LA SCUSA DELL'ANTISEMITISMO PER TAPPARE LA BOCCA AI CRITICI E' GENIALE. QUELLO CHE MANCA ALLA POLITICA ITALIANA E' LA COERENZA E IL CORAGGIO. LA SINISTRA LO DIMOSTRA....
La deputata statunitense Ilhan Omar
Nel suo romanzo “1984”, George Orwell ha coniato l'espressione "neolingua" per descrivere l'uso ambiguo o deliberatamente fuorviante del linguaggio allo scopo di fare propaganda politica e limitare le "opzioni di pensiero" di coloro cui ci si rivolge. Nel contesto del discorso politico di oggi, o di quanto passa per tale, sarebbe interessante sapere cosa Orwell penserebbe dell'uso attuale del termine “antisemitismo" come strumento tattico per chiudere la bocca ai critici, impiegato per porre fine a ogni disputa attraverso la condanna dell’interlocutore mettendolo ai margini, come fosse un mostro da consegnare per sempre alla derisione e all'oscurità.
Gli israeliani e, certamente, molti ebrei della diaspora sanno esattamente come l'espressione sia utilizzata con precisione militare. L'ex ministro israeliano Shulamit Aloni ne ha spiegato il meccanismo: "antisemita" ... "è un trucco, lo usiamo sempre".
Leggendo i media mainstream statunitensi, che riportano quasi sempre il punto di vista istituzionale ebraico, si potrebbe pensare che ci sia stato un drammatico crescendo dell'antisemitismo in tutto il mondo, ma tale affermazione è errata. Ciò che è avvenuto non è un aumento dell’odio verso gli ebrei, ma piuttosto una confluenza di due fattori.
Il primo fattore è il fatto innegabile che Israele si comporta veramente male, anche in relazione ai suoi standard particolarmente bassi. Il massacro dei palestinesi a Gaza è stato insolitamente sotto gli occhi di tutti, nonostante i tentativi dei media di evitare di menzionarlo; il suo appoggio ai terroristi in Siria e gli attacchi contro quel paese hanno sollevato anche domande sulle intenzioni dell’attuale regime cleptocratico di Tel Aviv di realizzare un attacco all'Iran. E siccome Israele si autodefinisce “Stato ebraico”, la negativa percezione di Israele solleva inevitabilmente delle domande anche sulla comunità ebraica internazionale che lo appoggia incondizionatamente. Ma il cambiamento di percezione è prodotto dal comportamento israeliano, non dagli ebrei in quanto etnia o religione.
In secondo luogo, il presunto aumento degli incidenti antisemiti dipende in gran parte da come essi vengono definiti. Israele e i suoi amici hanno lavorato intensamente per ampliare i parametri della discussione, per fare sì che ogni critica a Israele o ai suoi comportamenti venisse considerata come un crimine di odio o, ipso facto, una manifestazione di antisemitismo. La definizione operativa fornita dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti dell’antisemitismo include "... prendersela con lo Stato di Israele", avvertendo che l'antisemitismo è un reato. La legislazione più recente a Washington, e anche in Europa, ha criminalizzato i tentativi finora legali e non violenti di esercitare pressioni su Israele per sanzionare la sua disumanità nei confronti dei Palestinesi. La critica legittima a Israele diventa quindi nello stesso tempo antisemita e criminale, contribuendo all’aumento dei cosiddetti incidenti antisemiti. Ciò significa che i numeri salgono inevitabilmente, alimentando una risposta repressiva.
Si potrebbe aggiungere che Hollywood, i media mainstream e il mondo accademico hanno contribuito ad alimentare l’idea di una crescita dell'antisemitismo, sommergendoci con un torrente senza fine di documenti finalizzati a togliere di mezzo i presunti antisemiti e i cosiddetti negazionisti dell'olocausto, contemporaneamente esaltando Israele e sui suoi successi. Deborah Lipstadt, professore di studi sull’olocausto, ha scritto un libro, Antisemitism: Here and Now, su ciò che ella considera il nuovo antisemitismo, affermando che esso sta crescendo sia in Europa che negli Stati Uniti. C'è anche un film sul suo scontro con il critico dell'olocausto David Irving, che si intitola Denial .
Tutta la copertura mediatica sul cosiddetto antisemitismo ha un obiettivo politico, intenzionale o meno, che è quello di tenere indenne lo Stato di Israele da ogni critica e di attribuire a tutti gli ebrei uno status di vittime perpetue che consente a molti della diaspora di sostenere, senza doverne rendere conto a nessuno, gli interessi di un paese straniero (Israele), contro quelli del paese in cui sono nati, cresciuti e hanno fatto fortuna. Si chiama doppia lealtà e, nonostante le frequenti smentite da parte degli apologeti israeliani, è frequente tra gli ebrei statunitensi che amano lo Stato ebraico, compresi alcuni esponenti dell’amministrazione Trump, come Jason Greenblatt, David Friedman e Jared Kushner.
La scorsa settimana, un membro del Congresso neoeletto è stato deriso, insultato e poi costretto a ritrattare e a scusarsi per aver detto qualcosa che è manifestamente vero: il denaro ebraico corrompe il sistema politico statunitense per favorire Israele. La polemica è scoppiata dopo che il leader della minoranza repubblicana della Camera, il repubblicano Kevin McCarthy, ha dichiarato che avrebbe avviato indagini su due donne musulmane del Congresso, Rashida Tlaib del Michigan e Ilhan Omar del Minnesota, per le loro critiche nei confronti di Israele. McCarthy ha chiesto che le due fossero denunciate dal Partito democratico come antisemite, dopo che Tlaib aveva detto che i fautori del progetto di legge intendevano avvantaggiare Israele limitando la libertà di parola: "... hanno dimenticato quale paese rappresentano. Negli Stati Uniti il boicottaggio è un diritto e fa parte della nostra storica tradizione di lotta per la libertà e l'uguaglianza. Forse un aggiornamento sulla nostra Costituzione degli Stati Uniti è necessario, ma nella direzione di una maggiore apertura del vostro governo, non per ridurre i nostri diritti".
In effetti, Tlaib aveva ragione di dire che i lobbisti israeliani eletti al Congresso hanno da tempo dimenticato che loro dovere sarebbe quello di difendere la Costituzione degli Stati Uniti, promuovendo al tempo stesso gli interessi dei loro elettori e non quelli di un paese distante settemila miglia. Glenn Greenwald di Intercept ha replicato alla notizia della minaccia di McCarthy con un tweet "È incredibile quanto tempo i leader politici statunitensi dedicano alla difesa di una nazione straniera, anche se ciò significa attaccare i diritti di libertà di parola degli Statunitensi". Ilhan Omar ha quindi twittato la propria risposta piccata a Greenwald domenica 10 febbraio: "E’ questione di Benjamins, baby!" riferendosi al ritratto del fondatore Benjamin Franklin che campeggia sulle banconote da cento dollari. Il suo commento è stato subito interpretato come un’accusa rivolta a McCarthy di essere stata comprata dagli ebrei. Poi ha risposto, alla domanda su chi l’avesse comprata, twittando: "AIPAC", e questo ha fatto sì che qualcosa come una tempesta di merda di accuse di antisemitismo le si rovesciasse addosso.
Si è prodotta un’autentica indignazione, coi leader politici di entrambi i partiti che facevano freneticamente a gara a chi la sparava più grossa. Anche se è del tutto legittimo per un membro del Congresso della commissione per gli affari esteri contestare quello che fa l'AIPAC e chiedersi da dove prende il suo denaro, il presidente della Camera Nancy Pelosi si è lamentato del fatto che Omar "ricorra a luoghi comuni antisemiti e a pregiudizi contro i sostenitori di Israele", cosa "profondamente offensiva." Chelsea Clinton ha accusato Omar di "traffico di antisemitismo". Il presidente Donald Trump, che ha ammesso che la sua politica in Medio Oriente è destinata a servire interessi israeliani piuttosto che statunitensi, è intervenuto anche lui, dicendo: "Penso che dovrebbe dimettersi dal Congresso o almeno dimettersi dalla Commissione Affari Esteri della Camera".
Ilhan Omar ha subito capito di avere toccato un filo elettrico, si è arresa e ha ritrattato. Si è scusata lunedì pomeriggio, 18 ore dopo il suo primo tweet, dicendo "L'antisemitismo è reale e sono grata agli alleati e ai colleghi ebrei che mi stanno istruendo sulla dolorosa storia dei luoghi comuni antisemiti. La mia intenzione è di non offendere mai i miei elettori o gli ebrei statunitensi nel loro complesso. Dobbiamo sempre essere disposti a fare un passo indietro e riflettere sulle critiche, così come mi aspetto che le persone mi ascoltino quando gli altri mi attaccano per la mia identità. Questo è il motivo per cui chiedo scusa senza equivoci". Ma ha anche scritto coraggiosamente: "Allo stesso tempo, riaffermo il ruolo problematico dei lobbisti nelle nostre politiche, che si tratti dell'AIPAC, dell'ANR o dell'industria dei combustibili fossili. Dura da troppo tempo e dobbiamo essere disposti ad affrontarlo".
Pelosi ha approvato le scuse. La senatrice Amy Klobuchar, una democratica del Minnesota candidata alla presidenza nel 2020, è intervenuta dicendo che tutti sanno quanto ella ami Israele, aggiungendo: "Sono felice che si sia scusata. Era la cosa giusta da fare. Non c'è proprio spazio per questo tipo di parole. Penso che Israele sia il nostro faro di democrazia. Sono stata una forte sostenitrice di Israele e non cambierò mai. "
Due giorni dopo, una mozione presentata dal deputato Lee Zeldin di New York è passata con 424 voti contro 0. Era specificamente destinata a servire come monito a Omar. Afferma che "è nell'interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti combattere l'antisemitismo in tutto il mondo perché ... c'è stata una quantità significativa di odio antisemita e anti-israeliano che deve essere fortemente condannato".
Nonostante i voti del Congresso che professano amore per Israele, è un fatto che vi sia una continua e massiccia corruzione del governo USA in favore di Israele. Tutto ciò ad opera di quella che viene eufemisticamente chiamata Lobby israeliana, anche se è in gran parte ebraica e si vanta apertamente del suo potere quando parla con i suoi amici più stretti, e di come il suo denaro influenzi le decisioni prese a Capitol Hill e alla Casa Bianca. Il suo budget complessivo supera il miliardo di dollari l'anno e comprende gruppi di pressione come l'American Israel Public Affairs Committee (AIPAC) che, da sola, ha realizzato entrate per 229 milioni di dollari nel 2017, pagando più di 200 dipendenti. Esiste solo per promuovere gli interessi israeliani a Capitol Hill e in tutti gli Stati Uniti con un esercito di lobbisti. Le sue attività consistono soprattutto nell’utilizzo, discutibile dal punto di vista legale, di fondi per pagare viaggi di “orientamento” a Israele, regalati a tutti i nuovi membri del Congresso e ai loro coniugi.
McCarthy e gli altri tirapiedi del Congresso hanno deliberatamente rigirato la frittata sostenendo che Ilhan Omar avesse affermato che ella aveva personalmente ricevuto denaro da fonti filo-israeliane e che il denaro aveva influenzato il suo voto. Ebbene, le cose stanno proprio così ed è stato anche documentato tre anni fa dal rispettato Foreign Policy Journal, che ha pubblicato un pezzo intitolato "Il miglior Congresso che l'AIPAC può acquistare", e più recentemente da un’inchiesta investigativa di al-Jazeera con l’utilizzo di una telecamera nascosta.
E Kevin McCarthy riceve effettivamente denaro dai PAC israeliani - $ 33.200 nel 2018. Le somme destinate a ciascun membro del Congresso dipendono dal loro valore attuale o potenziale per Israele. Il senatore Robert Menendez del New Jersey, completamente corrotto ed entusiasta, ha ricevuto $ 548.507 nel 2018. Alla Camera, Beto O'Rourke del Texas ha ricevuto $ 226,690. I numeri non includono i contributi individuali inferiori a $ 200, che sono incoraggiati dall'AIPAC e possono essere considerevoli. In generale, i membri del Congresso ricevono in media oltre $ 23.000 dalle principali organizzazioni pro-Israele mentre i senatori ottengono $ 77.000.
Ma, naturalmente, non tutto si esaurisce con le donazioni dirette. Se un membro del Congresso è ostile a Israele, i soldi si muovono nella direzione opposta, verso il finanziamento di un avversario quando si avvicina la rielezione. L'ex deputato Brian Bard ha osservato che "Qualsiasi membro del Congresso sa che l'AIPAC gli assicurerà ingenti finanziamenti se sta con loro, e stanzierà importi significativi contro di lui se non sta con loro." Lara Friedman, che ha lavorato in Campidoglio per 15 anni su Israele / Palestina, ha evidenziato come i membri del Congresso e lo staff di "entrambi partiti mi abbiano ripetuto più volte che erano d'accordo con me ma non osavano dirlo pubblicamente per paura delle ritorsioni dell'AIPAC".
Un membro del Congresso, recentemente deceduto, Walter Jones del North Carolina, è un buon esempio di come la cosa funziona. Nel 2014, "miliardari di Wall Street, lobbisti dell'industria finanziaria e falchi neoconservatori" hanno cercato di spodestare Jones finanziando il suo più forte avversario. I "fondi neri" che servivano a sconfiggerlo provenivano da un PAC chiamato "Il Comitato di emergenza per Israele", diretto dal leader neoconservatore Bill Kristol. Le idea sulla guerra che Jones professava, in particolare quella di evitare una guerra contro l'Iran, erano chiaramente percepite come anti-israeliane.
E bisogna considerare anche i contributi diretti ai partiti politici. I due cittadini israeliani / statunitensi Sheldon Adelson e Haim Saban sono i maggiori donatori singoli del GOP e dei Democratici, avendo rispettivamente versato $ 82 milioni e $ 8.780.000 nella campagna presidenziale del 2016. Entrambi hanno precisato con chiarezza che Israele è, per loro, la priorità assoluta.
Se danno prova di fedeltà verso Israele mentre sono in carica, molti membri del Congresso scoprono che la lealtà paga anche dopo il pensionamento, con seconde carriere ben remunerate in settori dominati dagli ebrei, come i servizi finanziari o i media. E ci sono centinaia di organizzazioni ebraiche che fanno donazioni a Israele in quanto enti di beneficenza, anche se il denaro spesso va a finanziare attività illegali, come gli insediamenti. Il denaro è anche usato per comprare giornali e mezzi di comunicazione che poi aderiscono ad una linea filo-israeliana, o, dove ciò non funziona, per comprare pubblicità a condizione che la linea editoriale sia amichevole verso Israele. Alla base, quindi, ci sono davvero "i Benjamin" e tanta corruzione.
Karen Pollock, dell'Holocaust Education Trust, ha dichiarato a gennaio che "una persona che mette in dubbio la verità dell'Olocausto è una di troppo". È un'assurdità. Tutti gli eventi storici dovrebbero essere regolarmente analizzati, un principio che è particolarmente vero nei settori caratterizzati da un forte bagaglio emotivo. La lobby israeliana vorrebbe che tutti gli Statunitensi credano che qualsiasi critica a Israele sia motivata da un odio storico per gli ebrei e sia quindi antisemita.
Non ci credete. Quando la folla dell'AIPAC urla che collegare ebrei e denaro è un classico luogo comune antisemita, rispondete dicendo che ebrei e denaro giocano un ruolo essenziale nella corruzione del Congresso e dei media su Israele. Cose terribili si stanno facendo in Medio Oriente nel nome degli ebrei e di Israele. Tutto si riduce a quei Benjamin e al silenzio che comprano accusando di antisemitismo tutti i critici. Ricordate quello che il ministro israeliano ha detto in proposito: "È un trucco, lo usiamo sempre".