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mercoledì 10 novembre 2021

LA CINA ALL'ASSALTO DELL'EUROPA PASSANDO PER LA POLONIA

LA POLONIA SPINGE PER DESTABILIZZARE L'UNIONE EUROPEA PER CONSEGNARLA ALLA CINA? LA STORIA CI RESTITUISCE UN'IMMAGINE DELLA POLONIA COME IL PAESE ANTI COMUNISTA PER ANTONOMASIA, MA FORSE QUALCOSA E' CAMBIATO. LA CINA STA ALLUNGANDO I SUOI TENTACOLI ANCHE VERSO L'EST EUROPA E LA ZONA BALCANICA....



Nel 2015 a Pechino il presidente cinese Xi Jinping ha incontrato il suo omologo polacco Andrzej Duda il 25 novembre; i due hanno concordato di rafforzare il partenariato strategico tra i due paesi iniziato nel 2011.

Riporta Xinhua, che il presidente cinese ha proposto che Cina e Polonia accelerino il processo di allineamento delle rispettive iniziative di sviluppo strategico così come Pechino intende continuare ad incoraggiare le imprese cinesi ad operare sul mercato polacco e accogliere le imprese polacche in Cina. Data la posizione geografica della Polonia, Xi ha detto che le due parti possono studiare la creazione di un polo logistico in Polonia che serva tutti i paesi dell’Europa centrale e orientale. Il viaggio è stato anche la prima visita di Stato di Duda in Cina da quando ha assunto l’incarico. Xi ha detto che la Cina collaborerà con la Polonia più strettamente in molteplici settori, ad esempio dalla finanza, alla fabbricazione di apparecchiature, dalla protezione dell’ambiente, alle nuove forme energetiche, all’informatica, all’agricoltura; il presidente cinese ha espresso la speranza che la Polonia sia parte attiva nel promuovere il partenariato strategico globale tra la Cina e l’Unione europea.

Duda ha aggiunto che Pechino è un membro importante della comunità internazionale e che è nell’interesse della Polonia cementare la tradizionale amicizia con la Cina, partecipando alla costruzione della nuova Via della Seta e in qualità di membro fondatore della Infrastrutture Asian Investment Bank (Aiib), Varsavia è pronta a svolgere un ruolo attivo nella banca.

Xi Jinping ha sottolineato che la Polonia ha una profonda cultura storica, e gli scambi culturali tra la Cina e la Polonia sono stretti. La Cina accoglie con favore la partecipazione attiva della parte polacca a "una cintura e una via" e intende rafforzare la cooperazione nel quadro di "una cintura e una via" insieme alla la parte polacca e sfruttare profondamente la potenzialità di cooperazione nei settori di collegamento e costruzione delle infrastrutture in modo da ottenere maggiori risultati. La Cina accoglie con favore la partecipazione della parte polacca come membro fondatore alla costruzione della Banca asiatica d'investimento per le infrastrutture.

Dal canto suo, Andrzej Duda ha affermato che come membro fondatore dell'AIIB, la Polonia intende partecipare attivamente alla costruzione di "una cintura e una via" e approfondire la cooperazione nei settori di costruzione di infrastrutture, ferroviario, logistico e di trasporto. La Polonia è in un buon rapporto di cooperazione con i paesi dell'Europa centro-orientale, intende promuovere insieme alla parte cinese un maggiore sviluppo della cooperazione tra la Cina e i paesi dell'Europa centro-orientale.


Più di recente, il primo marzo 2021, il presidente cinese, Xi Jinping, ha avuto una conversazione telefonica con il capo di Stato della Polonia, Andrzej Duda, durante la quale ha offerto i vaccini cinesi a Varsavia, così come ha promesso di aumentare l’acquisto di beni agricoli polacchi.


La Cina e la Polonia sono legate da un partenariato strategico globale e, per Pechino, Varsavia è un attore importante sia nella regione dell’Europa centro-orientale, sia in seno all’Unione europea (UE), con il quale ambisce a sviluppare ulteriormente le relazioni bilaterali. Il presidente Xi ha ricordato la cooperazione tra i due Paesi nella lotta alla pandemia di coronavirus e ha affermato che, viste le circostanze attuali, le parti devono rafforzare la comunicazione bilaterale e la cooperazione pragmatica.


Dal punto di vista della lotta contro la pandemia, Xi ha annunciato che la Cina è disposta a condividere la propria esperienza e a fornire vaccini alla Polonia, in base alle necessità polacche e alle proprie capacità. Dal canto suo, Duda ha affermato che Varsavia intende collaborare con la Cina per combattere la pandemia e per contribuire alla cooperazione tra l’Europa centro-orientale e la Cina.

Dal punto di vista commerciale, invece, Xi ha fatto notare che, anche durante la pandemia, il volume del collegamento ferroviario Cina-Europa e delle merci inviate in entrambe le direzioni ha raggiunto nuovi livelli, rispecchiando l’interdipendenza della catena di approvvigionamento tra Cina e Polonia e tra Cina ed Europa, così come il potenziale della cooperazione economica. Xi ha quindi affermato che Pechino promuoverà l’importazione di più prodotti agricoli e alimentari di alta qualità polacchi nel quadro della cooperazione tra la Cina e l’Europa centro-orientale. Xi ha poi aggiunto che, una volta completato, anche l’Accordo globale sugli investimenti tra Cina e UE aprirà nuovi spazi per la cooperazione sino-polacca.


Infine, il presidente cinese ha ricordato l’incontro dello scorso 9 febbraio del summit “17+1”, creato nel 2012, tra la Cina e 17 Paesi dell’Europa centro-orientale, con l’obiettivo di fornire nuove alternative per l’economia. In tale occasione, Xi aveva promesso di potenziare il commercio e gli investimenti nell’area centro-orientale dell’Europa, così come di fornire vaccini, di fronte ad un crescente scetticismo europeo rispetto all’efficacia di tale meccanismo.


Pechino ha già fornito oltre un milione e mezzo di dosi alla Serbia e, dallo scorso 24 febbraio, l’Ungheria è stato il primo Paese dell’UE ad inoculare vaccini cinesi alla popolazione, dopo aver ricevuto 550.000 dosi. Infine, Pechino ha anche offerto al Montenegro una donazione di 30.000 dosi di vaccino.


Secondo analisti del Mercator Institute for China Studies di Berlino, la questione delle forniture di vaccini cinesi ha creato preoccupazioni in Europa in quanto la cosiddetta “diplomazia dei vaccini” starebbe riscuotendo successo nei Paesi europei interessati, rischiando di esacerbare le loro relazioni con l’UE. Al momento, nessuna casa farmaceutica cinese ha richiesto l’approvazione da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) per l’utilizzo e la distribuzione dei propri prodotti.


Il 18 settembre scorso è stata inaugurata una nuova rotta del treno merci Cina-Europa che collega il capoluogo provinciale del Sichuan, Chengdu, situato a sud-ovest del Paese, con la città portuale polacca di Gdansk.


Il primo convoglio con a bordo merci quali mobili, elettrodomestici, macchinari e attrezzature è partito ieri da Chengdu in direzione di Danzica, la città più grande nonché porto più importante della regione costiera settentrionale della Polonia.


L'avvio riuscito di questo itinerario segna un'ulteriore estensione del servizio di treno merci Cina-Europa in partenza da Chengdu alla volta dell'entroterra europeo.
Stando a quanto reso noto dal Chengdu International Railway Port Administrative Committee, si prevede che questa rotta possa contribuire a rafforzare gli scambi economici, commerciali e culturali tra Cina, Polonia e altri Stati lungo il percorso. Ad ora, Chengdu ha aggiunto otto nuove fermate all'estero destinate ai relativi itinerari del treno merci Cina-Europa nel 2021, per un totale di 66 possibili destinazioni in Europa.


A quanto pare, la guerra è finita da un pezzo, e la Polonia ha rimosso dalla memoria perfino il suo nemico storico. Gli affari sono affari, dopotutto.

Cinzia Palmacci




venerdì 29 ottobre 2021

CONSUMERS' RESEARCH: BLACKROCK E IL PARTITO COMUNISTA CINESE. IL COMUNISMO NON E' MAI STATO PIU' CAPITALISTA



Il 26 ottobre scorso, Consumers' Research ha rilasciato un nuovo spot televisivo che evidenzia le connessioni tra il gigante americano di gestione del denaro BlackRock e il partito comunista cinese. Potete guardare lo spot alla fine di questo articolo.

Lo spot televisivo inizia una campagna multimilionaria ed espone i presunti legami tra BlackRock e il governo cinese. Questo include l'investimento da parte di BlackRock di miliardi di dollari di pensioni americane nell'economia cinese, sostenendo i suoi leader comunisti, e finanziando aziende che il governo cinese usa per estendere il suo controllo sia in patria che all'estero. L'annuncio espone anche il CEO di BlackRock Larry Fink per le sue scommesse sulla Cina e il suo ruolo nel prendere i soldi americani.

"Nessuna quantità di posturing woke può nascondere ciò che BlackRock sta realmente facendo. L'idea che un'azienda americana prenda miliardi di dollari e li usi per scommettere sul successo della Cina è estremamente preoccupante", ha detto Will Hild, direttore esecutivo di Consumers' Research. "Non possiamo permettere che questo continui. Incanalare i sudati risparmi pensionistici degli americani verso la Cina non è sicuro sia dal punto di vista della sicurezza nazionale che da quello finanziario".

L'annuncio, intitolato "Betting on China", andrà in onda a livello nazionale sui notiziari via cavo e sulle reti commerciali, con un'enfasi su New York City e Washington, D.C. Ci saranno anche cartelloni a New York City e una componente digitale mirata.

"Non possiamo lasciare che dirigenti come Larry Fink cerchino di dire agli americani come vivere e allo stesso tempo si avvicinino a uno dei principali violatori dei diritti umani del mondo", ha detto Hild. "Mettendo i loschi affari di BlackRock alla luce del sole per tutti, stiamo inviando un messaggio che le aziende non la faranno franca approfittando degli americani che lavorano duramente. Ogni azienda che cerca di usare la politica del woke per mascherare i suoi misfatti dovrebbe vedere questa campagna e sapere che potrebbe essere la prossima".

A proposito, cattive notizie anche per gli europei. La Commissione europea ha affidato alla più grande società di investimento del mondo, BlackRock, la consulenza per decidere i criteri di sostenibilità ambientale per le banche, in un pericoloso conflitto di interessi per l’agenda europea sulla finanza sostenibile. BlackRock non ha mai fatto segreto delle sue posizioni e attività di lobbying sulla tassonomia europea per le attività sostenibili e la sua applicazione nella regolamentazione bancaria. Un approccio rischioso, che porta a ridurre i livelli di capitale prudenziale interno alle banche, rendendole più vulnerabili di fronte alle crisi. Che a fare da consulente tecnico per la Commissione sia quindi BlackRock, un attore di mercato con interessi molto chiari nella regolamentazione bancaria, vicini o uguali a quelli delle maggiori lobby finanziarie internazionali, non poteva che destare preoccupazioni. Il caso BlackRock scoperchia uno degli elementi di vulnerabilità tipici del sistema di regolamentazione europeo, tale da esporlo continuamente all’influenza dei grandi interessi industriali e finanziari, contro gli interessi della collettività. I buchi nella normativa UE sugli appalti relativamente alla questione dei conflitti di interessi assicurano di fatto forme di “partnership” non trasparenti con i principali esponenti dei settori regolamentati negli studi e analisi alla base degli interventi normativi.



Ricerche a cura di Cinzia Palmacci

martedì 26 ottobre 2021

IL VERO CAPO DELL'ONU E' XI JINPING



Quando lo scorso anno il Consiglio per i diritti umani dell’ONU si espresse sulla contestata legge sulla sicurezza nazionale approvata dalla Cina per avere un maggiore controllo su Hong Kong, ben 53 paesi appoggiarono la nuova norma cinese, e solo 27 si opposero. La legge era finita al centro delle attenzioni di mezzo mondo, perché diversi governi occidentali temevano che potesse essere usata dalla Cina per reprimere le proteste a favore della democrazia che andavano avanti da circa un anno a Hong Kong (e per questo si arrivò a parlare della «fine di Hong Kong»). Il governo cinese era però riuscito a portare dalla sua parte il Consiglio per i diritti umani dell’ONU, organismo sussidiario dell’Assembra Generale che – almeno sulla carta – dovrebbe occuparsi di promuovere il rispetto dei diritti umani nel mondo.

La decisione del Consiglio fu parecchio commentata, ma non stupì più di tanto chi seguiva da tempo le dinamiche di potere interne all’ONU. Cosa era successo, quindi?

Da qualche anno la Cina ha aumentato in maniera rilevante la sua influenza in diverse organizzazioni internazionali, finora espressione per lo più di un sistema – quello occidentale e multilaterale – messo in piedi dagli Stati Uniti alla fine della Seconda guerra mondiale. La Cina non si è limitata a diventare più amichevole, o a cercare l’appoggio di un numero sempre maggiore di paesi. Ha fatto qualcosa di più: ha avviato una lunga e ampia campagna «che mira a piegare l’arco della governance globale verso un orientamento più illiberale, che privilegi gli interessi degli attori autoritari», ha scritto la giornalista Kristine Lee su Politico. Questa campagna si è vista soprattutto all’interno dell’ONU, l’organizzazione simbolo dell’attuale sistema internazionale.

Nel corso degli ultimi anni, il governo cinese ha sistematicamente messo funzionari e politici cinesi a capo di un ampio numero di agenzie dell’ONU.

Dal 2019, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (più nota con la sigla inglese FAO) è guidata da Qu Dongyu, ex viceministro cinese dell’Agricoltura. La nomina di Qu Dongyu aveva seguito la riconferma di Zhao Houlin, ex ministro cinese delle Poste e delle Telecomunicazioni, come segretario generale dell’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni, agenzia molto importante che si occupa di stabilire tra le altre cose i criteri tecnici per le reti di comunicazione. Zhao aveva usato la sua posizione per promuovere la società cinese Huawei come distributore dei sistemi per il 5G in tutto il mondo.

L’anno precedente il segretario generale dell’ONU, António Guterres, aveva nominato Liu Zhenmin, ex viceministro cinese degli Esteri, in una posizione chiave all’interno del Dipartimento per gli affari economici e sociali, organismo dell’ONU che ha l’obiettivo di promuovere lo sviluppo sociale ed economico, combattere il cambiamento climatico e ridurre le diseguaglianze. La Cina guida anche l’Organizzazione internazionale per l’aviazione civile e quella per lo sviluppo industriale, che il governo cinese ha usato per presentare in positivo i progetti della Belt and Road Initiative, il piano di infrastrutture con cui la Cina sta espandendo le proprie vie di comunicazione e la propria influenza in mezzo mondo, Italia compresa.

Lo scorso marzo la Cina stava per prendersi anche la guida dell’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale, prima che gli sforzi congiunti di Stati Uniti e altri paesi lo impedissero. Delle 15 agenzie specializzate dell’ONU, oggi la Cina ne guida quattro, superando qualsiasi altro paese del mondo.


Avere il controllo di così tante agenzie, ha detto Ashok Malik, consigliere del ministero degli Esteri indiano, ha implicazioni rilevanti per la Cina: «Se controlli le leve importanti di queste istituzioni, puoi influenzarne le norme, i modi di pensare, influenzi la politica internazionale, la condizioni con il tuo modo di pensare». Allo stesso tempo ha avuto costi anche abbastanza contenuti. Nonostante la Cina sia la seconda economia mondiale, ha continuato a usufruire di sconti concessi ai paesi in via di sviluppo: nel 2018 ha contribuito alle spese dell’ONU con solo 1,3 miliardi di dollari, molti meno rispetto ai 10 miliardi stabiliti per gli Stati Uniti.

Negli ultimi anni, inoltre, la Cina ha messo in piedi un sistema di favori reciproci con parecchi paesi dell’Africa e del Pacifico, con cui in cambio di prestiti e altri sistemi di assistenza è in grado di ottenere il voto favorevole su singole questioni trattate alle Nazioni Unite.

Una cosa del genere è successa lo scorso anno, quando a Roma si votava per il nuovo capo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (la FAO). La Cina cercava appoggi per Qu Dongyu, il suo candidato, tra i paesi in via di sviluppo: quando il governo cinese, per esempio, cancellò 78 milioni di dollari di debiti al Camerun, il candidato del Camerun per l’incarico all’ONU, l’economista Médi Moungui, si ritirò bruscamente dalla competizione, senza dare troppe spiegazioni. Sembra inoltre che i membri della delegazione cinese, particolarmente numerosa, avessero chiesto a rappresentanti di altri stati di fotografare la loro scheda, per poter confermare che avessero votato per Qu Dongyu: e questo nonostante il voto fosse segreto.

L’ascesa della Cina, dentro e fuori le organizzazioni internazionali come l’ONU, è dipesa in larga parte dal progressivo ritiro degli Stati Uniti dagli affari del mondo, e dal sistema che lo stesso governo americano aveva creato alla fine della Seconda guerra mondiale per garantirsi una posizione di predominio nel sistema globale. Questo processo era iniziato diversi anni fa, durante la presidenza di Barack Obama, ma è diventato più rapido e traumatico con Donald Trump.

A luglio 2020 Trump aveva deciso di ritirare gli Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, accusando l’agenzia dell’ONU di essere alle dipendenze della Cina e di avere contribuito alla diffusione della pandemia da coronavirus. In precedenza Trump aveva preso decisioni simili, anche se non direttamente legate alla partecipazione degli Stati Uniti all’ONU: nel 2017 si era ritirato dal trattato sul clima, e l’anno successivo dall’accordo sul nucleare iraniano. Alla votazione sulla legge sulla sicurezza nazionale approvata dalla Cina per Hong Kong, tenuta a luglio al Consiglio per i diritti umani dell’ONU, gli Stati Uniti non c’erano: Trump li aveva ritirati nel 2018, sostenendo che l’organismo fosse troppo critico nei confronti di Israele (alleato degli americani). L’anno successivo aveva fatto lo stesso con un’altra agenzia, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura.

Molti, sia dentro che fuori il governo americano, hanno visto le mosse di Trump come una specie di “regalo strategico” alla Cina. Trump non avrebbe solo liberato spazio per i suoi avversari; lo avrebbe fatto senza poterlo più reclamare in futuro. Come ha detto Lanxin Xiang, direttore del Center of One Belt and One Road Studies a Shanghai, «Se questo è un tuo ritiro volontario, e non il risultato di noi che ti cacciamo, riempire gli spazi lasciati vuoti non dovrebbe essere considerata una provocazione».

Gli Stati Uniti hanno cercato in parte di opporsi all’ascesa della Cina, tentando di persuadere e corteggiare diversi paesi storicamente amici. Finora, però, questi sforzi hanno prodotto molto poco: negli ultimi quattro anni la fiducia tra Trump e alleati si è progressivamente sgretolata, e oggi dei rapporti bilaterali ereditati dal mandato di Obama non rimane quasi nulla.

Secondo alcuni osservatori, quello che si sta vedendo all’interno dell’ONU ricorda sempre più le dinamiche della Guerra Fredda, cioè lo scontro tra due modelli diversi – da una parte gli Stati Uniti, dall’altra l’Unione Sovietica – che dalla fine della Seconda guerra mondiale definì il mondo e i suoi equilibri per oltre mezzo secolo: «Il peso di Pechino alle Nazioni Unite aiuta il Partito comunista cinese a legittimare la sua pretesa di essere un’alternativa superiore alle democrazie occidentali», ha scritto il Wall Street Journal. Un concetto simile è stato espresso di recente dallo stesso presidente cinese, il potentissimo Xi Jinping. Durante il suo discorso all’Assemblea Generale dell’ONU, alludendo all’ascesa della Cina e al declino degli Stati Uniti, Xi ha detto: «Il sistema di governance globale dovrebbe adattare se stesso all’evolversi delle dinamiche politiche ed economiche globali».

Che in altre parole significa: stiamo diventando il paese più importante del mondo, il mondo dovrebbe riconoscerlo e cambiare il suo sistema di governo, dando a noi la guida.


lunedì 18 ottobre 2021

TRIESTE PRESIDIO DEL MONDO INTERO

Questa è Trieste. Qui è il destino del mondo intero....

Donna incinta manganellata in faccia dalla Polizia a Trieste


Dal 15 ottobre Trieste chiama a raduno non solo l'Italia, ma il mondo intero. In questo ruolo trainante dell'Italia c'è un disegno divino: dopo più di duemila anni Dio vuole che la terra dei martiri cristiani delle prime persecuzioni sotto imperatori sanguinari torni protagonista nella battaglia per la difesa della vita umana. I primi martiri cristiani non hanno lottato solo per affermare e difendere la propria libertà di culto, ma il diritto a vedersi riconosciuti come esseri umani LIBERI. E rieccoci dopo duemila anni a riaffermare lo stesso diritto all'esistenza minacciato più e più volte durante tutto il corso della storia umana. Trieste poi è una città emblematica che ci ricorda l'eccidio delle foibe infami. Ma qualcosa che aleggia sul malcontento della gente suggerisce che questa volta è diverso: è in atto un risveglio delle coscienze planetario inarrestabile, e mai come oggi ci sentiamo uniti spiritualmente e umanamente ad ogni essere umano di ogni angolo più sperduto del pianeta. Tutti sentiamo intimamente quanto sia urgente unirsi a livello planetario alla lotta di Trieste e dell'Italia perché avvertiamo l'urgenza del momento. E non è come dicono i subornati paralizzati dalla paura di un virus che ha oltre il 90% di sopravvivenza, che può essere curato con comuni anti infiammatori, che chi sta manifestando contro il green pass sta facendo solo "tanto casino per nulla". Perché qui c'è in ballo non solo uno stupido lasciapassare di nazista memoria, ma c'è in ballo la LIBERTA' di ESISTERE di migliaia e migliaia di persone sul pianeta. Il governo italiano ha dato il peggio di se imponendo solo all'Italia un salvacondotto per lavorare, ma in altri paesi del mondo dove il green pass non c'è il problema resta. Stanno imponendo un siero genico velenoso a migliaia di persone bambini compresi, e mentre molti muoiono dopo la prima o la seconda dose, per altri è questione di tempo prima di veder affiorare problemi di salute come diretta conseguenza della vaccinazione. 


Questo è il manifesto dell'Agenda ONU 2030 con gli obiettivi che si prefiggono entro questa data. Se guardate bene sono previsti anche i vaccini obbligatori in dosi multiple. E già. Perché non hanno certo intenzione di finirla con la terza dose, ma altre ne imporranno in nome del loro delirante obiettivo primario: la depopolazione mondiale.


Come dice il documento dell’ONU, "ci impegniamo a lavorare instancabilmente per attuare pienamente questa agenda entro il 2030". Se leggete il testo completo (vedi sotto) al di là delle lusinghe e delle frasi pubbliche, vi rendete subito conto che questo ordine del giorno delle Nazioni Unite sarà imposto a tutti i cittadini del mondo, con la coercizione dei governi. Da nessuna parte questo documento dice che i diritti dell’individuo dovrebbero essere protetti. Non riconosce nemmeno l’esistenza dei diritti umani concessi agli individui per natura stessa. Anche la cosiddetta “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” nega completamente agli individui il diritto all’autodifesa, il diritto alla scelta medica e il diritto al controllo dei genitori sui propri figli. L’ONU sta progettando niente di meno che una tirannia governativa globale che schiavizza l’umanità delle città di cemento, definendo il regime “sviluppo sostenibile”, “uguaglianza” e “progresso”.
Vi state ancora chiedendo perché ragazzi come Bill Gates e altri soggetti di gamma simile, hanno interessi nelle stesse aziende che promuovono prodotti e servizi eterogenei, sono coinvolti in eugenetica e multinazionali allo stesso tempo come Monsanto, pur essendo “filantropi” e “benefattori”. Capite, suppongo, quali conseguenze avrà per l’intero pianeta, anche per i paesi che non hanno firmato questo disegno di legge in primo luogo, quindi è stato votato. Le conseguenze saranno immediate e chiaramente accettabili da tutto il mondo, poiché il profitto è puramente globalizzato e gli unici che non conoscono confini e barriere. Ma mentre a prima vista sembra che i soldi siano ciò a cui sono interessati e ne parlano, tuttavia, NON È DENARO, dopotutto parlano di profitti e I PROFITTI NON SONO SOLO DENARO. Tra i PROFITTI, il più grande di tutti è la SOVRANITÀ DEL PIANETA E SOPRATTUTTO DI TUTTI GLI ESSERI CHE LO POPOLANO. 
La “guerra silenziosa” contro le nazioni: oggi è iniziata una nuova guerra mondiale. È una guerra sociale e civile, una guerra di sterminio condotta dalle élite finanziarie sovranazionali contro tutte le nazioni. Questa guerra, caratterizzata dalla restaurazione di una nuova schiavitù, è chiamata “neoliberista, globalizzazione” ed è condotta con una serie di sofisticate tecniche e tecnologie di sottomissione e inganno dello schiavo cittadino medio in modo che possa eventualmente sottomettersi. Armi silenziose e gestione psico-governativa della paura, telescopi, controllo mentale, armi non letali. Un documentario dal titolo “Silent Weapons for Silent Wars”(“Armi silenziose per guerre silenziose”) conferma che tutto questo fa parte di una guerra pre-pianificata contro l’umanità. Parla di "controllare il pubblico, mantenendolo, sciolto, ignorante, confuso, disorganizzato e diviso". Il pubblico non può percepire queste armi e quindi non può credere che venga attaccato e trattenuto da un’arma. Quando l’arma silenziosa viene applicata gradualmente, il mantello dello schiavo si adatta come una rana nell’acqua bollente. Pertanto, le loro aspirazioni non sono affatto sorprendenti, sono logiche, previste e spiegabili. Certo che sono interessati all’evasione fiscale, ma niente affatto all’evasione fiscale e rigorosamente SOLO all’evasione fiscale dei chioschi, dell’elettricista, del dottore, del piccolo e medio schiavo, in definitiva del ceto medio.
Hanno cominciato con l'attaccare le Costituzioni democratiche delle nazioni per ridurre al nulla la loro sovranità, ben consapevoli che un popolo cosciente della propria storia e unito dagli ideali e dai valori della bandiera gli renderà la vita difficile nel loro delirio globalista. Capite bene che sono proprio l'autodeterminazione, la sovranità, l'attaccamento alla Patria e la difesa delle diversità e unicità dei popoli le minacce che possono mandare all'aria i loro piani di egemonia nell'illusione di un governo unico che sovrasta e controlla il mondo. Qui non sono in ballo solo le nostre libertà civili, ma la nostra LIBERTA' di ESISTERE come individui che non devono dimenticare di essere anche UMANI nel senso più alto e nobile del termine. E questo riguarda il mondo intero non solo l'Italia e Trieste.

Cinzia Palmacci

sabato 16 ottobre 2021

SALVATEVI. ROTHSCHILD NON E’ PADRONE DEL MONDO. I GOVERNI LO SONO.


UN ARTICOLO DEL BRAVO PAOLO BARNARD CHE CI FA RIFLETTERE SU QUANTO ALLA FINE SIANO I GOVERNI A DECIDERE LE SORTI DI UNA NAZIONE. E' PER QUESTO CHE OGGI ABBIAMO MARIO DRAGHI AL GOVERNO? MA IN DEFINITIVA BARNARD DICE PURE CHE, QUANDO E' DAVVERO IL POPOLO A DECIDERE CHI ELEGGERE, IL VERO POTERE E' DELLE MASSE CHE VOTANO.... 

Nell’immaginario di tanto pubblico c’è un errore tragico, che peraltro devasta le reali possibilità delle opinioni pubbliche di migliorare la propria vita. Si pensa, infatti, che gli agglomerati della ricchezza privata siano padroni del mondo. I Rothschild! le multinazionali! i big media! Balle. Non lo sono. Ci provano a esserlo, eccome che ci provano e con ogni sorta di lobby, ricatto, corruzione. Ma la verità fondamentale rimane questa:

I GOVERNI GLIELO PERMETTONO. MA, SE VOGLIONO, I GOVERNI SONO ANCORA I PADRONI DEL MONDO. E QUESTO PUO’ ANCORA SALVARE NOI PERSONE.

Chiedetelo alla GlaxoSmithKline, quel tirannosauro da 24 miliardi di dollari all’anno, tutti in farmaci.

Domanda: perché questa nozione è di FONDAMENTALE importanza da tenere a mente? Perché i governi sono sempre dipendenti dalle opinioni pubbliche, anche se queste troppo spesso se lo dimenticano per viltà. Se ne deduce, senza ombra di dubbio, che se è vero, ed è vero, che ancora i governi sono i padroni del mondo, e se è vero, ed è vero, che essi risponderebbero alle opinioni pubbliche se queste si facessero sentire, allora è vero che l’uomo e la donna della strada hanno il potere ultimo, in realtà. Solo che come detto prima non lo vogliono esercitare, e oltre tutto, sempre come detto prima, s’immaginano che il padrone del globo è Rothschild, cioè il potere privato. NO! NON LO E’!

Mi tocca sempre ripetermi, e stando solo un secondo col quarto Barone Rothschild, Jacob, bè, sto tizio è di certo potentissimo, ma neppure lui è riuscito a bloccare la mano dei politici, quando nel Trattato sovranazionale che creò la BCE, cioè il TFEU, scrissero quel codicillo maledetto che mette nelle mani della BCE il potere di bloccare qualsiasi mega banca in Europa. Il codicillo si chiama Risk Control Framework.

Troppo complicato dirvi come funziona, ma state certi che le mega banche qui in Europa hanno oggi una mina in pancia che le può far saltare da un momento all’altro per volere politico, ma poi anche in USA per leggi diverse. Il quarto Barone Jacob di certo può influenzare Mario Draghi, ma il bottone rosso non ce l’ha. Ora domande delle domande: chi può riscrivere quel codicillo? I governi. E chi elegge i governi in Europa? Ok, ci siamo capiti (bè non in Italia da un po’ di tempo a sta parte, noi dobbiamo sempre fare la nostra figuretta…).

E qui torno sia alla GlaxoSmithKline, che all’assunto fondamentale di prima: I GOVERNI SONO ANCORA I PADRONI DEL MONDO.

La storia che segue lo conferma in modo spettacolare. Tutto parte da un Tweet di Bernie Sanders, l’ex candidato alla Casa Bianca, che in sti giorni si è messo a bersagliare i giganti del farmaco. Bernie si sveglia la mattina e scrive un Tweet dove critica ad esempio la multinazionale Eli Lilly, e le azioni di questa crollano. Qualche giorno fa ha sparato contro la GlaxoSmithKline e di nuovo crash in Borsa di questa, ma su Glaxo è la storia che c’è dietro che è forte, e che vi ho ricostruito per il tema in oggetto.

La Glaxo è un colosso, abituata a fare il bullo nel mondo da sempre. Si presenta ai governi, agli amministratori sanitari, ai singoli medici, e corrompe, impone terapie, ma fa anche di peggio, come tutte le sue colleghe multinazionali. Allora un bel giorno la Glaxo arriva in Cina, alè, mazzette di qua, regali di là, i suoi dirigenti fanno e disfano, come sempre. Ma a Londra il N.1 della Glaxo, Andrew Witty, fa l’errore della sua vita, cioè non studia geopolitica, e non si accorge che la Cina sta cambiando immensamente.

Xi Jinping, il Presidente, non scherza per un cazzo. E allora ecco che iniziano i guai. Tutto parte dal whistleblower di turno, un anonimo hacker che spedisce sia al governo di Pechino che a Witty a Londra delle mail con una storia di corruzione da parte della Glaxo in Cina che fa vomitare.

I top manager del colosso inglese in Cina pagavano mazzette ad amministratori, a medici, attraverso prestanome in agenzie di viaggio, se la spassavano con prostitute, e tutto a spese degli ammalati come al solito. E qui la forbice si divarica. Mentre gli uomini di Xi Jinping quatti quatti si leggono le mail, quel fesso di Witty e il consiglio d’amministrazione a Londra se ne fottono, anzi. La Glaxo prova di tutto per insabbiare la cosa, assolda un investigatore privato per depistare le prove, e non smette affatto di corrompere, anzi, corrompe per comprare il silenzio dei cinesi. Bene, bravi, e adesso inizia la festa.

Sono le 5 del mattino di un giorno d’agosto del 2013, le porte dei lussuosi appartamenti dei top manager della Glaxo a Shanghai o Pechino vengono sfondate, gli inglesi gettati a terra e scaraventati in pochi minuti in fetide celle, fra cui il notorio palazzo 803 dove vengono interrogati i dissidenti. La notizia arriva a bomba a Witty a Londra, panico totale.

I cinesi di Xi Jinping non scherzano un cazzo, le prove ci sono ancor prima di interrogare sia i manager che l’investigatore privato britannici, poi le confessioni degli arrestati vengono trasmesse in Tv, live. Le prove sono così schiaccianti che Witty piega immediatamente la testa con una conferenza stampa dove letteralmente, sto ultra potente amministratore di un gigante mondiale, bela pietà e scuse.

Conseguenze: 500 milioni di dollari di multa alla Glaxo; espulsione di alcuni manager fra sputacchi pubblici, e altri a marcire in galera; la Glaxo corre sudando ghiaccio a riscrivere tutti i suoi codici di condotta in Cina, e abbassa i prezzi dei suoi farmaci per Pechino; gli altri colossi mondiali come Pfizer o Novartis immediatamente ripuliscono i loro affari con la Cina; ma non finisce qui. Microsoft drizza le orecchie perché messa sotto inchiesta dai cinesi; Disney trema; la Apple corre ad autodenunciarsi per evasione fiscale in Cina; ma peggio…

… sull’onda del pugno duro del governo cinese, anche quello americano ha trovato la forza di prendere a calci in culo i super colossi del farmaco, come Pfizer, Eli Lilly, e di nuovo la Glaxo che si è vista arrivare un verbale da Washington della bellezza di 3 miliardi di dollari per condotte improprie. Bè, penso che Andrew Witty sia passato nell’arco di pochi mesi dal tronfio ‘Rothschild del farmaco’ a una pecora zoppa che suda freddo la notte, e, come lui, altri amministratori delegati delle più potenti multinazionali del mondo.

Ora, si faccia attenzione. Uno potrebbe argomentare che la Cina è ormai un tale mostro di potere che, assieme agli USA, il suo governo si può permettere di sottomettere anche l’imperatore dell’universo. Ma no, sbagliato. Anche la Svezia poteva fare esattamente ciò che ha fatto Pechino, e per due motivi chiari.

1) Oggi se gli scandali vengono resi pubblici, e intendo nei Paesi veri non ovviamente nelle terre di Totò e Peppino, vanno a impattare mostruosamente sugli investitori che non ci pensano un attimo a fottere le mega aziende o le mega banche in Borsa. Vi ho detto cosa fa Bernie Sanders la mattina su Twitter, e i risultati.

2) Con sovranità monetaria il governo della Svezia, come la Cina, non teme il ricatto economico tipico della multinazionale, che è “se mi tocchi ritiro gli investimenti”. Semplicemente perché non esiste al mondo un potere economico di alcun tipo che possa avere il potere di fuoco di una Banca Centrale in coordinamento col Ministero del Tesoro. Ripeto: in condizioni di sovranità monetaria, una Banca Centrale di un Paese benestante può, schiacciando un bottone, distruggere in un pomeriggio la rivalità di Apple, Microsoft, Volkswagen, JP Morgan, Goldman Sachs e Toyota messi assieme.

Quindi un governo che LO VOLESSE, POTREBBE SCHIACCIARE QUALSIASI ROTHSCHILD DI QUALSIASI POTERE PRIVATO. PUNTO.

Perché non lo fanno più spesso? Troppa poca pressione dalle opinioni pubbliche, cioè dagli inconsapevoli Imperatori del mondo. E allora possiamo forse prendercela col quarto Barone Jacob Rothschild? Macché, siamo noi, fessi vili orde di ebeti che sediamo su una miniera d’oro e pensiamo che sia un bidè.

Darei una gamba per potermi filmare stasera a braccetto con Jacob mentre vi cantiamo “Cogliooooni, cogliooooni, cogliooooni del buco del cul, vaffancul vaffancul!!!!!!” e finale a pernacchie.

domenica 10 ottobre 2021

NOTA SUL "BILDERBERG CLUB". L'ABBRACCIO TRA SUPERCAPITALISMO E COMUNISMO

SE I ROCKEFELLER, LA FAMIGLIA AGNELLI E LA DIRIGENZA DEL PARTITO COMUNISTA ITALIANO SONO ACCOMUNATI FRA DI LORO DALLO STESSO OBIETTIVO SI PUO' PARLARE ANCORA DI COMUNISMO A DIFESA DELLA CLASSE LAVORATRICE? NEL DOCUMENTO SOTTO IN INGLESE SI LEGGE CHE LA "SVENDITA" DELLA CLASSE LAVORATRICE ITALIANA DI GIAN CARLO PAJETTA DEL PCI FACEVA PARTE DEL PROGETTO DI GIORGIO AMENDOLA....




L'abbraccio tra supercapitalismo e comunismo
Articolo apparso sul n. 16 di Cristianità del marzo-aprile 1975

La stampa italiana, già due anni orsono, informava che l'amministratore delegato della Fiat Umberto Agnelli, appoggiato da un gruppo di giovani manager educati alle business schools americane, aveva concordato con il fratello Giovanni "la apertura di un dialogo sempre più ristretto con il PCI, la sola forza politica che può disciplinare il sindacato" (1). Questi propositi hanno trovato recente conferma nelle dichiarazioni con cui lo stesso Umberto Agnelli ha ripetutamente manifestato la propria disponibilità all'incontro con il Partito Comunista. "Se il PCI è pronto a dare il suo contributo ad un programma realistico, perché rifiutarlo? Da che posizione poi il PCI dia questo contributo, se dall'opposizione o dalla maggioranza, poco importa" (2). Umberto Agnelli è giovane - ha commentato Vittorino Chiusano, consigliere politico della famiglia e direttore della Fiat per le relazioni estere - "e come tutti i giovani, vuole, come dire, vivere la vita, credere al suo tempo e alle sue occasioni" (3). "Certo per luì i comunisti non sono la stessa cosa che per noi, non sono la storia, sono delle persone con cui oggi si può lavorare" (4).

Se è vero che "negli ultimi due anni i fratelli Agnelli si sono oculatamente divisi i compiti [...]" così che Umberto "ha portato avanti la difficile strategia aziendale", mentre Giovanni, dedicandosi ai mercati internazionali, "ha condotto la strategia multinazionale" (5), appare chiaro come il peso di queste dichiarazioni sia ben maggiore di quello che si può attribuire alle imprudenti affermazioni di un industriale preoccupato della produttività della sua azienda. Gli Agnelli vanno infatti legittimamente considerati come una dinastia, in quell'orizzonte supercapitalista legato, nei vari stadi del suo sviluppo, alla crescita e al consolidamento di "nuclei di famiglie" e di veri e propri "clan" finanziari. Questi gruppi formano l'establishment, l'esclusivo "sistema" del supercapitalismo, "una sorta di confraternita, una catena in grado di attraversare tranquillamente nazioni diverse, talvolta in guerra fra loro, partiti e ideologie avverse, situazioni storiche in apparente contraddizione una con l'altra, sulla falsariga di quanto riuscivano a fare i Rotschild nel secolo scorso, quando la famiglia cominciava a trafficare in valuta anche nei periodi in cui l'intera Europa era sconvolta dalla guerra" (6).

Gli insiders, gli "iniziati" dell'olimpo supercapitalista studiano negli stessi colleges, frequentano le stesse università - preferibilmente Harvard od Oxford - intrecciano alleanze economiche e dinastiche, e hanno naturalmente i loro "club", dove discretamente si incontrano, discutono, decidono. Tra questi, luogo di incontro privilegiato dagli Agnelli è il Bilderberg Club, "una organizzazione internazionale di uomini politici, economisti, alti ufficiali, finanzieri, diplomatici" alla quale la rivista l'Europeo ha recentemente dedicato uno sconcertante servizio (7).

Il "club" prende il nome dall'Hotel Bilderberg, presso Oosterbeek, in Olanda, dove si riunirono per la prima volta nel 1954, sotto la presidenza del principe Bernardo d'Olanda, un centinaio tra i maggiori esponenti del supercapitalismo mondiale. Da allora, su convocazione di un ristretto comitato privato internazionale, presieduto dallo stesso principe Bernardo, "ogni dodici mesi, sessanta-ottanta personalità europee e americane si riuniscono per discutere "i problemi del momento". E se diamo un'occhiata ai nomi di coloro che hanno fatto o fanno parte del club vediamo come queste riunioni possano assumere l'aspetto di sessioni segrete di un "governo ombra" mondiale, al di sopra e certamente più potente dei governi nazionali" (8). L'Europeo ricorda tra l'altro due significativi avvenimenti successivi alla riunione svoltasi dal 19 al 21 aprile 1974 a Megève, presso il lussuoso albergo Mont d'Arbois, di proprietà del barone Edmond de Rotschild: il colpo di stato di Spínola in Portogallo e la caduta di Willy Brandt in Germania, sostituito da Helmut Schmidt presente alla riunione di Megève.

Affermazioni eccessive? Non sembra, solo che si scorra l'elenco dei partecipanti abituali. Uomini politici come Henry Kissinger, il vicepresidente del MEC Sicco Mansholt, il primo ministro svedese Olof Palme, l'ex-cancelliere laburista dello Scacchiere Denis Healey, il nostro Ugo La Malfa; giornalisti come i direttori del New York Times Cyrus Sulzberger, di Le Monde André Fontaine, di Die Zeit, Theo Sommer, del Corriere della sera Piero Ottone, di La Stampa Arrigo Levi; ricercatori come il prof. Ernest van der Beugel, dell'Università di Leida, Max Kohnstamm, presidente dell'Università europea di Firenze, l'italiano Giorgio La Malfa: ma soprattutto esponenti dell'alta finanza internazionale, a cominciare dallo stesso Bernardo d'Olanda, di cui sono noti gli interessi nelle due maggiori compagnie petrolifere del mondo, la Exxon (già Standard Oil) e la Royal Dutch Petroleum; e poi David Rockfeller, presidente della Chase Manhattan Bank, George Ball, direttore anziano della Lehman Brothers di New York, Edmond de Rotschild, presidente della Compagnia Financière Holding, Marcus Wallenberg, presidente della Stockholm Enskilda Bank, Léon Lambert, presidente della banca belga Lambert, Pierre Dreyfus, presidente della Renault, Otto Wolff von Amerongen, presidente della Otto Wolff, Johno Loudon, presidente della Royal Durch Petroleum, Emilio Collado, vicepresidente della Exxon.

I problemi che si dibattono nelle sessioni segrete di questa "potentissima fraternità internazionale" (9), "nuova massoneria dei potenti d'Europa, che costituisce uno dei gruppi di potere più influenti del mondo occidentale" (10) sono economici, politici, strategici, tecnologici e convergono verso quello che è il fine ultimo dell'establishment supercapitalista: il completo controllo politico ed economico dell'umanità, attraverso gli strumenti dell'alta finanza, per arrivare al governo mondiale di un'élite "illuminata". Per Giovanni Agnelli, notoriamente "affascinato dalle teorie di un totalitarismo illuminato" (11), "le grandi società multinazionali, la Chiesa cattolica e i partiti comunisti dimostrano che il sovrannazionalismo non è un mito, ma è una realtà" (12).

Ma - ecco un punto che merita tutta la nostra attenzione - qual'è la posizione di questo club supercapitalista nei confronti della setta comunista? Già una maggiore attenzione ai nomi dei partecipanti alle riunioni è foriera di legittimi sospetti. Se infatti la presenza del prof. Giangiacomo Migone, esponente di punta del PDUP, all'incontro svoltosi dal 23 al 25 aprile 1971 nella residenza dei Rockefeller a Woodstock Inn (13) può essere stata occasionale, tale certamente non potrà definirsi la carica di membro onorario affidata al presidente del Carnegie Endowment for International Peace Joseph E. Johnson, già sotto inchiesta negli Stati Uniti per attività filo-comunista (14). Ma perché ogni dubbio sia chiarito, mi sembra necessario lasciare la parola a un portavoce ufficiale del Bilderberg Club. Nessuno, in questo senso, più autorevole del prof. Zbigniew Brzezinski, "uno dei più agili e aggiornati interpreti della situazione mondiale" (15), "il massimo politologo americano, l'uomo che molti considerano il prossimo segretario di Stato in un'amministrazione democratica" (16).

"Sono disposto a credere - dichiarò Brzezinski dopo aver incontrato Sergio Segre, "ministro degli Esteri" del PCI - che i comunisti italiani siano moderati e revisionisti. Infatti lo sono" (17). "Una politica estera intelligente - confermava allo stesso giornalista in una successiva intervista - non può ignorare l'esistenza di un partito che raccoglie i consensi di un terzo dell'elettorato" (18). Più recentemente, Brzezinski, già direttore dell'Istituto di Ricerche sugli Affari comunisti dell'Università di Colombia, ha messo in dubbio non solo l'anima stalinista, ma addirittura l'essenza leninista dei partiti comunisti europei dicendosi favorevole a "un dialogo che accerti se i comunisti possano essere oppure no dei partecipatiti in buona fede nel gioco politico democratico" (19).

Brzezinski è autorevole membro, tra l'altro, del Council on Foreign Relations e direttore della Commissione trilaterale, "un organismo privato per il miglioramento dei rapporti tra i paesi industrializzati [...] sorto nel 1973 su iniziativa di David Rockefeller" (20), di cui tutti i maggiori esponenti sono associati al Bilderberg Club. Cominciamo allora a comprendere cosa intenda l'Espresso affermando che "La Commissione trilaterale di Brzezinski e Rockefeller [...] è l'unico gruppo che cerchi di sviluppare un'indagine coerente sui temi più scollanti del momento" (21). Comprendiamo come non sia casuale che la Exxon, la multinazionale sotto inchiesta negli Stati Uniti per aver finanziato i partiti di centro-sinistra e lo stesso Partito Comunista, sia controllata da David Rockefeller, membro del Bilderberg, fondatore della Commissione trilaterale, presidente del Council on Foreign Relations. Comprendiamo cosa intenda affermare Eugenio Scalfari, intimo di Giovanni Agnelli, quando afferma che per il presidente della Fiat che "per tutta la vita si è basato come appoggio mondiale sulla potenza del supercapitalismo internazionale: le banche dell'Est degli Stati Uniti, Rockefeller, Rotschild [...]" (22) - "è più importante essere in buoni rapporti con David Rockefeller che con Andreotti [...]" (21). Comprendiamo il senso del disegno "concordato" tra Giovanni Agnelli e il fratello Umberto, le cui dichiarazioni perdono le possibili connotazioni di improvvisazione e provvisorietà per trovare il loro spazio coerente nel disegno ultimo (establishment): l'incontro tra la setta comunista e il supercapitalismo per l'instaurazione di un governo mondiale dell'umanità da attuarsi attraverso la centralizzazione politica e organizzativa, la concentrazione monopolistica delle industrie, il controllo dei mezzi di comunicazione, la massificazione forzata, la completa socializzazione della vita umana. Una prospettiva non più misteriosa, ma che ha ancora bisogno, per realizzarsi, del velo del silenzio.

ROBERTO DE MATTEI

NOTE

(1) Panorama, 21-3-1974.

(2) Il Tempo, 17-1-1976.

(3) la Repubblica, 21-1-1976.

(4) Ibidem.

(5) L'Europeo, 19-12-1975.

(6) STEFANIA PIGA, Vogliono sovietizzare il mondo, in Il Giornale d'Italia, 10/11-2-1975.

(7) L'Europeo, 17-10-1975. Le rivelazioni de L'Europeo non sono tali per chi abbia dimestichezza con la più aggiornata pubblicistica anticomunista, soprattutto francese e americana. Cfr. tra l'altro, per un inquadramento specificamente cattolico, PIERRE VIRION, Bientót un gouvernement mondial, Editions Saint-Michel, Rennes 1967.

(8) Ibidem.

(9) Ibid., 5-2-1976.

(10) Ibidem.

(11) Ibid., 5-9-1974.

(12) Panorama, 20-6-1974.

(13) Cfr. l'elenco dei partecipanti riportato, tra l'altro, in Cruzado Español, 15-1 a 1-3-1973.

(14) Cfr. JACQUES BORDIOT, Une main cachée dirige..., La Librairie Française, Parigi 1974, pp. 143-144.

(15) Il Mondo, 28-6-1973.

(16) il Giornale nuovo, 7-2-1976,

(17) L'Espresso, 22-12-1974,

(18) Ibid., 16-10-1975,

(19) il Giornale nuovo, 7-2-1976.

(20) Il Sole-24 ore, 15-10-1975, in cui sotto il titolo Niente fantapolitica alla Fondazione Agnelli, dà un resoconto della riunione, svoltasi a Torino, del comitato esecutivo europeo della Commissione trilaterale; cfr. anche The crisis of Democracy, Report on the governability of democracies to the trilateral commission, by Michael Crozier, Samuel P. Huntington, Joji Wataumki, New York University Press 1975, con un elenco in appendice dei membri dell'organismo, tra cui gli italiani Giovanni Agnelli, Francesco Compagna, Cesare Merlini, Piero Bassetti, Franco Bobba, Umberto Colombo, Guido Colonna di Paliano, Francesco Forte, Giuseppe Glisenti, Arrigo Levi. Il saggio di Crozier è stato tradotto in Biblioteca della libertà, luglio-ottobre 1975, pp. 25-49.

(21) L'Espresso, 18-1-1976.

(22) L'Europeo, 9-1-1975.

(23) la Repubblica, 15-1-1976.


sabato 18 settembre 2021

Mario Draghi a capo di un governo di neo-malthusiani


La popolazione, se non è controllata, cresce in proporzione geometrica. I mezzi di sussistenza crescono solo in proporzione aritmetica.

Thomas Robert Malthus

Per quanto possa sembrare crudele nel caso singolo, la povertà assistita deve essere considerata una vergogna.

Thomas Robert Malthus


Chi non ha soldi non ha diritto all’esistenza, e soprattutto non ha il diritto di procreare. Dato però che il rapporto sessuale senza volontà di procreare è peccato, i poveri non hanno neppure il diritto di abbandonarsi ai propri istinti sessuali.

Thomas Robert Malthus

Gli scienziati sono i sacerdoti di questo nuovo universo simbolico. Parlano linguaggi ieratici, custodiscono conoscenze che sono precluse alla stragrande maggioranza degli esseri umani. Indossano abiti rituali, i ‘mistici’ camici bianchi che sembrano ricondurre alle tuniche degli officianti di antichi cerimoniali.

Pietro Riccio – L’infinita metafisica corrispondenza degli opposti


Per chi non lo conoscesse, Thomas Robert Malthus è stato un economista e demografo inglese vissuto a cavallo tra il 1700 e il 1800. Le sue teorie, sebbene risalenti a circa 200 anni fa, sono quanto mai attuali, rivalutate negli ultimi anni, soprattutto in questo periodo. Malthus partiva da un presupposto piuttosto semplice, quello secondo il quale le risorse a disposizione dell’umanità siano limitate. Di conseguenza, diventa importante il rapporto tra risorse e popolazione mondiale. Di fronte ad una crescita demografica senza freni, le risorse cominciano a scarseggiare, fino a tendere all’esaurimento. Malthus fa notare come ad aumenti della popolazione corrispondano dei periodi di carestia, di crisi, tali da abbassare le difese degli organismi, fino a sfociare in epidemie e pandemie, o a generare tensioni che poi diventano motivo di guerre, tutte variabili che conducono ad una conseguente riduzione della popolazione e ad un nuovo periodo di benessere economico, con una conseguente nuova crescita demografica. Se le risorse economiche non crescono più della popolazione sarà necessario far diminuire la popolazione stessa, magari utilizzando guerre oppure epidemie, certo non vanno usate politiche assistenziali nei confronti dei poveri che creano solo inutile sovrappopolamento. Sembra di sentire un discorso programmatico di Mario Draghi quando dice: "Spesso mi sono chiesto se noi abbiamo fatto tutto quello che i nostri nonni e padri fecero per noi....Una domanda che non possiamo eludere quando aumentiamo il nostro debito pubblico senza aver speso e investito al meglio risorse che sono sempre scarse. Ogni spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni".
Strano detto da uno come Draghi nato Keynesiano e finito neo malthusiano per parafrasare una famosa canzone. E ancora un'altra perla del premier. "L’Italia sta scomparendo" diceva il presidente Draghi alla conferenza degli "Stati generali della natalità", alla presenza di papa Francesco. 
In effetti, in alcuni comuni del Molise e di altre regioni italiane le scuole materne sono state trasformate in case di cura o comunque hanno cambiato destinazione d'uso. Inquietante. 

Dopo Mario Draghi, sul problema denatalità si è pronunciato anche il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, annunciando che "Nei prossimi dieci anni avremo un milione e 400 mila ragazzi in meno". La persona giusta al posto giusto non c'è che dire. Se mettiamo assieme Roma, Torino, Palermo e Napoli troviamo quello che perderemo entro il 2065 secondo l’Istat: sei milioni di italiani. Se vogliamo sbizzarrirci con i numeri, basta leggere la rivista medica Lancet per apprendere come l’Italia si trasformerà in un Paese disabitato. Nel 2100, 30 milioni in meno. La rivista poi fa esempi di altri Paesi nel mondo che dimezzeranno i propri abitanti, anche la Cina. 

In Europa, sarà la Spagna a perdere più della metà della popolazione entro il 2100. Già tre quarti dei comuni spagnoli sono in declino. La pittoresca Galizia e Castilla e León sono tra le regioni più colpite, poiché interi insediamenti si sono gradualmente svuotati dei loro residenti. Più di tremila villaggi fantasma infestano ora le colline, in vari stati di abbandono. Nel 2016 un rapporto di Lega Ambiente rivelò che anche un terzo dei villaggi e borghi italiani scomparirà a causa del cambiamento demografico. Sembra che la natura si stia riprendendo lo spazio che l’uomo aveva conquistato. Secondo il professore Josè Benayas, professore di Ecologia presso l’Università di Alcalá di Madrid, le foreste spagnole sono triplicate in superficie dal 1900, espandendosi dall’8 al 25 per cento del territorio man mano che il terreno non viene lavorato. Un orso bruno è stato avvistato in Galizia lo scorso anno per la prima volta in 150 anni. La popolazione rurale sta invecchiando e quei pochi giovani rimasti si stanno trasferendo nelle città.

E’ triste doverlo constatare, ma ha anche dei vantaggi ecologici. Linci e orsi bruni hanno registrato un aumento della popolazione in tutta l’Europa continentale. In Italia, l’abbandono dei terreni agricoli ha portato a un rapido rimboschimento in alcune regioni: il Molise ha visto aumentare la copertura boschiva del 17 per cento dal 2005; la Sicilia, del 16 e la Basilicata dell’11. Questa trasformazione può essere sorprendentemente rapida.

Per quanto riguarda il Giappone, si prevede che un terzo di tutto il patrimonio abitativo sarà vacante entro il 2033 e molte scuole stanno già chiudendo a causa della mancanza di bambini. Nel 1958 c’erano 13,4 milioni di bambini giapponesi nelle scuole elementari, scesi a 6,77 milioni nel 2011, e continua a diminuire. Esistono programmi che offrono gratuitamente case sfitte alle famiglie se sono disposte a trasferirsi in campagna.

L’ex Ddr, la Germania dell’Est, sta letteralmente “scomparendo”. Si prevede che molte regioni della Germania orientale perderanno tra il 10 e il 25 per cento della popolazione entro il 2035. Il caso della città di Hoyerswerda, è emblematico, a due ore da Dresda, vicino al confine con la Polonia, ha perso la metà della sua popolazione negli ultimi vent’anni. Si tratta di una città fantasma invecchiata. I giovani se ne sono andati. La popolazione da 70 mila è passata a 32 mila. Dei 22 mila appartamenti, settemila sono stati distrutti. 

Che il sogno dei neo malthusiani si sia avverato? Prendiamo anche atto che la pandemia e i vaccini stanno contribuendo in modo vertiginoso alla depopolazione mondiale. Al pari di Draghi e del ministro Bianchi anche il ministro della salute Speranza si è rivelato l'uomo giusto per "gestire" l'ecatombe Covid-19. In passato, la medicina ha allungato e migliorato la vita, ha debellato la maggior parte di quelle malattie che avevano in passato decimato la popolazione mondiale. Peste, vaiolo, colera, tifo, sono per fortuna un ricordo del passato. Così sembrava. A modificare lo scenario interviene il Coronavirus, il famigerato Covid-19, che sta già incidendo pesantemente sull’economia mondiale, che tanto sta condizionando le vite di centinaia di milioni di persone. Paradossalmente potrebbe essere proprio il Coronavirus a sbloccare quella situazione di crisi di cui parlavamo. Non direttamente, certo.
I tassi di mortalità non sono tali da far pensare che possa portare ad un numero di vittime sufficiente a riavviare un ciclo malthusiano. Anche qui l'idea di una longa manus dei neo malthusiani nelle circostanze pandemiche attuali sembra prendere sempre più corpo. A pensar male....

Cinzia Palmacci

lunedì 6 settembre 2021

Discorso di Mario Draghi, al tempo Direttore Generale del Tesoro, alla Conferenza sulle Privatizzazioni tenutasi sullo yacht Britannia il 2 giugno 1992.

SUPER MARIO ALLA CORTE DEGLI "INVISIBILI BRITANNICI".... 


“Signore e signori, cari amici, desidero anzitutto congratularmi con l’Ambasciata Britannica e gli Invisibili Britannici (British Invisibles, sic) per la loro superba ospitalità.
Tenere questo incontro su questa nave è di per sé un esempio di privatizzazione di un fantastico bene pubblico. Durante gli ultimi quindici mesi, molto è stato detto sulla privatizzazione dell’economia italiana. Alcuni progressi sono stati fatti, nel promuovere la vendita di alcune banche possedute dallo Stato ad altre istituzioni cripto-pubbliche, e per questo la maggior parte del merito va a Guido Carli, Ministro del Tesoro. Ma, per quanto riguarda le vendite reali delle maggiori aziende pubbliche al settore privato, è stato fatto poco.
Non deve sorprendere, perché un’ampia privatizzazione è una grande – direi straordinaria – decisione politica, che scuote le fondamenta dell’ordine socio-economico, riscrive confini tra pubblico e privato che non sono stati messi in discussione per quasi cinquant’anni, induce un ampio processo di deregolamentazione, indebolisce un sistema economico in cui i sussidi alle famiglie e alle imprese hanno ancora un ruolo importante. In altre parole, la decisione sulla privatizzazione è un’importante decisione politica che va oltre le decisioni sui singoli enti da privatizzare. Pertanto, può essere presa solo da un esecutivo che ha ricevuto un mandato preciso e stabile.
Altri oratori parleranno dello stato dell’arte in quest’area: dove siamo ora da un punto di vista normativo, e quali possono essere i prossimi passaggi.
Una breve panoramica della visione del Tesoro sui principali effetti delle privatizzazioni può aiutare a comunicare la nostra strategia nei prossimi mesi.
PRIMO: privatizzazioni e bilancio.
La privatizzazione è stata originariamente introdotta come un modo per ridurre il deficit di bilancio (si veda il suo commento alla lettera Ciampi-Andreatta del 1981 che quel deficit creò ndr).
Più tardi abbiamo compreso, e l’abbiamo scritto nel nostro ultimo rapporto quadrimestrale, che la privatizzazione non può essere vista come sostituto del consolidamento fiscale, esattamente come una vendita di asset per un’impresa privata non può essere vista come un modo per ridurre le perdite annuali. Gli incassi delle privatizzazioni dovrebbero andare alla riduzione del debito, non alla riduzione del deficit.
Quando un governo vende un asset profittevole, perde tutti i dividendi futuri, ma può ridurre il suo debito complessivo e il servizio del debito. Quindi, la privatizzazione cambia il profilo temporale degli attivi e dei passivi, ma non può essere presentata come una riduzione del deficit, solo come il suo finanziamento. (Questo fatto, nella visione del Tesoro, ha alcune implicazioni che vedremo in un secondo momento).
Le conseguenze politiche di questa visione sono due.
Dal punto di vista della finanza pubblica, il consolidamento fiscale da mettere a bilancio per l’anno 1993 e i successivi non dovrebbe includere direttamente nessun ricavo dalle privatizzazioni.
Nel contempo, dovremmo avviare un piano di riduzione del debito con gli incassi dalle privatizzazioni. Ciò implicherà più enfasi del Tesoro sulle implicazioni economiche complessive delle privatizzazioni e sull’obiettivo ultimo di ricostruire gli incentivi per il settore privato.
SECONDO: privatizzazioni e mercati finanziari.
La privatizzazione implica un cambiamento nella composizione della ricchezza finanziaria privata dal debito pubblico alle azioni. L’effetto di riduzione del debito pubblico può implicare una discesa dei tassi di interesse. Ma l’impatto sui mercati finanziari può essere molto più importante, quando vediamo che la quantità di ricchezza privata in forma di azioni è piccola in relazione alla ricchezza privata totale e che con le privatizzazioni può aumentare in modo significativo. In altre parole, i mercati finanziari italiani sono piccoli perché sono istituzionalmente piccoli, ma anche perché – forse in modo connesso – gli investitori italiani vogliono che siano piccoli. Le privatizzazioni porteranno molte nuove azioni in questi mercati.
L’implicazione politica è che dovremmo vedere le privatizzazioni come un’opportunità per approvare leggi e generare cambiamenti istituzionali per potenziare l’efficienza e le dimensioni dei nostri mercati finanziari.
TERZO: privatizzazioni e crescita.
(In molti casi) vediamo le privatizzazioni come uno strumento per aumentare la crescita. Nella maggior parte dei casi la privatizzazione porterà a un aumento della produttività, con una gestione migliore o più indipendente, e a una struttura più competitiva del mercato. La privatizzazione quindi potrebbe parzialmente compensare i possibili – ma non certi – effetti di breve termine di contrazione fiscale necessaria per un bilancio più equilibrato. In alcuni casi, per trarre beneficio dai vantaggi di un aumento della concorrenza derivante dalla privatizzazione, potrebbe essere necessaria un’ampia deregolamentazione. Questo processo, se da una parte diminuisce le inefficienze e le rendite delle imprese pubbliche, dall’altra parte indebolisce la capacità del governo di perseguire alcuni obiettivi non di mercato, come la riduzione della disoccupazione e la promozione dello sviluppo regionale.
Tuttavia, consideriamo questo processo – privatizzazione accompagnata da deregolamentazione – inevitabile perché innescato dall’aumento dell’integrazione europea. L’Italia può promuoverlo da sé, oppure essere obbligata dalla legislazione europea. Noi preferiamo la prima strada.
Le implicazioni di policy sono che:
a) un grande rilievo verrà dato all’analisi della struttura industriale che emergerà dopo le privatizzazioni, e soprattutto a capire se assicurino prezzi più bassi e una migliore qualità dei servizi prodotti;
b) nei casi rilevanti la deregolamentazione dovrà accompagnare la decisione di privatizzare, e un’attenzione speciale sarà data ai requisiti delle norme comunitarie;
c) dovranno essere trovati mezzi alternativi per perseguire obiettivi non di mercato, quando saranno considerati essenziali.
QUARTO: privatizzazioni e depoliticizzazione.
Un ultimo aspetto attraente della privatizzazione è che è percepita come uno strumento per limitare l’interferenza politica nella gestione quotidiana delle aziende pubbliche. Questo è certamente vero e sbarazzarsi di questo fenomeno è un obiettivo lodevole. Tuttavia, dobbiamo essere certi che dopo le privatizzazioni non affronteremo lo stesso problema, col proprietario privato che interferisce nella gestione ordinaria dell’impresa. Qui l’implicazione politica immediata è l’esigenza di accompagnare la privatizzazione con una legislazione in grado di proteggere gli azionisti di minoranza e di tracciare linee chiare di separazione tra gli azionisti di controllo e il management, tra decisioni societarie ordinarie e straordinarie.
A cosa dobbiamo fare attenzione, per valutare la forza del mandato politico di un governo che voglia veramente privatizzare?
Primo, occorre una chiara decisione politica su quello che deve essere considerato un settore strategico. Non importa quanto questo concetto possa essere sfuggente, è comunque il prerequisito per muoversi senza incertezze.
Secondo, visto che non c’è una Thatcher alle viste in Italia, dobbiamo considerare un insieme di disposizioni sui possibili effetti delle privatizzazioni sulla disoccupazione (se essa dovesse aumentare come effetto della ricerca dell’efficienza), sulla possibile concentrazione di mercato, e sulla discriminazione dei prezzi (quest’ultima in particolare per la privatizzazione delle utility).
Terzo, occorre superare i problemi normativi. Un esempio importante: le banche, che secondo la legislazione antitrust (l. 287/91) non possono essere acquisite da imprese industriali, ma solo da altre banche, da istituzioni finanziarie non bancarie (Sim, fondi pensione, fondi comuni di investimento, imprese finanziarie), da compagnie assicurative e da individui che non siano imprenditori professionisti. In pratica, siccome in Italia non ci sono virtualmente grandi banche private, gli unici possibili acquirenti tra gli investitori domestici sono le assicurazioni o i singoli individui. Una limitazione molto stringente.
In ordine logico, non necessariamente temporale, tutti questi passaggi dovrebbero avvenire prima del collocamento. In quel momento, affronteremo la sfida più importante: considerando che una vasta parte delle azioni sarà offerta, almeno inizialmente, agli investitori domestici, come facciamo spazio per questi asset nei loro portafogli? Qui giunge in tutta la sua importanza la necessità che le privatizzazioni siano a complemento di un piano credibile di riduzione del deficit, soprattutto per ridurre la creazione di debito pubblico.
Solo se abbiamo successo nel compito di ridurre “continuamente e sostanziosamente” il nostro rapporto tra debito e Pil, come richiesto dal Trattato di Maastricht, troveremo spazio nei portafogli degli investitori. Allo stesso tempo, l’assorbimento di queste nuove azioni può essere accelerato dall’aumento dell’efficienza del nostro mercato azionario e dall’allargamento dello spettro degli intermediari finanziari. Qui il pensiero va subito alla creazione di fondi pensione ma, di nuovo, i fondi pensione sono alimentati dal risparmio privato che da ultimo deve essere accompagnato dal sistema di sicurezza sociale nazionale verso i fondi pensione. Ma un ammanco dei contributi di sicurezza sociale allo schema nazionale implicherebbe di per sé un deficit più elevato. Questo ci porta a una conclusione di policy sui fondi pensione: possono essere creati su una base veramente ampia solo se il sistema nazionale di sicurezza sociale è riformato nella direzione di un sistema meglio finanziato o più equilibrato rispetto a quello odierno.
Questa presentazione non era fatta per rispondere alla domanda su quanto possa essere veloce il processo di privatizzazioni – non è il momento giusto per affrontare il tema. L’obiettivo era fornirvi una lista delle cose da considerare per valutare la solidità del processo. La conclusione generale è che la privatizzazione è una delle poche riforme nella vita di un paese che ha assolutamente bisogno del contesto macroeconomico giusto per avere successo. Lasciatemi sottolineare ancora che non dobbiamo fare prima le principali riforme e poi le privatizzazioni. Dovremmo realizzarle insieme. Di certo, non possiamo avere le privatizzazioni senza una politica fiscale credibile, che – ne siamo certi – sarà parte di ogni futuro programma di governo, perché l’aderenza al Trattato di Maastricht sarà parte di ogni programma di governo.
Lasciatemi concludere spiegando, nella visione del Tesoro, la principale ragione tecnica – possono esserci altre ragioni, legate alla visione personale dell’oratore, che vi risparmio – per cui questo processo decollerà.
La ragione è questa: i mercati vedono le privatizzazioni in Italia come la cartina di tornasole della dipendenza del nostro governo dai mercati stessi, dal loro buon funzionamento come principale strada per riportare la crescita. Poiché le privatizzazioni sono così cruciali nello sforzo riformatore del Paese, i mercati le vedono come il test di credibilità del nostro sforzo di consolidamento fiscale. E i mercati sono pronti a ricompensare l’Italia, come hanno fatto in altre occasioni, per l’azione in questa direzione. I benefici indiretti delle privatizzazioni, in termini di accresciuta credibilità delle nostre politiche, sono secondo noi così significativi da giocare un ruolo fondamentale nel ridurre in modo considerevole il costo dell’aggiustamento fiscale che ci attende nei prossimi cinque anni.”

venerdì 18 giugno 2021

Solo i valori di Dio, Patria e Famiglia abbattono le dittature

La storia lo dimostra e si ripete: tutte le dittature sono state abbattute al culmine della prevaricazione e dell'assoggettamento a regole disumane quando i diritti umani fondamentali sono stati ignorati e superati da politiche liberticide e spregevoli. Oggi la dittatura è di tipo sanitario: contro ogni assioma scientifico ed etico si vaccinano, e in piena pandemia, migliaia di persone senza conoscere gli effetti collaterali di quelli che chiamano "vaccini" ma sono terapie geniche in grado di compromettere in modo irreparabile il DNA e la struttura cellulare umana. Chi si trova al vertice di questa dittatura anti umana conosce benissimo il potere persuasivo della paura, e la usa per schiavizzare e assoggettare l'umanità terrorizzata e confusa che si sta consegnando inerme alla propria estinzione programmata.

Ormai è del tutto evidente che la politica, i media mainstream e una larga parte del sistema sanitario fanno parte del piano diabolico, e non solo in Italia. Quindi è inutile e vagamente patetico chi continua ad invocare il parere del Comitato scientifico e di tutti quegli enti che si stanno dimostrando complici e asserviti a poteri ultranazionali che si ispirano ad ideologie utilitaristiche e post umane come il malthusianesimo della depopolazione mondiale e il transumanesimo luciferiano che mira a superare la condizione umana attraverso l'uso distorto di nanobiotecnologie al fine di asservire e schiavizzare l'umanità. Uno dei modi per raggiungere questo obiettivo è presentare le terapie geniche sperimentali, che chiamano "vaccini", come la panacea per la cura del covid 19, una pandemia diffusa a livello mondiale e funzionale al piano di terrorismo messo in atto per spingere le masse a farsi iniettare il siero genico che tutto fa tranne curare il covid. Sono arrivati perfino a sostituire il vaccino AstraZeneca con quelli realizzati in pochi mesi da Pfizer e Moderna, imponendoli a tutti. Una cosa che alcuni virologi di fama mondiale come Giulio Tarro ha definito mai vista nella storia della medicina visto che le  ricerche pubblicate sono insufficienti per numero di soggetti esaminati e per gli effetti indesiderati. Perfino il commissario straordinario per la gestione dell'emergenza il generale Figliuolo ha ammesso:  "Abbiamo iniettato milioni di vaccini senza saperne chiaramente l’esito" (1). Tutto dire. Anche se Figliuolo non ha esitato un attimo a mettere su una macchina da guerra vaccinale e a sparare sulla croce rossa dichiarando di essere pronto a scovare i non vaccinati ovunque. Mentre migliaia di persone accecate dal miraggio del "ritorno alla normalità", mantra sul quale il mainstream ha attirato non poche mosche al miele, fanno file di ore ed ore pur di ricevere un "passaporto verso l'ignoto", altro che normalità. 

E' in atto una guerra più feroce e subdola di quella con le bombe e i mortai, ma che fa ancora più vittime. Viene in mente quel motto: "L'ignoranza uccide", e nell'era dei social e di Internet è davvero inammissibile che tante persone abbiano rinunciato a capire, ad approfondire come se in ballo non ci fosse la loro stessa esistenza. La legge non ammette ignoranza, ma in dittatura fa comodo.

Questa è una guerra contro l'umanità e il diritto sacrosanto di ogni essere umano nato libero di continuare ad esserlo dalla culla alla tomba. La dittatura in atto ha un unico obiettivo: l'estinzione di una razza a favore di un'altra che si reputa più forte e più suprematista. La prevaricazione e l'asservimento sono le armi che da millenni la stirpe del serpente mette in atto per soggiogare l'Uomo Adamo diretto discendente della stirpe messianica. E da millenni la stirpe di Lucifero tenta di alienare Dio dal mondo e dall'umanità per condannarla all'estinzione. L'élite di Lucifero ha precipitato il mondo nel caos. I valori autentici di Dio, Patria e Famiglia, avulsi da qualsiasi rigurgito ideologico, possono ancora salvare il mondo dallo sfacelo in atto, occorerebbe dargli solo un'opportunità, anche con la forza se occorre.

Cinzia Palmacci  

(1)