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giovedì 11 novembre 2021

USO DI PROPOFOL E MORTI SOSPETTE


Il propofol usato in terapia intensiva è un anestetico che può causare gravi allergie. E' possibile che molti siano morti a causa del propofol anziché del covid. Sono passati dal coma alla morte per soffocamento da shock anafilattico. Un altro plausibile motivo per cui hanno vietato le autopsie. Dal bugiardino del farmaco leggiamo che il propofol è usato per:

indurre e mantenere l'anestesia generale negli adulti e nei bambini con età superiore ad un mese;

sedare i pazienti al di sopra dei 16 anni di età con respirazione artificiale in terapia intensiva;

sedare gli adulti e i bambini al di sopra di 1 mese di età durante procedure diagnostiche e chirurgiche, da solo o in combinazione con anestesia locale o regionale.

Abbiamo letto bene: è usato per sedare anche bambini a partire da un mese di età, ma nelle controindicazioni leggiamo: 

Questo medicinale non deve essere usato in pazienti fino a 16 anni o più giovani per la sedazione in terapia intensiva.

Nelle precauzioni per l'uso si legge anche che l'uso di propofol B. Braun non è raccomandato nei neonati. Tuttavia si può utilizzare propofol durante un aborto indotto.

Quali sono gli effetti collaterali di propofol

Come tutti i medicinali, questo medicinale può causare effetti indesiderati sebbene non tutte le persone li manifestino.

Comuni (possono colpire fino a 1 persona su 10):
Bassa pressione arteriosa che in qualche caso può necessitare dell'infusione di liquidi e della riduzione della velocità di somministrazione del propofol.
Ritmo cardiaco troppo lento, evento grave in rari casi.

Rari (possono colpire fino a 1 persona su 1.000):
Convulsioni di tipo epilettico.

Molto rari (possono colpire fino a 1 persona su 10.000):
Reazioni allergiche, tra cui gonfiore al viso, alla lingua o alla gola, respiro sibilante, pelle arrossata e bassa pressione arteriosa.
Sono stati riportati casi di incoscienza postoperatoria. I pazienti saranno pertanto sottoposti a stretta osservazione durante il periodo del risveglio.
Acqua nei polmoni (edema polmonare) dopo la somministrazione di propofol
Infiammazione del pancreas.

Non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili):
Sono stati riferiti casi isolati di gravi reazioni avverse caratterizzate da un insieme dei sintomi seguenti: distruzione di tessuto muscolare, accumulo di sostanze acide nel sangue, livelli di potassio eccessivamente elevati, livelli elevati di grassi nel sangue, alterazioni dell'elettrocardiogramma (ECG tipo Brugada), ingrossamento del fegato, ritmo cardiaco irregolare, insufficienza renale e insufficienza cardiaca. Questa condizione è stata chiamata "sindrome da infusione di propofol". Alcuni pazienti colpiti sono deceduti. Tali effetti sono stati osservati solo in pazienti in terapia intensiva con dosi di propofol superiori a 4 mg per kg di peso corporeo per ora. 

Altri effetti indesiderati:

Molto comune (colpisce più di 1 paziente trattato su 10):
Dolore nella sede di iniezione durante la prima iniezione. Il dolore può essere ridotto iniettando propofol in vene più grandi nell'avambraccio. Anche l'iniezione contemporanea di lidocaina (un anestetico locale) e propofol aiuta a ridurre il dolore nella sede di iniezione.

Comuni (possono colpire fino a 1 persona su 10):
Breve interruzione della respirazione
Mal di testa durante il periodo di recupero
Nausea o vomito durante il periodo di recupero

Non comuni (possono colpire fino a 1 persona su 100):
Coaguli di sangue nelle vene o infiammazione delle vene

Molto rari (possono colpire fino a 1 persona su 10.000):
Perdita del controllo sessuale durante il periodo di recupero.
Alterazioni del colore delle urine in seguito a somministrazione prolungata di propofol.
Casi di febbre dopo un intervento chirurgico.

Non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili):
Movimenti involontari
Umore eccessivamente allegro
Abuso di farmaci
Scompenso cardiaco
In casi molto rari nei quali propofol è stato somministrato a dosi superiori a quelle raccomandate per la sedazione nelle unità di terapia intensiva, è stata segnalata una disgregazione del tessuto muscolare.

In questi giorni si rincorrono notizie circa il ricovero di bambini neonati che, troppo frequentemente, finiscono in terapia intensiva e molti sono quelli che ne escono morti. Che la causa dei ricoveri sia il virus o altro il dato non cambia: troppi bimbi finiscono in terapia intensiva e ci muoiono.
A proposito, il propofol è prodotto dalla Pfizer quella dei vaccini covid, per intenderci. 

Morti sospette a causa del propofol. Casi di cronaca  
 
All'ospedale di Montichiari il primario ha ucciso pazienti Covid. Un infermiere ha riferito che lo faceva per liberare i letti.

23 marzo 2020. Il giorno successivo alla morte di uno dei pazienti, l’80enne Angelo Paletti ricoverato in pronto soccorso alle 20.41 e deceduto due ore dopo. Nel cestino dei rifiuti taglienti della sala emergenze ci sono tre fiale di vetro vuote: due di Midarine e una di Propofol. Il contenuto delle fiale è nelle vene di Paletti e, stando alle accuse dei magistrati, è quel “veleno” ad avere ucciso lui e almeno un altro paziente: entrambi malati di Covid 19.

Si tratta rispettivamente di un potente anestetico (Midarie, ovvero Succinilcolina) e di un bloccante neuromuscolare (il Propofol, noto anche per aver causato la morte di Michael Jackson). Due farmaci usati in anestesia ma che, in assenza di intubazione del paziente, possono avere conseguenze letali e rapidissime. È per questo che Carlo Mosca primario del pronto soccorso dell’ospedale di Montichiari, è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato e falso ideologico delle cartelle cliniche, li avrebbe usati: per "uccidere pazienti Covid ricoverati in reparto". Insomma: farmaci utilizzati ma come veri e propri "preparati letali".

Tutto parte dalla denuncia di un infermiere: il 23 aprile 2020 mette per scritto quello che, lui ed altri colleghi, hanno visto accadere a marzo nel pronto soccorso di Montichiari. Nell’esposto l’accusato è il primario, Mosca che avrebbe fatto un uso improprio di due farmaci considerati "incompatibili con la vita" se somministrati a pazienti Covid "non sottoposti a intubazione tracheale". Angelo Paletti, 80 anni, e Natale Bassi, 61, quest’ultimo diabetico e cardiopatico. Bassi muore il 20 marzo; Paletti due giorni dopo. Il 23 l’infermiere racconta tutto al Nas. Iniziano le indagini. Quattro le morti ingrandite dalla lente degli investigatori (avvenute tra il 20 e il 23 marzo). A maggio vengono riesumate tre salme (una quarta era stata cremata come moltissimi morti Covid).

Nelle conversazioni su WhatsApp gli infermieri si sfogano: "Io non ci sto a uccidere questi solo perché vuole liberare i posti letto". "Sono d’accordo con te, questo è pazzo".

Dalla ricostruzione degli inquirenti emergono aspetti inquietanti. Primo. Quando decide di somministrare i farmaci letali ai pazienti, Mosca fa uscire dalla sala emergenza gli infermieri e il personale ospedaliero. Vuole restare solo con il paziente. L’esatto contrario di quanto fa normalmente un medico quando tratta malati critici. Secondo elemento. Nel semestre novembre 2019-aprile 2020 nella farmacia del pronto soccorso dell’ospedale c’è un aumento del 70% degli ordinativi di Propofol e Midarine. A fronte di sole cinque operazioni di intubazione. 

A giugno di quest'anno un altro paziente ricoverato all'ospedale di Perugia è finito in Rianimazione dopo una crisi respiratoria durante un'endoscopia. A cui è seguita anche una polmonite. Tutto per colpa di un utilizzo non corretto del Propofol. Secondo la denuncia dell'uomo, a cui è seguito già il sequestro delle cartelle cliniche da parte dei militari, prima di tutto la somministrazione è avvenuta senza che il paziente avesse prestato il suo consenso informato e in una situazione in cui era necessaria la presenza di un anestesista. “Quando sono stato portato in Rianimazione in seguito alla crisi che ho avuto, mi è stata riscontrata una polmonite che ritengo sia stata causata dall’utilizzo del medicinale Propofol, senza avere preventivamente eseguito le attività preparatorie finalizzate ad evitare l’ingresso dei succhi biliari all’interno dei polmoni”. E’ quanto dichiara un 58enne perugino che ha sporto denuncia presso i carabinieri del Nas di Perugia perché ritiene di essere stato vittima di un caso di malasanità. Nelle due pagine di denuncia, l’uomo, ripercorre tutto quel che è accaduto e che lo ha portato adesso ad avere una compromissione della capacità respiratoria del polmone sinistro. L’uomo spiega dunque che arriva al Santa Maria della Misericordia di Perugia il 12 maggio scorso perché si rende conto della presenza di tracce ematiche nelle feci.

Lee Jae Yong, vicepresidente e unico erede del gruppo Samsung, è stato condannato dal tribunale di Seul per aver utilizzato illegalmente per anni un potente farmaco. Lo riporta la stampa locale, spiegando come al 53enne, sotto processo da giugno scorso, sia stata comminata una multa di 70 milioni di won, oltre 60mila dollari per aver fatto uso dell'anestetico propofol, medicinale illegale in Corea del Sud e utilizzato dal magnate per scopi differenti dai trattamenti medici tra il 2015 e il 2020.

Le incognite circa l'uso sicuro di questo farmaco sono troppe per non pensare male. Considerato anche che i parenti non sono ammessi alle visite in casi di covid (o presunti tali), è evidente che vi è un vuoto di informazioni sulle condizioni generali di salute del paziente, compresi i dati su allergie e disturbi che possono interferire con la somministrazione dei farmaci. Farmaci che spesso, come abbiamo visto, necessitano di consenso informato da parte del paziente. Insomma, migliaia di morti durante il covid restano ancora ingiustificate e sospette, e l'assenza di parenti e congiunti durante il ricovero non fa che alimentare il dubbio sul "delitto perfetto". Che all'interno degli ospedali operino soggetti che vengono definiti genericamente "pazzi" è riduttivo e fuorviante. Non lo sono affatto. Anzi, spesso è gente che sa fin troppo bene quello che fa e perché lo fa. Gli ospedali sono luoghi di cura della salute, dunque troppo importanti per non disporre di indagini approfondite demandate ad apposite commissioni ispettive. 

Cinzia Palmacci




sabato 2 marzo 2019

DISTRUGGONO LA SANITÀ PUBBLICA E FANNO AVANZARE QUELLA PRIVATA


Nel nostro paese, sono ormai milioni i cittadini che non possono più curarsi, dato che non hanno i soldi per farlo. Se ci riflettiamo un attimo, questo è del tutto incostituzionale, visto che l’art 32 della nostra sottesa Carta dichiara espressamente che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
In realtà, quello che si sta consumando oggi, come spiegano bene Francesco Carraro e Massimo Quezel nel loro libro SALUTE S.P.A. con sottotitolo “La sanità svenduta alle assicurazioni” è il delitto perfetto, nel senso che, al grido di “Ce lo chiede l’Europa” e a colpi di spending review, i politici stanno operando da anni tagli alla nostra eccellente sanità pubblica, cosa che fa peggiorare i servizi, le strumentazioni, le condizioni in cui operano i sanitari, le unità di personale. I risultati sono tempi che si dilatano a dismisura per le visite – cosa che costringe gli italiani a curarsi a pagamento – ma anche errori nella sanità pubblica, che viene così vista e giudicata come “malasanità”. 
In altre parole, la scarsità fittizia provocata dai banchieri e dalle loro crisi (dato che ci prestano “denaro dal nulla”) sta letteralmente uccidendo la sanità pubblica (anche) in questo paese, mentre quella privata si fa spazio sulle sue macerie. 
Il messaggio dei media mainstream, del resto, è sempre lo stesso: “guardate quanto fa schifo la sanità pubblica, non è ora di fare qualcosa?”
La politica, in questi anni, ha favorito moltissimo questa situazione. Anche l’ultimo governo targato PD ha seguito questa strada. Grida letteralmente vendetta, invece, il sistema introdotto nel 1999 dall’allora Ministro della Sanità Rosy Bindi – il cosiddetto intramoenia che significa letteralmente “dentro le mura” – vale a dire il meccanismo che consente ai medici pubblici oggi di svolgere attività private anche all’interno di strutture pubbliche, fuori dalle fasce lavorative previste contrattualmente. E’ questo meccanismo che consente a un medico di riceverci tra sei mesi se vogliamo andare col ticket pubblico e domani mattina se invece vogliamo visitarci privatamente. Questo meccanismo ha ridotto anche di molto gli introiti delle strutture pubbliche, cosa che fa affossare ancora di più la nostra sanità. Oggi anche quando facciamo una banale analisi del sangue ci dicono di scegliere tra il pubblico e il privato: ebbene quei soldi vanno tutti alla sanità convenzionata, peggiorando ancora di più il quadro complessivo. 
L’intramoenia va abolita immediatamente se vogliamo dare ossigeno alla nostra sanità. Forse è proprio da qui che dobbiamo partire. 
Si calcola che nel 2017 più di 12 milioni di cittadini hanno procrastinato le cure, o addirittura vi hanno rinunciato, naturalmente per difficoltà finanziarie. Ormai la percentuale dei bisognosi varia dal 50,8% per il Nordovest fino al 72,9% per il sud e le isole.
In altre parole, anche se il denaro a monte nasce dal nulla, non abbiamo più i soldi per curarci. 
Il sistema in fondo è sempre lo stesso: banchieri che ci affamano, politici che eseguono, privati che ci marciano.
A peggiorare questo quadro di non garanzia della salute pubblica e individuale ci pensano le assicurazioni private, le quali non intendono assicurare gli ospedali pubblici proprio per via di quanto detto sopra, costringendo così i nosocomi alle autoassicurazioni. In pratica la singola azienda ospedaliera o la regione si fa carico del pagamento, con tutte le conseguenze che vediamo oggi, ovvero rimborsi non erogati, o peggio ancora non riconosciuti. 
Le assicurazioni private, in buona sostanza, hanno subodorato l’affare e il modello sanitario cui sta tendendo il paese (quello a stelle e strisce, tanto per capirci), e concepiscono sempre di più polizze sanità per ridurre al minimo i rischi, scritte in linguaggio burocratese (o assicuratese) e vendute soprattutto a chi è sano, e non a chi ha effettivamente bisogno. In queste polizze si inseriscono – spesso capziosamente – massimali apparentemente illimitati, salvo poi imporre sottolimiti per ogni tipo di operazione. Le polizze sanità vengono vendute prevalentemente a soggetti sani dato che bisogna dichiarare al momento della stipula tutte le proprie patologie, e spesso non solo non si ha contezza di ciò che si ha, ma se si dichiara una piccola patologia il prezzo può salire anche di molto. 
Un’altra discriminante è che si viene assicurati fino a ai 70 o 75 anni. In altre parole, la polizza all’improvviso smette di valere, proprio quando si ha più bisogno. Ci sono per fortuna anche quelle a vita intera, anche se sono casi rari. L’assicuratese di queste polizze, inoltre, permette alle compagnie di ritirarsi in modo unilaterale dopo un esborso su qualche patologia, cosa che mette in seria difficoltà il paziente, che difficilmente troverà un’altra compagnia per assicurarsi. 
Anche se sono ancora pochi gli italiani titolari di queste polizze, queste sono destinate ad aumentare nel futuro, se non altro per la pubblicità che avverrà da qui ai prossimi anni quando uccideranno ancora di più la sanità e la salute pubblica. Per fortuna, oggi esiste ancora il pronto soccorso per le esigenze più gravi, e queste polizze sono solo per interventi leggeri. Il punto è che la mercificazione del mondo che porta il nome di globalizzazione sta distruggendo dappertutto questo prezioso bene pubblico, mentre si fa di tutto per far avanzare quella privata. Si spera che, almeno in questo paese, la musica cambi una volta e per tutte.
Il paradosso è che, ancora adesso, l’eccellenza la si trova ancora nel settore pubblico: in altre parole, le cliniche private o convenzionate sponsorizzate dalle assicurazioni sono utili per le patologie lievi, ma per quelle gravi c’è ancora la garanzia del pubblico che, con i suoi macchinari, le sue strumentazioni e via discorrendo riesce ancora a intervenire e a bastare in questo campo. Se per esempio una donna incinta (e assicurata) sceglie una clinica privata per partorire e ha delle complicazioni, verrà sicuramente portata, ancora adesso, in una struttura pubblica. 
Un altro bluff di queste polizze riguarda i cosiddetti rischi nominati: in buona sostanza, vengono elencati tutti i pagamenti per gli interventi, e se ciò che ci accade non è compreso in questo lunghissimo elenco bisogna comunque pagarselo da soli. Bisognerebbe fare l’esatto contrario, ovvero assicurare tutto tranne pochi rischi menzionati.
La sanità, oggi, è già per i ricchi e se non ci svegliamo e chiediamo anche la sovranità sanitaria – importante forse quanto quella monetaria – ne usciremo letteralmente morti, prima che il nostro tempo si definisca.

Fonte: SALUTE S.P.A. di F. Carraro e M. Quezel, ediz.chiarelettere.



sabato 16 febbraio 2019

Muore al PS dopo 6 ore di attesa, il nipote: “Attorno a lui solo indifferenza”



Morto all’ospedale San Paolo dopo 6 ore di attesa, indagate 4 persone per omicidio colposo – di Giuseppe Cozzolino

Svolta nelle indagini sulla morte di Eduardo Estatico, il settantaduenne deceduto all’ospedale San Paolo di Fuorigrotta dopo aver atteso sei ore per una visita.

La Procura della Repubblica di Napoli ha iscritto nel registro degli indagati quattro persone per il reato di omicidio colposo in cooperazione.

E’ questo il primo sviluppo sulla vicenda di Eduardo Estatico, il 72enne napoletano deceduto al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo di Fuorigrotta lo scorso 9 febbraio.

Lo ha reso noto la famiglia nella tarda mattinata di oggi, a quasi una settimana dal decesso dell’uomo.

L’avvocato della famiglia di Estatico, Michele Tarasco, ha già fatto sapere che nominerà un proprio consulente medico legale, in vista dell’autopsia sul corpo dell’uomo che si terrà nei prossimi giorni.


Domani mattina alle 10.30, invece, il Pubblico Ministero procedente conferirà l’incarico al pool di consulenti individuati per l’esame autoptico, dal quale si spera di ottenere nuovi indizi sul decesso dell’uomo.

Stando alle ricostruzioni effettuate finora, l’uomo sarebbe rimasto in attesa di essere visitato all’interno del pronto soccorso del nosocomio napoletano per sei ore, lamentando forti dolori all’addome.

I familiari, dopo la tragedia, hanno quindi sporto denuncia per capire cosa sia accaduto in quelle ore e come si sia arrivati al decesso dell’uomo.

Secondo quanto raccontato dal nipote dell’uomo ai microfoni di Fanpage.it, “intorno a lui ho visto solo indifferenza, un uomo di quell’età e cardiopatico che si contorceva dal dolore, lasciato su una sedia in attesa”.

Il settantaduenne era già stato portato nello stesso ospedale quattro giorni fa, lamentando già forti dolori addominali.

I sanitari gli avrebbero diagnosticato quindi una banale influenza, per poi tornare al pronto soccorso sabato scorso, dove ha poi trovato suo malgrado la morte.

Fonte: fanpage.it – Titolo originale: Morto all’ospedale San Paolo dopo 6 ore di attesa, indagate 4 persone per omicidio colposo

lunedì 14 gennaio 2019

ALGHERO. Fsi denuncia situazione nel reparto di Medicina: “Corridoi scambiati per luoghi dove curare i pazienti”



Barelle nei corridoi, nei quali vengono eseguite emotrasfusioni, ossigeno-terapie, igiene dei pazienti e vengono perfino gestite le urgenze, mettendo a repentaglio i livelli minimi di assistenza e le condizioni di sicurezza degli utenti e degli operatori del reparto. questa la fotografia della situazione nel reparto di Medicina dell’Ospedale di Alghero , definita “quasi da terzo mondo”, fatta dalla segretaria territoriale del sindacato Fsi Usae, Mariangela Campus.

“Una situazione gravissima e al limite diventata ormai routine di tutti i giorni ed i vertici della sanità isolana brillano per inefficienza – ha commentato la Sindacalista – Abbiamo scritto anche stavolta al manager Moirano ed ai vari responsabili dell’Ats, sollecitandoli a trovare una soluzione immediata, in caso contrario scenderemo in piazza per denunciare l’ennesimo scandalo provocato da chi preferisce i tagli selvaggi all’assistenza sulla pelle dei cittadini immolati davanti al totem del risparmio”.

Nel reparto maschile, racconta Campus, “lungo tutto il corridoio stazionano almeno 6/7 barelle, così come nel reparto femminile, per non parlare di quelle sistemate anche nelle camere di degenza, più numerosi appoggi sparsi per tutti i reparti dell’ospedale. L’assistenza ai pazienti in corridoio, avviene in un clima di assoluta emergenza visto che mancano i campanelli per segnalare le problematiche, le barelle sono spesso rotte e neanche frenano. Mancano anche le prese elettriche, i servizi, le pompe, i monitor, l’igiene dei malati, dove le trasfusioni, e a volte persino le rianimazioni vengono effettuate nello stesso corridoio. Tutto ciò comporta per il personale l’elevato rischio di errore ed una situazione impossibile da gestire, che lede in maniera grave la privacy e la dignità del paziente, di fatto il posticino nel corridoio è diventato una cosa normale, di routine, e non una situazione eccezionale”.

Inoltre, “anche il personale medico scarseggia e al mattino spesso capita che è presente un solo medico per ogni reparto con 35 malati da visitare, mentre per il turno del pomeriggio e della notte è sicuro che in servizio ci sia un solo medico ma per entrambi i reparti (maschile e femminile), quindi con una responsabilità in totale di circa 60/70 pazienti a turno. Questo determina un maggior impegno professionale e un maggior carico di lavoro per il personale infermieristico e oss. Il personale risulta soggetto a condizioni di lavoro difficili che possono dunque portare al manifestarsi di errori nell’espletamento dei processi assistenziali. Prima che accada il peggio vogliamo che la dirigenza intervenga per risolvere i problemi, possibilmente, in vista delle nuove assunzioni destinando una quota del personale infermieristico e oss ai reparti di Medicina di Alghero, altrimenti denunceremo tutto in Procura”. (red)

(admaioramedia.it)