venerdì 29 maggio 2020

“Donne-prete”: Roma locuta, causa finita



I testi sono chiari e non ammettono interpretazioni: il no alle ordinazioni femminili è definito e definitivo. Giovanni Paolo II ha fugato ogni possibile incertezza in merito con la Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis, laddove è scritto al n. 4: «Al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa». Concetto, ribadito anche nella precisazione «A proposito di alcuni dubbi circa il carattere definitivo della dottrina di Ordinatio sacerdotalis», firmata dal card. Luis Ladaria, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Si legge nel documento: «Cristo ha voluto conferire questo Sacramento ai dodici apostoli, che, a loro volta, lo hanno comunicato ad altri uomini. La Chiesa si è riconosciuta sempre vincolata a questa decisione del Signore, la quale esclude che il sacerdozio ministeriale possa essere validamente conferito alle donne. La Congregazione per la Dottrina della Fede ha ribadito che si tratta di una verità appartenente al deposito della fede». Non solo: «La Chiesa riconosce che l’impossibilità di ordinare delle donne appartiene alla «sostanza del Sacramento» dell’Ordine».

Eppure, c’è chi sembra non volersene fare una ragione e continua ad esercitare pressioni, affinché venga autorizzato ciò che non può esserlo. Anche a costo di prendere il discorso alla larga, come è capitato nella diocesi di Friburgo, in Svizzera, dove per la prima volta è stata nominata una donna, Marianne Pohl-Henzen, nel ruolo di Vicario episcopale, ruolo tradizionalmente assegnato ad un sacerdote.

Pohl-Henzen, 60 anni, sposata, madre di 3 figli e nonna di molti nipoti, ha collaborato a lungo col suo predecessore: ora dipenderà totalmente da lei ogni questione attinente al clero diocesano. Secondo quanto riferito da Il Messaggero, «ha accettato l’incarico come un segno positivo, che porterà alla promozione delle donne nella Chiesa. Non ha nascosto la speranza che questo passaggio possa essere foriero di novità positive anche a Roma, dove si sta discutendo se aprire uno spiraglio al diaconato femminile». Se ciò fosse vero, la signora Pohl-Henzen avrà anche solidi studi teologici alle spalle, come specifica il quotidiano romano, evidentemente però nelle sue letture non è mai capitata la Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis. Gli studi non la pongono evidentemente al riparo da errori, né da interpretazioni ideologiche, frutto più di un femminismo d’antan che di una reale prudenza pastorale. Specie su questioni come questa, per la quale davvero vale il detto: «Roma locuta, causa finita». Piaccia o meno a Friburgo.

Fermiamo il progetto contro l’omofobia


IL PD RITORNA ALLA CARICA A LUGLIO CON LA LEGGE SULL'OMOFOBIA. IL PD SI RIVELA SEMPRE PIU' UN PARTITO POLITICO PROBLEMATICO PER LA STABILITA' ETICA E MORALE DELL'ITALIA.... 

Guai a coloro che chiamano
bene il male e male il bene,
che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre,
che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro.
(Isaia 5:20)

È stata fissata a luglio la ripresa alla Camera della discussione del Progetto di legge dal titolo «Modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere», di cui il primo firmatario è l’on. Alessandro Zan (Pd). Trattasi del famigerato progetto di legge sull’ “omofobia”.

Se la legge vedesse la luce – eventualità probabile – colui il quale affermasse, ad esempio, che l’omosessualità è una condizione contro natura oppure citasse i giudizi più che negativi sull’omosessualità e sulle condotte omosessuali contenuti nella Bibbia e nel Catechismo della Chiesa cattolica potrebbe finirebbe in carcere (fino ad un anno e sei mesi) o sborsare sino a 6mila euro.

Per contrastare questa proposta di legge spesso, anche in casa cattolica, si articola un ragionamento che potremmo così sintetizzare: come esiste la libertà di sostenere pubblicamente l’omosessualità, parimenti deve essere riconosciuta la libertà di critica verso questa condizione. Questa analogia ha una sua efficacia sul piano retorico e dialettico, però in sé è fallace. Infatti la libertà è predicabile solo in connessione al bene e al vero. In altri termini non esiste la libertà di diffondere il male e l’errore. Dunque non esiste alcuna autentica libertà nel difendere l’omosessualità. Esiste solo la libertà di muovere critiche – ovviamente ragionevoli e mai volutamente offensive verso le persone omosessuali – all’omosessualità e alle condotte omosessuali, astenendosi, se non chiamati in causa direttamente, dal pronunciarsi sul profilo della responsabilità soggettiva (su tale aspetto l’ultimo giudizio spetta solo a Dio).

Questa riflessione, a rovescio e in prima battuta, è stata fatta propria anche dai militanti gay. Se l’omosessualità come la transessualità sono condizioni e scelte considerate dalla maggioranza delle persone eticamente buone e se entrambe sono ritenute beni giuridici (la legge Cirinnà ha elevato l’omosessualità a condizione giuridica), l’atteggiamento di rifiuto verso le stesse non può che cadere o sotto la mannaia di un divieto oppure tollerato.

Però c’è un inciampo. Nella società iperliberista in cui viviamo dove tutto è sindacabile e tutto opinabile, le lobby gay si sono rese conto che l’obiezione che fa riferimento alla libertà di espressione – se c’è la libertà di promuovere l’omosessualità deve essere garantita anche la libertà di segno opposto – è difficilmente superabile e allora ecco la strategia che appare sempre più vincente: spostare la discussione dal piano della libertà di pensiero a quello della discriminazione. Bene esprimere la propria opinione a patto che non si discrimini. Ma – sta qui il problema – la critica, ogni critica, comporta sempre operare un discrimen, ossia un discernimento, un distinguo. Se affermo che l’omosessualità è contro natura, va da sé che implicitamente distinguo tra omosessualità e orientamento naturale, considerandoli incompatibili e giudicando la prima come condizione non conforme al bene della persona.

Detto tutto ciò, domandiamoci quale potrebbe essere la strategia per tentare di fermare il progetto di legge Zan. Molte potrebbero essere le soluzioni, ma qui vogliamo accennare solo a due tipologie di interventi possibili. La prima si articola su un piano dialettico e proprio del diritto positivo. Dunque sarebbe lecito argomentare per assurdo come segue: ammesso e non concesso che si è liberi di esprimersi a favore dell’omosessualità, lo Stato non può tappare la bocca a chi disapprova tale condizione. La libertà di espressione non può essere riconosciuta a corrente alternata. Questo sì che sarebbe discriminatorio.

Su un secondo livello, assai più fondamentale, occorrerebbe invece sottolineare che solo la critica all’omosessualità è ragionevole e la possibilità di esprimersi a favore di quest’ultima dovrebbe essere derubricata come mera facoltà di fatto tollerata dall’ordinamento giuridico. Siamo ovviamente in uno scenario in cui il cane si morde la coda: infatti questo secondo piano di azione è praticabile solo a patto che venga riconosciuta la libertà di esprimersi in modo critico verso l’omosessualità, obiettivo che realisticamente oggi si potrebbe ottenere solo ricorrendo, tra le altre, alla prima strategia, quella di carattere giuridico-dialettico.

Ciò detto, questo secondo piano di azione risulta essere ovviamente e attualmente meno efficace dal punto di vista politico (sarebbe incomprensibile ai più), ma più efficace sotto l’angolatura culturale e, proprio per questo motivo, nel tempo anche più efficace sul piano politico. Ciò a dire che se non operiamo anche e soprattutto sul piano culturale per affermare che la condizione omosessuale è in antitesi con l’autentico bene della persona, ogni battaglia giuridica e politica avrà le armi spuntate. In parole povere, affermare: “Come io rispetto la tua libertà di parlar bene dell’omosessualità, tu devi rispettare la mia libertà di parlarne male”, già qualifica come un bene morale esprimersi a favore dell’omosessualità e quindi si concede un vantaggio all’avversario irrecuperabile. Occorre invece puntare sulla formazione delle coscienze.

In sintesi il confronto fondamentale su questa tematica non deve avvenire sul terreno delle libertà, ma su quello del giudizio morale sulla condizione omosessuale e le condotte omosessuali, giudizio che interessa il bene comune e quindi anche l’ambito giuridico.

«Connessi per la Vita, fermiamo il genocidio dell’aborto»



Saltata la tradizionale Marcia per la Vita a causa del Coronavirus, gli organizzatori si sono inventati #Connessiperlavita, un appuntamento online di un’ora per sabato 23 maggio (14:30). Diversi gli interventi previsti per tenere alta l’attenzione sull’aborto (40-50 milioni di morti all’anno nel mondo), «un vero e proprio tabù di cui non si deve parlare, né sui media, né a scuola, né in famiglia». La Nuova BQ intervista Virginia Coda Nunziante.

Ci sono ancora. Ci sono ancora quelli che si battono per la vita e la famiglia. Nella situazione attuale a molti sembreranno come i componenti dell’orchestrina a bordo del Titanic che continuarono a suonare anche mentre la nave affondava. Ma in realtà sono quelli che stanno gettando a mare le scialuppe di salvataggio per strappare dalla morte per aborto milioni di bambini e dalla morte per eutanasia decine di migliaia di vite fragili.

Tutti gli anni, come ogni buon pro-life sa bene, si tiene a Roma nel mese di maggio la Marcia per la Vita. Quest’anno l’evento è stato sospeso a causa dell’emergenza da Covid e gli organizzatori hanno dato appuntamento a tutti al 22 maggio del 2021.

Però i medesimi organizzatori si sono inventati una Marcia virtuale. Sabato 23 maggio si terrà #Connessiperlavita. Si tratta di un appuntamento live di un’ora che inizierà alle 14.30 e che verrà trasmesso su Facebook, YouTube e Twitter. Interverranno, tra gli altri, il professor Giuseppe Noia, neonatologo al Policlinico Gemelli e responsabile dell’Hospice Perinatale-Centro per le Cure palliative prenatali S. Madre Teresa di Calcutta; il magistrato Giacomo Rocchi, giudice della Corte di Cassazione; don Simone Barbieri, della diocesi di Livorno e vicerettore del seminario; Chiara Chiessi, presidente degli Universitari per la Vita. L’evento del 23 maggio è stato preceduto da una sorta di Settimana per la Vita, iniziata lunedì scorso, in cui esponenti dell’associazionismo pro-life e singole persone da sempre impegnate sul fronte della difesa della vita hanno registrato dei contributi video con loro testimonianze e riflessioni.

Per saperne di più di questa Marcia per la vita virtuale, la Nuova Bussola ha chiesto lumi a Virginia Coda Nunziante, portavoce della Marcia.

Una Marcia per la vita on line. Sembra una proposta un po’ bizzarra. Come giocare a calcio restandosene in poltrona a guardare la partita in TV.
Sì, è tanto vero che all’inizio tutto il Comitato della Marcia sembrava inclinato a non fare niente e a rimandare tutto al prossimo anno. Poi però ci sono giunte varie richieste, alcune dei veri e propri appelli e abbiamo scoperto che anche le altre marce nel mondo che dovevano svolgersi in questo stesso periodo si stavano organizzando, ognuna a modo proprio. Siamo allora usciti dal nostro “lockdown” che già ci proiettava al 2021 e abbiamo deciso di occupare la piazza virtuale, visto che non ci era concessa la piazza reale. Da lì è nata l’idea di una Settimana per la Vita che culminerà nella giornata del 23 maggio con un incontro di un’ora proprio quando saremmo dovuti essere in piazza. L’incontro virtuale non potrà mai sostituire quello reale perché noi tutti abbiamo la necessità di ritrovarci personalmente e di sentire anche fisicamente la forza della piazza, che è la forza delle idee che portiamo avanti. Ma l’incontro virtuale può avere anche una sua forza: quello di collegarci con persone che per motivi vari non sono mai potuti venire a Roma a marciare e magari non potranno mai venire. Può anche aiutare a costituire una più ampia famiglia di anime che si ritrovano nella battaglia per la vita. Può riuscire a raggiungere persone lontane che “navigando” intercettano il messaggio di uno dei video o di una testimonianza. Può principalmente confortare e incoraggiare tante persone che dopo questi mesi difficili hanno un poco perso la voglia di combattere o si è affievolita in loro la speranza.

È più grave l’emergenza Coronavirus o il fenomeno “aborto”?
Il Coronavirus è certamente una pandemia ancora molto sconosciuta e dunque quale sarà l’impatto nel lungo periodo è molto difficile poterlo dire oggi. Però rispondo alla domanda con dei numeri: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2019 ci sono stati nel mondo tra i 40 e i 50 milioni di aborti, ciò vuol dire, nel migliore dei casi, 110.000 aborti al giorno. Il Coronavirus, al momento, sempre secondo dati dell’OMS, ha registrato nel mondo 322.000 morti. Se considerassimo questi dati validi anche solo per il primo quadrimestre del 2020 e li moltiplicassimo per 3, arriviamo ad una cifra inferiore al milione di morti in un anno.

Direi che la differenza sostanziale è questa: il Covid-19 è un virus il quale, benché forse creato in laboratorio, sfugge ora al controllo dell’uomo e non è legalizzato ma combattuto dai governi. L’aborto è un genocidio voluto dall’uomo, introdotto nelle leggi e incentivato dalla maggior parte degli Stati a livello mondiale.

Inoltre, ormai da mesi non si sente parlare altro che di Coronavirus su qualsiasi organo di stampa e tutti sanno di cosa si tratta e come, in teoria, combatterlo. Differente invece la situazione dell’aborto: è un vero e proprio tabù di cui non si deve parlare, né sui media, né a scuola, né in famiglia. L’aborto è stato recepito ed interiorizzato dalla nostra società impregnata di cultura di morte: chi osa parlarne o, ancora peggio, metterlo in discussione, viene immediatamente demonizzato, attaccato, isolato.

Secondo lei, finita questa pandemia, la sensibilità collettiva verso le tematiche pro-life sarà accresciuta oppure diminuirà?
Dovrei dire accresciuta perché essendoci confrontati con tanti decessi, con tanti drammi che spesso hanno portato via persone care senza neanche poterle salutare, la reazione dovrebbe essere: la vita è un bene preziosissimo e dobbiamo sempre salvaguardarla.

Temo invece che questa non sarà la realtà dei fatti e questo soprattutto per un motivo: la cultura della morte che promuove aborto, eutanasia, eugenetica… è una vera macchina da guerra che anche in questo caso non si è arrestata. Ciò che è stato proposto da Boldrini e Saviano [aborto a domicilio con la RU486, ndr] in Italia ha degli antefatti in altri Paesi come la Gran Bretagna o la Francia: gli ospedali erano sotto pressione per i ricoveri di Covid-19 e dunque sconsigliavano qualsiasi altro ricovero se non urgentissimo? Ebbene tutto può essere rimandato ma non l’aborto e dunque leggi apposite, decreti d’urgenza, appelli vari sono fatti per permettere alle donne di continuare ad uccidere i propri figli. E ciò, naturalmente, con la grancassa del mondo mediatico che è il veicolo maggiore di questa cultura di morte. Per questo penso che, salvo eccezioni di persone e famiglie che in questo periodo hanno profondamente sofferto e dunque hanno sviluppato una sensibilità maggiore al tema della vita, la maggior parte dell’opinione pubblica sarà comunque sempre influenzata dal sistema mediatico e da personaggi, più che dubbi, oggi chiamati “influencer”. Questi purtroppo plasmano le menti e i comportamenti degli uomini di oggi.

Pregi e difetti del movimento pro-life italiano.
In linea di massima direi questo: il movimento pro-life italiano non si differenzia molto dai movimenti pro-life degli altri Paesi. Ovunque si ritrovano, in forma più larvata o più evidente, gli stessi problemi.

A mio avviso il pregio maggiore del movimento pro-life è la sua varietà. Ci sono realtà in tutti i campi e per tutti i gusti. È come con gli ordini religiosi: ognuno può scegliere secondo la propria vocazione, o in questo caso, secondo la propria inclinazione. E questo a mio avviso è una ricchezza perché la difesa della vita ha bisogno di impegno a 360°: dalla preghiera silenziosa nelle chiese o davanti agli ospedali, alla cura delle donne incinte; dall’accoglienza del bambino messo al mondo ma rifiutato, alla cura psicologica e spirituale della donna che ha abortito; dalla lotta politica per contrastare le leggi contro la vita, alla difesa nei tribunali di coloro che vengono ingiustamente condannati; dalle marce per la vita che si oppongono alla cultura della morte nello spazio pubblico, alla perseveranza di chi scrive e parla per denunciare la medesima cultura di morte. Questa varietà di azioni fa sì che nessuno potrà mai accampare la scusa di non aver trovato il modo più consono alla propria personalità e alla propria storia per difendere la vita umana innocente.

Per quanto riguarda i difetti, sono gli stessi che emergono ogni qualvolta ci sono uomini in azione. E questo potrebbe valere per qualsiasi realtà, non solo per il mondo pro-life. Intendo parlare della tendenza dell’uomo a pensare che l’unica cosa valida e importante che viene fatta sia la propria. Questo purtroppo genera incomprensioni, personalismi, dissidi e dunque divisioni quando invece la battaglia per la difesa della vita richiede unità visti i nemici che abbiamo di fronte. Questa tendenza purtroppo è molto umana perché sappiamo bene che nella storia si sono viste incomprensioni anche tra Santi. Ciononostante penso che lo sforzo che bisogna fare sia quello di cercare di fare al meglio, e nella maniera più perfetta, ciò a cui si è chiamati e lasciare che gli altri sviluppino diversamente i propri talenti.

Temo però che esista anche un difetto di fondo in alcune realtà pro-life, non solo italiane: una certa tendenza al compromesso. Questo compromesso lo si può declinare in tanti modi, più o meno profondi. Ma nel campo della difesa della vita, anche il pur minimo compromesso apre una fessura che poi rischia di far crollare tutto l’edificio. Si potrebbero fare tanti esempi, dalla legge 194 alla legge 40 alla legge sulle DAT, tutte leggi che sono tutt’ora giustificate da parte del mondo cattolico e anche da alcuni gruppi pro-life. Lo spirito di compromesso purtroppo è ciò che ci fa perdere oggi alcune battaglie fondamentali per la difesa della vita ma non sarà sufficiente a farci perdere la guerra perché la vittoria della Vita sulla morte è una pagina già scritta e noi dobbiamo solo esserne i valorosi combattenti.

Trump ordina, «aprite le chiese». E non è il solo



(Mauro Faverzani) Come la Polonia. Come l’Ungheria. Anche negli Stati Uniti il Coronavirus lo si affronta aprendo le chiese, non chiudendole. Non tanto per questioni di distanziamento: più Messe, meno fedeli ad ognuna. Quanto perché ritenute «luoghi essenziali, che forniscono servizi essenziali». Quali? È presto detto: la preghiera. E, ad affermarlo senza mezzi termini, è stato proprio il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha ordinato ai governatori degli Stati federati di riaprire «ora» gli edifici sacri, tutti, minacciando di esautorare quanti non lo facciano, magari quegli stessi, ha aggiunto, che viceversa hanno permesso l’apertura delle cliniche abortiste e delle licorerie.

«In America abbiamo bisogno di più preghiere, non di meno preghiere», ha chiarito Trump. Così i Cdc-Centers for Disease Control and Prevention, Centri per la Prevenzione e il controllo delle malattie inizieranno a far applicare tali disposizioni a partire proprio da quegli Stati, che vi si siano dimostrati più «resistenti».

Vi sono governatori – ha chiarito il presidente americano – che ritengono «corretto che tali luoghi di fede così importanti ed essenziali aprano comunque», nonostante la pandemia. Altri, «molti», soprattutto nelle fila dei «democratici, credono invece che sia una buona politica tenere chiusi gli edifici sacri. Ma cosa stanno facendo? Si fanno del male da soli. Stanno danneggiando il proprio Stato e questo non va bene». Occorre rispetto, ha aggiunto, verso tutti questi edifici. A chi gli ha domandato se ritenesse addirittura «prioritaria la loro riapertura rispetto a quella di altre istituzioni», il presidente americano ha risposto di non ritenerla prioritaria, bensì di pari importanza: «Sono molto importanti per la sensibilità della nostra gente. Sono essenziali. È meraviglioso starsene a casa» e seguire riti e funzioni sul computer portatile, «ma non sarà mai come trovarsi in chiesa e starvi» con i propri cari, con i propri amici, condividendo la stessa fede e vivendo la stessa liturgia: «Per milioni di americani il culto a Dio è parte essenziale della propria vita. I sacerdoti sono i garanti di una comunità in salvo, in salute, quando si riunisce per pregare. Lo so bene. Essi amano le loro comunità, la loro gente, non vogliono che accada loro nulla di male». Ed ecco la ragione, per cui stare insieme: pregare Dio.

Sulla stessa lunghezza d’onda si è posto anche il presidente de El Salvador, Nayib Bukele, che, su Facebook, ha ufficialmente proclamato domenica scorsa «Giornata nazionale di Preghiera», sollecitando tutti i fedeli a recitare orazioni, «affinché Dio guarisca la nostra gente e ci permetta di vincere la pandemia».

«Nel pieno dei miei poteri costituzionali – ha scritto – come Presidente della Repubblica de El Salvador, decreto che questa domenica, 24 maggio 2020, sia proclamata la “Giornata nazionale di Preghiera”». Detto, fatto. Non si è limitato ad un post via social, tuttavia, ma ha trasformato il proprio intento in un decreto presidenziale, regolarmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, quindi una decisione legalmente valida su tutto il territorio nazionale. Ovviamente «l’adesione è su base volontaria, come dev’essere qualsiasi vera orazione», invitando però «tutti i credenti» a pregare, per chiedere che il Signore salvi loro ed il mondo intero dal morbo.

La Conferenza episcopale spagnola ha invece raccomandato a tutte le diocesi di organizzare una «Giornata di preghiera per le persone colpite dalla pandemia»: dovrebbe tenersi, a discrezione dei Vescovi, o il prossimo 26 luglio, festa di San Gioacchino e Sant’Anna, patroni degli anziani ovvero della categoria più colpita dal Coronavirus, oppure il giorno prima, il 25 luglio, solennità di San Giacomo apostolo, patrono di Spagna. In tale giornata è prevista in tutte le chiese la celebrazione della Santa Messa, chiedendo l’eterno riposo per tutti i defunti, nonché conforto e speranza per le loro famiglie. Già i prossimi 6 e 7 luglio, comunque, la Commissione Permanente della Conferenza episcopale spagnola, riunita a Madrid, celebrerà l’Eucarestia per le vittime della pandemia nella cattedrale di La Almudena.

Sono tutte notizie che confortano, quelle giunte la scorsa settimana, settimana iniziata bene già con la decisione a sorpresa, giunta dal Consiglio di Stato francese, di costringere il presidente Macron a consentire il culto religioso pubblico, «revocando entro una settimana il divieto generale e assoluto» di riunirsi in chiesa. Tale sentenza è giunta dopo le vibrate critiche rivolte dai vescovi d’Oltralpe all’Eliseo, per il fatto di ostinarsi a tener serrate le chiese, ed anche dopo l’esplicita richiesta rivolta in tal senso al massimo organo costituzionale per vie legali dal presidente del Partito Democratico Cristiano, Jean-Frédéric Poisson, nonché da altre associazioni cattoliche tradizionali.

Sono informazioni, anche, su cui molti dovrebbero meditare, soprattutto i Vescovi italiani, distintisi viceversa per la fretta, con cui – in tanti casi addirittura prima che giungesse loro l’ordine governativo – hanno sbarrato i portoni di cattedrali, chiese, cappelle ed oratori. Grazie a Dio, vi sono loro Confratelli e addirittura Presidenti di intere nazioni, che, all’estero, lontano da Roma, lontano dal cuore della Cristianità, sanno comportarsi diversamente.

LITURGIA DEL GIORNO

La Liturgia di Venerdi 29 Maggio 2020
Venerdì della VII settimana di Pasqua

Vangelo Pasci i miei agnelli, pasci le... - Risposta Cristiana ...

Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Bianco

Antifona d'ingresso
Cristo ci ha amati,
e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue,
e ha fatto di noi un regno di sacerdoti
per il suo Dio e Padre. Alleluia. (Ap 1,5-6)

Colletta
O Dio, nostro Padre,
che ci hai aperto il passaggio alla vita eterna
con la glorificazione del tuo Figlio
e con l’effusione dello Spirito Santo,
fa’ che, partecipi di così grandi doni,
progrediamo nella fede
e ci impegniamo sempre più nel tuo servizio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (At 25,13-21)
Si trattava di un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo.


Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenìce e vennero a salutare Festo. E poiché si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re le accuse contro Paolo, dicendo:
«C’è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale, durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono i capi dei sacerdoti e gli anziani dei Giudei per chiederne la condanna. Risposi loro che i Romani non usano consegnare una persona, prima che l’accusato sia messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver modo di difendersi dall’accusa.
Allora essi vennero qui e io, senza indugi, il giorno seguente sedetti in tribunale e ordinai che vi fosse condotto quell’uomo. Quelli che lo incolpavano gli si misero attorno, ma non portarono alcuna accusa di quei crimini che io immaginavo; avevano con lui alcune questioni relative alla loro religione e a un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo.
Perplesso di fronte a simili controversie, chiesi se volesse andare a Gerusalemme e là essere giudicato di queste cose. Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio di Augusto, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare».

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 102)
Rit: Il Signore ha posto il suo trono nei cieli.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;
quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.

Il Signore ha posto il suo trono nei cieli
e il suo regno dòmina l’universo.
Benedite il Signore, angeli suoi,
potenti esecutori dei suoi comandi.

Canto al Vangelo (Gv 14,26)
Alleluia, alleluia.
Lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa;
vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Alleluia.

VANGELO (Gv 21,15-19)
Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore.


+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, [quando si fu manifestato ai discepoli ed] essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli».
Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore».
Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse “Mi vuoi bene?”, e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi».
Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli
Nella missione pastorale affidata a Pietro, Gesù ha chiamato tutti a partecipare al suo servizio di amore. Preghiamo con fede, dicendo:
Ascoltaci, o Signore.

- Per il successore di Pietro nel servizio universale della carità pastorale, perchè sia fedele alla sequela di Cristo anche fino al martirio. Preghiamo.
- Per i sacerdoti, perchè al di là di ogni loro debolezza, amino con tutto il cuore il loro Signore e siano pastori zelanti della Chiesa. Preghiamo.
- Per tutti coloro che sono disprezzati a causa della fede, della verità e della giustizia, perchè siano sostenuti dalla solidarietà dei fratelli. Preghiamo.
- Per i poteri civili e le pubbliche autorità, perchè siano imparziali nell'amministrazione della giustizia e difendano i diritti dei più deboli. Preghiamo.
- Per noi credenti, perchè ci ispiriamo al coraggio dei martiri nell'affrontare le prove e le lotte per il bene. Preghiamo.
- Per chi deve subire giudizio. Preghiamo.
- Per coloro che non sono autosufficienti. Preghiamo.

O Gesù pastore supremo del tuo gregge, che in risposta alla triplice professione di amore dell'apostolo Pietro hai voluto preannunciare la sua missione di continuare la tua opera nella Chiesa e nel mondo, rendici fedeli membri del tuo gregge fino alla morte. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

Preghiera sulle offerte
Guarda con bontà, Signore,
le offerte che ti presentiamo,
e perché ti siano pienamente gradite
manda il tuo Spirito a purificare i nostri cuori.
Per Cristo nostro Signore.

PREFAZIO DOPO L’ASCENSIONE
Nell’attesa della venuta dello Spirito.

È veramente cosa buona e giusta,
che tutte le creature in cielo e sulla terra
si uniscano nella tua lode,
Dio onnipotente ed eterno,
per Cristo tuo Figlio
Signore dell’universo.
Entrato una volta per sempre
nel santuario dei cieli,
egli intercede per noi,
mediatore e garante
della perenne effusione dello Spirito.
Pastore e vescovo delle nostre anime,
ci chiama alla preghiera unanime,
sull’esempio di Maria e degli Apostoli,
nell’attesa di una rinnovata Pentecoste.
Per questo mistero di santificazione e d’amore,
uniti agli angeli e ai santi,
cantiamo senza fine
l’inno della tua gloria: Santo...


Antifona di comunione
“Quando verrà lo Spirito di verità,
vi guiderà alla verità tutta intera”. Alleluia. (Gv 16,13)

Oppure:
“Simone di Giovanni, mi ami?”.
“Signore, tu sai che ti amo”.
“Seguimi” dice il Signore. Alleluia. (Gv 21,17.19)


Preghiera dopo la comunione
O Dio, che ci santifichi e ci nutri
con i tuoi santi misteri,
concedi che i doni di questa tua mensa
ci ottengano la vita senza fine.
Per Cristo nostro Signore.



Commento
La pagina evangelica ci istruisce profondamente sulla natura del mistero pastorale nella Chiesa. La sua sorgente più profonda, in chi lo esercita, è un amore supremo a Cristo: il pascere il gregge è atto di amore. In questo amore unico che lega il pastore a Cristo, il pastore medesimo si sente ed è ormai legato per sempre. Egli non può più andare dove vuole: non è più padrone del suo tempo, di se stesso. Ed è in questa morte a se stesso e di se stesso, per il gregge che gli è affidato, che il pastore glorifica Dio: manifesta l’amore del Padre che salva. Mistero mirabile e tremendo: Pietro (ed ogni pastore) è chiamato a seguire Cristo, in questo modo.