martedì 12 marzo 2019

No Tav e Corte dei Conti contro la lobby della Tav

UN OTTIMO PEZZO DEL 2011 SUL NO TAV E LE SUE OTTIME RAGIONI

I No Tav resistono al primo tentativo di iniziare il cantiere per il tunnel cosiddetto geognostico e di servizio de La Maddalena. Mentre scrivo questo primo commento risulta che non ci sono feriti e che l’autostrada, quando le forze dell’ordine hanno deciso di riaprirla, è tornata rapidamente percorribile. Questi due elementi ridimensionano la quantità e pericolosità delle pietre lanciate verso l’autostrada, rispetto al comunicato della Questura.

Ma il problema che sta di nuovo irrompendo nell’informazione nazionale torna ad essere quello della Tav Torino-Lione, ovvero della secondo linea ferroviaria che le Ferrovie e il Governo vogliono costruire, dopo la pausa imposta dal movimento di massa nel 2005. Nel frattempo, per gli addetti ai lavori sono cambiati molti dettagli, ma nella sostanza, nell’economia e nel senso del progetto non è cambiato nulla. Si tratta sempre di una opera faraonica e gigantesca, che prevede per la prima volta in Italia la realizzazione di un secondo megatunnel ferroviario accanto a quello esistente e funzionante. Un’opera che costa più del Ponte sullo Stretto per necessità di traffico molto minori ma che è sostenuta da una lobby di interessi locali più rispettabile – o meno sput…ata – di quelle di Messina e Reggio…



Il motivo fondamentale per cui la Confindustria torinese, il Pd governante Torino e Provincia, il Pdl maggioritario nella giunta regionale Cota sostengono ancora a spada tratta la Tav Torino-Lione è molto semplice, anche se poco se ne è scritto al di fuori del circuito No Tav. Si tratta di una potenziale iniezione pluridecennale di denaro pubblico per i costruttori di opere del genere, e la maggior parte di questi soldi dovrebbe andare a finire a imprese locali. Più di tutte le altre, questa linea servirebbe solo a chi la costruisce. Non ci sono altri motivi veri,il traffico delle merci è in calo in generale e in particolare lo è alla frontiera alpina con la Francia. Da Torino a Lione nessuno ha bisogno di andare più veloce di come ci va ora, le priorità nel trasporto pubblico locale e nazionale sono ben altre e l’aria padana non è inquinata dai camion che attraversano il Frejus più di quanto lo sia dai furgoncini dei mercati rionali di un paio di cittadine.

In analogia col nucleare, anche a voler prescindere da tutte le questioni ambientali e paesaggistiche o ambientali e di sicurezza, non c’è nessuna economicità e nessun rischio d’impresa. Solo denaro pubblico a imprese private, che potrebbe esser utilizzato per molti altri più utili scopi. In particolare il tunnel per il quale si vogliono ora aprire i cantieri è l’unico pezzo per il quale c’è un finanziamento europeo, ma è un tunnel che servirebbe a qualcosa solo come galleria di sicurezza e di servizio tra decine di anni, quando venisse realizzato il mega tunnel cosiddetto di base. E’ lo stesso appalto che era già stato assegnato nel 2005 a Venaus al consorzio delle cooperative “rosse” Cmc. Mentre uscivano le notizie del nuovo tentativo di aprire i cantieri, usciva la nuova relazione della Corte dei Conti. Per rispettare i nuovi vincoli europei sul debito occorrerà un intervento “del 3% all’anno, pari, oggi, a circa 46 miliardi nel caso dell’Italia” dice la Corte dei Conti. Si tratta di “un aggiustamento di dimensioni paragonabili a quello realizzato nella prima parte degli anni Novanta per l’ingresso nella moneta unica”.

Quante scuole e quanti ospedali dovremmo chiudere per rispettare i capricci della lobby piemontese della Tav Torino-Lione?

ARABIA: TORTURE E ABUSI SESSUALI SULLE ATTIVISTE



IN CARCERE DALLA PRIMAVERA SCORSA
PER IL DIRITTO ALLA GUIDA DELLE DONNE
PRIVATE DEL SONNO E VITTIMA DI MOLESTIE:
LA DENUNCIA DEI PARLAMENTARI BRITANNICI
A CUI RIAD HA NEGATO OGNI ISPEZIONE
COME SULL’ATROCE OMICIDIO KHASHOGGI


___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___

«Le autorità saudite ai massimi livelli potrebbero, in linea di principio, essere responsabili del crimine di tortura». E’ questa la conclusione di un rapporto stilato nelle scorse settimane da un gruppo di tre parlamentari britannici che hanno cercato di fare luce sulla situazione delle attiviste di sesso femminile detenute in Arabia Saudita in condizioni crudeli e disumane che a loro giudizio valicano la soglia della tortura ai sensi della legge internazionale (e saudita). La grande colpa delle otto incarcerate nella primavera scorsa fu quella di manifestare a favore del diritto alla guida delle donne saudite, concesso dopo innumerevoli indignazioni della comunità internazionali, e contro le leggi maschiliste in un paese governato da una monarchia assoluta ispirata ad una teocrazia islamica sunnita-wahabita dove le proteste pubbliche e i partiti politici sono vietati e che, con la stessa impudenza con cui negò ogni coinvolgimento nell’efferato assassnio del giornalista Jamal Khashoggi, nega di avere prigionieri politici e ogni accusa di tortura.


ACCESSO NEGATO ALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE

Il parlamentare britannico conservatore dei Tory Crispin Blunt

La commissione del Regno Unito ha chiesto di poter incontrare le attiviste prigioniere per valutare il loro benessere «ma non ha ricevuto alcuna risposta dall’ambasciatore saudita, il principe ereditario Mohammed bin Nawwaf bin Abdulaziz», rimarca The Guardian, sebbene il gruppo fosse guidato da Crispin Blunt, l’ex presidente conservatore del comitato ristretto per gli affari esteri e uno dei più fedeli difensori delle monarchie del Golfo. «Le donne saudite attiviste detenute sono stati trattate così male da giustificare un’inchiesta internazionale sulla tortura – ha scritto Blunt nel rapporto – E’ stato loro negato l’accesso adeguato alle cure mediche, alle consulenze legali o alle visite delle loro famiglie, il loro isolamento e maltrattamenti sono così gravi da soddisfare la definizione internazionale di tortura. L’Arabia Saudita è in bilico. Non è troppo tardi per cambiare rotta e scongiurare la spirale verso la catastrofe che rappresenta la detenzione di questi attivisti». Privazioni del sonno, aggressioni, minacce alla vita e isolamento sono solto alcune delle accuse che la relazione addebita ai sauditi in merito a violazioni dei diritti umani avallate dal principe ereditario Mohammed bin Salman, vicepremier e ministro degli Esteri ma il leader di fatto del Regno paterno. Ancora più pesanti e circostanziate le affermazioni della parlamentare liberaldemocratica Layla Moran: «Quando ho saputo degli arresti, ero, come molti, scioccata dal fatto che fosse successo. La tortura, in particolare le accuse di molestie sessuali e minacce di stupro, sono imperdonabili». Il terzo componente della commissione, il deputato laburista Paul Williams ha teso una mano all’Arabia Saudita: «Siamo aperti a discutere la nostra relazione con le autorità saudite e a ricevere tutte le prove che hanno in modo da poter valutare le nostre conclusioni sulla base delle informazioni più complete disponibili». Ma finora come risposta è giunta solo la notizia dell’imminente processo di cui riferisce Reuters accreditando le accuse di torture psicologiche e molestie sessuali, assai facili da credere in un paese maschilista coinvolto nel barbaro assassinio del giornalista Khashoggi, ucciso e fatto a pezzi nel consolato saudita a Istanbul.

LA DENUNCIA DI AMNESTY INTERNATIONAL

Alcune delle attiviste detenute in Arabia Saudita

Amnesty International ha ricevuto tre distinte denunce secondo le quali attivisti e soprattutto attiviste in carcere dal maggio 2018 hanno subito molestie sessuali, maltrattamenti e torture durante gli interrogatori all’interno della prigione di Dhahban. Secondo le denunce, sono state ripetutamente torturate con scariche elettriche e con frustate, così brutalmente da non poter camminare o stare in piedi. Un attivista è stato lasciato appeso al soffitto e un’attivista è stata sottoposta a molestie sessuali mentre veniva interrogata da uomini dal volto coperto. C’è stato anche un tentativo di suicidio. «Queste drammatiche denunce, se confermate, costituirebbero un ulteriore vergognoso esempio di violazioni dei diritti umani da parte delle autorità saudite – ha dichiarato Lynn Maalouf, direttrice delle ricerche sul Medio Oriente di Amnesty International – Riteniamo le autorità saudite direttamente responsabili dell’incolumità di queste donne e di questi uomini privati ingiustamente della libertà ormai mesi fa solo per aver espresso pacificamente le loro opinioni e che ora vengono sottoposti a terribili sofferenze fisiche. Le autorità saudite devono rilasciare immediatamente e incondizionatamente tutte le persone detenute solo per aver svolto attività pacifiche in favore dei diritti umani e devono avviare subito un’indagine approfondita ed esauriente su queste denunce di tortura, portando a processo i responsabili». Amnesty International spiega che la tortura è regolarmente praticata nelle prigioni e nei centri di detenzione dell’Arabia Saudita, stato firmatario della Convenzione Onu contro la tortura, soprattutto per estorcere confessioni o perché i detenuti per reati di opinione si erano rifiutati di pentirsi. Le persone arrestate nel giro di vite del maggio 2018 sono ancora detenute senza accusa e senza avere accesso a un avvocato. Per i primi tre mesi sono state trattenute in isolamento in località sconosciute senza poter avere contatti col mondo esterno. Secondo la denuncia di AI nella prigione di Dhahban si trovano attualmente Loujain al-Hathloul, Iman al-Nafjan, Aziza al-Yousef, Samar Badawi, Nassima al-Sada, Mohammad al-Rabe’a e Ibrahim al-Modeimigh. Altre attiviste sono state arrestate nei mesi successivi, come Nouf Abdulaziz e Maya’a al-Zahran, e la stessa sorte è toccata ad attivisti che erano stati già perseguitati a causa del loro impegno in favore dei diritti umani, come Mohammed al-Bajadi e Khalid al-Omeir. Un’altra attivista, la nota accademica Hatoon al-Fassi, ha trascorso un periodo di carcere poco dopo l’abolizione del divieto di guida per le donne. La scorsa settimana le è stato conferito il Premio annuale per la libertà accademica da parte dell’Associazione di studi sul Medio Oriente ma non ha potuto riceverlo personalmente.

PROCESSO IMMINENTE AGLI ATTIVISTI

Il principe ereditario del Regno dell’Arabia Saudita Mohammed Bin Salman con il presidente Usa Donald Trump

Da Il Cairo il primo marzo si è diffusa la nota dell’agenzia di stampa Spa secondo cui il pubblico ministero dell’Arabia Saudita sta preparando i processi ai detenuti, identificati dai gruppi di controllo come attivisti per i diritti delle donne. Lo riferisce una segnalazione della Reuters firmata da Hesham Hajali con il coordinamento di Stephen Kalin e Andrew Heavens. «Il rapporto ha fornito pochi dettagli, ma ha fatto riferimento a una dichiarazione del giugno 2018 che diceva che nove persone – cinque uomini e quattro donne – furono arrestate e detenute con l’accusa di danneggiare gli interessi del paese e offrire supporto a elementi ostili all’estero. All’epoca, gruppi per i diritti internazionali hanno denunciato la detenzione di almeno 11 attivisti di spicco, per lo più donne che in precedenza avevano fatto campagna per il diritto di guidare e la fine del sistema di tutela maschile del regno. Alcuni sono stati successivamente rilasciati, ma gli attivisti hanno affermato che molte delle donne sono state detenute in isolamento per mesi e hanno subito torture e molestie sessuali». Il reporter Reuters riferisce che un funzionario saudita ha dichiarato che le accuse di maltrattamenti e torture nei confronti delle detenute erano “false … e non hanno alcun legame con la verità”. Decine di altri attivisti, intellettuali ed ecclesiastici sono stati arrestati separatamente in un tentativo apparente di eliminare l’opposizione al principe ereditario Mohammed bin Salman, che ha consolidato il potere.




L’opinionista del Washington Post Jamal Kashoggi assassinato nel consolato saudita a Istanbul


E’ sempre The Guardian, nell’articolo firmato da Patrick Wintour e Bethan McKernan, a riferire che la settimana scorsa l’Arabia Saudita è stata sottoposta a un nuovo esame investigativo per il suo rifiuto di collaborare con il relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, che ha appena concluso una missione di accertamento di cinque giorni a Istanbul per indagare sulla morte del giornalista Jamal Khashoggi, opinionista del Washington Post. «Alla squadra di Agnes Callamard non è stato concesso l’accesso all’edificio del consolato di tre piani in cui Khashoggi è stato ucciso da una squadra di agenti inviati da Riad, né è stato permesso di intervistare i funzionari sauditi – scrive The Guardian – Callamard ha ascoltato le registrazioni audio della morte del giornalista dissidente, che la Turchia ha anche condiviso con il direttore della CIA, Gina Haspel, Regno Unito, Canada, Germania e Francia». Il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha chiesto risposte dal Regno in un’intervista televisiva di domenica sera e ha criticato gli Stati Uniti per non aver preso una posizione più decisa sull’omicidio di Khashoggi. «Non riesco a capire il silenzio degli Stati Uniti quando un attacco così orribile ha avuto luogo, e anche dopo che i membri della CIA hanno ascoltato le registrazioni che abbiamo fornito – ha detto Erdoğan – Vogliamo che tutto sia chiarito perché questo non è un omicidio ordinario, è un’atrocità». Riad ha arrestato 22 persone in relazione alla morte di Khashoggi, che il regno sostiene è stata effettuata senza la conoscenza del principe ereditario. Undici imputati sono stati processati il mese scorso. L’Onu, tuttavia, ha messo in dubbio l’equità del processo giudiziario saudita.



FANCIULLE SCHIAVE DEGLI ORCHI JIHADISTI


MARWA, YAZIDA RAPITA DAI MILIZIANI ISIS
VIOLENTATA E INCINTA A SOLI 10 ANNI
LEAH, CATTOLICA PRIGIONIERA DI BOKO HARAM 
PERCHE’ RIFIUTA DI ABBRACCIARE L’ISLAM.
NASCE A ROMA IL GRUPPO INTERPARLAMENTARE
PER LA TUTELA DEI CRISTIANI PERSEGUITATI

___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___

Marwa Khedr e Leah Sharibu. Due volti delle persecuzioni religiose degli islamisti, che forti di una Sura del Corano, si sentono in diritto di rapire e violentare impunemente le fanciulle di un’altra fede. Le loro raccapriccianti, orribili storie di vittime degli orchi jihadisti stanno tornando di attualità in questi giorni nei racconti disperati e drammatici dei parenti. Marwa è una bimba rapita in Irak a soli 10 anni dai terroristi islamici Isis che fanno schiave sessuali le ragazze e le donne di religione yazida come lei: l’ultima volta che è stata vista era incinta nonostante la giovanissima età. Leah è una quindicenne cristiana rapita un anno fa in Nigeria dai famigerati miliziani musulmani di Boko Haram: a differenza di altre studentesse rilasciate è ancora prigioniera perché non ha voluto abiurare la sua fede e convertirsi all’Islam. Anche per occuparsi delle migliaia di casi di cristiani perseguitati come la ragazzina nigeriana è nato nel Parlamento italiano un gruppo trasversale di deputati e senatori di vari schieramenti politici.



L’ATROCE STORIA DI MARWA: LA BAMBINA SCHIAVA

La bambina yazida Marwa Khedr rapita a soli 10 anni, ridotta a schiava sessuale e rimasta incinta

Nei giorni scorsi è stato il Daily Mail ha rievocare le terribili vicissitudini di Marwa Khedr attraverso i racconti di una zia sfuggita ai suoi aguzzini insieme alle due figlie piccole. Marwa aveva appena dieci anni quando circa quattri anni orsono i jihadisti dello Stato Islamico fecero irruzione nel villaggio yazida nella regione irachena di Sinjar. Gli Yazidi rappresentano una minoranza religiosa di lingua curda in Medio Oriente e sono divenuti famosi in tutto il mondo dopo il conferimento del Nobel per la Pace a Nadia Murad, una ragazza divenuta simbolo della battaglia per i diritti umani dopo essere statata schiava dei terroristi islamici del Daesh. Proprio i miliziani fondamentalisti sterminarono tutti gli uomini di Sinjar e deportarono donne e bambini in’altra città dove vennero separati per età in quanto sul mercato degli schiavi avevano valore differenti e i più ricercati erano quelli di età compresa tra i dieci e i venti anni. Il racconto di questo mercimonio dell’orrore è stato fatto al giornalista Ian Birrell da Mahdya, zia di Marwa che è appena fuggita da Baghuz, l’ultima roccaforte del califfato dell’IS, insieme alle sue figlie di otto e nove anni. «L’ultima volta che ha visto sua nipote, era rannicchiata con gli altri in un mercato vicino a Hardan, dove viveva, prima di essere portato nella “capitale” jihadista di Raqqa – riporta il Daily Mail – Mesi dopo, un’amica disse a Mahdya di aver visto di nuovo Marwa ed era incinta, nonostante la giovane età – un altro segno grottesco della barbarie inflitta da IS. Non è noto dove sia Marwa ora».


SCHIAVA OBBEDIENTE PER EVITARE LO STUPRO DELLE BIMBE

La yazida Nadia Murad, premio Nobel per la Pace 2018 in virtù della sua battaglia per i diritti umani condotta dopo essere sopravvissuta alla schiavitù sotto i miliziani Isis

«Ci sono un sacco di ragazze come lei – ha aggiunto Ziad Avdal, un ex insegnante che gestisce case sicure per gli yazidisfuggiti all’IS – Non è solo terribile che sia incinta perchè queste ragazze potrebbero essere state violentate da 100 uomini prima che rimangano incinta». Mahdya oggi ha 29 anni ed è una dei circa 6.500 yazidi rapiti dai miliziani Daesh, perseguitati per la loro antica fede religiosa alla stregua dei cristiani. Quasi la metà sono ancora dispersi. La zia di Marwaracconta di essere stata venduta, aggredita, costretta a sposarsi diverse volte, sotto la minaccia di stupro delle sue figlie da parte di uomini più anziani e di vederle picchiate con cavi da spose jihadisti. «Non so quante volte sono stato venduto – ha detto Mahdya al giornalista – Un uomo mi ha avuta solo per tre giorni, poi mi ha venduto di nuovo. Mi hanno anche tenuta in un sotterraneo per due mesi. Era così buio che non potevo distinguere il giorno e la notte». Un altro miliziano che l’ha comprata per pulire la sua casa e cucinare ha deciso dopo quattro mesi di sposarla: «Mi ha detto che se avessi rifiutato o disobbedito avrebbe sposato mia figlia di otto anni o l’avrebbe venduta ad un altro uomo». All’inizio di febbraio, manmano che la morsa dei curdi Sdf si è stretta intorno a Baghuz è finalmente riuscita a scappare dall’enclave IS assediata e dal suo ultimo marito, un uzbeko, dopo mesi di inedia. Fu costretta a mangiare bastoncini di escrementi di animali per sopravvivere. «Non avrei mai pensato che sarei sopravvissuta» confida narrando le difficoltà per la liberazione delle figlie ormai cresciute e indottrinate dai fanatici dello Stato Islamico che si erano rifiutate di unirsi a lei nella fuga, temendo che le forze curde liberatrici fossero senza fede. «Alla fine ho dovuto dire loro che stavamo andando a prendere il cibo» disse Mahdya svelando il trucco con cui è riuscitata portarle via dal villaggio islamico. L’IS fino al 2017 controllava un territorio vasto quasi un quarto dell’Inghilterra, ma nei giorni scorsi solo 200 militanti sono rimasti confinati in un quinto di un chilometro quadrato. Accanto alle due figlie yazide liberate il giornalista ha incontrato anche un’altra ragazza di nome Hayda che è stata molto felice di togliersi il burka e indossare abiti normali. Non conosce la sua età perché fu separata da sua madre si presume a soli nove anni quando, in attesa di sposarsi, fu costretta a lavorare come domestica in una famiglia dell’Isis dove fu picchiata ripetutamente dalle donne islamiche tanto da provocarle una cicatrice sulla guancia e sulla nuca. E’ riuscita anche a parlare per la prima volta dopo due anni con sua madre, sfuggita due anni orsono dai fondamentalisti dello Stato Islamico. «Stava piangendo e stavo piangendo – disse Hadya – Mi è mancata così tanto». A breve finalmente potranno riabbracciarsi. Mentre si affidano alla preghiera i genitori cristiani della studentessa nigeriana rapita lo scorso anno da Boko Haram.



LA GIOVANISSIMA CRISTIANA PRIGIONIERA PER FEDELTA’ A CRISTOLa quindicenne cristiana Leah Sharibu rapita nel febbraio 2018 da Boko Haram in Nigeria

«Abbiamo fede in Dio e sappiamo che Lui può riportarci indietro Leah. Quindi non ci arrenderemo». Sono le parole pronunciate alla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre da Rebecca, la madre di Leah Sharibu, la quindicenne sequestrata dai guerriglieri di Boko Haram nel pomeriggio del 19 febbraio 2018 insieme ad altre 110 studentesse di età compresa tra gli 11 e i 19 anni in un college di Dapchi, nel nord-est della Nigeria. Nel marzo seguente, 101 ragazze sono state liberate, mentre altre sono morte per mano dei jihadisti. Leah è l’unica ancora in ostaggio perché, come hanno spiegato gli stessi estremisti alla madre, non ha voluto convertirsi all’Islam. «Siamo forti in Cristo e non smetteremo di chiedere il rilascio di nostra figlia» afferma Nathan Sharibu, il padre di Leah, che assieme alla moglie ringrazia ACS e tutti i cristiani che nel mondo hanno espresso loro solidarietà. Accanto alla coppia, vi è il pastore Gideon Para-Mallam, tutore e portavoce della famiglia. «I genitori di Leah sono forti, ma è grande la sofferenza nei loro cuori. Oggi abbiamo pregato insieme in questo triste anniversario». Il religioso nota come la giovane cristiana rappresenti un modello per tutti i suoi coetanei: «un’eroina della fede cristiana del XXI secolo e un simbolo della resilienza di quest’area della Nigeria in cui i cristiani soffrono persecuzione da molto tempo. Attraverso il rapimento di Leah, Dio ci sta inviando un messaggio molto forte. Il Cristianesimo non verrà mai distrutto, né da Boko Haram, né da nessuna forza al mondo». Assieme ai signori Sharibu, il pastore ha pregato oggi anche per tutte le altre ragazze – sia cristiane che musulmane – ancora ostaggio dei “talebani africani”.



IL GRUPPO INTERPARLAMENTARE PER I CRISTIANI PERSEGUITATI

Il deputato biellese di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro delle Vedove

E proprio mentre dalla Nigeria torna di drammatica attualità la tragica storia di Leah Sharibu a Roma nasce il gruppo interparlamentare per la “Tutela della libertà religiosa dei cristiani nel mondo”. Quarantuno membri della Camera e del Senato di Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Cinque Stelle e del Gruppo Misto animeranno questa realtà, che, come spiega La Nuova Bussola Quotidiana, si pone importanti obiettivi: «agevolare il ritorno dei cristiani del Medio Oriente nelle loro terre d’origine dopo la fuga dovuta alle guerre e al terrorismo islamista, il sostegno a progetti concreti per il radicamento di queste comunità e la loro convivenza pacifica con le altre componenti etnico-religiose, la promozione della libertà di culto nei trattati bilaterali che vengono sottoscritti con quei Paesi in cui la comunità cristiana subisce gravi forme di discriminazione e persecuzione». L’intergruppo è stato presentato ieri alla sala stampa della Camera dall’onorevole biellese Andrea Delmastro delle Vedove, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Esteri, alla presenza di Fouad Abou Nader, presidente dell’organizzazione Nawraj che sostiene i cristiani del Libano, del giornalista Sebastiano Caputo, presidente della filiale italiana della fondazione SOS Cristiani d’Oriente, di Federica Celestini della Modavi Onlus e del giornalista Gian Micalessin, inviato di guerra e autore di Fratelli traditi. La tragedia dei cristiani in Siria. «Il gruppo nasce sotto buoni auspici visto che Delmastro ha annunciato che sta per essere istituito un fondo di due milioni di euro che andrà a finanziare i progetti di ricollocamento dei cristiani fuggiti dalle località del Medio Oriente martoriate da attentati e attacchi e da quelle che hanno conosciuto il dominio dello Stato Islamico – evidenzia il reportage di NBQ – A tal proposito Delmastro ha ricordato le persecuzioni perpetrate dagli islamisti contro le comunità cristiane in Siria, Iraq (specie nella Piana di Ninive) ed Egitto e ha evidenziato che prima del diritto a essere accolti c’è quello a vivere in pace nella terra in cui si è nati. Per questo motivo, lo scopo di fondo di ogni iniziativa sarà quello di ricostruire la presenza cristiana nelle regioni del Medio Oriente». E proprio il parlamentare di Fratelli d’Italia ha rammentato i dati salienti dell’ultimo rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre: circa 300 milioni di cristiani che subiscono gravi o estreme violazioni della libertà religiosa in 38 Paesi del mondo; 15 mila fedeli attaccati durante funzioni religiose e 1.200 chiese distrutte nel 2018; circa il 61% della popolazione del mondo che vive in Stati in cui la libertà religiosa è colpita da forti restrizioni. In questa cornice il gruppo lavorerà anche per inserire il tema della libertà religiosa in tutti i trattati bilaterali, con particolare attenzione ai rapporti con Cina, Corea del Nord, Paesi arabi e in generale quelli a maggioranza musulmana. La questione sarà infine posta anche nell’ottica dell’allargamento dell’Ue a quei Paesi dei Balcani scossi dalle guerre etniche e interessati dal fondamentalismo islamico. «Vero motore dell’iniziativa dell’intergruppo è la filiale italiana di SOS Cristiani d’Oriente, associazione umanitaria nata in Francia nel 2013 in seguito alla presa di Maalula da parte di Al-Nusra (allora costola siriana di Al-Qaeda). L’aggressione al villaggio cristiano dove si parla ancora l’aramaico provocò un moto di solidarietà organizzato da un gruppo di ragazzi che, con il passare degli anni, si sono strutturati in una delle principali realtà di cooperazione e sviluppo in Siria e Libano».

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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I MASSONI CONTROLLANO GLI STATI E I GOVERNI: DIETRO GLI USA C'È ISRAELE, SVEGLIA!!

ASCOLTATE CON ATTENZIONE QUESTO VIDEO ESCLUSIVO. PARLANO SANKARA, LEADER DEL BURKINA FASO, ASSASSINATO PERCHE' VOLEVA LIBERARE IL SUO POPOLO DALLA TIRANNIDE DEI PAESI CHE SFRUTTAVANO IL SUO PAESE, L'ATTIVISTA AFRICANO SEBA, CHAVEZ PRESIDENTE VENEZUELANO CHE PARLA DELLA SUA AMICIZIA CON GHEDDAFI E DI QUELLO CHE I LEADER EUROPEI E MONDIALI GLI CHIESERO PER CONVINCERE GHEDDAFI A FARGLI INVESTIRE DENARO NELLE LORO BANCHE, E DICE CHE GLI STESSI HANNO RUBATO LE RISERVE DELLA LIBIA. CHAVEZ SI CHIEDE: "COME NON APPOGGIARE IL GOVERNO LEGITTIMO DI ASSAD IN SIRIA"? CHAVEZ MORI' PER UN NON MEGLIO IDENTIFICATO MALE CHE LO COLPI' POCO TEMPO DOPO QUESTA CONFERENZA STAMPA.... 




I MASSONI CONTROLLANO GLI STATI E I GOVERNI: DIETRO GLI USA C'È ISRAELE, SVEGLIA!!



La verità sulla morte di Chavez, nemico del Nuovo Ordine Mondiale. R.I.P.



Il discorso proibito di Hugo Chavez alla conferenza COP15




BENJAMIN FULFORD: Lignaggio 13 Famiglie, negoziano con gli Illuminati Gnostici la fine della guerra civile in occidente, e licenziano Papa Francesco




Papa Francesco è stato sollevato dal potere come parte di un accordo negoziato tra dominanti , gli Illuminati Gnostici e le 13 Famiglie del Lignaggio, affermano due fonti: una reale europea, l'altra del Pentagono. I due centri di potere occidentali, uno basato sulla meritocrazia, l'altro sulla regola storica, hanno accettato un giubileo e una massiccia campagna per "salvare il pianeta", dicono le fonti.

Gli Illuminati Gnostici, più forti nel complesso militare-industriale, e le 13 Linee di sangue, che controllano la finanza e i media, hanno accettato di scendere a compromessi perché devono presentare un fronte occidentale unito per fare un accordo con un'Asia in ripresa, dicono

Francesco, che potrebbe rimanere come prestanome, è stato sollevato dal potere a causa del fallimento con il condannato pedofilo, cardinale Pell, che gestiva lo IOR , cioè la Banca Vaticana, dicono le fonti. Il Vaticano e lo IOR, Banca Vaticana con i suoi 6.000 conti correnti per la corruzione dei cosiddetti "leader mondiali" sono ora gestiti da "una troika di cardinali", dice la fonte al Pentagono.

In pubblico, questo cambiamento fondamentale può essere visto nel fatto che dieci cardinali sono stati sconsacrati di recente. Il più recente è stato il cardinale francese Philippe Barbarin, condannato la scorsa settimana perché copriva la pedofilia. 




Ecco cosa ha detto il rappresentante del Lignaggio delle 13 Famiglie riguardo alla situazione: "Il cardinale Pell ha ammesso, l'accettazione di pratiche sataniche nei nostri ordini". Ha aggiunto che gli altri cardinali sono stati rimossi come parte di un processo di "disintossicazione "delle pratiche sataniche. "Papa Francesco è stato licenziato perché era troppo alto nel profilo del National Cyber ​​Security Center. La sua vita passata in Argentina è tornata in auge e lo persegue. Nessuno, nessuno nel mondo esterno, può occupare incarichi se non può essere controllato dal loro compromesso ", ha detto la fonte.

Inoltre, oggi (11 marzo 2019) è l'ottavo anniversario dell'attacco dell'omicidio di massa a Fukushima, in Giappone, l'accordo è stato raggiunto in parte perché le Linee di sangue sono state minacciate di rappresaglia per questo attacco a meno che non raggiungano un accordo, dicono fonti della Società Segreta asiatica.

Inoltre, sempre fonti della Società Segreta asiatica dicono che l'Occidente deve finire di ripulirsi prima di raggiungere un accordo definitivo per il salvataggio del pianeta.

Su questo fronte, è in corso un attacco prolungato contro il sionismo, la principale fonte del male occidentale, è un buon segno. "Le parole veritiere della rappresentante Ilhan Omar sull'influenza sionista sul Congresso degli Stati Uniti (non basato sui voti - ci sono solo nove milioni di elettori ebrei - ma piuttosto sulla corruzione, ricatti e menzogne) hanno gettato il Partito Democratico in una crisi che potrebbe portare alla sua fine", affermano Fonti della CIA e del Pentagono, inoltre" dicono che Jared Kushner e John Bolton saranno presto allontanati dalla Casa Bianca, e il presidente Trump rivelerà la verità sull'attentato dell'11 settembre in modo tale da porre fine all'influenza sionista sull'economia, il governo e la società degli Stati Uniti, " ha descritto la situazione, l'ex funzionario della CIA, Robert David Steele.





Una fonte del Pentagono concorda dicendo "Il sionismo è morto. La loro lobby è stata incastrata mentre alla Camera approvavano la risoluzione 407 e 23 che non rimproverava Ilhan Omar ma ha annacquato l'antisemitismo, e la presidente della Camera Nancy Pelosi ha licenziato il capo dello staff l'ebreo Danny Weiss. "

Ora la Siria ha formalmente avvisato Israele di ritirarsi dalle alture del Golan, o dovrà affrontarla in guerra. 





La Siria si è imposta, perché ha il sostegno di Turchia, Russia e Iran, per costringere Israele a rispettare la legge internazionale, mentre l'esercito americano ha chiarito che non combatterà per Israele, secondo il Pentagono e altre fonti.

Sia la famiglia reale sia le fonti del Pentagono hanno confermato che l'arsenale nucleare di Israele - la sua "opzione Sansone" - è stato neutralizzato, ed è per questo che lo stato canaglia può essere costretto a cessare il suo comportamento messianico anti-sociale. Se pensavano che Dio volesse uccidessero oltre 100 milioni di persone, in modo da poter ricostruire l'antico tempio, è chiaro che non comprendono il pensiero di Dio.

Nel frattempo, negli Stati Uniti, assassinii mirati su persone chiave si sono svolti ad un ritmo accelerato per poter ripristinare la democrazia e lo stato di diritto, dicono fonti della CIA. "La clava sta per cadere inesorabile, il procuratore generale Bill Barr ha incontrato John Huber prima della declassificazione del FISA e degli arresti di massa", ha osservato una fonte del Pentagono. La fonte si riferiva al fatto che Huber è stato costretto a prendere finalmente provvedimenti contro Hillary Clinton, Obama, ecc. Per lo scandalo su Uranium One, ecc. 







Anche la grande industria farmaceutica è "sotto attacco, infatti Eli Lilly è stata costretta a introdurre l'insulina generica a metà prezzo, mentre il direttore della FDA e Big Pharma, Scott Gottlieb, è stato licenziato per aver spinto gli stati a cancellare l'esenzione da vaccino", sottolineano le fonti del Pentagono. Questa mossa di rendere obbligatori i vaccini era un disperato tentativo all'ultimo sangue della mafia kharariana di usare vaccini tossici e uccidere una grande percentuale della popolazione nel tentativo di evitare la giustizia, fanno notare fonti della CIA.

Un'enorme guerra segreta è stata intrapresa dalla mafia khazariana per prendere il controllo delle risorse dell'Africa nel tentativo disperato di evitare la bancarotta della loroCorporation degli Stati Uniti con sede a Washington, dicono fonti del Mossad e della CIA. L'Africa è quasi il doppio della Russia e più grande del Canada, e più grande della Cina e degli Stati Uniti messi insieme. L'ultima cosa che la mafia Khazariana vuole è che gli africani riprendano il controllo delle proprie risorse.

La recente mossa più visibile in questa guerra segreta è stato l'abbattimento di domenica di un Boeing 737 etiope. Fonti del Mossad dicono che l'aeromobile è stato sequestrato dal remoto e che i suoi passeggeri, inclusi 19 funzionari delle Nazioni Unite, sono stati uccisi come parte di un tentativo di interrompere una conferenza delle Nazioni Unite volta a porre fine alla povertà e alla distruzione ambientale in Africa. 





Tuttavia, il dirottamento dal remoto di questo velivolo sembra essere stata una mossa davvero stupida da parte dei Khazariani che rischia di portare alla bancarotta la Boeing Corporation. Questo perché è la seconda volta in quattro mesi che un aereo Boeing è stato fatto schiantare tramite il telecomando dalla mafia del Khazariana. La Cina, l'Etiopia(la più grande compagnia aerea dell'Africa) e le Isole Cayman hanno radiato tutti i Boeing 737, e altre compagnie aeree e paesi seguiranno sicuramente fino a quando i sequestratori non saranno controllati da Boeing. 







Non è certo un caso che dopo che tutti gli ufficiali militari hanno lasciato il regime di Trump, un dirigente della Boeing, Patrick Shanahan, è stato nominato Segretario alla Difesa degli Stati Uniti. Shanahan non ha un vero potere sulle forze armate statunitensi, perché non obbediscono più al fallito Governo delle Corporate di Washington, DC, dicono fonti del Pentagono. Ecco cosa ha da dire una fonte di X-files sulla situazione: "Molte delle famiglie 'lizard' hanno azioni in Boeing, e Boeing è legato anche alla Lockheed Martin [sic] come ben sappiamo".

In ogni caso, la battaglia segreta per l'Africa continua su altri fronti, in particolare sul controllo delle risorse minerarie. I suggerimenti di questa guerra possono essere visti nei vari titoli di notizie recenti. La cosa più bizzarra è stata la storia del miliardario dei diamanti Ehud Lanaido che muore "durante l'operazione chirurgica per sovraddimensionare il pene". 





Infatti, "è stato portato in una clinica privata speciale sull'Avenue des Champs-Elysees a Parigi a notte fonda, molto tempo dopo che la clinica è stata chiusa", ha detto una fonte del Mossad. "Era un diretto concorrente di Benny Steinmetz, che fino a pochi mesi fa era in fuga da diversi governi, tra cui il Belgio e dell'Africa, per l'evasione di diversi miliardi di dollari di tasse arretrate per acquisti illegali e vendita di diamanti grezzi e lavorati contrabbandati dall'Angola e dalla Sierra Leone per molti anni ", ha continuato la fonte.



"Questi due commercianti di diamanti, tra i più grandi al mondo nel commercio di diamanti, sono stati presi di mira da quelli ai vertici. Uno è stato rimosso e uno è stato rimesso sul suo piedistallo come re degli affari. Osservate quanto siano vicini i momenti in cui i due titani vengono innalzati e poi ridotti al minimo ", ha osservato la fonte.


Ecco il secondo titolo a cui ci si riferiva: "Finisce l'amara disputa, del miliardario minerario con la Guinea, dopo mesi di negoziati segreti". 





Se leggi l'articolo, puoi vedere che Steinmetz è stato aiutato da un chicchessia della mafia sionista khazariana, incluso George Soros (cioè il suo cut-out), Tony Blair e Nicholas Sarkozy. 



A questo si riferiva anche la notizia che il magnate dei diamanti indiani Nirov Modi doveva essere estradato. Modi è presumibilmente scappato con oltre 2 miliardi di dollari delle banche indiane. "Mi è stato detto che sarà catturato e diventerà il 'testimonial' per il sistema legale per dimostrare al mondo che non si può sfuggire al lungo braccio della giustizia", ​​ha detto la fonte del Mossad. "Non dimenticate, non è uno dei loro 'ragazzi' - della linea di sangue- , e quindi è sacrificabile in questo - Gioco dei Troni- con i sionisti khazariani", è stato aggiunto. 




Ulteriori sviluppi relativi alla presa in corso delle risorse africane possono essere letti in una lettera all'editore inviata dai popoli Khoi-San, dove si avverte dell'uso di un falso Re nel tentativo di rubare la loro terra e le loro risorse.

La mafia Khazariana sta tentando una simile presa di risorse anche in Sud America. L'ultima mossa usata è l'uso di armi informatiche e cibernetiche per sabotare la rete elettrica del Venezuela.

Il resto del mondo ha accettato di continuare a finanziare l'esercito americano e trasformarlo in una forza di pace per la protezione planetaria. Possono iniziare a guadagnare gli stipendi radunando tutti questi criminali per rinchiuderli in prigione o ammazzandoli.

DUE VIDEO PER FARSI UN'IDEA DELLE BUGIE MADE IN USA IN VENEZUELA E NEL MONDO


Ex agente della CIA spiega minuziosamente il Governo Ombra USA



PTV News Speciale - John Pilger: "La guerra in Venezuela è costruita su una bugia"


BLACKOUT VENEZUELA: “SABOTAGGIO CRIMINALE USA” ALLA DIGA




DOPO LE MOLOTOV SUGLI AIUTI UMANITARI
IN TILT LA CENTRALE ELETTRICA SIMON BOLIVAR
CARACAS DENUNCIA: “ATTACCO AL POPOLO
DEGLI IMPERIALISTI AMERICANI PRO-GUAIDO”.
DEPUTATA ISLAMICA USA DIFENDE LO STATISTA CRISTIANO
INVECE IL PRESIDENTE UE TAJANI INVITA IL GOLPISTA

___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___

«Oggi 8 marzo, giornata internazionale della donna, quando sono le 7,22 della sera, in nome del presidente Nicolas Maduro, vogliamo condividere con il popolo alcuni degli elementi connessi con il grave sabotaggio criminale che è stato perpetrato contro il sistema elettrico nazionale del Venezuela». Senza mezzi termini il Ministro della Comunicazione del Governo di Caracas, Jorge Rodriguez, ha commentato il blackout di quasi 20 ore iniziato giovedì pomeriggio dopo un attentato “tecnico e cibernetico” alla mega centrale idroelettrica Simon Bolivar di Guri, nello stato Bolivar nella Guyana venezuelana compresa tra l’Orinoco, la zona del suo Delta Amacuro, la Guyana ed il Brasile, dove si trova una delle più importanti dighe di tutta l’America Latina. Le dichiarazioni alla tv nazionale TeleSur giungono a commento dell’ultimo tremendo atto di una cospirazione golpista iniziata nel 2002 con la destituzione armata statunitense di Hugo Chavez(durata pochi giorni per l’insurrezione popolare), proseguita dopo la sua morte prematura di tumore e intensificatasi dopo il 2013 con l’elezione a presidente del suo discepolo Maduro. Lo statista non ha mai esitato a definirsi cattolico cristiano e ad invocare l’intervento di Papa Francesco, rimasto defilato da buon paladino dei diritti umani finché i suoi porporati lo consentono, ma viene perseguitato dall’amministrazione Usa del presidente Donald Trump, il cui vice è il cristiano evangelico Mike Pence, e boicottato dal presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani, anch’egli sedicente credente in Cristo, trova invece paradossalmente il supporto della deputata americana musulmana Ilhan Omar che ha scritto al Segretario di Stato di Washington per invitarlo a cambiare politica sul Venezuela. Mentre scriviamo il backout è stato superato solo in parte: le linee telefoniche funzionano ancora a singhiozzo ma la metropolitana di Caracas è ancora ferma. Per oggi, sabato 9 marzo, sono previste le solite manifestazioni contrapposte tra i sostenitori di Maduro e quelli del presidente autoproclamato Juan Guaidò. I facinorosi manifestanti di quest’ultimo, in larga parte di estrema destra o foraggiati dall’intelligence americana, già filmati durante attentati esplosivi ai motociclisti della polizia ed altri efferati crimini ai danni di agenti anche arsi vivi. Una cospirazione ormai abbastanza palese a tutti tanto che persino il New York Times ha svelato l’inganno degli incendi agli aiuti umanitari perpetrati dagli stessi contestatori di Maduro al confine con la Colombia e riportati in un video…

Un’attacco talmente reiterato, sistematico e condotto con la manipolazione dei grandi media occidentali che avrebbe ridotto come lo Yemen qualsiasi paese sprovvisto di un’organizzazione sociale efficiente come quella del Socialismo Bolivariano cattolico. Unico esempio al mondo dove l’attenzione ai poveri di una dottrina socialista cerca di coniugarsi con il rispetto dei valori etici cristiani. Mentre infatti nello Stato di New York si legittima l’aborto anche al nono mese, quando il bimbo è ormai pronto per vedere la luce, in Venezuela, all’ombra del chavismo di cui Maduro si dichiara anche sul suo profilo Twitter “hijo”, figlio, prima dell’attacco finanziario e politico degli Usa di George Bush, Barack Obama e infine di Donald Trump, la tutela della popolazione e delle famiglie si era consolidata in dati indiscutibili: un balzo di circa 20 posizioni dalla fine degli anni Novanta fino al 2016 nell’Indice di Sviluppo Umano attestato dall’Onu (Human Development Index) che smentisce nel modo più categorico ogni accusa di fallimento del sistema socio-assistenziale bolivariano collocando il paese nella categoria delle nazioni ad Alto Sviluppo Umano in un’onorevolissima 78° posizione davanti a Brasile, Cina, Thailandia, Ucraina e Tunisia. La grande battuta d’arresto in questa crescita vorticosa che ha poi portato Caracas in una crisi economica di liquidità finanziaria e di beni di primaria necessità come pasta, latte e medicine è infatti giunta tra il 2015 ed il 2017: prima coi giudizi delle agenzie di rating, in complotto con le sanzioni Usa, che hanno fatto esplodere l’inflazione; poi coi blocchi economici imposti dall’amministrazione Trump e sempre più inaspriti alla Pdvsa, la società energetica nazionale Petroleos de Venezuela, che hanno strangolato il paese, vittima di un vero e proprio tentativo di estorsione internazionale dei giacimenti di petrolio più ricchi della terra che rappresentano la metà delle risorse mondiali di oro nero.

AIUTI UMANITARI INCENDIATI CON LE MOLOTOV DAI GOLPISTI

Il lancio di una molotov da parte dei golpisti di estrema destra che ha incendiato, volutamente o involontariamente, il camion con gli aiuti umanitari al confine tra Venezuela e Colombia 23 febbraio tratto dal video amatoriale diffuso da Paolo Pablito Rossi su Facebook

Di come il tentativo di golpe abbia avuto un’accelerazione proprio a inizio 2019 a causa della nascita del Petrocoin, la prima moneta digitale ancora ad una valuta nazionale, il Bolivar Soberano, e garantita proprio dalle immense risorse naturali del paese (petrolio ed oro), abbiamo già parlato in altri articoli (tutti i link a fondo pagina) così come della storia politica di Juan Guaidò, studente universitario a Washington e pupillo di Leopoldo Lopez, presunto agente della Cia a Caracas, con cui fondò il partito Voluntad Popular nel dicembre 2009, pochi mesi dopo l’elezione dell’esponente democratico Obama a presidente degli Stati Uniti. Ora voglio concentrarmi sui fatti di cronaca e politica delle ultime settimane partendo dalla rapida segnalazione di moltissime immagini che mostrano gli autori della distruzione degli aiuti umanitari americani invocati dall’autoproclamato presidente ad interim Guaidò, riconosciuto da Usa, Brasile, vari stati dell’America Latina e dell’occidente. Un riconoscimento avvenuto a dispetto delle elezioni presidenziali che il 20 maggio 2018 avevano riconfermato Maduro presidente con quasi il 60 % dei consensi anche se a fronte di una bassa affluenza alle urne (solo 46 %) per il boicottaggio delle consultazioni da parte dell’opposizione, con tutta probabilità timorosa di una sconfitta che l’avrebbe privata di ogni possibilità di contestazione. Ebbene il 23 febbraio sul ponte di Cucuta in Colombia, i camion carichi di pacchi umanitari mandati dagli Usa per dar manforte a Guaidò, sono stati bloccati dal presidente del Venezuela che non accetta il sostegno di quegli stessi politici americani che tra sanzioni e svalutazioni del debito hanno strozzinato il paese portandolo al collasso. Circolò la fake news che fossero stati incendiati dalle forze militari del governo madurista nonostante alcuni video amatoriali ed un reportage di Russia Today diffusi nei giorni successivi dimostrassero subito il contrario. Ora è anche l’autorevole New York Times a dedicare ampio risalto al filmato che mostra come siano state le molotov lanciate dai guerriglieri pro Guaidò ad appiccare gli incendi.

Una delle immagini contenute nel video su cui ruota il reportage del New York Times – CLICCA SULLA FOTO PER VISIONARE IL VIDEO


IL BLOCCO DEGLI AIUTI E LA FAME IN COLOMBIA

Molti criticano il presidente venezuelano per quel blocco di aiuti ma d’altronde chi accetterebbe due pezzi di pane da chi gli ha accerchiato il granaio per impedirgli di produrre pane? La risposta diplomatica di Maduro, certamente ispirato dal paziente presidente della Russia Vladimir Putin che dal dicembre scorso ha iniziato a sostenerlo apertamente (anche con il preventivo supporto militare ed il primo emblematico invio di aerei bombardieri del Cremlino), è stata formidabile: “Gli Usa diano gli aiuti umanitari ai suoi 40 milioni di poveri”. Ha cioè ricordato che negli evoluti United States of America il numero di persone indigenti è addirittura superiore ai 32 milioni di abitanti del Venezuela. A ciò si aggiunge il fatto che Caracas non si troverebbe in questa situazione di emergenza umanitaria se la Banca d’Inghilterra avesse restituito al Banco Central de Venezuela le 15 tonnellate d’oro richieste già nell’agosto 2018, pari a 517 milioni di euro di liquidità immediata.


Gli scontri tra la Guardia Nacional Bolivariana del Venezuela e i manifestanti del 23 febbraio scorso – CLICCA SULL’IMMAGINE PER IL VIDEO DI RUSSIA TODAY

Fortunatamente a dare qualche respiro alla popolazione il 14 febbraio, in occasione di un San Valentino festeggiato nei ristoranti da buona parte dei venezuelani abbienti, era giunto il gesto di amore dei “fidanzati” Russia, Cina e Cuba che insieme avevano spedito una fornitura di 933 tonnellate di medicine ed alimenti. Giovedì 7 marzo un cargo militare C130 con un carico di medicinali, attrezzature mediche, cibi ad alto contenuto calorico, accessori igienici è stato inviato dagli americani. «Oggi, gli Stati Uniti hanno trasportato per via aerea ulteriori aiuti umanitari dalla Florida a Cucuta, Colombia, allo scopo di aiutare le persone colpite dalla crisi politica ed economica del Venezuela» recita il comunicato di Usaid (US Agency for International Development), l’agenzia governativa tristemente nota nel mondo per aver supportato con la parvenza di inziative umanitarie il regime-change nei paesi ostili a Washington anche movimentando armi nelle presunte casse di aiuti. Un’iniziativa che sa pure un po’ di beffa mondiale visto che proprio dalla filo-americana Colombia, attestata dall’Onu al 90° posto nell’indice di Sviluppo Umano già citato (ovvero 12 posizioni dietro il Venezuela) è di recente giunto l’SOS per la malnutrizione infantile in età da 0 e 5 anni. «Abbiamo bisogno di scuotere la mentalità della gente e renderla consapevole del problema – ha affermato il responsabile della Fundación Grupo Éxito, Carlos Mario Giraldo – Che 1 su 9 bambini patisca malnutrizione cronica in Colombia è molto grave, sono 560.000 i bambini nel paese (…) 90.000 bambini a Bogotà». Ennesima riprova che i piani umanitari internazionali degli Usa servono solo a consolidare un controllo politico-economico sulle risorse del paese più che a risolvere loro i problemi… Ed all’emergenza di beni di primaria necessità si aggiunge oggi il blackout improvviso al gioiello dell’ingegneria idroelettrica venezuelana sul bacino artificiale della diga di Guri, una delle più importanti infrastrutture dell’America Latina.



IL “SABOTAGGIO” ALLA CENTRALE IDROELETTRICA SIMON BOLIVAR

La mappa dello stato venezuelan del Bolivar confinante con Brasile, Guyana e delimitato a nord dal fiume Orinoco dove si getta l’altro fiume Caronidopo aver formato il lago dell’invaso artificiale della Diga di Guri (nel cerchio) dove sorge la centrale idroelettrica Simon Bolivar

«Nel fiume Caroní, a 100 chilometri dalla confluenza con l’Orinoco, si trova questa opera d’ingegneria e di arte, ch’è la centrale idroelettrica “Simon Bolivar “, anche conosciuta come la diga del Guri. La costruzione s’iniziò nel 1963. La prima tappa si concluse nel 1978 e la seconda nel 1986 – spiega dettagliatamente il sito turistico Venezuela Tuja – Un opera d’ingegneria che produce 10 milioni di chilowatt nelle sue due sale di macchine, rendendola la seconda centrale idroelettrica del mondo, dopo la centrale di Itaipú (Fra il Brasile e Paraguay). Per produrre questa quantità di energia sarebbe necessaria una produzione di 300.000 barili di petrolio giornalieri. La diga, in cemento armato, tiene una lunghezza di 1500 metri e una altezza di 180 metri. Conta con uno scarico di tre canali, che permette lo sfogo del eccesso di acqua nell’epoca delle piogge. (da maggio a ottobre). Il lago artificiale che si è formato è il secondo più grande di Venezuela (dopo il lago di Maracaibo) con una superficie di 3919 Km², cioè più grande della superficie dello Stato Carabobo. In questo lago si pratica la pesca del “pavón” e vi sono altre strutture ricreative».

La gigantesca diga di Gur in Venezuela con la centrale idroelettrica Simon Bolivar che sarebbe stata oggetto di un sabotaggio tecnico

L’impianto è arricchito dalle opere di arte cinetica di Carlo Cruz Diéz e da una gigantesca scultura rotante denominata Torre Solar di Alessandro Otero. Da Caracas piovono le accuse di «sabotaggio criminale» agli Usa che rimpallano ogni accusano. La battaglia diventa così mediatica ed agguerrita soprattutto su Twitter. Ma le reiterate informazioni manipolate dalla Casa Bianca e dal mainstream occidentale rendono ovviamente più facile credere ai ministri venezuelani. Il blackout elettrico inziato giovedì pomeriggio ha interessato 21 dei 23 stati compresa la capitale Caracas. «A partire dalle 09 di venerdì (ore 1 di sabato GMT), l’elettricità è tornata nel distretto centrale di Altagracia a Caracas, nella zona sud-orientale di Colinas De Santa Monica, nel distretto settentrionale della Florida e nelle aree occidentali di Caricuao e Catia» ha scritto il network russo d’informazione Sputnik International citando il Twitter eloquente del Ministro degli Esteri venezuelano Jorge Arreaza: «Mentre la società venezuelana ha tranquillamente accettato le circostanze derivanti dal sabotaggio nell’industria elettrica del paese, e gli impiegati di Corpoelec, fornitore nazionale di elettricità, lavorano freneticamente, quelli vicini a Donald Trump hanno festeggiato, godendosi la spregiudicata manipolazione dei dei fatti nonostante ciò che stanno vivendo i venezuelani».

Il Minsitro degli Esteri del Venezuela Jorge Arreaza

Un messaggio in risposta a quelli del Segretario di Stato degli Usa, Mike Pompeo, che ha fermamente negato ogni implicazione americana nel blackout alla stessa stregua con cui il suo predecessore Hillary Clinton negava il finanziamento all’Isis… Tra le tante motivazioni del guasto ci sono anche quelle folkloristiche riprese dal senatore republicano americano Mark Rubio che ha rievocato i piccoli disagi creati in passato dagli iguana entrati per caso nella centrale idroelettrica, comunicati dallo stesso governo venezuelano. Ma entrambi gli esponenti dell’amministrazione Trump vengono colti in fallo dal Ministro della Comunicazione Jorge Rodriguez che fa notare la tempistica sospetta con cui hanno twittato pochi minuti dopo il blackout, di cui nemmeno Caracas ancora conosceva la portata. «Hanno effettuato un attacco informatico sul sistema di controllo automatico, tutto dimostra che si tratta di un attacco multiforme e violento contro l’intero Venezuela… Nei prossimi giorni, una delegazione guidata dall’Alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, visiterà il Venezuela. Le mostreremo le prove su questi criminali e le sottoporremo una denuncia affinché il mondo rispetti i diritti umani in Venezuela».


BOTTA E RISPOSA DI ACCUSE TRA MADURO, GUAIDO’ E BOLTON

Lo scambio di tweet nelle ultime ore tra Nicolas Maduro, Juan Guaidò e John Bolton

Volano invece gli schiaffi politici tra Maduro e Guaidò sempre su Twitter. Il preisdente eletto ringrazia il personale del sistema elettrico e «ammira il popolo venezuelano che resiste con gagliardia a questo nuovo attacco dei nemici della patria». Il presidente autoproclamato e golpista ribatte che «sabotaggio è rubarsi il denaro dei venezuelani». Gli fa eco il consulente della sicurezza nazionale della Casa Bianca John Bolton, quello che minaccia di portare a Guantanamo Maduro ma tace sulla liberazione dei capi Isis in Afghanistan, Irak e Siria: «I soldi che avrebbero dovuto essere investiti nella rete elettrica per la manutenzione della diga di Guri, e lo sviluppo del settore energetivo sono andati invece nelle tasche di Maduro e dei suoi ispiratori cubani». Accuse brandite senza minima prova che ricordano tanto quelle sul finto attacco chimico dell’esercito siriano di Bashar Al Assad a Douma che giustificò il lancio americano di 100 missili in un paio d’ore, al costo approssimativo di 16milioni di dollari bruciati da Washington solo per intimidire il nemico politico. Una politica che comincia però a scricchiolare nello stesso Congresso, dove i Democratici si sono trovati in perfetta sintonia con i Repubblicani di Trump avendo iniziato loro le danze di golpe contro il Venezuela. Ma oggi i nuovi deputati dem non ci stanno più a reggere il gioco.


LA RIVOLTA DEI DEPUTATI DEM ALLA CAMERA USA

La deputata Dem negli Usa Ilhan Omar duramente critica sullla politica di Trump in Venezuela

«Più di una dozzina di democratici progressisti alla Camera dei rappresentanti, tra cui le matricole “teste-calde” Alexandria Ocasio-Cortez di New York, Ilhan Omar del Minnesota e Rashida Tlaib del Michigan, in una lettera inviata giovedì alla Casa Bianca hanno sollecitato la sua amministrazione a «cambiare rotta» sulla sua politica nei confronti del Venezuela – scrive Shira Tarlo sul sito americano d’opinione politica Salon citando una missiva di cui parla anche Russia Today ma illeggibile sul link misteriosamente oscurato – I legislatori, in una lettera indirizzata al Segretario di Stato Mike Pompeo, hanno espresso preoccupazione per i suggerimenti dell’amministrazione Trump sull’intervento militare contro il presidente venezuelano Nicolás Maduro. Hanno anche criticato l’imposizione di sanzioni economiche da parte dell’amministrazione contro Maduro e la compagnia petrolifera statale del Venezuela per “ferire la gente comune” e messo in dubbio la decisione dell’amministrazione di riconoscere il leader dell’opposizione venezuelano Juan Guaidó come legittimo presidente ad interim del paese “senza un chiaro piano in atto per tenere elezioni democratiche ed evitare un’escalation di violenza “. I membri del Congresso hanno sottolineato che la crisi economica e politica in Venezuela ha già causato 3 milioni di venezuelani a fuggire dal paese e ha avvertito che l’imposizione “controproducente” dell’amministrazione di sanzioni economiche e presunti piani per mettere in scena l’intervento militare nel paese potrebbe causare il tasso della migrazione per accelerare e comportare un “aumento drammatico dei rifugiati negli Stati Uniti”».

L’altra deputata Dem negli Usa Alexandria Ocasio Cortez tra i firmatari della lettera al Segretario di Stato

«Le minacce e il coinvolgimento negli affari interni del Venezuela da parte degli Stati Uniti sono controproducenti, dal momento che interpretano la narrazione del governo venezuelano secondo cui l’opposizione è vicina agli Stati Uniti – afferma la lettera – Queste azioni aiutano a rafforzare la base di Maduro e ad allontanare l’attenzione da urgenti problemi domestici». Come spiega sempre Shira Tarlo molti democratici, tra cui la presidente della Camera Nancy Pelosi, il leader della minoranza al Senato Chuck Schumer, hanno riconosciuto Guaidó come leader legittimo del Venezuela il 23 gennaio dopo le contestate elezioni boicottate dalla stessa opposizione. Gli Stati Uniti, l’Unione Europea e una serie di paesi dell’America Latina hanno rifiutato di riconoscere la vittoria di Maduro come legittima e ciò ha iniziato l’escalation dello scontro diplomatico culminato con il rifiuto del presidente di Caracas di accettare la visita di una delegazione di parlamentari Ue spagnoli del Ppe e l’espulsione dell’ambasciatore tedesco Daniel Martin Kriener. Uno scontro in cui si fa sempre più controversa la posizione politica dell’Italia…



IL PRESIDENTE UE INVITA GUAIDO’. GOVERNO ITALIANO A RISCHIO


Il presidente del Parlamento Europeo, l’italiano Antonio Tajani eletto nelle file di Forza Italia per il gruppo Ppe, nei giorni scorsi ha voluto rilanciare la questione venezuelana a Bruxelles dopo lo smacco maldigerito del 31 gennaio scorso. In quell’occasione il Parlamento Europeo aveva riconosciuto, con una risoluzione non legislativa, Juan Guaidò come legittimo presidente ad interim del Venezuela, invitando i governi e le istituzioni Ue a fare lo stesso e chiedendo la convocazione di elezioni «libere e trasparenti». La risoluzione era stata approvata con 439 voti a favore, 104 contrari e 88 astensioni. Compatta era stata l’astensione degli eurodeputati dei partiti italiani che sostengono il Governo di Giuseppe Conte, ovvero M5S e Lega. La vicenda aveva suscitato una forte polemica a Roma con l’intervento persino del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a sostenere la posizione Ue: invito che inasprì il contrasto di vedute tra il movimento CinqueStelle di Luigi Di Maio, che attraverso il Sottosegretario agli Esteri Manlio di Stefano aveva ribadito la necessità di rispetto dei diritti democratici sovrani del Venezuela sostenendo la legittimità della presidenza Maduro, e dei leghisti di Matteo Salvini, che attraverso l’altro Sottosegretario agli Esteri Guglielmo Picchi, molto vicino all’amministrazione Trump (dirigente in aspettativa della Barckays), sosteneva l’appoggio indiscriminato al presidente autoproclamato. Risale a qualche giorno fa il tweet con cui Antonio Tajani ha ufficialmente invitato il leader venezuenalo dell’opposizione a Bruxelles in spagnolo: «Dopo la visita di vari paesi dell’America Latina se il presidente Guaidò desidera venire in Europa è assai benvenuto. Le porte del Parlamento Europeo sono aperte». «Accoglieremo opportunamente l’invito fatto dal Parlamento Europeo per voce del presidente» ha subito ritweettato Guaidò come se fosse uno scambio di comunicazioni ufficiali seguenti ad un accordo già segretamente concordato che rischia di mettere ancora più in crisi il delicatissimo scontro politico interno al governo italiano dove proprio il Venezuela potrebbe essere l’ultimo di una serie di casus belli per la rottura dell’alleanza tra Lega e M5S. Intanto la ong Human Rights Watch ha chiesto al Dipartimento della Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti di garantire ai venezuelani lo status di protezione temporanea perché il deterioramento delle condizioni rende in questo momento non sicuro costringere le persone a tornare nel loro Paese. «La crisi umanitaria in Venezuela – afferma una nota Bill Frelick, direttore per i diritti dei rifugiati nell’ong – è un caso classico di necessità di una protezione temporanea generalizzata. Questo non è il momento di deportare i venezuelani».

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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