Nel nostro paese, sono ormai milioni i cittadini che non possono più curarsi, dato che non hanno i soldi per farlo. Se ci riflettiamo un attimo, questo è del tutto incostituzionale, visto che l’art 32 della nostra sottesa Carta dichiara espressamente che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
In realtà, quello che si sta consumando oggi, come spiegano bene Francesco Carraro e Massimo Quezel nel loro libro SALUTE S.P.A. con sottotitolo “La sanità svenduta alle assicurazioni” è il delitto perfetto, nel senso che, al grido di “Ce lo chiede l’Europa” e a colpi di spending review, i politici stanno operando da anni tagli alla nostra eccellente sanità pubblica, cosa che fa peggiorare i servizi, le strumentazioni, le condizioni in cui operano i sanitari, le unità di personale. I risultati sono tempi che si dilatano a dismisura per le visite – cosa che costringe gli italiani a curarsi a pagamento – ma anche errori nella sanità pubblica, che viene così vista e giudicata come “malasanità”.
In altre parole, la scarsità fittizia provocata dai banchieri e dalle loro crisi (dato che ci prestano “denaro dal nulla”) sta letteralmente uccidendo la sanità pubblica (anche) in questo paese, mentre quella privata si fa spazio sulle sue macerie.
Il messaggio dei media mainstream, del resto, è sempre lo stesso: “guardate quanto fa schifo la sanità pubblica, non è ora di fare qualcosa?”
La politica, in questi anni, ha favorito moltissimo questa situazione. Anche l’ultimo governo targato PD ha seguito questa strada. Grida letteralmente vendetta, invece, il sistema introdotto nel 1999 dall’allora Ministro della Sanità Rosy Bindi – il cosiddetto intramoenia che significa letteralmente “dentro le mura” – vale a dire il meccanismo che consente ai medici pubblici oggi di svolgere attività private anche all’interno di strutture pubbliche, fuori dalle fasce lavorative previste contrattualmente. E’ questo meccanismo che consente a un medico di riceverci tra sei mesi se vogliamo andare col ticket pubblico e domani mattina se invece vogliamo visitarci privatamente. Questo meccanismo ha ridotto anche di molto gli introiti delle strutture pubbliche, cosa che fa affossare ancora di più la nostra sanità. Oggi anche quando facciamo una banale analisi del sangue ci dicono di scegliere tra il pubblico e il privato: ebbene quei soldi vanno tutti alla sanità convenzionata, peggiorando ancora di più il quadro complessivo.
L’intramoenia va abolita immediatamente se vogliamo dare ossigeno alla nostra sanità. Forse è proprio da qui che dobbiamo partire.
Si calcola che nel 2017 più di 12 milioni di cittadini hanno procrastinato le cure, o addirittura vi hanno rinunciato, naturalmente per difficoltà finanziarie. Ormai la percentuale dei bisognosi varia dal 50,8% per il Nordovest fino al 72,9% per il sud e le isole.
In altre parole, anche se il denaro a monte nasce dal nulla, non abbiamo più i soldi per curarci.
Il sistema in fondo è sempre lo stesso: banchieri che ci affamano, politici che eseguono, privati che ci marciano.
A peggiorare questo quadro di non garanzia della salute pubblica e individuale ci pensano le assicurazioni private, le quali non intendono assicurare gli ospedali pubblici proprio per via di quanto detto sopra, costringendo così i nosocomi alle autoassicurazioni. In pratica la singola azienda ospedaliera o la regione si fa carico del pagamento, con tutte le conseguenze che vediamo oggi, ovvero rimborsi non erogati, o peggio ancora non riconosciuti.
Le assicurazioni private, in buona sostanza, hanno subodorato l’affare e il modello sanitario cui sta tendendo il paese (quello a stelle e strisce, tanto per capirci), e concepiscono sempre di più polizze sanità per ridurre al minimo i rischi, scritte in linguaggio burocratese (o assicuratese) e vendute soprattutto a chi è sano, e non a chi ha effettivamente bisogno. In queste polizze si inseriscono – spesso capziosamente – massimali apparentemente illimitati, salvo poi imporre sottolimiti per ogni tipo di operazione. Le polizze sanità vengono vendute prevalentemente a soggetti sani dato che bisogna dichiarare al momento della stipula tutte le proprie patologie, e spesso non solo non si ha contezza di ciò che si ha, ma se si dichiara una piccola patologia il prezzo può salire anche di molto.
Un’altra discriminante è che si viene assicurati fino a ai 70 o 75 anni. In altre parole, la polizza all’improvviso smette di valere, proprio quando si ha più bisogno. Ci sono per fortuna anche quelle a vita intera, anche se sono casi rari. L’assicuratese di queste polizze, inoltre, permette alle compagnie di ritirarsi in modo unilaterale dopo un esborso su qualche patologia, cosa che mette in seria difficoltà il paziente, che difficilmente troverà un’altra compagnia per assicurarsi.
Anche se sono ancora pochi gli italiani titolari di queste polizze, queste sono destinate ad aumentare nel futuro, se non altro per la pubblicità che avverrà da qui ai prossimi anni quando uccideranno ancora di più la sanità e la salute pubblica. Per fortuna, oggi esiste ancora il pronto soccorso per le esigenze più gravi, e queste polizze sono solo per interventi leggeri. Il punto è che la mercificazione del mondo che porta il nome di globalizzazione sta distruggendo dappertutto questo prezioso bene pubblico, mentre si fa di tutto per far avanzare quella privata. Si spera che, almeno in questo paese, la musica cambi una volta e per tutte.
Il paradosso è che, ancora adesso, l’eccellenza la si trova ancora nel settore pubblico: in altre parole, le cliniche private o convenzionate sponsorizzate dalle assicurazioni sono utili per le patologie lievi, ma per quelle gravi c’è ancora la garanzia del pubblico che, con i suoi macchinari, le sue strumentazioni e via discorrendo riesce ancora a intervenire e a bastare in questo campo. Se per esempio una donna incinta (e assicurata) sceglie una clinica privata per partorire e ha delle complicazioni, verrà sicuramente portata, ancora adesso, in una struttura pubblica.
Un altro bluff di queste polizze riguarda i cosiddetti rischi nominati: in buona sostanza, vengono elencati tutti i pagamenti per gli interventi, e se ciò che ci accade non è compreso in questo lunghissimo elenco bisogna comunque pagarselo da soli. Bisognerebbe fare l’esatto contrario, ovvero assicurare tutto tranne pochi rischi menzionati.
La sanità, oggi, è già per i ricchi e se non ci svegliamo e chiediamo anche la sovranità sanitaria – importante forse quanto quella monetaria – ne usciremo letteralmente morti, prima che il nostro tempo si definisca.
Fonte: SALUTE S.P.A. di F. Carraro e M. Quezel, ediz.chiarelettere.
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