO, SAPPIA CHE PUNTARE SU EOLICO E SOLARE SARA' INUTILE E UN PURO PALLIATIVO AD UN DANNO AMBIENTALE DI PROPORZIONI PLANETARIE!  



DOPO L'INCIDENTE NUCLEARE DI FUKUSHIMA, IL GIAPPONE HA DECISO DI CONVERTIRE LE SUE FONTI DI PRODUZIONE DI ENERGIA, PUNTANDO SU EOLICO E SOLARE.


Da Chernobyl a Fukushima, l’energia nucleare ha più volte dimostrato nel corso della storia il potenziale effetto devastante derivante da un incidente in una centrale. Mutazioni genetiche, contaminazione radioattiva di flora e fauna e avvelenamento delle acque sono solo alcune tra le possibili conseguenze di una fuoriuscita di sostanze radioattive da una centrale nucleare. Ed è proprio Fukushima che per prima ha deciso di dire basta a questi rischi e di invertire la rotta, pubblicando nel 2012 un documento in cui ha affermato di volere convertire entro il 2040 il 100% delle fonti di energia utilizzate in fonti rinnovabili. Ci riusciranno? Ancora è presto per dirlo, quel che è certo è che il Giappone da qualche anno ha scelto di essere in prima linea nello sviluppo di tecnologie che forniscono energia alternativa a quella nucleare.
Pannelli solari nei campi da golf

Tra il 1986 e il 1991, il Giappone è stato protagonista di un boom immobiliare, durante il quale vennero costruiti in tutto il paese numerosi campi da golf. Terminato l’entusiasmo iniziale degli investimenti, però, ci si rese conto che questi nuovi spazi non erano economicamente sostenibili e vennero così abbandonati. Come utilizzarli quindi? Una possibile soluzione è arrivata dall’azienda nipponica Kyocera, che nel luglio 2015 ha annunciato l’inizio della costruzione di un impianto di energia solare negli spazi abbandonati di un campo da golf nella Prefettura di Kyoto. Si stima che il nuovo parco produrrà circa 26.312 MWh all’anno, che potranno alimentare oltre 8mila abitazioni locali (calcolo effettuato sulla base del consumo medio di elettricità delle famiglie, di 3,254.4 kWh all’anno).

Poco dopo, anche la Prefettura di Kagoshima nel sud del Paese ha seguito l’esempio e ha dato il via ad un altro cantiere, che ha già portato all’installazione di oltre 340mila pannelli solari, sufficienti ad alimentare circa 30mila abitazioni.
Eolico sì, ma galleggiante

Anche il settore dell’energia eolica ha visto un forte sviluppo. A poco più di 20km al largo di Fukushima è in costruzione il più grande parco eolico galleggiante al mondo. La prima turbina è stata installata nel novembre del 2016, è alta 106 metri e fornirà energia per 1,700 famiglie. Tra le varie esperienze già realizzate, troviamo anche quella della Chugoku Wind Power, una piccola azienda di quattro dipendenti che è riuscita a realizzare un parco eolico di 13 turbine, che producono energia per 14mila famiglie.
Le iniziative popolari

Yuji Onuma è un uomo di 39 anni che ha lanciato l’idea di un impianto solare nella prefettura di Tochigi per “poter avere un futuro luminoso senza energia nucleare”. Cosa c’è di speciale? Nulla, se non fosse che il signor Onuma è stato in passato tra i più convinti sostenitori dell’energia nucleare, fino all’incidente del marzo 2011, quando è stato costretto a lasciare la sua comunità e a vivere da rifugiato per 4 anni nel suo stesso paese. Da quel momento, Onuma, ha scelto di sostenere le rinnovabili.

Anche i coniugi Shin and Tatsuko Okawara hanno fatto la loro parte in questo processo di riconversione. Nel 2015 infatti hanno deciso di lanciare la campagna di crowfunding Solarise Fukushima, per riuscire a raccogliere i fondi necessari ad installare dei pannelli sul tetto del loro negozio. Numerose persone da tutto il Giappone hanno deciso di contribuire alla loro causa, riuscendo in poco tempo a farli raggiungere il target.
Energia: siamo pronti per la transizione?

Nonostante le alternative all’energia nucleare esistano e siano molto sviluppate ed efficienti, ancora alcuni stati non si dicono pronti ad un abbandono completo di questo tipo di produzione. è il caso della Svizzera che il 27 novembre 2016 ha scelto con un referendum di non chiudere, a partire dal 2017, le sue centrali, temendo un aumento dei costi della bolletta e una perdita dell’indipendenza energetica.


VEDI ANCHE:

mercoledì 11 settembre 2019

Nucleare: scoperti batteri in grado di mangiare scorie radioattive





LA SCOPERTA DI QUESTI BATTERI POTREBBE RISOLVERE IL PROBLEMA DELLE SCORIE DI FUKUSHIMA IN GIAPPONE? NON LASCIARE NULLA DI INTENTATO QUANDO SI TRATTA DI DANNO ECOLOGICO E' DI RIGORE....  

Un'équipe di ricercatori inglesi ha scoperto dei batteri in grado di cibarsi di scorie radioattive.

Il nucleare è una forma di energia che divide l’opinione pubblica e la scienza per via delle sue numerose problematiche, prima tra tutte quella dello smaltimento delle scorie radioattive. Un recente studio, effettuato da un’équipe di ricercatori dell’Università di Manchester, sembra aver individuato una soluzione grazie a una straordinaria scoperta: batteri in grado di “mangiare” i rifiuti nucleari.

Si tratta di organismi unicellulari che si nutrono di scorie già individuati in precedenza da altri studi, ma solo in suoli incontaminati. Ai ricercatori inglesi va il merito di aver scoperto batteri potenzialmente capaci di sopravvivere anche nei siti nucleari, ambienti che come ben sappiamo purtroppo sono molto ostili alla vita.



I batteri sono stati individuati nel sottosuolo del Peak District, un sito non radioattivo, ma pesantemente contaminato da rifiuti altamente alcalini provenienti dai forni da calce. Le proprietà straordinarie di questi microbi sono state descritte sul Multidisciplinary Journal of Microbial Ecology, rivista specializzata edita dalla International Society for Microbial Ecology.

Ogni anno l’industria nucleare genera una mole di rifiuti pericolosi, un volume di 364 mila metri cubi che viene interrato protetto da lastre di cemento. Le acque presenti nel sottosuolo reagiscono con il cemento, rendendolo altamente alcalino e generando una serie di reazioni chimiche che portano alla produzione di sostanze, come l’acido isosaccarinico, in grado di interagire con i radionuclidi.


Se l’acido isosaccarinico si lega con l’uranio, i radionuclidi possono assumere una forma solubile e risalire più facilmente in superficie, contaminando l’acqua potabile e la catena alimentare.

I batteri scoperti dai ricercatori inglesi sono in grado di sopravvivere nei siti di smaltimento delle scorie, nutrendosi proprio dell’acido isosaccarinico. I microbi fungono da spazzini, togliendo dalla circolazione le sostanze di scarto generate dal contatto dell’acqua con il cemento e impedendo che si leghino ai radionuclidi.

In questo modo si evita che diventino pericolose. Anche in assenza di ossigeno, i batteri riescono a respirare usando altre sostanze chimiche presenti nell’acqua, come nitrato e ferro. Il tutto per merito di un metabolismo estremamente versatile. Il passo successivo dei ricercatori sarà osservare il comportamento dei batteri all’interno di un sito di smaltimento delle scorie radioattive.

giovedì 18 luglio 2019

5G? Qui, non passa! Cresce l’Italia tecnoribelle: 2 Sindaci emanano ordinanze Stop 5G, approvate 16 delibere e mozioni. Ecco numeri e atti ufficiali (che la Tv censura) – NOTIZIA ESCLUSIVA



L'Internet delle cose è una battaglia del M5stelle (altro nome del PD), insieme alla vaccinazione obbligatoria a tappeto che li porterà dritti verso l'autodistruzione.... 


di Maurizio Martucci

“Ordina la sospensione della immediata sperimentazione o diffusione del 5G sul territorio del Comune in attesa della nuova classificazione della cancerogenesi annunciata dall’International Agency for Resarch on Cancer, applicando il principio precauzionale sancito dall’Unione Europea”. Spedita a mezzo PEC al Presidente della Repubblica, ai ministri del Governo, all’AgCom e alle compagnie telefoniche, l’ultima ordinanza sindacale urgente e contingibile emessa da un Sindaco italiano è del 16 Luglio 2019 e porta la firma di Massimo Carazzana, primo cittadino del Comune di Tribano (Padova).
 


Dopo Marsaglia (Cuneo) si tratta della seconda ordinanza Stop 5G d’Italia, ma soprattutto del diciottesimo atto ufficiale per la moratoria sul territorio, sommato ai 16 già approvati tra delibere di giunta e mozioni di consiglio comunale che hanno sposato la tutela della salute dei propri concittadini, impedendo l’avanzata indiscriminata dell’Internet delle cose. Insomma, nonostante il Governo abbia previsto la copertura del 5G sul 98% del territorio nazionale, è in atto una spaccatura, una secessione dall’ultima rivoluzione digitale, pericolosa per umanità ed ecosistema.



Il dato emerge dalla lista pubblicata oggi sul sito ufficiale dell’Alleanza Italiana Stop 5G che riporta i numeri della tecnoribellione, un fenomeno in rapida crescita dal nord al sud, isole comprese e in ogni sede istituzionale: 7 interrogazioni parlamentari sinora presentate e discusse tra Camera dei Deputati e Senato, 1 mozione firmata da 5 deputati che impegna il Governo Conte alla moratoria nazionale, 1 ordine del giorno approvato dal Governo, 8 Regioni in cui devono essere discusse in aula mozioni Stop 5G esattamente come in 1 Provincia autonoma e 33 comuni, oltre le 16 già approvate e le 2 ordinanze del Sindaco emanate.



Innumeri della rivolta democratica a cui si devono per forza includere anche i 5 esposti Stop 5G già depositati in 4 diverse Procure della Repubblica, le 35.000 firme già raccolte nelle due petizioni on-line e le migliaia di altre firme contenute nei documenti delle diffide locali inoltrate ai sindaci (692 Bologna, 300 Perugia e 280 Prato). Insomma, l’Italia Stop 5G esiste nonostante i grandi mezzi d’informazioni (soprattutto il mainstream delle TV) fatichi a darne notizia, censurando una sacrosanta rivendicazione costituzionale. Un’Italia contraria allo tsunami elettromagnetico e per la prevenzione del danno c’è e cresce ogni girono sempre di più. Continuare a fra finta di nulla è ingannevole oltre che dannoso.




Scrive sulla pagina Facebook istituzionale il Comune di Avolasca (Alessandria), nel novero dei precauzionisti: “la Giunta Comunale si è riunita il 12 Giugno 2019 deliberando che IL COMUNE ESPRIME PARERE NEGATIVO RIGUARDO L’ESTENSIONE SUL TERRITORIO COMUNALE DELLA NUOVA TECNOLOGIA 5G, ADERENDO ALLA RICHIESTA DI MORATORIA, PROMUOVENDO ALLO STESSO TEMPO SOLUZIONI TECNOLOGICHE SICURE E A BASSO IMPATTO AMBIENTALE”.


In esclusiva su OASI SANA riportiamo alcuni dei documenti ufficialmente esposti all’Albo Pretorio, firmati dagli organi d’indirizzo delle pubbliche amministrazioni Stop 5G.





lunedì 4 febbraio 2019

Al via alla Camera l’esame della nuova legge sull’agricoltura bio

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Biodinamico equiparato al bio, istituzione di un tavolo tecnico, elaborazione di un piano d'azione nazionale: le principali novità contenute nel provvedimento
«Finalmente è partita alla Camera la discussione sul progetto di legge per la tutela e lo sviluppo della produzione e dei prodotti biologici di cui è relatore il nostro portavoce Pasquale Maglione.


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Grazie a questa legge rispondiamo ad esigenze di un settore, quello agricolo, che da anni attende aggiornamenti normativi e migliorie per la tutela del settore biologico». Lo annunciano i portavoce del Movimento 5 Stelle Chiara Gagnarli e Paolo Parentela, rispettivamente componente e capogruppo in commissione Agricoltura alla Camera dei deputati, tra i firmatari della proposta.

Biodinamico equiparato al bio

L’esame del disegno di legge darà luogo a molte discussioni a cominciare dall’articolo uno dove la produzione biologica viene definita attività di interesse nazionale con funzione sociale e ambientale e il metodo di agricoltura biodinamica viene equiparato al metodo biologico nei limiti in cui il primo rispetti i propri disciplinari e i requisiti previsti a livello europeo per produrre biologico.
Secondo i detrattori della produzione biodinamica si tratta di un'equiparazione tra due produzioni basate su principi completamente diversi se non opposti.

Tavolo tecnico e piano d’azione nazionale

Il disegno di legge prevede l’istituzione all’articolo 5 di un Tavolo tecnico per la produzione biologica al quale viene affidato il compito di:
  1. delineare indirizzi e definire le priorità del Piano d'azione nazionale per l'agricoltura biologica;
  2. esprimere pareri sui provvedimenti di carattere nazionale ed europeo in merito alla produzione biologica;
  3. proporre attività di promozione del biologico;
  4. individuare strategie per favorire l'ingresso e la conversione delle aziende convenzionali al biologico;
  5. l'istituzione del marchio biologico italiano per quei prodotti biologici ottenuti da materia prima italiana;
  6. l'adozione del Piano d'azione nazionale per la produzione biologica e i prodotti biologici, contenente interventi per:
  • agevolare la conversione al biologico, con particolare riferimento alle piccole imprese agricole;
  • sostenere la costituzione di forme associative e contrattuali per rafforzare la filiera del biologico;
  • incentivare il biologico attraverso iniziative di informazione ed educazione al consumo;
  • monitorare l'andamento del settore;
  • favorire l'insediamento di nuove aziende biologiche nelle aree rurali montane;
  • migliorare il sistema di controllo e di certificazione;
  • incentivare enti pubblici ad utilizzare il biologico nella gestione del verde e a prevedere il consumo di prodotti biologici nelle mense pubbliche e in quelle private in regime di convenzione;
  • incentivare la ricerca;
  • promuovere progetti per i prodotti provenienti dai distretti biologici che permettano la tracciabilità delle diverse fasi produttive e l'informazione al consumatore sulla sostenibilità ambientale, la salubrità del terreno, la lontananza da impianti inquinanti, l'utilizzo di prodotti fitosanitari ecocompatibili e le tecniche di lavorazione e imballaggio utilizzate.

Le altre misure previste

  1. l'adozione del Piano nazionale delle sementi biologiche;
  2. il Fondo per lo sviluppo della produzione biologica alimentato dal contributo annuale, già previsto a legislazione vigente, dovuto, nella misura del 2 per cento del fatturato dell'anno precedente, dalle imprese titolari dell'autorizzazione all'immissione in commercio di determinati prodotti fitosanitari considerati nocivi per l'ambiente. Il testo amplia il novero dei prodotti soggetti al contributo, includendovi quelli il cui codice indica un pericolo di inquinamento per l'ambiente acquatico. Innovativa risulta, altresì, l'introduzione di sanzioni in caso di mancato pagamento del contributo.
  3. il sostegno alla ricerca tecnologica ed applicata nel settore;
  4. la formazione professionale;
  5. nuovi strumenti per l'organizzazione della produzione, consistenti nella facoltà di :
  6. stipulare contratti di rete, costituire cooperative e sottoscrivere contratti di filiera tra gli operatori del settore;
  7. costituire distretti biologici;
  8. costituire organizzazioni interprofessionali (art. 14), finalizzate al riordino delle relazioni contrattuali, aventi il compito di meglio coordinare le modalità di immissione dei prodotti sul mercato e di redigere contratti tipo per la vendita di prodotti;
  9. stipulare accordi-quadro da parte dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale e aventi ad oggetto la disciplina dei contratti di cessione dei prodotti biologici, prevedendo un corrispettivo a favore dei produttori pari almeno ai costi medi di produzione;
  10. definire intese di filiera volte a: valorizzare le produzioni biologiche, i processi di preparazione e trasformazione con metodo biologico, la salvaguardia dell'ambiente, la tracciabilità delle produzioni, la promozione delle attività connesse, lo sviluppo dei distretti, la valorizzazione dei rapporti organici con le organizzazioni dei produttori biologico  per pianificare e programmare la produzione
  11. riconoscere organizzazione di produttori biologici da parte delle regioni secondo criteri che saranno definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni;
  12. divieto di uso di organismi geneticamente modificati nella produzione biologica nonché il divieto di usare i termini "biologico " o "bio" per i prodotti accidentalmente contaminati da organismi geneticamente modificati;
  13. consentire agli agricoltori che producono varietà di sementi biologiche iscritte nel registro nazionale delle varietà da conservazione, nei luoghi dove tale varietà si sono sviluppate, il diritto alla vendita in ambito locale nonchè procedere al libero scambio delle stesse.