venerdì 9 agosto 2019

Tav, la Torino-Lione lascerà la Val di Susa senz’acqua

Per le prima volta in trent'anni alcuni paesi tra Torino e Lione sono rimasti senz'acqua. Il motivo sarebbe da cercare nei lavori della Tav.



L’eventuale crollo della scuola media Ottone Rosai di Firenze sarebbe costata la vita agli alunni e agli insegnanti che svolgevano il proprio lavoro. Un disastro che avrebbe segnato l’inizio del 2013 ma che per fortuna non è avvenuto. A causa del prosciugamento delle falde acquifere e dell’instabilità del terreno conseguenti ai lavori del tunnel della ferrovia per l’alta velocità Firenze-Bologna (Tav), le pareti della scuola si erano pericolosamente crepate ma la struttura non ha ceduto. Su questa linea ora si indaga non solo per il prosciugamento dei corsi d’acqua, sorgenti e acquedotti ma anche per frode e corruzione. Per la Corte dei conti i lavori hanno causato un danno erariale di 13,5 milioni di euro. Lo stesso dissesto idrogeologico rischia di ripetersi anche in Val di Susa a causa dei lavori legati alla ferrovia Torino-Lione. Se i lavori della Bologna-Firenze, infatti, hanno fatto sparire 81 torrenti, 37 sorgenti, 30 pozzi e 5 acquedotti (in tutto 100 chilometri di corsi d’acqua), dai dati raccolti in Val di Susa si prevede che l’impatto sulle falde non sarà meno sconvolgente.




Il tunnel della Tav a Chiomonte sta perforando un massiccio di roccia ricco d’acqua / GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images
Già persa la fornitura d’acqua per un milione di persone


Le conseguenze sono prevedibili osservando i precedenti lavori in valle, come il raddoppio della ferrovia Torino-Modane che ha provocato la scomparsa di 24 sorgenti, le gallerie dell’autostrada tra Exilles e la val Cenischia hanno fatto sparire altre 16 sorgenti, i lavori della centrale elettrica di Pont Ventoux un’altra decina. Sono tutti lavori in galleria che hanno bucato lo stesso massiccio in cui si sta scavando il tunnel della Torino-Lione. A segnalarlo è Massimo Zucchetti, professore del Politecnico di Torino che da anni si occupa dell’impatto dell’alta velocità in valle.


La perdita di pressione causata dagli scavi delle gallerie porta ad altrettante cospicue perdite d’acqua e gli stessi proponenti dell’opera hanno stimato che solo le due gallerie della tratta internazionale (il tunnel di base e il tunnel di Bussoleno) drenerebbero le falde per un totale compreso tra i 60 e i 125 milioni di metri cubi di acqua l’anno, comparabile alla fornitura necessaria a una città di circa un milione di abitanti, come Torino. L’analisi è fornita dall’International consulting group, organo incaricato dalla direzione generale Trasporti ed Energia della Commissione europea che ha indicato come il drenaggio delle acque sotterranee sia “tutt’altro che trascurabile”. Si potrebbe persino verificare il prosciugamento di fonti e torrenti a monte degli scavi. Oltre a creare danni riconosciuti al fabbisogno idrico di paesi e città vi sarebbero serie conseguenze per l’agricoltura, per il flusso dei fiumi e per la produzione di energia idroelettrica. Nonostante questi accorgimenti, l’analisi si limita a raccomandare di “mettere a punto dei metodi precauzionali, se del caso”.



Alcune borgate di Chiomonte sono rimaste senz’acqua per la prima volta in trent’anni / GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)
Chiomonte senz’acqua


Intanto a Chiomonte, dove sono in corsi i lavori di scavo del tunnel, nel 2015 sono arrivate le prime autobotti per scarsità di acqua potabile nel paese. La notizia è arrivata dai consiglieri comunali Giorgio Guglielmo, Giuseppe Jonas e Remo Sibille. “Le botti erano state precedute dalla consegna di boccioni d’acqua da 25-30 litri per le necessità più urgenti della popolazione. La situazione è andata peggiorando a partire dal 25 ottobre 2015 tanto da portare alla chiusura di tutte le fontane e alla razionalizzazione dei consumi“.


Sul sito del comune di Chiomonte sono pubblicati tutti i rapporti con i dati relativi alle falde monitorate e, benché dalla lettura di quei dati non si desumono grandi diminuzioni di portata da giustificare allarmismi, la situazione reale – secondo Guglielmo – è diversa: “Già nel 2010 avevamo presentato, durante una riunione pubblica a cui non partecipò alcun portatore di interesse, i dati di tutte le sorgenti che avevano subìto una riduzione della falda in seguito alla realizzazione delle gallerie dell’autostrada Torino-Bardonecchia e della centrale di Point Ventoux. Una di quelle sorgenti, chiamata Rigaud, non è mai stata oggetto di monitoraggio da parte della società responsabile dei lavori perché il comune non l’ha mai segnalata, non si sa per quale ragione. Possiamo conoscere i dati della sorgente Rigaud unicamente perché quella falda era monitorata dall’azienda (Iren) che allora stava costruendo la centrale di Pont Ventoux”.




La quantità d’acqua presente nella roccia rallenta i lavori della Tav e rischia di innalzare i costi / PHILIPPE DESMAZES/AFP/Getty Images
La prima volta in trent’anni


I dati della sorgente Rigaud sono stati richiesti direttamente al comune di Chiomonte, ma sono fermi al 2006. “Allora li abbiamo chiesti direttamente all’Iren”, ha affermato Guglielmo. Da questi risulta che dal primo giugno 1995 al 6 ottobre 2015 (oltre 20 anni di prelievi) non c’è mai stato un dato al di sotto di 1 litro al secondo (addirittura per il 2014 parliamo di 3,21 litri al secondo). Da ottobre 2015 la situazione è precipitata e la portata scende a 0,4 litri al secondo (l’ultima rilevazione è del dicembre 2015). Per questo le fontane pubbliche sono state ridotte al minimo o direttamente chiuse. “Non possiamo collegare direttamente questo fenomeno con gli scavi del tunnel esplorativo“, continua Guglielmo. “Ma sulla base degli scavi precedenti qualche fondato dubbio ci è venuto”.


Tra l’altro, una delibera del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha ordinato di organizzare un piano per gestire un’eventuale emergenza ma al momento ancora nulla è stato fatto. “Continuano a dirci che non c’è nessun problema” conclude Guglielmo. “Dicono che la causa è da cercarsi altrove: dai lavori che hanno già fatto in valle alla siccità. Ma queste giustificazioni ci sembrano superficiali. Vorremmo che tutte le sorgenti venissero monitorate e rientrassero nei programmi di intervento”. Solo così si avrà un’idea più precisa di quello che ci aspetta.



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MARIO DRAGHI, OVVERO COME CAPIRE CHI ESSO SIA E A QUALE DISEGNO DI POTERE APPARTENGA




Una cosa giusta il torrentizio Matteo Renzi ha detto in difesa della sua ex-preferita Maria Elena Boschi e mi riferisco a cosa ci possa essere dietro a questo non coraggio di affrontare il problema complessivo delle banche italiane, non limitandosi alla vicenda Banca Etruria. Renzi è cresciuto nella Toscana massonica, lui non massone, suo padre non massone, certamente amici entrambi di massoni. Renzi, ad onor del vero, quando ha pensato che fosse arrivato il suo turno, ha “bussato”, in Italia e negli USA, ma nessuno ha aperto. Può sembrare incredibile ma anche per Berlusconi era successa una cosa simile, tanto che lo zanza cazzafrullone si era dovuto organizzare in autarchia, in accordo con altri ambienti a lui più consoni e con meno tradizione culturale. Dopo il fallimento della P2 (di cui Berlusconi era consapevole affiliato da molti anni prima che scoppiasse lo scandalo), Silvio Nazionale si era dovuto accontentare di una sua loggia (Del Drago) e a frequentazioni di massoni affiliati a logge sorte nell’est europeo. Renzi e Berlusconi accumunati dallo stesso destino massonico di bussanti rifiutati. E rancorosi. Ecco perché ora Renzi chiede chiarezza su Banca d’Italia che sa essere una dependance delle ur-lodges frequentate e “sostenute” da quello che invece è un “gran maestro” rispettato e temuto: Mario Draghi.


Draghi, come ci siamo permessi di postare mai smentiti il 30 novembre 2014, rimasto orfano di entrambi i genitori quando era quindicenne, fu avviato a diventare ciò che è, da persone di grande potere (e cultura) che, avvenuta la disgrazia, gli si erano affezionate, conoscendolo e apprezzandolo, qualche anno dopo, all’Università di Roma, tramite Federico Caffè che era docente di Draghi. Draghi era un ragazzo intelligente che accettò subito la logica della fratellanza e della grande famiglia. Due nobel si mettono a spingere Super Mario da dietro e lo mandano a finire la formazione al MIT. Certo siamo di fronte ad una storia veramente misteriosa se si pensa che il “padrone/custode” dell’Euro, si è formato impregnandosi di visione professionale ebraico-statunitense, dopo essere stato impostato dai gesuiti qui in Italia e aver discusso una tesi di laurea con Federico Caffè, dove il testo, che alcuni ricordano di aver letto, era, in molti passaggi, fortemente critico nei confronti di una moneta unica europea.

Mi raccomando che non scrivo queste cose per gareggiare nella disciplina di moda oggi, cioè per disinformare ma per non sottovalutare che la formazione è la formazione e che i maestri sono i maestri. E che in un personaggio che si può classificare fra i primi 8/9 più potenti del mondo eviterei di prendere per oro colato quel che si vede e mi sforzerei di provare ad estrarre dalla sua storia e dai suoi comportamenti una eventuale altra verità che non si dovesse cogliere da un esame superficiale. Ad esempio, dal momento che è vivo, io andrei a chiedere, se fossi un giornalista o un politico con importanti responsabilità anche in tema di sicurezza internazionale, ad uno come Cirino Pomicino cosa pensava ai bei tempi dell’IRI e cosa pensi oggi di Mario Draghi. Sono ore difficili per l’Umanità e chi pretende di giocare al gioco della politica e della convivenza tra i popoli deve fare un grandissimo sforzo per capire chi sono i protagonisti delle vicende e cosa, eventualmente, arrivino a pensare nel segreto della loro mente e del loro cuore quelli che giocano a Risiko.

Giustamente vi potrebbe sfuggire chi siano stati Franco Modigliani e Robert Solow per cui vi allego due brevi biografie.


Chi fosse Federico Caffè, viceversa, lo trovate, in parte, nella scheda che a suo tempo avevo già pubblicato. Torno alla narcisistica segnalazione: chi sia Mario Draghi, che ricordiamo ragazzo ai Parioli e schivo all’Università durante i primi anni del ’68 (Draghi è del 1947 e nel 1968 aveva 21anni), caratterizzato da quella particolare deambulazione, un po’ sulle punte, sempre con il baricentro spostato in avanti, lo abbiamo già detto più volte in questo marginale ed ininfluente luogo telematico. Oggi lo ribadiamo, aggiungendo che abbiamo da sempre l’idea, coincidente con quella di Cirino Pomicino, che Draghi sia poco “italiano”. Sperando che Pomicino non abbia cambiato idea. Aggiungo oggi, in prima mondiale, che potrebbe, paradossalmente, essere anche poco “europeo”. O, meglio, vista la formazione forgiante, una personalità doppia, ma sostanzialmente/completamente al servizio del disegno statunitense consistente in un mondo senza Europa degli Europei, terra esclusivamente lasciata a ragionare di utilità di cambi intorno all’unica cosa alla fine cresciuta da queste parti che è la finanza, gli indebitamenti, le tasse, l’inflazione. La verità è che Draghi (un uomo tanto potente non deve tenere in nessuna considerazione questa mia ipotetica fake news dedicata a lui) è stato messo, dalla massoneria americana che lo ha protetto e spinto, a capo dell’Europa perché così, al di là del gioco delle parti, nella stanza dei bottoni, si decidessero vita, morte e miracoli di tutti voi europei. Non possiamo diventare nulla, stretti tra re, regine e massoni filoamericani. E non siamo diventati nulla. Oggi vi raggiunge la notizia che su 8.800 ricercatori di valore che abbiamo in Italia ne consolideremo solo 200. Draghi che non è, per sangue, un re, è però un massone “americano”. E come massone americano, per ordini di loggia, non ha nessun interesse a che esista una qualunque forma di bioinformatica italiana. Tanto per fare un esempio. E quella che eventualmente dovesse svilupparsi deve stare sotto schiaffo dei burattinai. E non chiamate complottismo questa chiave interpretativa o metto mano alla fondina. Per niente italiano e, per tanto, certamente non europeo, Draghi, fedelmente agli intendimenti dei suoi fratelli, ha prima disarmato l’Italia concorrendo a privarla di ogni luogo d’eccellenza produttiva (le privatizzazioni, attuate dal 1991 al 2001 e che nelle frattaglie perdurano) poi, piazzato in sfera internazionale, ha concorso a smantellare il tessuto connettivo assistenziale culturale microeconomico europeo. Immaginate se uno come Renzi poteva, alla fine, scardinare assetti di tale dimensione e complessità. Tantomeno la sua ex Boschi. Intendendo, ex ministra.

NO TAV, il risveglio del Drago (e di Draghi)





















Il progetto del Treno ad Alta Velocità Torino-Lione, tra danni ambientali, rischi per la salute e energie sottili.

Il tracciato passa per le ley lines (linee sincroniche). Le possibili conseguenze magico-energetiche per la popolazione della Val Susa. La Storia narra che nel 313 d.C. una grande croce fiammeggiante con la scritta in caratteri latini In hoc signo vinces fosse apparsa all’imperatore romano Costantino durante la battaglia contro le truppe di Massenzio. Dopo aver apposto il simbolo della croce su scudi, armi e stendardi, Costantino riportò la nota vittoria contro le milizie nemiche. Ritornato a Mediolanum emise il noto Editto di Milano, noto come l’Editto di Costantino, con il quale si concedeva libertà di culto ai Cristiani.

La leggenda vuole che questo avvistamento sarebbe avvenuto ai piedi del monte Musinè (in dialetto asinello). Dalla forma triangolare, la montagna più misteriosa della zona è un vulcano che ha cessato la sua attività. Il mistero e la sacralità che avvolge questo monte si distende come un manto fino a Torino, definita non a caso città magica per eccellenza.

Impossibile riassumere in poche righe tutte le storie, leggende, avvistamenti che si sono tramandati nei secoli sul Musinè e sulla Valle. Basti sapere che sul monte la vegetazione attecchisce solo sulle pendici fino a una certa altezza per poi fermarsi lasciando il resto del monte come scoperto, il terreno ghiaioso dal colore rossiccio.

Qua si tramandano racconti di draghi, angeli, demoni, eroi, spiriti dannati, astronavi, alieni. Un menhir reca la raffigurazione di alcuni uomini che sembrano tributare un culto al Sole: tre omini con le braccia al cielo di cui uno di essi inginocchiato e un altro disteso per terra, segno di morte oppure di un sacrificio umano. Nel cielo sopra le loro teste sono raffigurati tre soli, o, almeno, un sole a forma di coppella e due dischi stilizzati. Il che, da Peter Kolosimo in poi, ha fatto ipotizzare che si trattasse di un primitivo incontro “ravvicinato”…

Dall’altra parte della Valle sorge la Sacra di San Michele che ispirò Umberto Eco per il romanzo Il nome della Rosa. Dall’alto di quel monte anche l’abbazia custodisce un segreto. Essa vigila sul Musinè affinché nessuno turbi il sonno del drago che si narra dorma nelle viscere della terra.

Ora, però, quel “drago” sta per essere risvegliato. Il tracciato del TAV corre proprio lungo la linea del Musinè e della Sacra di san Michele, sua custode…

Nel 1921 l’archeologo britannico Alfred Watkins individuò dei meridiani e nodi particolari della rete geografica che sprigionerebbero campi di torsione benefici per gli esseri viventi: sono le ley lines, anche conosciute con il nome di linee della prateria.

Prima di lui altri studi erano giunti a conclusioni simili. Nel 1870, presso la British Archeological Association, William Henry Black tenne una conferenza all’interno della quale spiegò che i principali monumenti, naturali e artificiali, sarebbero disposti sul territorio non in maniera casuale, ma in modo da formare un gigantesco reticolo che coprirebbe l’intera Europa. Dodici anni dopo G. H. Piper arrivò alla stessa conclusione. Watkins andò ben oltre, rendendosi conto che questo reticolo di linee lungo le quali vennero costruiti monumenti o edifici di culto nell’antichità, ricalcavano il percorso del sole o della luna durante i solstizi. Ciò lasciava dedurre che le linee avessero non solo una funzione di comunicazione tra luoghi sacri, ma che fossero intimamente legate all’ambito spirituale. Esse potevano costituire una sorta di percorso da compiersi durante delle specifiche cerimonie sacre.

I successori di Watkins, a partire dall’esoterista Dion Fortune, attribuirono alle linee della prateria un valore energetico-magico. Negli anni ’60 la teoria delle ley lines si fuse con la geomanzia, sostenendo la necessità di preservare l’armonia della natura e dei punti sacri lungo i quali sono sorti i luoghi di culto. L’energia di cui queste linee sono conduttrici possono essere positive per la psiche umana, la coltivazione, e la civilizzazione di una comunità, come, all’opposto, dispensatrici di energie altamente negative. In questo senso l’esempio che viene fatto più spesso è il Triangolo delle Bermuda.

Lungo queste linee le popolazioni preistoriche, le antiche civiltà e i costruttori del Medioevo erigevano osservatori, templi, abbazie, infine maestose cattedrali. I siti scelti per opere quali Stonehenge, Chartres, la Sacra di San Michele, il Tempio di Gerusalemme, Giza, etc. avvenivano proprio in base a questi meridiani o nodi di energia. Questi luoghi sono infatti definiti “sacri” ma soprattutto “sentiti” come magici dalle popolazioni che vi si sono avvicendate nel corso di millenni. Non bisogna essere uno sciamano per intuirne il motivo.

Ebbene, forse non tutti sanno che una delle ley lines più importanti e dedicata all’arcangelo Michele, collega la Cornovaglia a Gerusalemme. La cosiddetta “Linea di San Michele” coincide con la Via Langobardorum: parte da Saint Michael’s Mount in Cornovaglia, passa per Moint Saint Michel in Francia, congiunge la Sacra di San Michele in Val di Susa a San Michele di Coli nei pressi di Bobbio arrivando fino a Castel Sant’Angelo nel Gargano. Sembra un disegno incredibile: una linea retta di duemila chilometri che unisce i 5 principali luoghi di culto europeo dedicati all’arcangelo Michele che si prolunga per altri duemila chilometri arrivando fino a Gerusalemme.

Come spiegato dal ricercatore Stefano delle Rose, questa linea energetica, nell’antichità, sotto l’impulso delle apparizioni dell’arcangelo Michele, ha dato vita alla costruzione degli edifici sacri nei punti indicati, diventando via di pellegrinaggio e via di comunicazione storica. Questa linea di congiunzione, come abbiamo anticipato, passa anche per la Val di Susa, dove da anni si sta consumando una vera e propria battaglia – degenerata in guerriglia a causa della militarizzazione del luogo - per impedire la costruzione della linea ad alta capacità Torino-Lione.

Il ricercatore Fausto Carotenuto, già nel 2005, spiegava l’importanza della geografia sacra della Val Susa, definendola “un punto fondamentale degli equilibri energetici europei”, aggiungendo che “un chakra importantissimo è situato all’imbocco della Val Susa da cui si dipartono nodi o canali energetici che vanno a creare un asse importantissimo verso nord-ovest e verso sud-est”.

Carotenuto, quando ancora il vecchio tracciato del TAV sarebbe passato proprio in prossimità del monte Musinè, aveva messo in guardia la popolazione dal pericolo del “progetto mirante ad alterare antichi equilibri per renderli inutilizzabili a fini positivi: scavare una enorme galleria nelle viscere della montagna sacra, per sconvolgere il chakra [centro o vortice vitale] del Musinè, portando alla luce forze oscure e potenti dalle profondità della Terra”. Non solo, dunque, per la presenza di amianto e uranio nella Valle, ormai accertati da studi geologici che sono stati deliberatamente ignorati.

Attorno alla montagna del Musinè – considerata da alcuni una vera e propria “antenna” dimensionale - sono sorte, come abbiamo visto, numerose leggende che in tempi moderni hanno acquisito carattere “ufologico”, per i numerosi avvistamenti di globi luminosi e UFO nel luogo. La sua forma piramidale ha suscitato il dubbio che si possa trattare di una vera e propria antenna, un enorme pilastro che servirebbe a placare le energie “selvagge” sottostanti.

Una leggenda narra infatti che nelle viscere della montagna sia sepolto un drago. Il simbolismo del drago, come guardiano sovrannaturale delle potenti energie sotterranee o che dorme sepolto nelle profondità della terra, evoca le forze telluriche primigenie oscure che Michele Arcangelo o San Giorgio avrebbero annientato. L’allegoria è evidente: il drago che infesta o dorme nelle viscere della terra rappresenta una forza “interiore”, sotterranea, appunto, che se conquistata e diretta rende possibile la purificazione del luogo – nel processo alchemico allude alla catabasi e alla purificazione dell’adepto dai suoi istinti primigeni, animali – spingendo appunto indietro gli istinti selvaggi che ci legano alla materia. In questo senso il drago rappresenta l’avversario, un concetto collegabile nel cristianesimo al diavolo. Proprio per questo nell’iconografia degli edifici costruiti lungo la retta dedicata a San Michele ritroviamo innumerevoli raffigurazioni dell’Arcangelo che schiaccia il drago inteso come incarnazione del demonio. Per gli alchimisti uccidere il drago rappresentava l’operazione del Solve, della Soluzione della Grande Opera.

L’evidente simbolismo alchemico suggerisce che ci siano delle potenze oscure che non dovrebbero essere risvegliate. Per questo la Sacra dedicata a San Michele sorge come guardiana e custode delle forze infere di fronteal Musinè. Nell’antichità, infatti, le forze che si trovano lungo le ley lines venivano chiamate anche le forze del drago, intendendo che esse erano oscure, “selvagge”. Che, come il drago che secondo la leggenda dorme sotto il Musinè, non dovrebbero essere risvegliate. A questo servivano gli edifici costruiti lungo il tragitto delle ley lines: a tenere a bada queste forze, canalizzandole.

Il Musinè, secondo le leggende del luogo, come spiega Carotenuto, “è un luogo dalle energie fortissime, uno dei principali in Europa. Le forze spirituali del drago hanno conformato un sottosuolo pieno di energie enormi, selvagge, che si manifestano in conformazioni rocciose insolite e piene di materiali forti, nocivi se liberati”.

Da anni si parla, infatti, dell’amianto e dell’uranio contenuti nel sottosuolo e che verrebbero liberati in caso di trivellazioni. A distruggere queste linee di forze sarebbe inoltre l’amianto, elemento che ritroviamo nelle note strisce chimiche che vengono sparate nei nostri cieli…

Punto comune delle trivellazioni, bombardamenti chimici, guerre lungo queste linee di forza sembra essere l’intenzione deliberata di distruggere l’energia benefica che la terra sprigiona da questi punti nodali. Come se qualcuno, le “gerarchie nere”, stesse cercando di impedire il risveglio della popolazione, tenendo anzi sotto controllo l’attività spirituale delle comunità nelle zone interessate.

Per questo le guerre, distruzioni, terremoti – L’Aquila sorge proprio su una potentissima ley lines – aggressioni farmacologiche e alimentari, attività di terrorismo, scie chimiche avvengono lungo i cosiddetti luoghi sacri. Lungo questi canali sono sorti nell’antichità dolmen, menhir, cerchi di pietra, templi, cattedrali, piramidi, in modo da permettere un contatto tra l’uomo e le dimensioni spirituali.

E’ possibile dunque che le forze oscure stiano manipolando il potere politico, economico, per distruggere questi luoghi energetici e per ostacolare l’evoluzione spirituale dell’uomo spegnendo luoghi di iniziazione e di culto?

In questo senso scavare una galleria nelle viscere della montagna lungo una delle linee energetiche più forti al mondo significherebbe alterare e sconvolgere gli equilibri energetici del luogo.

Un tentativo di sferrare un colpo al cuore della geografia sacra europea. Non solo. Il nodo della Val di Susa si trova proprio a metà del tracciato dedicato a san Michele, guardiano delle forze infere. Distruggere il Centro, ovvero costruire un’opera imponente in questo nodo, comporterebbe la rottura dell’intera linea sacra. Sarebbe come togliere il “tappo” che per millenni ha tenuto a bada le energie selvagge del luogo e dell’Europa intera. Il tracciato, inoltre, unisce Lione a Torino, prolungandosi fino a Kiev. In questo modo si annienterebbe il triangolo magico “bianco” che ha come vertici Lione, Torino, Praga. Anzi. Risvegliare le forze oscure darebbe maggiore impulso all’altro triangolo magico, quello nero, che unisce ancora una volta Torino ma con Londra e San Francisco.

Anche per questo i valligiani si oppongono. Inconsciamente, ma si oppongono. Sentono che la loro terra non può essere toccata. Non deve essere violata.

Non solo per l’inutilità dell’opera, i miliardi a nostro carico che verranno inutilmente spesi, il rischio per la salute pubblica. C’è una motivazione più antica e sacra a questa ribellione che chi abita queste terre conosce o almeno intuisce.

Ognuno è libero di ridere di ciò. Di opporvisi. Di non crederci.

Oppure di comprendere umilmente che le energie che stiamo per risvegliare potrebbero comportare un danno enorme per tutti noi. Per la terra, per le generazioni a venire. Forse, a breve, per il destino di tutti noi.

L'articolo è di Enrica Perucchietti, che ha scritto esattamente ciò che pensiamo e condividiamo.

L’Italia trema da Nord a Sud: terremoti in Trentino e Basilicata

L’Italia trema da Nord a Sud: terremoti in Trentino e Basilicata

La scossa di magnitudo 3.4 è stata avvertita anche sul Lago di Garda. Paura in provincia di Potenza


L’Italia trema e lo fa da Nord a Sud.

Un sisma di magnitudo 3.4 è infatti avvenuto alle 7.36 del mattino di giovedì a Vallarsa (Trento). La scossa si è sentita distintamente per qualche secondo ed è stata avvertita anche in molti comuni della provincia di Vicenza, ai confini col Trentino. Anche sul Lago di Garda è stata sentita chiaramente. Tanta la paura e molte le chiamate ai vigili del fuoco ma non si registrano danni.


Trema la provincia di Potenza

Un altro terremoto di magnitudo 3.1 è stato registrato in provincia di Potenza, con epicentro a Muro Lucano, a una profondità di sette chilometri: non sono stati segnalati danni a cose o persone. Secondo il sito dell'Ingv, gli altri Comuni vicini all'epicentro sono Bella, Castelgrande, San Fele, Rapone e Ruvo del Monte.


Terremoto in Calabria

Nel pomeriggio di mercoledì una scossa di magnitudo 2.6 è stata invece avvertita in Calabria, con epicentro a quattro chilometri da Castiglione Cosentino. È stata avvertita distintamente dalla popolazione fino a Cosenza e Rende.

Altro che TAV: l’Italia deve investire per fermare le stragi da terremoto

 A Messina 33000 baracche costruite dopo il terremoto per 33000 dimenticati (https://www.youtube.com/watch?v=kgsWtRl01no)


Amatrice, i residenti a due anni e mezzo dal terremoto: "Per noi anziani non c'è più niente"


L’ultimo baluardo per evitare gli sprechi di una classe politica che ha condotto il paese sull’orlo del default è caduto. La TAV, nei termini in cui è stata realizzata e riproposta, rappresenta l’emblema della sciatteria e dell’assenza di visione strategica del decisore pubblico. Assenza di visione strategica vuol dire decidere di spendere risorse pubbliche sempre più scarse, prescindendo dalla utilità sociale e soprattutto dalle gravi emergenze che gravano, fonti di morte e distruzione in questo paese.

TAV rappresenta anche il paradigma della “discrezionalità del Principe tuttologo” e che nel contesto attuale rappresenta la continuità del sacco alle svuotate casse dello Stato. Nessuna delle opere pubbliche italiane è stata mai assoggettata a qualsivoglia valutazione.

Dopo la legge del 2012 di Monti, che obbligava alla valutazione, si arrivò al punto che bisognava anche calcolare nell’analisi economica il costo opportunità marginale dei fondi pubblici (linee guida analisi economica Ministero delle Infrastrutture anno 2015). Un parametro che consente a chi decide di optare per il progetto più utile. La doccia fredda però giunse subito dopo con il documento “Connettere l’Italia”, dove manca l’analisi di impatto prodotta da 120 mld di investimenti in opere pubbliche, quanta crescita e occupazione generano questi investimenti, e infine la bestemmia della assenza di qualsiasi previsione di traffico.

L’alta velocità italiana è il paradigma di un nuovo ossimoro, “l’anarchia istituzionale”. Le aporetiche di TAV, che rendono incredibile la decisione? La bocciatura della Corte dei Conti UE, “A European high-speed rail network: not a reality but an ineffective patchwork”, l’avv della Corte di Giustizia UE, l’Anticorruzione UE, il valore negativo delle analisi economiche, i 3,5 miliardi di perdite sui derivati sottoscritti a copertura dei prestiti TAV, l’esigenza indifferibile di usare i pochi fondi pubblici sulla grande emergenza sismica, idrogeologica e di adattamento dei territori agli effetti dei cambiamenti climatici. 
Invece, l’inconsistenza di azione su questi settori, che si coniuga con la reiterazione delle bugie propalate sia per il tunnel in Val di Susa, che per la Genova/Milano e la Brescia/Padova: almeno 20 miliardi di investimenti.


Soldi che un decisore con la vista lunga e conscio della necessità di spendere le poche risorse ordinando le emergenze italiane avrebbe dovuto bloccare. Almeno su quelle che generano morti.

Negli ultimi ‘30 anni la Rete Sismica Nazionale ha registrato 45 terremoti di magnitudine superiore a 5.0 della scala Richter. L’Italia possiede il primato europeo per fenomeni sismici e su 1.300 sismi dagli effetti distruttivi (superiori all’ottavo grado della scala Mercalli) che sono avvenuti nell’area mediterranea, oltre 500 hanno colpito il nostro Paese. Il punto fondamentale della questione sismica italiana riguarda la fragilità del patrimonio edilizio e infrastrutturale.

L’Italia possiede tutti i dati e le conoscenze per ridurre la vulnerabilità sismica del territorio. L’emergenza primaria italiana è quella di mettere in sicurezza gli edifici che già esistono. Sappiamo che faglie e movimenti tettonici non si possono annullare, ma un’azione di messa in sicurezza diventa prioritaria. Terremoti di magnitudo superiore a 7 scala Richter in Giappone e California generano danni minimi. 
La California è una delle zone a maggior rischio sismico del mondo, si trova lungo la cosiddetta cintura di fuoco del Pacifico, una zona caratterizzata da frequenti terremoti ed eruzioni vulcaniche estesa per circa 40.000 km tutto intorno all’oceano Pacifico.

L’Italia ha un patrimonio edilizio e infrastrutturale estremamente vulnerabile perché realizzato senza seguire criteri antisismici. Nel corso degli anni vi è stata una riclassificazione del territorio italiano in zone di alta, media e bassa sismicità. Per questo motivo abbiamo infrastrutture realizzate con criteri non sismici, perché al momento della progettazione si trovavano in una zona considerata non a rischio, ma che ora si ritrovano situate in zone di media pericolosità, e di conseguenza non rispettano le norme attuali collegate alla progettazione antisismica.


In Italia il 24 agosto 2016 un sisma di magnitudo 6.0, con epicentro vicino Amatrice, porta la morte di 298 persone oltre a danni ingentissimi alle cose. Abruzzo, 6 aprile 2009, terremoto di magnitudo 5.9 colpisce L’Aquila e muoiono 308 persone e la città de L’Aquila viene completamente distrutta. Elevato rischio sismico ed idrogeologico dovrebbero indurre a investire le scarse risorse pubbliche in questi settori, ancor più se si apprende che uno studio di Save the Children dal titolo “Ancora a rischio: Proteggere i bambini dalle emergenze” quantifica in circa quattro milioni e mezzo gli studenti soggetti all’obbligo scolastico che vivono in aree ad alta o medio-alta pericolosità sismica. 76 province su 110 nelle quali si trovano 17.180 edifici scolastici.

La sicurezza degli edifici scolastici non riguarda solo le strutture in zone sismiche: secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, solo il 53,2% delle strutture possiede il certificato di collaudo statico e il 53,8% non ha quello di agibilità/abitabilità. Queste le emergenze colpevolmente ignorate nel mentre si distribuiscono risorse su infrastrutture non assoggettate ad alcuna valutazione. Prendiamo infine atto che il tunnel di base in Val di Susa lungo 57,5 km interessa l’Italia per 12,5 Km. La Francia pagherà il 42,1% del costo totale del tunnel e l’Italia il 57,9%. Tale iniqua attribuzione comporterà un regalo ai francesi da parte dei contribuenti italiani di 2,2 miliardi di euro e un costo unitario a km pari a 280 milioni di euro per l’Italia e 60 milioni per la Francia.

Berlusconi lancia Draghi premier "È lui l'uomo giusto per il Paese"

SI FA COME DICE BERLUSCONI? DRAGHI E' L'UNICO CHE PUO' GUIDARE L'ITALIA VERSO UN NUOVO (DIS)ORDINE MONDIALE. A MAGGIO GIA' SI "PROFETIZZAVA" DI URNE ANTICIPATE. LA MASSONERIA HA FRETTA....  



Mario Draghi è "l'uomo giusto per un incarico di alta responsabilità in Italia". Silvio Berlusconi pensa già al dopo Europee e al rilancio di Forza Italia e del centrodestra in vista di eventuali urne anticipate.


"Ho anche detto in passato, senza consultarlo, che Mario Draghi sarebbe stato l'uomo giusto per un incarico di alta responsabilità in Italia. Lo ribadisco oggi e spero che possa succedere", ha detto il Cavaliere al Mattino di Napoli, "Ma un governo tecnico è fuori discussione: il prossimo governo dev'essere scelto dagli italiani". In ogni caso, avverte, "noi siamo pronti a votare anche domani mattina".

Parlando di Forza Italia, l'ex premier non ha dubbi: "In vista delle prossime elezioni del 26 maggio ci siamo dati due missioni, una in Italia, una in Europa", dice, "In Italia quella di cambiare questo governo che fa male agli italiani per sostituirlo con un nostro governo di centrodestra che faccia ripartire l'economia, gli investimenti e l'occupazione che sollevi i nostri concittadini dall'oppressione fiscale, dall'oppressione burocratica, dall'oppressione giudiziaria che ci affliggono. La seconda in Europa quella di cambiare l'attuale Europa dei burocrati di Bruxelles e dell'austerità ottusa in un'Europa dello sviluppo, sostenitrice dell'economia per far crescere le imprese e l'occupazione, con una politica comune sulle frontiere, sull'immigrazione, sulla ripartizione dei richiedenti asilo che hanno diritto alla permanenza nel continente tra i vari Stati in percentuale alla loro popolazione".

Di Europa il Cavaliere ha parlato anche a Tgcom24: "Mi candido non per passione, ma perché sento il dovere di farlo, come nel '94 contro gli ex comunisti", ha spiegato, "Vado in Europa sperando di avere una messe di voti dagli italiani per spingere il Ppe a rimettersi con le destre, fare cambiare coalizione al Ppe e unificare l'Occidente oggi sgranato e diviso. È nel Ppe che si deciderà il futuro dell'Europa. Oggi Forza Italia è intorno al 12%, molto poco, ma io spero che con me in campo il consenso risalga, aumenti e raddoppi, e mi aspetto un buon successo", e gli italiani devono sapere che "per difendere l'Italia in Europa devono dare il voto a Silvio Berlusconi. Mi aspetto buon successo di Forza Italia e un insuccesso finalmente di M5s e le due cose comporteranno la fine di questo governo e un nuovo governo di centrodestra in cui Forza Italia dovrebbe essere il fulcro, il centro. Noi di Forza Italia siamo gli unici che rappresentano la politica liberale, siamo il presidio dei valori occidentali, siamo il baluardo contro le derive autoritarie, siamo la garanzia della libertà dei cittadini".

Come già ieri in tv, per Berlusconi il governo gialloverde è ormai al capolinea, con Matteo Salvini che ha subìto - ha detto ancora al Mattino - "l'umiliazione di farsi cacciare dal governo un sottosegretario per un semplice avviso di garanzia: passa per l'uomo forte ma non lo è affatto". Per questo il leader azzurro rilancia l'idea di "un'alleanza di centrodestra anche in Europa, con il Ppe, i liberali, i conservatori, la parte responsabile delle destre. "Solo una maggioranza di questo tipo può cambiare davvero l'Europa, e solo noi di Forza Italia siamo in grado di lavorare dall'interno del Partito Popolare, che è la maggiore forza politica in Europa, per realizzarla", spiega, "Per questo dico spesso che il solo voto davvero utile in queste elezioni è quello a Forza Italia".

LO SFRUTTAMENTO A FINI POLITICI DEI BAMBINI FA SCHIFO QUASI QUANTO LA PEDOFILIA. UNA POPPANTE SVEDESE DI 16 ANNI COSA CAPISCE DI "ANTIFASCISMO"? GUARDATE LA RIDICOLA FOTO, AVETE ANCHE IL PERMESSO DI VOMITARE!!!!

Risultati immagini per Greta Thunberg con la maglia antifascista




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MAFIA NIGERIANA: ORA IRRIDE L’ITALIA E SI FA BEFFE DI MONTI E VATICANO

NOME DELL’EX PREMIER USATO IN GERGO MALAVITOSO PER INDICARE I BOSS DEI TRAFFICI FINANZIARI LUCROSI GRAZIE AI BARCONI DI CLANDESTINI NEL CULT ESOTERICO MAPHITE DI ‘AURA’ MASSONICA

DOSSIER DIA: I REATI DELLE CONFRATERNITE AGLI SQUADRISTI PUNITIVI CHIAMATI “MACELLAI” AL VOODOO PER SCHIAVIZZARE PROSTITUTE MINORENNI


__di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___

Centinaia di pagine (568) che nel dossier semestrale della Dia (Direzione Investigativa Antimafia) naascondono anche rivelazioni inquietanti ed imbarazzanti in riferimento ai “cult” come vengono chiamate le consorterie mafiose nate in Nigeria ed oramai largamente diffuse e radicate in Italia anche grazie i patti di reciproca tolleranza con Cosa Nostra in Sicilia e la Camorra in Campania.
Una baby-prostituta in una zona di periferia di una metropoli italiana

Nel Bel Paese si sono anche assai arricchite grazie al traffico di esseri umani, alla riduzione in schiavitù delle prostitute, un terzo delle quali minorenni per l’ennesimo allarme pedofilia, al traffico di ovuli di droga con gruppi di corrieri incensurati persino occidentali ed asiatici, ed ovviamente con tutti i racket di estorsione e rapina che gli ultimi delinquenti della filiera criminale compiono nei quartieri di loro predominio: con una violenza tale da spaventare persino i più spietati mafiosi italiani. Le informazioni sono tali e tante che dovremo dividere il reportage in 2 puntate: la prima sul fenomeno in generale, la seconda sui quattro principali gruppi nel dettaglio e le inchieste più rilevanti su di loro.

In mezzo a questa ridda di feroci bestie africane, mi quereli il primo giudice che ritiene umani individui che violentano e gettano sulla strada fanciulle di 12 anni o vendono gli organi di ragazzini come si è scoperto avvenire a Castel Volturno (Caserta), ci sono malavitosi nigeriani che si distinguono per un’impronta più raffinata che sembra palesare un’espressione esoterica intellettuale altamente selettiva analoga a quello della massoneria occidentale deviata e sovente alleata della mafia.

Non si sa se in omaggio ai sionisti-massonici del gruppo Bilderberg, che potrebbero anche aver incentivato la nascita di queste mafie nere scaturite dai college universitari e non dalla strada, oppure se per gratitudine ad un ex premier assai favorevole ai barconi dei migranti, ricchezza quotidiana di queste organizzazioni criminali nere, o se per farsi beffa dell’Italia giudiziaria, severissima col contribuente italiano sprovvisto di paletta per la deiezione canina ma pietosa con il clandestino armato di machete violento persino contro la polizia, fatto sta che “Mario Monti” è il nome che qualifica il boss responsabile della sezione “trasferimento denaro” all’interno del Maximo Academyc Performance Highly Intelectual Empire.

Il simbolo esoterico dei Maphipe con le mani giunte ed una fiamma accesa evoca il rito d’iniziazione della mafia siciliana del santino bruciato tra le mani

Si tratta del cult nigeriano più noto con l’acronimo Maphite, che ha come simbolo due mani giunte e come “cupola” italiana principale la sezione denominata Famiglia Vaticana… Tutte queste informazioni sconcertanti emergono da un’attenta lettura del Focus inserito nella relazione al Parlamento della Direzione Investigativa Antimafia riferita al II semestre 2018.

Ecco quindi affiorare una marcatura intellettuale originale e capziosa che irride anche quello stesso Stato Pontificio così prodigo di prediche di accoglienza indiscriminata verso i migranti, destinati in buona parte a restare disoccupati, essere sottopagati o diventare complici o schiavi dei Vikings, degli Eye o dei famigerati Black Axe che hanno come simbolo l’ascia e designano con gli inequivocabili nomi di Butchers (macellai) i picchiatori inviati dai Lord per le punizioni punitive contro i militanti inottemperanti alle rigorose regole o le prostitute ribelli.
Malavitosi nigeriani arrestati dalla Polizia a Palermo lo scorso anno

Mentre la sinistra rossa si straccia le vesti per accogliere tutti i clandestini e segnala il rischio di una rinascita dei Fasci di combattimento tra gli estremisti di destra, ecco la DIA che lancia l’allarme su quelli che possiamo ben definire squadristi neri, non per connotazione politica ma di pelle: perché appartenenti alla mafia nigeriana che si è consolidata a tal punto, nel Bel Paese delle toghe rosse buoniste, da assumere i delinquentelli italiani per i lavori più umili come quello di tagliare la cocaina…

In Nigeria, invece, per arginare il fenomeno delle schiave sessuali destinate al meretricio assoggetate col rito esoterico juju, la massima autorità religiosa nazionale del culto Voodoo ha ufficialmente proibito i riti di “maledizioni” ed il Governo da tempo ha recepito l’allarme vietando ogni consorteria universitaria alla stregua di come le società segrete massoniche furono messe al bando insieme alla mafia dal Duce, tanto da costargli non solo la morte senza processo ma pure la gogna pubblica di Loreto. Chiarisco subto, a scanso di equivoci, che non sono affatto xenofobo e non ho pregiudizio alcuno nè contro i buoni africani nè contro i neri onesti, essendo un appassionato lettore delle poesie di Sedar Senghor sulla Negritude ed avendo stimati conoscenti ed amici immigrati di colore. Ma la criminalità è un’altra cosa…


LA DIA IMPEGNATA DAL 2001 COL PROGETTO JUJU

E’ davvero un incubo quello che emerge dal dossier DIA focalizzato sulla criminalità nigeriana. Una tregenda di ramificazioni consolidate da sembrare quasi figlia di un progetto geopolitico più che di un semplice fenomeno di degenerazione malavitosa: ovvero il disegno criminoso internazionale di rendere l’Italia fulcro di una mafia strapotente che sta nascendo grazie alle sempre più frequenti connessioni tra i Cult nigeriani e le famiglie di ‘Ndrangheta calabrese (la più diffusa e forte nel mondo come vedremo in un prossimo reportage), Cosa Nostra siciliana, Camorra campana e consortiere lucane pugliesi. Ma ecco origini, storie, riti sanguinari e voodoo delle nuove mafie nere all’ombra del tricolore…

«Nel 2001, alla luce delle analisi emergenti, il I Reparto della DIA aveva già realizzato il progetto investigativo e di prevenzione denominato “Ju-Ju”, un monitoraggio specifico sulla criminalità nigeriana che produsse utili spunti, poi partecipati agli Uffici investigativi centrali delle Forze di Polizia ed alla Direzione Nazionale Antimafia. Tuttavia, le difficoltà incontrate in tali investigazioni si sono rivelate tendenzialmente superiori se si considera, ad esempio, quanto possa incidere, in termini di speditezza nelle indagini, la traduzione di una lingua straniera che si declina attraverso una miriade di dialetti diversi tra loro, non di rado reciprocamente incomprensibili». Scrivono i funzionari dell’organismo investigativo interforze DIA composto da personale di Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanzia e Polizia Penitenziaria, attualmente diretto dal generale di Divisione dei Carabinieri Giuseppe Governale.


La cover del rapporto semestrale della DIA – Direzione INvestigativa Antimafia

Esattamente come capitò al generale Carlo Aberto Dalla Chiesa e ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nella lotta alla Mafia siciliana il primo nodo «di grande rilievo è l’attenta e precomprensione di una delittuosità, come quella nigeriana, che, se letta per casi singoli, è destinata ad incidere unicamente sulla percezione della sicurezza di una delimitata area territoriale. È necessario, invece, saper leggere il fenomeno nel suo insieme (…) Saperlo comprendere, quindi, come un vero e proprio macrofenomeno, la cui analisi non può prescindere dalla conoscenza delle sue origini e delle sue proiezioni internazionali: esattamente nello stesso modo in cui abbiamo imparato a comprendere e ad affrontare la ‘ndrangheta e le altre mafie storiche autoctone, forti di un know how investigativo consolidato nel tempo e particolarmente competitivo a livello internazionale» rimarca la Direzione Investigativa Antimafia.

L’arrivo di cittadini nigeriani in Italia risale agli anni ’80, perlopiù attraverso flussi migratori irregolari che si diressero, in prima battuta, nel Nord Italia (Veneto, Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna). A fianco ad una comunità nigeriana operosa e desiderosa di integrarsi, iniziarono progressivamente a manifestarsi sacche di illegalità. Espressioni criminali qualificate si verificarono quando vennero intercettati i primi “corrieri” di droga: in Italia, il primo arresto di un narcotrafficante nigeriano risale al 1987. «L’operatività dei primi gruppi “organizzati” venne ad evidenziarsi nei primi anni ’90 anche nel centro-sud, in particolar modo in Campania, nella provincia di Caserta e sul litorale domitio. Spesso irregolari, i cittadini nigeriani sono oggi stanziati su tutto il territorio nazionale dal nord fino al sud, con una presenza importante anche nelle isole maggiori, in particolare a Palermo e Cagliari» nota la Dia.

Il rapporto 2018 elaborato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali riferisce di 103.985 nigerinai regolarmente soggiornanti dei quali 21.422 in asilo da rifugiati. Tra le principali nazionalità non comunitarie, quella nigeriana rileva il più basso tasso di occupazione (il 45,1% a fronte del 59,1% dei non comunitari) ed il più alto tasso di disoccupazione, (il 34,2%, a fronte di una media del 14,9% dei non comunitari). Brutale la sentenza del resoconto: “…Gli indicatori analizzati restituiscono il quadro di un’integrazione dei cittadini nigeriani nel mercato del lavoro italiano non del tutto compiuta. Tali dati sono probabilmente da collegare alle caratteristiche socio-demografiche della comunità ed alla sua storia migratoria…si tratta infatti di una delle nazionalità con una maggiore incidenza di titolari di protezione internazionale…”.

A questo numero va aggiunta quota signifcativa, ma indefinibile, dei circa 90mila irregolari presenti in Italia secondo le ultime statistiche diffuse dal Ministro degli Interni Matteo Salvini. Un dato ritenuto comunque assai parziale, per difetto, rispetto ai conteggi dell’Ismu che indicano la componente di migranti irregolari in Italia in 533mila (cui vanno comunque sottratti almeno i circa 270mila gia emigrati in altri paesi Ue).


MALEDIZIONE COL VOODOO CONTRO LE SCHIAVE SESSUALI

L’analisi degli investigatori antimafia comincia rimarcando l’importanza dei collaboratori di giustizia «che hanno deciso di rompere il muro di omertà, fornendo importanti indicazioni sulla struttura e sul modus operandi dei sodalizi, dal reclutamento degli affiliati fino alla realizzazione delle attività illecite» rendendo possibile la conclusione delle indagini con ecine e decine di arresti. Peccato che il “focus” dell’Antimafia manchi di dati statistici come quelli esposti sulle mafie nostrane. Gli investigatori rammentano il rilievo dell’art. 18 del Decreto Legislativo n. 286/1998 che consente alle donne vittime di tratta di poter ottenere un permesso di soggiorno per motivi umanitari in quanto, come già detto, i settori più reddizi delle mafie nere sono quello dell’immigrazione clandestina, del traffico di esseri umani e della prostituzione.


Una giovanissima prostituta nigeriana in Italia

«A tal riguardo assume sicuramente rilievo un’importante iniziativa, presa il 9 marzo 2018, a Benin City (Stato di Edo) dall’Oba (re in lingua yoruba) Eware II, massima autorità religiosa in Nigeria (un re spirituale secondo la popolazione devota al culto animista Voodooo – ndr), il quale, per arginare il fenomeno delle donne sfruttate sessualmente in Europa ed assoggettate ai riti voodoo e juju, ha emesso un editto in cui vieta tutti i riti di giuramento che vincolano con maledizioni terribili le ragazze che accettano o cadono nella rete dei trafficanti di esseri umani. L’editto ha imposto ai native doctors dello Stato di Edo di annullare tutte le maledizioni e i giuramenti posti sulle vittime di tratta, lanciando, nel contempo una maledizione su coloro che costringessero ancora le vittime a prestare giuramento» riferisce la Dia.

A ciò ha fatto seguito un provvedimento politico: «Il 23 maggio successivo, come conseguenza, il governatore dello Stato di Edo, Godwin Obaseki ha firmato una legge per il divieto, la prevenzione e la punizione del traffico di esseri umani. È un’iniziativa che assume una rilevanza ancora maggiore se si tiene anche conto dei dati raccolti dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (O.I.M.)1403 nel recente Rapporto realizzato presso i luoghi di sbarco in Italia, nell’ambito dei progetti Assistance e Aditus, finanziati dal Ministero dell’Interno tramite il Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (FAMI)».

Nel 2016 l’OIM ha fornito nei Paesi dell’Unione Europea, in Svizzera e in Norvegia assistenza diretta a 768 casi di vittime di tratta, di cui 390 donne, 116 uomini e 262 minori. Si tratta di un dato molto significativo, in quanto evidenzia come la maggior parte delle vittime assistite siano proprio di nazionalità nigeriana (pari al 59%), seguite da Bulgaria (11%), Romania (8%), Ungheria (3%) e Thailandia (2%). Ma rivela pure che quasi un terzo sono minorenni…


I CULTS: CONFRATERNITE FIORITE NELLE UNIVERSITA’


«Le organizzazioni criminali nigeriane traggono la loro origine da una vera e propria degenerazione delle confraternite (cults), fondate, sul modello americano, nelle Università della regione del Delta del Niger, fin dagli anni ’50 dello scorso secolo, con lo scopo di diffondere messaggi di pace e di rispetto, condannando qualsiasi azione e forma di razzismo e di apartheid. In tempi molto brevi, tuttavia, le confraternite si evolvevano in organizzazioni criminali espandendosi anche fuori i confini delle stesse Università». Evidenziano gli investigatori in riferimento a movimenti culturali che per la loro connotazione esoterica ed occulta ricordano molto anche le società segrete massoniche, dagli Illuminati di Baviera fino alla alla Loggia Madre di Charleston ed al Supremo Consiglio di Rito Scozzese Antico Accettato, di cui divenne gran maestro negli Usa Albert Pike, tra i fondatori del Ku Klux Klan.





La prima confraternita censita fu quella che prese il nome di Pyrates, che a seguito di una scissione diede vita, negli anni ’70, a due gruppi distinti i Sea Dogs e i Buccaneers. Poi tali gruppi diedero vita al Neo Black Moviment Of Africa trasformatosi poi in un altro che, ben presto, divenne egemone all’interno dell’Università di Benin City (Stato di Edo), dal nome di Black Axe Confraternity. Anche questi ultimi, poi, vennero interessati da una scissione interna, da cui prese origine la Eiye Confraternity.

«Negli anni ‘80 le confraternite si diffusero nelle Università nigeriane e, nel 1984, un ex-membro della confraternita dei Buccaneers fondò la Supreme Vikings Confraternity (conosciuta come Adventurers o Denorsemen Club Of Nigeria) – rimarca il dossier Dia – Nel 1999, con l’avvento della democrazia, la Nigeria fu colpita da lotte interne tra i vari partiti politici, ognuno dei quali, pur di affermarsi in occasione delle tornate elettorali coinvolse anche le confraternite universitarie, non solo per ottenere consensi ma utilizzandone i componenti come guardie del corpo, spesso integrate nelle Forze di polizia locali».


Il simbolo dell’organizzazione malavitosa Black Axe, l’ascia nera che rompe le catene

Con il passare del tempo le confraternite uscirono dal mondo universitario acquisendo sempre potere infiltrandosi nel mondo economico, politico e sociale nazionale. I metodi violenti usati indussero il legislatore nigeriano a vietarne la costituzione. Grazie anche alle pressioni internazionali, nel 2001 il Governo Federale della Nigeria ha emanato il “Secret cult and Secret Society Prohibition Bill che ha introdotto il “reato costituzionale” di creazione o partecipazione a qualsiasi attività dei secret cults. Ma era ormai troppo tardi: «Ancora oggi in Nigeria i cult e le confraternite sono molto presenti e ben radicate» stigmatizzano gli investigatori. Acquisita ormai una vera e propria connotazione criminale, i cults hanno dimostrato sin da subito la capacità di fare affari con altre consorterie al di fuori della Nigeria, espandendosi all’estero, in quasi tutti i Paesi europei, soprattutto in Italia, nel Nord e nel Sud America, in Giappone e in Sud Africa.

«Permeata da uno spiccato associazionismo, in cui interagiscono diversificati centri di interesse, la criminalità nigeriana si è sviluppata al di fuori della madrepatria, sfruttando i flussi migratori – aggiunge la Dia – La documentazione giudiziaria ed informativa degli ultimi anni evidenzia gli ampi margini di operatività dei sodalizi nigeriani attivi in Italia, dal traffico internazionale e lo spaccio al minuto di sostanze stupefacenti alle estorsioni soprattutto in danno di cittadini africani gestori di attività commerciali, all’induzione ed allo sfruttamento della prostituzione, al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, alla falsificazione di documenti, alla contraffazione monetaria, alla tratta di esseri umani e riduzione in schiavitù, alle truffe e frodi informatiche, ai reati contro la persona e contro il patrimonio. Le modalità di azione criminale, i collegamenti transnazionali, il vincolo omertoso che caratterizza gli associati e il timore infuso nelle vittime, hanno peraltro fatto luce, nel tempo, su un agire sotto molti versi simile alle metodiche mafiose. Tutti questi gruppi sono, infatti, organizzati in maniera verticistica al cui interno ognuno riveste il proprio ruolo».

L’accesso prevede un vero e proprio rito di affiliazione e l’obbligo al pagamento di una sorta di “tassa di iscrizione”, al finanziamento della confraternita chiamata a provvedere, come tutte le organizzazioni criminali di spessore, al sostentamento delle famiglie degli affiliati detenuti, secondo un vincolo di assistenza previdenziale. «Costituiscono un fattore di coesione molto elevato le ritualità magiche e fideistiche, che, unite al vincolo etnico e alla forte influenza nella gestione da parte delle lobby in madrepatria, produce una forma di assoggettamento psicologico molto forte» rimarcano i funzionari dell’Antimafia ma è l’impronta punitiva a caratterizzare queste consorterie africane.





«L’uso della violenza fisica è la principale forma di punizione per le violazioni delle regole interne: non a caso un ruolo importante viene rivestito, nel cult Eiye, dalle figure dell’Eagle (“aquila”, capo dei picchiatori), nei Black Axe, dai Butchers (macellai) o Sluggers (picchiatori). La violenza è generalmente indirizzata verso connazionali – di solito donne costrette all’esercizio della prostituzione e uomini restii a farsi affiliare o adepti inottemperanti – che difficilmente ricorrono alla giustizia, anche perché quasi mai riescono a percepirsi come vittime di reato».


TUTTA COLPA DELL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA


Un barcone carico di migranti che arrivano in gran parte dalla Nigeria

«Ovviamente esiste un legame tra il fenomeno migratorio irregolare, la tratta di persone e lo sfruttamento sessuale. In tale ambito l’organizzazione criminale controlla l’attività delittuosa in tutte le sue fasi, dal reclutamento fino all’invio delle donne nei Paesi al di fuori del territorio africano e alla messa su strada. Un processo criminale attuato attraverso modalità e fasi ben precise. L’immigrazione irregolare si è rivelata, pertanto, un’occasione propizia per il compimento di gravissimi reati come la tratta di persone prevalentemente a scopo di sfruttamento sessuale, commessa nella maggior parte dei casi in danno di ragazze in giovanissima età». Si legge nel dossier dove si ricorda come la tratta di esseri umani costituisce un crimine transnazionale, in tal senso definito dall’art. 3 del “Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini”.




«Stando a quanto emerso nel corso di recenti inchieste, coordinate da diverse Procure Distrettuali nazionali, il “trafficante” delle vittime di tratta è parte di una “rete” criminale transnazionale radicata nei Paesi di origine dei flussi migratori, ove realtà caratterizzate da estrema povertà o da contesti socio-politici instabili diventano fattori di attrazione per le organizzazioni criminali dedite a tali attività illecite – scrive la Dia – Si tratta di sodalizi strutturati in “cellule” operanti nei singoli Paesi interessati dalla “filiera” criminale, ognuna delle quali interviene all’occorrenza, occupandosi di una determinata “fase” che caratterizza la tratta. Il reclutamento avviene normalmente nel Paese di origine. Le giovani donne – reclutate in buona parte nello Stato di Edo, intorno alla capitale Benin City, ove sarebbero presenti articolate strutture operative e logistiche – risentono della situazione di assoluta precarietà economica unita alla speranza di trovare all’estero migliori condizioni di vita, inducendo spesso le proprie famiglie a rivolgersi a persone collegate con le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico».





L’avvicinamento e l’opera di convincimento avvengono attraverso una donna, madame o maman in gergo, che ha la funzione di reclutatrice nel convincere le ragazze interessate all’espatrio con false promesse di lavoro, per poi consegnarle a chi materialmente le porterà in Europa e, quindi anche in Italia. La madame assume così un ruolo centrale, stabilendo un legame molto stretto con le giovani donne, basato su riti di iniziazione chiamati “juju”, simili al voodoo, propri della cultura yoruba con vero e proprio giuramento di fedeltà all’organizzazione e alla mamam stessa pena la morte anche dei propri cari. La durata del viaggio via terra risulta essersi allungata a causa delle lunghe rotte africane che si concludono nei Paesi rivieraschi.





«Da lì le vittime sono poi introdotte clandestinamente in Italia e costrette, con minacce e violenze fisiche e psicologiche, ad esercitare il meretricio lungo le strade delle nostre città, sotto lo stretto controllo dei membri delle organizzazioni. Il sistema criminale nigeriano si fonda sulla schiavitù da debito (debt bondage) che obbliga le vittime a sottostare a gravi forme di sfruttamento per poter saldare cifre molto alte di denaro in cambio della loro libertà – rimarca la Dia – Nella maggior parte dei casi, poi, il debito continua ad aumentare a causa dell’obbligo di sostenere costi inizialmente non pattuiti (per l’affitto del posto letto, per le bollette, per il cibo, per i vestiti). Le malcapitate sono costrette a pagare il prezzo, alla madame di riferimento, anche per l’utilizzo del luogo pubblico di meretricio, in gergo chiamato joint. Il ricavato consente alla madame di ricevere velocemente il plusvalore dell’investimento effettuato con l’acquisto delle donne e di reinvestire nuovamente il capitale, attraverso anche un ricambio continuo di ragazze ampliando cosi il proprio raggio di azione». Un giro d’affari turbinoso e senza fine sui corpi di ragazze povere ed illuse da allettanti campagne di emigrazione.


LE MINACCE DI MORTE AI FAMILIARI DELLE SCHIAVE

A differenza di altri gruppi le nigeriane continuano ad essere le principali vittime della tratta anche per le fondate minacce di morte ai parenti in patria che le dissuade dalla denuncia. Nonostante ciò questo è accaduto ed ha consentito alle forze di polizia di smantellare varie cellule in tutta Italia. Dal 2014 al 2019 sono stati rilasciati, complessivamente, 580 titoli di soggiorno per motivi umanitari di protezione sociale per le vittime di reati. Pochi in relazione ai




Tra le principali operazioni messe a segno contro la mafia nigeriana la Direzione Investigativa richiama «l’operazione “Trafficking”, eseguita dalla Polizia di Stato, a Palermo, nel marzo 2018» con l’arresto di 4 nigeriani e 2 maman per sfruttamento della prostituzione di giovani donne. Quella denominata “Mommy”, conclusa nel mese di maggio 2018 dalla Questura di Napoli: arrestati 5 nigeriani e un napoletano «per associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, anche minorile, al favoreggiamento all’ingresso clandestino di cittadini stranieri, nonché alla riduzione in schiavitù, con l’aggravante della transnazionalità».





«Le indagini, coordinate dalla DDA di Napoli, sono state avviate nell’aprile del 2016 in seguito a una denuncia sporta da una minorenne nigeriana, la quale aveva raccontato, agli inquirenti, di essere arrivata in Italia con un barcone, insieme ad altri 140 connazionali, transitando per la Libia. Sbarcata sulle coste siciliane, era stata prelevata e accompagnata, con una sua amica, a Giugliano (NA), dove entrambe erano state consegnate a una madame e costrette a prostituirsi per pagare un debito di 30 mila euro, per riscattare la propria libertà. Anche in questo caso, la vittima ha raccontato come, prima di lasciare il suo villaggio a Benin City, fosse stata sottoposta al rito ju-ju» riporta il dossier Dia.

Tali forme rituali continuano ad essere riscontrate anche nel nord del Paese come emerso dall’operazione “Voodoo Girls”, conclusa nel mese di aprile del 2018 dalla Polizia di Stato di Cuneo con l’arresto di sei nigeriani (4 donne e 2 uomini), di un sodalizio perlopiù femminile, stanziato a Torino, impegnato nel reclutamento di giovani connazionali direttamente nei villaggi rurali della Nigeria.

Più recente l’operazione “Maman”, conclusa il 13 giugno 2019 tra Palermo, Napoli, Dervio (LC) e Bergamo, dalla Guardia di Finanza palermitana con il fermo 4 soggetti di nazionalità nigeriana, liberiana ed italiana, tra i quali 35enne maman del capoluogo siciliano.


LA DROGA A GRAPPOLO E GLI AFFARI CON LA CAMORRA

Il settore del trafficking risulta strettamente connesso con quello degli stupefacenti: la criminalità nigeriana sembra utilizzare opportunisticamente gli stessi canali e le medesime strutture per i diversi “servizi” criminali, operando, ormai da tempo, come fornitrice, mediatrice ed organizzatrice dei traffici di droga anche in molti Paesi europei ed extraeuropei.

«La criminalità nigeriana adotta una particolare tecnica di trasporto “a grappolo” o “a pioggia”, che coinvolge un gran numero di corrieri incaricati di trasportare quantità relativamente piccole di stupefacenti – spiegano gli investigatori nel dossier – Questi, spesso ingoiatori di ovuli contenenti la droga o occidentali incensurati (meno soggetti a controlli), utilizzano differenziate rotte d’ingresso, aeree, marittime e terrestri, anche attraverso autobus privati di linea diretti verso il nord Europa (in tal ultimo caso l’occultamento avviene all’interno di bagagli privi di ogni elementi identificativo). In questo modo l’eventuale arresto di un corriere consente comunque all’organizzazione criminale di limitare al massimo le perdite, pur mantenendo alto il livello complessivo dei quantitativi di droga trafficata».




Nel nostro Paese le aree maggiormente interessate dai flussi di stupefacente gestiti dai gruppi nigeriani sono la provincia di Caserta e Palermo, mentre, nel nord, il Veneto, la Lombardia, il Piemonte e l’Emilia Romagna. Per la gestione dei traffici di stupefacenti, la criminalità nigeriana si è ritagliata, nel nostro Paese, un proprio “microcosmo”, tendenzialmente avulso da contrapposizioni con la criminalità organizzata autoctona, instaurando una sorta di “convivenza” reciprocamente accettata.


L’area di Castel Volturno, nel casertano, fortemente inquinata dalla presenza del clan dei Casalesi, può essere sicuramente considerata, da almeno tre decenni, proprio l’espressione della coesistenza tra gruppi camorristici e criminalità nigeriana, Quest’ultima è riuscita ad imprimere a quel territorio – già di per sé connotato da forti criticità – l’immagine, anche a livello mediatico, di una sorta di free zone – quale punto nevralgico dei traffici internazionali di droga e della massiva gestione della prostituzione su strada – favorita, nel tempo, anche dalla disponibilità alloggiativa, talvolta abusiva, da parte di proprietari del posto senza scrupoli.




La coesistenza tra i clan della camorra casertana e i nigeriani (o comunque i cittadini africani stanziati sul litorale domitio) non è stata mai, tuttavia, indolore. Già nel 1986 erano stati registrati ferimenti di cittadini centro africani sulla via Domitiana. Le conflittualità culminarono nella “Strage di Pescopagano”, frazione del Comune di Castel Volturno (CE), avvenuta il 24 aprile 1990, quando, sotto i colpi del clan mondragonese dei La Torre, rimasero uccise 5 persone (un italiano e 4 cittadini extracomunitari), vicino e dentro ad un bar; altre 7 persone rimasero gravemente ferite. Le indagini evidenziarono che gli esecutori agirono per conto dei Bardellino, al fine di eliminare la presenza di extracomunitari dediti allo spaccio di stupefacenti sul litorale domitio.

LA MAFIA NIGERIANA CON UN FATTURATO MILIONARIO

In tale contesto, l’operazione “Restore freedom” (aprile 2003), coordinata dalla DDA di Napoli, costituisce un caposaldo dell’azione di contrasto, atteso che per la prima volta è stata giudiziariamente individuata l’esistenza di un’organizzazione di matrice mafiosa nigeriana sul territorio nazionale. Nell’occasione vennero arrestati 32 soggetti (nigeriani e ghanesi), appartenenti ad una struttura criminale che, con metodi di tipo mafioso, provvedeva all’ingresso clandestino in Italia ed in altri Paesi europei di giovani nigeriane, anche minorenni, da avviare al mercato della prostituzione, su tutto il litorale domitio sino a Giugliano in Campania (NA). Tra gli arrestati, ben 19 erano le cosiddette madame, riunite in associazioni (Sweet Mother A., Supreme Ladies A., Great Binis A.), mentre gli uomini spesso erno solo autisti.


E’ stato il Gip del Tribunale di Napoli, in un’ordinanza, a rilevare il colossale giro d’affari: “…a testimonianza della rilevanza economica del fenomeno in esame, si sottolinea che l’analisi condotta attraverso il monitoraggio di una sola delle agenzie della Western Union di Castel Volturno, tramite la quale vengono effettuate le rimesse di denaro verso la Nigeria ed il Ghana, per i pagamenti delle ragazze, nonché per il trasporto delle stesse in Europae, anche, per il finanziamento delle famiglie originarie in Nigeria, ha consentito di accertare, nell’arco di due anni, il 2000 ed il 2001, un flusso economico pari a 250 milioni di lire per l’anno 2000 e di lire 750 milioni per l’anno 2001, che, ovviamente, costituisce solo uno spaccato del complessivo volume d’affari della citata organizzazione mafiosa”.-

«Venendo ai nostri giorni si può affermare, per l’area domitiana, che il ridimensionamento del clan Bidognetti su quel territorio ha lasciato spazi di manovra alle organizzazioni mafiose di matrice nigeriana che non solo gestiscono il traffico di stupefacenti, ma anche la tratta di esseri umani, da avviare alla prostituzione, mediante gravissime forme di intimidazione, esercitate con l’agire tipicamente mafioso, peraltro sancito da condanne definitive» recita il dossier dell’organismo antimafia interforze. Un recente esempio di (almeno apparente) coesistenza tra matrici mafiose autoctone e nigeriane si rinviene anche nell’area palermitana, dove le storiche famiglie mafiose manterrebbero il controllo delle attività nelle zone di rispettiva competenza, tollerando la presenza di gruppi stranieri organizzati per lo sfruttamento della prostituzione e il traffico di sostanze stupefacenti. Cosa nostra, pressata da esigenze contingenti, e da sempre caratterizzata da un’opportunistica flessibilità, potrebbe essersi adattata alla nuova realtà evitando conflitti.




È importante sottolineare come non di rado la criminalità nigeriana si sia avvalsa di quella comune italiana, sfruttata come manovalanza con il compito di tagliare e spacciare al minuto la droga importata dall’estero oppure come corrieri nell’ambito dei territori cittadini.

Negli anni, è emersa anche una sostanziale non belligeranza – a volte con tratti di sinergia – da parte delle organizzazioni criminali nigeriane ed albanesi nel campo dello sfruttamento della prostituzione, particolarmente nel Triveneto ed in Campania, ove si è rilevata, sullo stesso territorio, la presenza di giovani donne appartenenti ad entrambe le nazionalità.


I 4 PRINCIPALI CULTS CON I MAPHITE “FANS” DI MONTI



Il paragrafo di pagina 537 del dossier Dia dove si parla dei soprannomi dei collaboratori del boss facendo riferimento all’ex premier Monti


Terminata l’introduzione generale la relazione si focalizza sulle caratteristiche e sulle indagini sui singoli cults a connotazione mafiosa attivi in Italia che sono principalmente quattro: – The Supreme Eiye Confraternity; Black Axe; Maphite; Vikings. Ad essi si affianca una serie di gruppi cultisti minori (Buccaneers, Aye ed altri), la cui presenza è stata delineata nel nostro Paese, oltre che dalle indagini, anche dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Vedremo nel prossimo reportage i curiosi nomi scelti da MAPHITE che ha chiamato Famiglia Vaticana la sezione che controlla l’Emilia Romagna ed il centroitalia, è dotata di una struttura d’intelligence chiamata DIC ed utilizza il nome “Mario Monti” per indicare uno dei sette collaboratori del Don, il boss ogni famigli di evidente reminescenza mafiosa siciliana, suddivisi per i settori di attività illecita. Il Mario Monti di ogni Famiglia è ovviamente quello addetto al trasferimento di denaro.


L’ex premier Mario Monti, presidente del Consiglio incaricato dal presiente del Consiglio dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013

«Ci si trova così di fronte ad una mafia, tribale e spietata, difficile da decifrare nelle dinamiche interne, che dal Nord Italia si è progressivamente diffusa su tutto il territorio nazionale, fino in Sicilia, dove ha trovato un proprio spazio, anche con il sostanziale placet di Cosa Nostra» rimarcano gli investigatori.

«L’analisi proposta restituisce l’immagine di una criminalità nigeriana che nonostante la pluralità dei gruppi (cults) che la compongono, si presenta compatta e con una fisionomia del tutto peculiare – conclude la Dia nel dossier – Si tratta di cults che nel tempo sono stati in grado non solo di avviare importanti sinergie criminali con le organizzazioni mafiose autoctone, ma di diventare essi stessi associazioni di stampo mafioso perseguibili ai sensi dell’art.416 bis c.p..

E la Corte di Cassazione non ha mancato di sottolineare, in più occasioni, i tratti tipici di quella che giudiziariamente è stata qualificata come “mafia nigeriana”: il vincolo associativo, la forza di intimidazione, il controllo di parti del territorio e la realizzazione di profitti illeciti. Il tutto, sommato ad una componente mistico-religiosa, a codici di comportamento ancestrali e ad un uso indiscriminato della violenza, che in molti casi ha addirittura impressionato gli stessi mafiosi italiani». Alla faccia dei fans dell’immigrazione indiscriminata… (continua)


Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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