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sabato 25 aprile 2020

Don Antonio Coluccia - la Cristoterapia, la cura che salva dalle dipendenze.


Don Antonio Coluccia fonda l'Opera Don Giustino e grazie alla L.109/96 per il riutilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata accoglie nella villa del boss tanti giovani con problemi di dipendenza e li salva con la "Cristoterapia". Don Antonio Coluccia continua poi il suo impegno contro la droga sia sul fronte recupero sia sul fronte della prevenzione con incontri nelle scuole di tutta Italia. Le richieste all'Opera Don Giustino sono tantissime e provengono da tutta Italia. Tu puoi aiutarci a donare una nuova vita a questi giovani e donare speranza alle loro famiglie! Basta davvero poco ciascuno e insieme possiamo fare moltissimo: Opera Don Giustino Codice IBAN C/C Bancario: IT 09 B 0878739350 00000000 6173 Codice IBAN C/C Postale: IT 77 U 07601 03200 0010 3538 8162 Grazie per quanto potrete fare.

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lunedì 21 ottobre 2019

Fenomeni sociali: adolescenti che dormono tre, quattro ore a notte



Qualche anno fa ho avuto uno studente che dormiva in classe. Aveva vent’anni – era stato bocciato due volte – si faceva almeno due, tre ore di sonno pieno con la faccia sul banco. Non dormiva per noia – o insomma, credo, non solo. Era il sonno di chi arrivava a scuola distrutto, dopo una nottata in bianco. Non era l’unico…


Ogni volta che chiedo ai miei studenti – tra i 15 e i 19 anni – quanto dormono, ricevo una risposta abbastanza preoccupante: più della metà meno di sette ore; ma c’è chi mi dice che dorme anche cinque o tre ore. Le mie classi non sono un osservatorio privilegiato, né in positivo né in negativo. È l’impressione che hanno anche quei professori e quei genitori che osservano con attenzione ragazze e ragazzi, anche se questo interesse spesso manca. Nelle molte interviste che ho fatto in varie scuole superiori, ho capito che della questione non si parla quasi mai.
Le parole di ragazze e ragazzi

Milena, una ragazza di sedici anni di un liceo di Avezzano, mi ha spiegato che dorme in media quattro ore e che la sua vita è completamente influenzata dall’insonnia: “Mi addormento verso le cinque del mattino. Quando mi sveglio bevo tanto caffè, anche tre o quattro tazze, mi preparo in fretta, vado a scuola, e rimugino sulle cose tutto il giorno, fino a rimettermi nel letto senza riuscire ad addormentarmi”, dice. Carlo, al primo anno di università a Bologna, mi ha detto che dorme sei ore, ma molti dei suoi compagni non arrivano a quattro: “Giocano alla play, anche fino alle cinque del mattino, si sfondano”.

Sara, diciotto anni, frequenta un istituto professionale a Ponticelli, nella periferia di Napoli. Mi ha raccontato che dorme al massimo due o tre ore per notte e che neanche lei si spiega il perché. Si addormenta alle quattro, si sveglia alle sei, alle volte fa la lunga, come mi dice: non chiude nemmeno occhio. Da due anni è così: “Durante il giorno fatico a reggermi in piedi, a scuola non riesco a seguire, sono sempre distratta”.

Insonnie che nascono da disagi psicologici o da stati d’ansia non gestiti come si deve, ore di sonno sottratte per giocare e portare avanti relazioni sociali esili, ma spesso uniche. I motivi per cui una ragazza o un ragazzo non dorme sono tanti. A chi si rivolgono per parlarne e affrontarli? Nella maggior parte dei casi a nessuno. Molto spesso non riescono nemmeno a riconoscere che sia un problema.
Studi ed esperimenti


Ogni caso è un caso a sé, ma ci sono sicuramente delle costanti che negli ultimi anni sono diventati evidenti, e socialmente importanti. In Adolescenti, una storia naturale, David Bainbridge parla delle fasi della crescita attraversate dagli esseri umani. Nell’età cruciale dello sviluppo – tra i 13 e i 15 anni per le ragazze, tra i 15 e i 17 per i ragazzi, secondo Bainbridge – il cervello ha bisogno di una quantità importante di ore di sonno, e sarebbe questa una delle ragioni principali per cui normalmente a quell’età si dorme tanto. Superata questa fase si acquisisce una resistenza fisica tale da riuscire a stare svegli fino a tardissimo o a soffrire meno la stanchezza. Ma abituarsi a dormire meno di sette o di cinque ore al giorno fa male, dicono gli esperti.

Ci sono molti studi che indicano in modo chiaro che la ripetuta mancanza di sonno provoca effetti negativi sullo sviluppo cerebrale. In un articolo del 2016 l’équipe guidata da Chiara Cirelli – direttrice del dipartimento del Wisconsin institute for sleep and consciousness – si legge che, nonostante ci sia bisogno di ulteriori studi su questo aspetto, “la cronica diminuzione del sonno nella prima adolescenza può influire sulla connettività cerebrale (cioè le vie di comunicazione tra neuroni) dell’adulto”.
New Scientist ha raccontato un progetto in corso in alcune scuole di Seattle per cercare di affrontare il problema: “Rimandare l’orario di inizio delle lezioni non solo migliora la qualità del sonno degli studenti, ma aumenta anche la frequenza in classe e le prestazioni scolastiche (…) Gli adolescenti sono naturalmente portati a fare tardi la notte e a farsi belle dormite la mattina per via delle modifiche all’orologio biologico che si verificano durante la pubertà. ‘Praticamente si taglia l’ultima fase di sonno di cui hanno bisogno’, dice Horacio de la Iglesia dell’università di Washington. Per risolvere questo problema, dalla metà del 2016 le scuole di Seattle hanno deciso di spostare l’orario di inizio dalle 7:50 alle 8:45 (…) La durata media del loro sonno è passata da 6 ore e 50 minuti a 7 ore e 24 minuti, ma questo non è ancora abbastanza, dice Gideon Dunster all’università di Washington, coautore dello studio. ‘Gli studenti dormono di più, ma non stanno ancora dormendo la media di nove ore a notte raccomandata’ “. In un altro articolo della rivista, Russel Foster fa un esempio che rende bene l’idea: “Per un adolescente, svegliarsi alle 7 è come svegliarsi alle 5 per una persona sui cinquant’anni”.
L’iperconnessione


Davide, 18 anni, frequenta un istituto tecnico a Roma. Mi racconta perché va a letto tardi, o tardissimo: “Gioco alla play”. Spesso lo fa su internet, con i compagni. Oppure chatta. Oppure manda video e foto agli amici fino all’una o alle due di notte.

L’iperconnessione per gli adolescenti (e non solo per gli adolescenti) non è un’eccezione, è la norma. Come scrive Jean M. Twenge, nel libro Iperconnessi, a proposito degli adolescenti: “Quasi tutti dormivano con il telefono accanto: sotto il cuscino, sul materasso o comunque a portata di mano. Controllavano i social e guardavano video subito prima di andare a letto, e agguantavano il telefono appena aprivano gli occhi. Il telefono era l’ultima cosa che vedevano la sera e la prima al mattino. Se si svegliavano nel cuore della notte, finivano per dare uno sguardo al cellulare”.

La quantità di tempo che ragazze e ragazzi passano online è cresciuto esponenzialmente negli ultimi dieci anni: se a metà degli anni duemila era un’ora al giorno, i dati che Twenge cita dall’inchiesta Monitoring the future dicono che oggi le ore sono almeno sei, passate su internet, sui social network, a spedirsi messaggi, a giocare. Anche in Italia, le varie statistiche – per esempio quella contenuta in Generazioni connesse, uno studio del ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca – indica più o meno la stessa media.

La correlazione tra dipendenza da internet e riduzione del sonno è al centro di molti studi. Alcuni hanno lavorato su ampi campioni di studenti, in contesti geografici e sociali estremamente diversi, dalla Turchia all’Iran, dalla Corea del Sud a Taiwan. I ricercatori spiegano che la luce blu degli smartphone e dei tablet influenzerebbe negativamente il sonno, e mettono in guardia da possibili danni fisiologici, da quelli agli occhi a quelli neurologici. Uno dei motivi che spinge ragazze e ragazzi a non staccarsi dal telefono sarebbe la cosiddetta Fomo (fear of missing out), ovvero l’ansia di perdersi quello che fanno gli altri e la paura di esserne tagliati fuori.

Immaginate che la gran parte della vita sociale dei vostri amici si svolga online – nelle chat di gruppo o durante partite con altri – e immaginate che una parte importante avvenga la sera tardissimo, quando la giornata è finita e si è tutti a letto. Se voi vi addormentate alle undici, vuol dire che vi perderete ore di chiacchiere e giochi con i vostri amici.

Gli svantaggi della mancanza di sonno non sono pochi. Scrivono Marije Nije Bijvank, Geertje H. Tonnaer e Jelle Jones: “Cambiare le abitudini che precedono il sonno ha conseguenze sui risultati ottenuti a scuola (…) Rimandare il momento in cui ci si addormenta porterebbe a un minore autocontrollo, a posticipare le cose da fare e a gestire male il proprio tempo”.
Sostanze eccitanti


E tutto questo senza considerare gli effetti del caffè, degli energy drink e di droghe come la cocaina. Matteo, vent’anni, al primo anno di scienze politiche a Roma, mi dice che per lui è normale studiare con le bevande energetiche: ha cominciato quando era al liceo e doveva prepararsi per le interrogazioni. Anche lui non è un’eccezione.

Uno studio condotto dall’equipe guidata dalla professoressa Sabrina Molinaro, coordinatrice dell’European school survey on alcohol and other drugs, mostra che il loro consumo è considerato normale dagli adolescenti; mentre la consapevolezza dei rischi per la salute – che altri studi segnalano – è praticamente inesistente.

Una ricerca dell’European food safety authority fornisce dei dati preoccupanti: “Circa il 68 per cento degli adolescenti intervistati erano consumatori di bevande ‘energetiche’. In circa il 12 per cento di questi, il consumo era ‘elevato e cronico’ con una media di sette litri in un mese, e nel 12 per cento il consumo è ‘elevato e acuto’. Circa il 18 per cento dei bambini intervistati erano consumatori di bevande ‘energetiche’. In circa il 16 per cento di questi, il consumo era ‘elevato e cronico’ con una media di 0,95 litri alla settimana (quasi quattro litri in un mese)”.

Giampaolo, quattordici anni, frequenta un liceo dell’Aquila e mi dice che lui consuma una bevanda energetica prima di andare in palestra, di pomeriggio, così riesce a studiare anche fino all’una o le due di notte. Sara, di un istituto tecnico di Roma, mi conferma che tutti i suoi compagni ogni tanto bevono una di queste bevande. Come reagiscono le scuole rispetto al consumo degli energy drink? In Italia non esiste nessun dibattito che si interroghi sul loro consumo tra gli adolescenti. Nel Regno Unito si discute se proibirle ai minorenni. Mentre in Lettonia e in Lituania sono vietati già da due anni a chi ha meno di 18 anni.


Federico Tonioni, psicologo e psichiatra che coordina il centro sulle dipendenze giovanili dell’ospedale Gemelli a Roma, mi tranquillizza su ciò che sembra allarmante, e mi allarma rispetto a ciò che invece può sembrare meno preoccupante. Lo fa provando a spostare il centro del dibattito non solo sugli aspetti patologici e di rischio: “Il nostro profilo cognitivo sta cambiando, influenzato dall’uso degli smartphone. Pensiamo che siano solo degli strumenti, ma hanno invece una funzione relazionale ed emotiva. Pensiamo sempre che il problema sia il telefono, quando invece sono le relazioni. I giochi online fatti di notte, soprattutto, per chi ha problemi relazionali, sono gli unici possibili per chi non riesce a stabilire altri contatti: per alcuni, le persone conosciute in quei contesti, sono gli unici amici. Non è che i ragazzi si divertano ad avere solo relazioni nate su telefoni o tablet, è che spesso non hanno alternative. E per poter mantenere queste relazioni, magari si addormentano alle due di notte“.

Il rapporto tra la riduzione del sonno e l’uso dei telefoni riguarda anche il modo di concepire, far nascere e mantenere le relazioni tra le nuove generazioni, e quindi richiede un’offerta pedagogica più strutturata e creativa del semplice interrogativo su come facciamo a far andare i nostri figli a letto prima o a fargli posare il telefono.

È una sfida, non può essere solo un auspicio, o una buona prassi delle famiglie o delle scuole. Occorre tenere a mente esperimenti come quelli realizzati a Seattle, certo. Ma occorre ancora di più una vera inchiesta del ministero dell’istruzione sulle abitudini del sonno delle ragazze e dei ragazzi in Italia, così da mettere in campo dei progetti concreti, prima che il problema assuma proporzioni più ampie e meno gestibili di oggi.

Articolo di Christian Raimo – giornalista e scrittore

lunedì 18 febbraio 2019

Giovani, alcol e salute psicologica

Quando mi è stato chiesto di scrivere un articolo sui giovani e l’alcol, mi è venuto subito alla mente il classico resoconto scientifico con tipologie di consumo, predisposizioni genetiche e psicologiche, dati statistici, patologie, danni psico fisici derivanti dal consumo, ecc… ecc…
Ma in seguito mi sono chiesto: “ma può realmente destare interesse, soprattutto nelle fasce più giovani della popolazione, leggere scritti che trattano di alcolismo, di patologie alcol-correlate, di danni epatici, dell’emarginazione sociale, delle percentuali di bevitori cronici e di tutta quella serie di dati e caratteristiche che sempre più spesso i mezzi di comunicazione di ogni tipo ripropongono dopo ogni ‘strage del sabato sera’ o dopo ogni “rissa all’uscita di pub o discoteche ”?
Le mie esperienze, sia in ambito personale che professionale, mi portano a credere che gran parte dei giovani percepisce le problematiche sopra descritte lontane dalla propria realtà e di conseguenza siano poco interessati ad articoli e resoconti di quel genere.
Del resto, pur essendo gran parte di loro consumatori di alcolici, non hanno spesso niente in comune con la tipica figura dell’alcolista, non presentano nessun tipo di patologia alcol-correlata e non sono emarginati sociali, ma al contrario godono generalmente di buona salute e conducono vite normali, frequentando amici, scuole, università e luoghi di lavoro.
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Relazione tra giovani e alcol:

Ma allora come analizzare ed affrontare in modo meno usuale e “accademico” la relazione tra giovani e alcol, che sempre più spesso allarma genitori, operatori sanitari e sociali, forze di polizia e mondo politico, ma al contrario non sembra minimamente toccare i diretti interessati? Da buon psicologo proverò ad entrare nell’argomento non attraverso l’ingresso principale ma utilizzando gli accessi di servizio, che in questo caso, come in molti altri, possono prendere il nome di emozioni e sentimenti.
Il mondo emotivo dei giovani è sempre stato considerato un mare in tempesta, un universo sconfinato di colori, sapori, odori e irrazionalità. I ragazzi hanno il fondamentale ed innato bisogno di esperire le proprie emozioni, di sentirle crescere dentro di se, di esprimerle e viverle fino in fondo.
E’ infatti attraverso l’esperienza emotiva che si sviluppano le competenze necessarie a riconoscere, accettare e utilizzare i propri vissuti emotivi come fondamentale strumento di conoscenza di se stessi e del mondo che li circonda. I vissuti emotivi risultano quindi fondamentali per riuscire ad affrontare serenamente il percorso di vita e per superare le difficoltà che vi si possono incontrare.
Emozioni spiacevoli e dolore:

Purtroppo però la nostra società, essenzialmente per l’organizzazione mercantile-consumistica sulla quale è organizzata, tende sempre più spesso a canalizzare e controllare i vissuti emotivi e affettivi e a soddisfare sempre più in fretta i bisogni ad essi collegati, impedendo così di fatto il training necessario allo sviluppo di quelle competenze, emotive e affettive, indispensabili alla costruzione di una sana e soddisfacente esistenza e di proficue relazioni.
La possibilità di avere tutto a portata di mano e immediatamente usufruibile, riduce drasticamente, inoltre, la capacità dei nostri ragazzi di tollerare una vasta serie di vissuti emotivi considerati spiacevoli, primi fra tutti dolore, tristezza, ansia e noia. Del resto, non a caso, i problemi psicologici più comuni fra i giovani sono proprio ricollegabili a disturbi di tipo ansioso e depressivo.
Di conseguenza, dove i nostri giovani possono reperire i vissuti emotivi indispensabili alla sopravvivenza, che spesso il nostro stesso organismo richiede a gran voce anche attraverso le varie sintomatologie psicologiche? Ed ancora, come riuscire atollerare tutta quella serie di emozioni ritenute spiacevoli, dalle quali la nostra società tenta in tutti i modi di tenerci lontano?
Secondo il mio punto di vista i media, i beni di consumo e le varie sostanze, prima fra tutte l’alcol, rappresentano da decenni il serbatoio emotivo principale di tutte le società occidentali. Televisione, giornali e cinematografia ci mettono quotidianamente in contatto con il dolore, la violenza, la gioia e la disperazione degli altri, ma, per la enorme quantità di messaggi, per le metodologie comunicative che adottano e per le loro caratteristiche intrinseche, portano velocemente ad una assuefazione emotiva e non sono capaci di trasmettere emozioni intense e durature, in quanto sempre mediate e non direttamente vissute dai soggetti.
L’alcol per alleviare il senso di vuoto:

Ai beni di consumo, che ad oggi mi sembra più appropriato definire merci, viene sempre più spesso affidato il compito di rendere felici. Allo stesso tempo però sembrano essere sempre meno frequentemente oggetto di un qualsiasi investimento emotivo, questo forse perché troppo spesso facilmente ottenute, perché “scadono” in fretta, risultando sempre più velocemente vecchie e obsolete e perché non hanno più niente di unico e strettamente personale, essendo comunemente costruite in milioni di copie identiche fra loro.
Anche le merci sembrerebbero perciò essere portatrici di una felicità fittizia e alquanto “volatile”. Attraverso le varie sostanze i ragazzi riescono ad accedere ad un mondo emotivo che spesso non sono capaci di esplorare o affrontare autonomamente. Le sostanze rappresentano spesso come una porta di accesso che si apre su di un mondo emotivo semi sconosciuto. Dove la felicità può sembrare più autentica, in quanto apparentemente più personale e scollegata dal mondo esterno e da ciò che si può o non si può acquistare, dove tristezza e ansia appaiono più tollerabili perché accompagnate da una tranquillità di fondo, dove imbarazzo, vergogna e insicurezza spariscono concedendo la possibilità di relazionarsi e di aprirsi agli altri con tranquillità.
Le varie sostanze sembrano quindi essere capaci di dare ai giovani “scosse emotive” molte intense e, molto probabilmente, anche più solide e durature rispetto a quelle che possono ricevere dalla visione di un “reality” in tv o dall’acquisto del nuovo modello di smart phone. In questa ottica le sostanze sembrerebbero in qualche modo facilitare il contatto con il proprio mondo interno e rendere più accessibili e tollerabili i propri vissuti emotivi e affettivi.
Questa visione del fenomeno potrebbe quindi far supporre l’esistenza di un uso di sostanze a fini autoterapeutici (self-medication) (Kohut 1977), teso ad alleviare quel senso di vuoto e quello smarrimento comuni a molti giovani, o a contrastare la sintomatologia di veri e propri stati di disagio psicologico. In occidente è sicuramente l’alcol la sostanza che da secoli riveste il ruolo di serbatoio emotivo, questo per svariati motivi, fra i quali spiccano la profonda radicazione culturale, la sostanziale accettazione sociale, la facile reperibilità e il basso costo.
Effetti dell’alcol sulla salute:

Allo stesso tempo l’alcol è da considerarsi una fra le sostanze psicotrope più pericolose, molto più di quasi tutte le sostanze illegali. Il suo consumo porta infatti ad una rapida assuefazione e a dipendenza. Inoltre, i danni e i problemi che può provocare sono spesso non presi in giusta considerazione e notevolmente sottostimati, in quanto visibili solo a distanza di tempo (patologie e problemi fisici e psichici) o non apparentemente direttamente relazionabili al consumo della sostanza (incidenti, problemi relazionali, familiari, lavorativi e sociali).
Il fatto che fra i giovani del nostro paese si assista da svariati anni ad un sempre più marcato spostamento da uno stile di consumo alcolico di tipo “mediterraneo” (quantità moderate distribuite in tutto l’arco della giornata) verso uno stile di consumo di tipo “nordico” (binge drinking: assunzione di elevate quantità in un breve arco temporale), sembrerebbe evidenziare come l’alcol possa assolvere a determinati compiti e sia sempre più spesso assunto con fini specifici in momenti e luoghi particolari: “in discoteca bevo così sono più allegro, meno timido e impacciato nelle relazioni; allo stadio bevo così non ho più paura della polizia e degli ultras avversari; con gli amici bevo così non ci annoiamo; con la mia ragazza bevo così faccio meglio e più a lungo all’amore; ecc… ecc….”.
Relazione tra alcol e stati depressivi:

E’ quindi probabile che, prima che subentri la vera e propria dipendenza dalla sostanza, l’assunzione di alcol possa essere in qualche modo funzionale all’esistenza della persona, usata per stimolare particolari stati emotivi, solitamente piacevoli e socialmente accettati, e sedarne altri, magari più dolorosi e socialmente stigmatizzati. La relazione fra consumo di alcol e difficoltà emotive e stati depressivi è stata fra l’altro dimostrata da varie ricerche scientifiche (Kornreich et al. 2012; Caroti, Fonzi, Marconi e Bersani 2007; Poikolainen 2006; Huizink, Ferdinand, Van der Ende).
Una situazione del genere non è però solitamente sostenibile per lungo tempo. L’incapacità di accedere ed accettare il proprio mondo emotivo nella sua completezza, sommata alle conseguenze psicofisiche a medio e lungo termine collegate all’uso della sostanza, costituiscono spesso un cocktail micidiale per il benessere psico-fisico e sociale dei nostri giovani.
Vivere le emozioni, anche quelle brutte:

Seguendo questa ottica e tenendomi volutamente lontano da statistiche e patologie, e abbandonando, senza per questo escludere, i concetti di dipendenza e malattia attraverso i quali solitamente vengono affrontati i problemi di uso di sostanze, è forse possibile cogliere con maggiore chiarezza ed intensità tutta quella serie di “mancanze” che spingono i nostri giovani ad un uso pericoloso di bevande alcoliche e droghe.
Questo tipo di visione decentrata può forse anche aiutare ad affrontare il problema in una maniera, se non alternativa, almeno integrativa, rispetto alle metodologie classiche incentrate principalmente sulla sostanza. Una completa e solida educazione emozionale e socio affettiva, che consenta ai giovani di sviluppare le competenze necessarie a vivere ed accettare tutti i propri vissuti emotivi, considerandoli funzionali alla crescita ed indispensabili al mantenimento di un costante benessere psicologico, potrebbe rappresentare un valido strumento attraverso il quale minare le fondamenta di molti problemi comportamentali, fra i quali il consumo di alcol e sostanze è solamente uno fra i più evidenti.
Una tale educazione dovrebbe basarsi sulla convinzione che ogni emozione merita di essere vissuta e dovrebbe mirare a recuperare il reale valore ed il significato vitale di ogni stato emotivo, sia esso spiacevole, come tristezza o noia, che piacevole, come la felicità.
Recuperare il proprio mondo emotivo:

Ma fino a quando la nostra società non riuscirà, almeno parzialmente, a distaccarsi da tutta quella serie di “disvalori mercantili” sui quali ha eretto il proprio illusorio benessere e basa il suo sviluppo, non credo possa riuscire nell’impresa di recuperare il mondo emotivo dei suoi giovani ne tanto meno di affrontare gran parte delle problematiche sociali che la affliggono.
Del resto mi chiedo anche quanto possa essere funzionale ad un tale tipo di società un individuo che non ha più bisogno di acquistare merci e servizi per essere felice o per scacciare ad ogni costo ansia, tristezza o paura.
Al momento sembra quindi che ancora una volta i singoli siano costretti a riprendere in mano la propria vita, tentando di recuperare il proprio mondo emotivo e le capacità di vivere le proprie emozioni fino in fondo, provando a trasmettere tali capacità ai propri figli e più in generale alle persone che hanno vicino.
Tutto ciò sembra proprio confermare che, ad oggi, ogni tipo di cambiamento sia sempre più spesso necessariamente costretto a provenire dal basso, dai singoli individui e dai loro comportamenti, anche se questo potrebbe paradossalmente aumentare quella deriva individualista che caratterizza la nostra società e contribuisce anch’essa al suo impoverimento emotivo.



Pierluigi Salvi
presidente Associazione Logos, esperto in problemi e patologie alcol e tabacco correlate


BIBLIOGRAFIA

Caroti E., Fonzi L., Marconi D. e Bersani G (2007). Cannabis e depressione. Rivista di psichiatria, 42, 1, 8-16.

Huizink A.C., Ferdinand R.F., van der Ende J. e Verhulst F.C. (2006). Symptoms of anxiety and depression in childhood and use of MDMA: prospective population based study. BMJ, 332, 825-827.

Kohut H.(1977). The restoration of the self. International Universities Press, New York.

Kornreich C., Brevers D., Canivet D. et al. (2012). Impaired processing of emotion in music, faces and voices supports a generalized emotional decoding deficit in alcoholism. Addiction Jun 2012.

Poikolainen K. (2006). Ecstasy and the antecedents of illicit drug use. BMJ, 332, 803-804.

martedì 18 settembre 2018

LA DIPENDENZA DI FORTNITE E' REALE: LA RAGAZZA DI 9 ANNI ENTRA IN RIABILITAZIONE "DOPO ESSERSI FATTA CATTURARE DAL GIOCO FORTNITE PER 10 ORE AL GIORNO"

Fortnite è il videogioco più popolare al mondo in questo momento, e per alcune persone sta letteralmente prendendo il sopravvento per tutta la vita. Più di 40 milioni di persone hanno scaricato il gioco da quando è stato rilasciato lo scorso luglio e sembra che stia diventando sempre più popolare. In effetti, osservare le altre persone che giocano a Fortnite è un'ossessione a tempo pieno per alcune persone. Se puoi crederci, i fan di tutto il mondo hanno trascorso oltre 5.000 anni a guardare i flussi di Fortnite su Twitch durante un periodo di due settimane. Viviamo in una società in cui c'è tanta infelicità e giochi avvincenti come Fortnite forniscono una piacevole fuga dalla realtà. Sfortunatamente, la dipendenza da Fortnite è diventata un fenomeno molto reale e i genitori frustrati in tutto il mondo sono alla ricerca di risposte. Nel Regno Unito, una ragazza di 9 anni era così dipendente da Fortnite che avrebbe letteralmente giocato al gioco per 10 ore al giorno ...
- Si alzava di nascosto durante la notte e suonava fino all'alba.
- Trascurato di andare in bagno perché non poteva sopportare di lasciare lo schermo.
- Colpire suo padre in faccia quando ha cercato di confiscare la sua console di gioco Xbox.
- Addormentato in classe a causa della sua dipendenza notturna.
Alla fine i suoi genitori decisero che dovevano limitare il tempo di gioco, e così iniziò a giocare di nascosto il gioco durante la notte. A un certo punto le cose sono andate così male che non ha nemmeno smesso di suonare per andare in bagno ...
Nonostante limitassero il tempo della loro figlia sul gioco a un'ora nelle notti di scuola e due nei fine settimana, erano ancora sospettosi.
Carol ha detto: "Mio marito ha visto la sua luce accesa durante la notte e l'ha trovata seduta su un cuscino imbevuto di urina che stava giocando.
"Ho trovato il suo didietro era rosso-crudo. Era così attratta dal gioco che non sarebbe nemmeno andata in bagno. "

Così i suoi genitori hanno deciso di contattare uno psicoterapeuta, e ora è in un programma di riabilitazione. Lo psicoterapeuta che sta trattando questa bambina dice che non ha mai visto nulla di simile a quello che sta vedendo con questo gioco ...
I genitori contattarono il consigliere di dipendenze Steve Pope, che accettò di vedere la ragazza per la psicoterapia. Steve ha detto al Sunday People: "Negli ultimi due mesi sono stato contattato da dozzine di genitori con bambini di appena otto anni che mostravano segni di dipendenza da Fortnite.
"Ho lavorato in questo campo per tre decenni e non ho mai visto nulla di simile, quanto sia diffuso e potenzialmente dannoso.
"Conosco ragazzi brillanti che falliranno gli esami quest'estate a causa di Fortnite, i bambini che stanno rubando ai loro genitori e amici per pagare gli extra, i bambini che urinano in bottiglie perché non sopportano di lasciare il gioco."
Naturalmente la maggior parte dei bambini che sono dipendenti da questo gioco sono ragazzi. In Australia , questo è il tipo di comportamento che i genitori stanno osservando ...
  • Rubare le carte di credito dei genitori per comprare equipaggiamenti e costumi per il loro personaggio;
  • Stare sveglio tutta la notte o impostare l'allarme dopo che i loro genitori sono andati a letto, in modo da poter trovare qualche ora in più per giocare a Fortnite;
  • Tirando fuori lo sport del fine settimana perché sarebbe stato tempo lontano dal loro gioco;
  • Giocandolo in classe senza la conoscenza degli insegnanti, e in almeno una scuola il gioco - e anche qualsiasi menzione di esso - è stato bandito;
  • Urlando come bambini piccoli quando i genitori intervengono per vietarlo durante le notti dei giorni feriali;
  • Se i loro voti fossero diminuiti - in alcuni casi da una A a una C- nella maggior parte dei soggetti.
Penso che molti di noi siano stati dipendenti da un gioco ad un certo punto della nostra vita, ma non so se abbiamo mai visto qualcosa di così diffuso.
Questo è un fenomeno che sta letteralmente spazzando l'intero pianeta, e non è certamente limitato ai bambini. Infatti, mentre stavo facendo ricerche per questo pezzo, mi sono imbattuto in un articolo che parlava di come un giovane giocatore professionista di hockey sta letteralmente rovinando la sua carriera perché è così dipendente da Fortnite ...
"Nei videogiochi - e non dirò il nome del giocatore. Dubito davvero che lo farà alla NHL, ed è a causa di una dipendenza da videogiochi, al punto in cui il suo direttore generale junior mi ha detto che lo hanno fatto andare a consultarlo, perché giocherà fino a ore della notte e al mattino e poi non avrà energie il giorno dopo. Ad esempio, sarà un write-off. Ed è così male Ha questa compulsione per giocare ai videogiochi fino a tutte le ore. Ho giurato che non avrei detto il nome del giocatore, ma è sfortunato. È un recente draft pick-up per un team molto importante di NHL, probabilmente non giocherà mai nella NHL a causa di una dipendenza da videogiochi ".
Questo è abbastanza agghiacciante.
Quindi qual è la soluzione?
La madre della bambina di 9 anni che è in psicoterapia vuole che Fortnite sia completamente bandito.
Ma inizieremo davvero a vietare tutto ciò che le persone apprezzano solo perché una piccola minoranza è incline a diventare dipendente?
Nel Regno Unito, una "coalizione di esperti" chiede che le società di giochi online e le società di social media siano costrette "a proteggere i bambini da malattie mentali" ...
I media ufficiali e le società di gioco online dovrebbero avere un "dovere di diligenza" legale per proteggere i bambini da malattie mentali, abusi e comportamenti di dipendenza, una coalizione dei maggiori esperti del paese richiede oggi.
I dati raccolti da associazioni di beneficenza, accademici e medici collegano l'uso dei bambini dei social media e dei giochi a una serie di danni gravi e duraturi , molti dei quali si sviluppano gradualmente nel tempo e non vengono rilevati da genitori o insegnanti.
Quindi ora Facebook e i creatori di Fortnite dovrebbero avere il "dovere" di proteggere in qualche modo la salute mentale di ogni bambino che usa i loro prodotti?
È assurdo. Sì, i videogiochi creano dipendenza e questo sarà sempre il caso finché esistono videogiochi.
Ma lo è anche la televisione, così anche Internet, così come i telefoni cellulari, così come il cibo, ecc.
Stiamo andando a vietare o regolamentare rigorosamente anche quelle cose?
Alla fine, questo non è qualcosa che il governo può controllare. La risposta definitiva è la responsabilità individuale. Dobbiamo assumerci la responsabilità delle nostre case, delle nostre famiglie e dei nostri figli. E dobbiamo ottenere le nostre priorità in ordine.
Ci dovrebbe sempre essere spazio nella vita per divertimento, ma dobbiamo assicurarci che sia nel giusto equilibrio.
Sfortunatamente, ci sono troppi fanatici del controllo in questi giorni che vogliono che il governo definisca quale sia il "giusto equilibrio" per tutti noi.
Fonte:

lunedì 17 settembre 2018

DIPENDENZA DA CELLULARE: QUALI SONO GLI EFFETTI SU BAMBINI E ADOLESCENTI?

Si scherza spesso sul fatto che i nostri figli siano inseparabili dal cellulare, ma la dipendenza da smartphone è diventato un problema serio per gli adolescenti. Se pensiamo alla parola “dipendenza”, ci viene subito in mente qualcosa di terribile e illegale, come l’alcolismo o l’abuso di droghe, ma la verità è che si può essere dipendenti da un’ampia varietà di cose, incluse alcune che non sembrano poi tanto pericolose.
Dopotutto, abbiamo raggiunto il punto in cui la stragrande maggioranza della popolazione mondiale possiede un cellulare; inoltre, non ce lo portiamo tutti sempre appresso ovunque andiamo? Quand’è che il semplice possesso di uno smartphone si trasforma in vera e propria dipendenza?
DIPENDENZA E SALUTE NEI RAGAZZI
È facile figurarsi tossicodipendenti nascosti in sordidi vicoli, non certo seduti a cena con noi mentre scorrono i post di Twitter o Pinterest. Da uno studio del 2012 emergeva che il 66% delle persone ammettevano di entrare nel panico senza il cellulare. Gli scienziati ci hanno reso simpatica questa forma di dipendenza soprannominandola “nomofobia” (dall’unione di “no more phone”, ossia non più cellulare, e “phobia”, fobia). La nomofobia indica tutte quelle persone, adolescenti inclusi, che provano sensazioni di panico o di stress quando non hanno accesso al cellulare.
Questa forma di dipendenza dallo smartphone è spesso alimentata dalla  "sindrome da disconnessione". L’American Psychiatric Association la definisce come “ossessione per Internet” e le persone che ne soffrono mostrano segni di astinenza se non possono accedere alla rete. Ha tutte le caratteristiche di una dipendenza tradizionale e include la richiesta di un’esposizione via via crescente per arrivare allo stesso grado di euforia; molti adolescenti utilizzano questa forma di dipendenza come meccanismo per alleviare la depressione.
QUALI SONO I POSSIBILI DANNI ALLA SALUTE
Ogni giorno vediamo i nostri figli usare FaceTime o Instagram e WhatsApp durante momenti casuali con gli amici. Sappiamo tutti come gli smartphone e i social media abbiano trasformato il modo di comunicare degli adolescenti, ma prove recenti hanno mostrato che la dipendenza da smartphone può creare danni alla salute dei nostri ragazzi in modi insospettati. La lista che segue raccoglie preoccupazioni legittime sulla salute degli adolescenti con dipendenza dal celluare.
  1. Funzionalità cerebrale e mutamenti chimici
I progressi tecnologici hanno consentito ai ricercatori di misurare le trasformazioni chimiche e fisiche della mente drogata. Indipendentemente dal tipo di droga, anche se si tratta solo di uno smartphone, vi è un cambiamento che interessa la regione preposta al “controllo dell’attenzione, al controllo esecutivo e all’elaborazione delle emozioni”. Gli stessi studi hanno anche scoperto che avvengono mutamenti fisici nel sistema di regolazione della dopamina.
La dopamina è un mediatore chimico che viene secreto per permetterci di sentire il piacere e l’appagamento. Gli scienziati hanno notato una minor quantità di recettori per la dopanima nel cervello di persone con dipendenza da internet e cellulari. Questo spiegherebbe perché alcuni adolescenti hanno bisogno di incrementare certe attività, come ricevere sempre nuove notifiche, per sentirsi felici o soddisfatti. Allo stesso modo, il meccanismo funziona al contrario e le mancate notifiche o l’impossibilità di accedere al proprio cellulare possono generare depressione.
  1. Radiazioni e cellulare
Sono molteplici le discussioni a proposito dell’esposizione alle radiazioni dovuta all’uso del cellulare. Di recente, alcuni ricercatori hanno scoperto che le persone che usano il cellulare anche solo per mezz’ora al giorno, ogni giorno per dieci anni, raddoppiano il rischio di sviluppare un cancro al cervello. Se ciò non bastasse a garantire una certa cautela nell’uso del telefono cellulare, lo stesso studio riporta che le persone che hanno iniziato a usare il cellulare sin da ragazzi sono da quattro a cinque volte più soggette al rischio di sviluppare la malattia. Prendete tutte leprecauzioni possibili usando gli auricolari, gli altoparlanti, o seguendo le raccomandazioni relative alla distanza indicate dal produttore.
  1. Problemi di mobilità
Spesso associamo l’artrite o il mal di schiena alle persone anziane o a vecchi infortuni sportivi; sfortunatamente, si è registrato un aumento dei dolori alla schiena e alla colonna vertebrale associati alla postura utilizzata per scrivere messaggi.
Il “pollice del messaggiatore” (un nuovo termine coniato per descrivere l’indolenzimento delle dita e del polso per il troppo messaggiare) è in aumento, e lo stesso vale per il “gomito da smartphone” (sindrome del tunnel carpale cubitale, il secondo problema più comune da compressione di un nervo). Si tratta di veri e propri malanni fisici che possono essere aggravati dalla dipendenza da smartphone.
  1. Gli effetti sul sonno
Conosciamo tutti l’importanza del sonno per il corpo umano, ma i ragazzi in crescita beneficiano più di tutti di una buona nottata di sonno. Nonostante le discussioni e le battaglie che ingaggiamo con loro su questo tema, la scienza raccomanda agli adolescenti fra le otto e le dieci ore di sonnoper notte. Saremo sorpresi di sapere che solo il 15% dei ragazzi soddisfa tale requisito!
La tecnologia e gli smartphone sono i primi responsabili di questa mancanza di sonno. Gli schermi luminescenti interrompono il bioritmo naturale, causando insonnia e sonno agitato. Gli smartphone sono responsabili dell’interruzione del sonno anche a causa della connessione continua e della messaggistica che prosegue a ogni ora della notte. È difficile per un adolescente farsi un bel sonno ristoratore se si sveglia ogni due o tre ore per leggere i messaggi.
Come tutte le forme di dipendenza, la consapevolezza è il primo passo per risolvere il problema. La dipendenza da cellulare va ben oltre la quantità di dati che un adolescente consuma, perché ha il potere di minacciare il futuro della sua salute.
Tratto da Teen Safe