mercoledì 19 agosto 2020

POCHI IMPIANTI E SPESE ELEVATE: QUANTO CI COSTANO I RIFIUTI SANITARI



Dai farmaci scaduti ai drenaggi, dai contenitori sterili ai materiali taglienti monouso come aghi, siringhe e bisturi, dai gessi alle piccole parti anatomiche. È lungo l’elenco delle tipologie di rifiuto che ricadono sotto il grande ombrello della categoria 18, quella degli scarti prodotti dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate. E sebbene l’intera categoria rappresenti poco più del 2% dei rifiuti speciali complessivamente generati dalle attività produttive dello Stivale, la sua gestione ha ricadute importanti sull’intera collettività. Sul piano economico, visto che la spesa per il trattamento ricade in buona parte sui costi del sistema sanitario nazionale, ma anche su quello ambientale. Due fronti delicatissimi, sui quali però non mancano ritardi e criticità.

Stando all’ultimo rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, sono 178.643 le tonnellate prodotte nel 2016 in Italia. Del totale dei rifiuti prodotti, circa il 90% (pari nel 2016 a 159.721 tonnellate) è classificato come pericoloso e dev’essere quindi gestito in sicurezza, senza arrecare danno alla salute umana o agli ecosistemi.

La gestione è tuttora disciplinata dal DPR 254 del 15 luglio 2003, che ripartisce i rifiuti sanitari in non pericolosi e pericolosi, distinguendo poi questi ultimi a seconda della presenza o meno di rischio infettivo. È stato calcolato che pur costituendo in realtà tra il 15 e il 25% di tutti gli scarti prodotti da un’azienda ospedaliera, quelli a rischio infettivo rappresentino l’80% circa del costo complessivo di gestione. Questo soprattutto perché i rifiuti contaminati non possono essere smaltiti ovunque, ma possono solo essere inceneriti in pochi impianti ad hoc sul territorio nazionale.

Lo stesso DPR però prevede che gli scarti a rischio infettivo possano essere sottoposti a “sterilizzazione”, ovvero un trattamento che, tramite triturazione ed essiccamento, consenta un abbattimento della carica microbica dei rifiuti oltre alla riduzione di peso e volume. Il che significa ridurre le quantità da movimentare e, soprattutto, disporre di più siti per lo smaltimento visto che i residui della sterilizzazione possono essere conferiti sia in impianti di incenerimento e discariche per rifiuti urbani, sia in impianti per la produzione di combustibile CSS.

Insomma, un notevole vantaggio logistico per le aziende ospedaliere, che potrebbero giovare anche dei risparmi determinati dalla riduzione dei costi di trasporto. “Mentre classicamente i rifiuti sanitari pericolosi vengono raccolti come tali ogni giorno o al massimo ogni 5 giorni e avviati prevalentemente a incenerimento, con la sterilizzazione on-site è possibile stoccare il materiale inertizzato fino a 3 mesi, riducendo trasporti, costi e impatti ambientali e migliorando pesature e conteggi”, spiega l’On. Alberto Zolezzi, membro della commissione ambiente della Camera e primo firmatario di una proposta di legge, presentata nell’ottobre 2017, per favorire una gestione più sostenibile dei rifiuti ospedalieri promuovendo, tra l’altro, proprio l’installazione di impianti di sterilizzazione all’interno delle singole strutture sanitarie.

“In Puglia – spiega Zolezzi – è stato calcolato che l’introduzione della sterilizzazione on-site dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo permette una sensibile riduzione dei costi di smaltimento dagli attuali 5 milioni 700mila euro all’anno a circa 1 milione 360mila, con un risparmio medio di circa il 75%. La prospettiva nazionale – aggiunge – potrebbe portare a un risparmio di circa 200 milioni di euro”. Il che significherebbe tagliare di quasi due terzi la spesa complessiva sostenuta ogni anno per gestire tutti i rifiuti prodotti, calcolata in circa 300 milioni. Un risparmio niente male, soprattutto per le già dissanguate casse della sanità pubblica.

Senza dimenticare che sotto l’ombrello dei rifiuti sanitari finiscono ogni giorno anche imballaggi, contenitori, scarti alimentari, rifiuti metallici e numerose altre tipologie di scarti né pericolosi né infettivi, che se raccolti in maniera separata possono essere avviate a riciclo. Con un vantaggio che è ambientale ma anche e soprattutto economico, dal momento che differenziarli significa evitare che possano finire tra i rifiuti pericolosi, il cui costo di smaltimento è decisamente più elevato: in media anche più di 1,30 euro al kg, rispetto agli 0,30 per i rifiuti urbani.

Ad ogni modo, in assenza di un impianto di sterilizzazione “di prossimità”, i rifiuti sanitari vanno raccolti presso l’azienda ospedaliera che li ha prodotti e conferiti altrove, presso centri di trattamento o di smaltimento. Gli impianti però sono pochi (vale sia per quelli di sterilizzazione che per quelli di incenerimento autorizzati a smaltire rifiuti sanitari), cosa che costringe gli scarti ospedalieri a compiere viaggi lunghi anche centinaia di chilometri, costosi e inquinanti. Stando ad un dossier realizzato sulla base dei dati raccolti presso le Camere di Commercio proprio dall’On. Zolezzi, la Campania produrrebbe ad esempio oltre 12mila tonnellate di rifiuti sanitari, esportandone quasi 9mila. Nelle Regioni dotate di impianti invece il flusso si inverte. L’Emilia Romagna, ad esempio, importerebbe più del doppio degli scarti sanitari prodotti sul suo territorio, 33mila tonnellate contro poco più di 15mila, mentre la Calabria, che ne genera 3.400 tonnellate, ne importa invece oltre 11mila. E i costi del trasporto gravano sul Servizio sanitario nazionale, quindi sulle tasche dei contribuenti.

E non è finita qui, perché i problemi non si limitano al “dove” trasportare gli scarti infettivi, ma si estendono anche al “come” e, nello specifico, investono il tipo di imballaggio da utilizzare. Tema sul quale negli ultimi anni si è scatenato un acceso dibattito. Fino ai primi anni 2000, infatti, per trasportare i rifiuti sanitari pericolosi dalle aziende ospedaliere verso gli impianti di smaltimento, le ditte appaltatrici del servizio di raccolta utilizzavano quasi esclusivamente contenitori monouso in cartone o polipropilene alveolare, che una volta giunti a destinazione venivano inceneriti insieme con il loro contenuto. Uno scenario rimasto invariato fino al 2003, quando l’entrata in vigore del DPR ha introdotto per la prima volta la possibilità di utilizzare un imballaggio rigido in polipropilene o polietilene “eventualmente riutilizzabile previa idonea disinfezione ad ogni ciclo d’uso”.

Una “eventualità” che con il passare degli anni ha però finito per somigliare sempre di più ad una autentica prassi. “Ad oggi – scrive la principale azienda di settore in una nota – possiamo orgogliosamente affermare che i nostri contenitori sono utilizzati con piena soddisfazione in gran parte delle strutture ospedaliere italiane. In particolare in tutte le strutture sanitarie pubbliche delle regioni Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Abruzzo ed in gran parte di quelle di altre 13 regioni italiane. Ogni anno produciamo oltre 2 milioni di contenitori e ne trattiamo oltre 10 milioni”.

Ma non manca chi nutre forti dubbi su quanto questa soluzione sia realmente sostenibile. “In Italia negli ultimi 10/15 anni – spiega un operatore di settore, che preferisce restare anonimo – numerose stazioni appaltanti hanno imposto vincoli o parametri molto premianti a favore dei contenitori rigidi riutilizzabili, basandosi però su una serie di forzature. Su tutte la convinzione che il contenitore multiuso sia più sostenibile perchè recuperandolo si smaltiscono meno rifiuti. In realtà – chiarisce l’operatore – si tende ad ignorare il problema delle distanze che devono percorrere gli automezzi per raggiungere gli impianti dotati di sistemi di lavaggio e disinfezione e non si tiene conto dell’impatto ambientale dovuto alla sanificazione dei contenitori in tema di consumo di acqua, costi di depurazione delle acque usate, costi per la produzione ed il recupero della plastica”.

Un successo, quello dei contenitori riutilizzabili, che i produttori di contenitori rigidi riutilizzabili fanno risalire alla maggiore resistenza dei loro imballaggi a urti e agenti atmosferici, ma anche alla loro sostenibilità: riutilizzare significa produrre meno rifiuti, e anche quando alla fine l’imballaggio deteriorato diventa un rifiuto, può entrare nel circuito del riciclo. “La vita massima di ciascun contenitore è fissata in 12 cicli d’uso – prosegue l’azienda – ma raramente un contenitore è così longevo. I contenitori danneggiati sono scartati, avviati ai mulini di triturazione; la plastica recuperata è utilizzata per la produzione di un contenitore nuovo, secondo la filosofia del cradle to cradle per la quale un prodotto non esaurisce la propria vita utile nel momento in cui viene tolto dal ciclo di produzione, ma la materia viene recuperata per la stampa di un nuovo prodotto”.

Insomma, se ricorrere ai contenitori riutilizzabili è un modo per produrre meno rifiuti, non è detto però che sia anche un modo per contenere l’impatto ambientale della gestione degli scarti infettivi. Anche perché al momento su tutto il territorio nazionale gli impianti di trattamento attrezzati con sistemi di lavaggio e disinfezione dei contenitori multiuso sono solo 19 e solo in 11 Regioni (Piemonte e Lazio, ad esempio, ne sono totalmente sprovviste). Ciò significa che se l’azienda sanitaria decide di puntare sui contenitori multiuso, la ditta gestrice del servizio di raccolta e trasporto sarà costretta a portare i suoi rifiuti esclusivamente ad un impianto di trattamento dotato di sistema di sanificazione degli imballaggi, indipendentemente dai chilometri che dovrà coprire per effettuare il conferimento. E dal costo economico e ambientale del viaggio, che in alcuni casi rischia di essere tutt’altro che sostenibile.

Dpi, l’allarme di Assosistema: «Senza programmazione scorte a rischio»


LA PROTEZIONE CIVILE PREFERISCE PRODOTTI MONOUSO MA L'AMBIENTE NON SAREBBE D'ACCORDO....


Il presidente di Assosistema Marco Marchetti: «Dal governo non c’è nessuna indicazione sulle scorte o sulla necessità di mantenere qui o in Europa una certa quantità di Dispositivi di protezione». Poi chiede ai ministri della Salute e dell’Ambiente di spingere sui Dpi riutilizzabili



«In questi mesi le aziende di Assosistema hanno messo a disposizione 27 milioni di Dpi, la domanda è decuplicata. Purtroppo ad oggi non vediamo una programmazione seria e lungimirante da parte della Pubblica amministrazione in questo settore». Marco Marchetti, presidente di Assosistema (la sezione di Confindustria che raggruppa le imprese di produzione, distribuzione e manutenzione dei Dispositivi di protezione individuale) ha il pregio di parlare chiaro. Alla domanda “siamo pronti sotto il profilo dei Dpi per una nuova eventuale ondata pandemica?”, tira un lungo sospiro.

SCORTE DPI, ASSOSISTEMA: «DAL GOVERNO NESSUNA INDICAZIONE»

«Speriamo che qualcuno si stia adoperando allo scopo, però al momento non abbiamo segnali molto positivi – spiega Marchetti a Sanità Informazione -. Prendiamo spunto da quello che abbiamo fatto, sicuramente avremo una situazione italiana migliore dal punto di vista delle scorte. Le nostre aziende stanno producendo molto anche per altri mercati in questa fase: ad esempio una nostra associata multinazionale ha deciso di investire anche in Italia spostando quattro linee produttive nel nostro Paese, sfruttando gli incentivi. Solo che ora si trovano ad avere assunto 350 persone per una produzione mensile di tre milioni di Ffp2 – Ffp3, ma al momento dal governo non c’è nessuna indicazione sulle scorte o comunque sulla necessità di mantenere qui o in Europa una certa quantità di mascherine».

«Il rischio è che, se non si interviene con la programmazione, queste produzioni saranno destinate a rispostarsi in un altro Paese e, nella malaugurata eventualità di altre emergenze epidemiche, avere una situazione complicata. È fondamentale il piano anti-pandemia. Ed è chiaro che noi siamo uno Stato dell’Unione europea, quindi mi piacerebbe che ci fosse un piano europeo per alcuni prodotti strategici, poi dei piani nazionali e dei piani regionali».

PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE DI DPI IN ITALIA

Il settore vive, come ovvio, una stagione importante. Sono più di 30 le imprese associate ad Assosistema produttrici e distributrici di Dpi in Italia (in particolare camici, mascherine Ffp2 e Ffp3, ma non le mascherine chirurgiche). Si tratta di un settore che ormai in molti ritengono ‘strategico’ perché, come purtroppo accaduto nel picco della pandemia a febbraio e marzo, la carenza di Dpi è un fattore che può compromettere una risposta efficace a una qualsiasi pandemia.

«In Italia le imprese che producono e distribuiscono ci sono, ma a febbraio è mancata una puntuale pianificazione nella strategia di approvvigionamento – spiega ancora il presidente di Assosistema -. Non c’era assolutamente nulla di tutto questo. Dobbiamo capire cosa si intende per carenza: se essa è dovuta a una difficoltà di reperibilità o se invece dipende dalla programmazione, compresi i piani anti-pandemia».

«Siamo la seconda manifattura in Europa, ma siamo il quarto Paese in termini di produzione dei Dpi, il che significa che la cultura della sicurezza non è ancora così diffusa e la pandemia non ha fatto altro che enfatizzare la situazione. In ogni caso teniamo conto che in Italia ci sono le aziende che producono e distribuiscono, ma non sono tantissime, perché nel tempo per via del costo del lavoro, del prezzo degli appalti e dell’esigenza di avere prezzi sempre più bassi molti produttori italiani si sono trovati in difficoltà. Adesso la speranza è che vengano stabiliti quali siano i prodotti strategici. Questi Dpi sono strategici e vanno fatti dei piani di intervento seri».

DPI E SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE

Il tema della programmazione non è l’unico su cui si sta battendo Assosistema. Sul tavolo c’è anche la sostenibilità ambientale: tutti abbiamo visto quanto i Dpi monouso possano essere difficili da smaltire.

«Siamo passati dal Green New Deal dell’autunno alla pandemia di Covid che ha ribaltato tutta una serie di avanzamenti sull’utilizzo massiccio di prodotti monouso che vengono prodotti nei Paesi del sud-est asiatico. Li usiamo una sola volta e poi li immettiamo nelle discariche o negli inceneritori, con tutti i problemi di classificazione di quel tipo di rifiuto» sottolinea Marchetti.

Per questo Assosistema ritiene che, a parità di prestazione, anche nei Dpi bisognerebbe preferire sempre il prodotto riutilizzabile: «Porta dei vantaggi dal punto di vista ambientale e sociale. Rendere riutilizzabile un prodotto vuol dire avere manodopera italiana che lavora e meno discarica, meno inceneritore. Purtroppo però l’amministratore di una struttura ospedaliera si approccia con il costo. Non tiene conto dell’impatto sociale e ambientale».

Per questo Marchetti chiede l’intervento del ministro della Salute Roberto Speranza e del ministro dell’Ambiente Sergio Costa: «Dovrebbero dare una indicazione di massima secondo cui, a parità di caratteristiche, gli acquisti della Pa e della sanità debbano privilegiare il riutilizzabile. Avremmo un risparmio di 300 tonnellate di CO2 e più posti di lavoro».

CAMICI RIUTILIZZABILI, IL TENTATIVO DI ASSOSISTEMA

Purtroppo il tentativo di Assosistema sui camici non ha prodotto i risultati sperati: «Abbiamo chiamato a raccolta i professionisti italiani della produzione di camici e siamo riusciti a capire se potevano riportare in Italia una parte della confezione di questi prodotti tessili che venivano fatti normalmente all’estero. Abbiamo creato due modelli di camici idonei alla protezione degli operatori sanitari dal Covid e abbiamo proposto questi due nuovi modelli alla Protezione civile e ad alcune regioni. Abbiamo garantito la presenza di lavanderie industriali specializzate nel poter ripristinare le condizioni d’uso di questi camici con delle schede idonee. La risposta della Protezione civile è stata “preferiamo il monouso perché lo diamo e poi non rispondiamo più noi, così il problema finisce lì”. Se questa visione delle cose non cambia saremo sempre dipendenti da questi prodotti monouso ma il lavoro, la manodopera e l’ambiente non saranno salvaguardati».

LITURGIA DEL GIORNO

La Liturgia di Mercoledi 19 Agosto 2020
Mercoledì della XX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ppt video online scaricare

Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Antifona d'ingresso
O Dio, nostra difesa,
contempla il volto del tuo Cristo.
Per me un giorno nel tuo tempio,
è più che mille altrove. (Sal 84,10-11)

Colletta
O Dio, che hai preparato beni invisibili
per coloro che ti amano,
infondi in noi la dolcezza del tuo amore,
perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa,
otteniamo i beni da te promessi,
che superano ogni desiderio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Ez 34,1-11)
Strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pasto.


Dal libro del profeta Ezechièle

Mi fu rivolta questa parola del Signore:
«Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele, profetizza e riferisci ai pastori: Così dice il Signore Dio: Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. Vanno errando le mie pecore su tutti i monti e su ogni colle elevato, le mie pecore si disperdono su tutto il territorio del paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura.
Perciò, pastori, ascoltate la parola del Signore: Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore Dio –, poiché il mio gregge è diventato una preda e le mie pecore il pasto d’ogni bestia selvatica per colpa del pastore e poiché i miei pastori non sono andati in cerca del mio gregge – hanno pasciuto se stessi senza aver cura del mio gregge –, udite quindi, pastori, la parola del Signore: Così dice il Signore Dio: Eccomi contro i pastori: a loro chiederò conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge, così non pasceranno più se stessi, ma strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pasto. Perché così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna».

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 22)
Rit: Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.

Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.

Canto al Vangelo (Eb 4,12)
Alleluia, alleluia.
La parola di Dio è viva, efficace;
discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
Alleluia.

VANGELO (Mt 20,1-16)
Sei invidioso perché io sono buono?


+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli
Fratelli carissimi, rivolgiamoci con riconoscenza a Dio padre che ci chiama a collaborare con lui nella sua vigna, dicendo:
Aiutaci, o Signore, a servirti con gioia.

Per il popolo santo di Dio, perché serva il Signore nell'umiltà, e rispetti tutti coloro che, per vari motivi, non si trovano a lavorare nel campo della Chiesa. Preghiamo:
Per tutti i cristiani, perché sappiano affrontare la fatica con fede e amore, senza lamentarsi come gli operai della prima ora. Preghiamo:
Per gli anziani, perché siano sempre pronti a rispondere alle ispirazioni del Signore che li chiama ogni giorno a rendersi utili, secondo le proprie possibilità. Preghiamo:
Per i disoccupati e cassintegrati, perché la società si senta impegnata a rivedere le attuali regole del lavoro e dell'economia. Preghiamo:
Per tutti noi, perché non ascoltiamo invano il Signore che ci passa accanto, invitandoci all'impegno. Preghiamo:
Per i sindacati.
Perché ringraziamo Dio della sua continua gratuità.

Ascolta, o Padre buono, queste preghiere e sostieni il nostro animo nelle fatiche e nell'arsura della nostra giornata terrena. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Preghiera sulle offerte
Accogli i nostri doni, Signore,
in questo misterioso incontro
tra la nostra povertà e la tua grandezza:
noi ti offriamo le cose che ci hai dato,
e tu donaci in cambio te stesso.
Per Cristo nostro Signore.




Antifona di comunione
Presso il Signore è la misericordia,
e grande presso di lui la redenzione. (Sal 130,7)


Preghiera dopo la comunione
O Dio, che in questo sacramento
ci hai fatti partecipi della vita del Cristo,
trasformaci a immagine del tuo Figlio,
perché diventiamo coeredi della sua gloria nel cielo.
Per Cristo nostro Signore.



Commento
Questa parabola, raccontata solo da Matteo, sviluppa il tema dell’ultimo che sarà il primo, sullo sfondo familiare della vigna che è Israele, il “diletto” di Dio (Is 5,1).
Il padrone desidera tanto trovare operai per la sua vigna, che non manda un suo dipendente, ma va lui stesso in piazza a cercarne e anzi vi ritorna, nel corso della giornata, per assumerne altri.
Sia che si vedano nei “primi” e negli “ultimi” operai gli ebrei da una parte e i pagani dall’altra, sia che si vedano i popoli dell’oriente e dell’occidente (Mt 8,11), l’importante è capire che nessuno è escluso dalla misericordia di Dio. L’amore misericordioso di Dio, con la sua urgenza, raggiunge anche il più misero, per accogliere tutti, anche all’undicesima ora: non c’è ragione di lamentarsi della generosità di Dio.
Giona dovette imparare proprio questa lezione (Gn 4,11) riguardo gli abitanti di Ninive. Come dice il papa Giovanni Paolo II: “Rendere presente il Padre come amore e misericordia è, nella coscienza di Cristo stesso, la fondamentale verifica della sua missione di Messia” (Dives in misericordia , 3).