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giovedì 7 marzo 2019

Ondata di condanne contro atrocità del regime israeliano

La commissione di indagine dell’Onu sulle violazioni del regime israeliano nel conflitto palestinese ha riferito la scorsa settimana che l’uccisione dei manifestanti palestinesi sul confine della Striscia di Gaza da parte delle forze israeliane rappresenta l’ennesimo crimine di guerra di Israele. Per questo motivo, ha chiesto il rinvio a giudizio della sicurezza israeliana e dei capi militari. Il rapporto, pubblicato il 2 febbraio da un comitato di investigatori delle Nazioni Unite, afferma che i cecchini dell’esercito israeliano e alcuni comandanti hanno deliberatamente preso di mira pacifici manifestanti palestinesi durante la “Marcia del Ritorno“, che non rappresentavano una minaccia per la sicurezza degli israeliani. Il rapporto indica che i soldati israeliani hanno deliberatamente preso di mira anche giornalisti, squadre di soccorso e bambini, in chiara violazione delle convenzioni internazionali.
Marcia-del-ritorno“Trentacinque bambini, due giornalisti e tre paramedici” chiaramente contrassegnati “erano tra quelli uccisi dalle forze israeliane, in violazione del diritto internazionale umanitario“, ha dichiarato l’agenzia di stampa Reuters citando il rapporto, aggiungendo che gli investigatori invieranno questi risultati all’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, che dovrà condividerli con la Corte penale internazionale. Secondo il Ministero della Salute di Gaza, dall’avvio della “Grande Marcia del Ritorno”, il 14 maggio scorso, a seguito del trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv ad Al-Quds (Gerusalemme), 260 dimostranti palestinesi sono stati uccisi dal fuoco degli israeliani con oltre 26mila feriti. Tuttavia, le cifre della Commissione d’inchiesta dell’Onu mostrano numeri molto più bassi: 189 morti e 6.100 feriti.
Subito dopo il rilascio dei risultati dell’indagine, i funzionari israeliani, come sempre, hanno respinto il rapporto e messo in discussione la qualifica e l’indipendenza degli investigatori selezionati a livello internazionale. Nella prima reazione, Yisrael Katz, il ministro degli Esteri del regime israeliano, ha definito il rapporto “ostile, ingannevole e prevenuto”, affermando che nessuno dovrebbe mettere in discussione il diritto israeliano all’autodifesa. Anche il primo ministro Benjamin Netanyahu ha rigettato i risultati dell’indagine.
“Il consiglio sta stabilendo nuovi record nell’ipocrisia e nelle bugie, dall’odio ossessivo verso Israele”, ha dichiarato Netanyahu, aggiungendo che il regime di Tel Aviv resta “l’unica democrazia in Medio Oriente“. A dicembre dello scorso anno, Nikkei Haley, la dimissionaria inviata americana alle Nazioni Unite, ha ammesso che il numero delle risoluzioni anti-israeliane delle Nazioni Unite approvate dal Consiglio per i diritti umani contro Tel Aviv erano le più numerose di tutte le risoluzioni e relazioni dell’Hrc mai emesse contro vari Paesi in tutto il mondo.
L’ondata globale di condanna delle misure atrocemente repressive del regime israeliano contro i palestinesi ha innescato la risposta di Tel Aviv riducendo il numero dei rappresentati nell’Hrc. La decisione è arrivata solo due giorni dopo che gli Stati Uniti hanno lasciato l’organo delle Nazioni Unite. Le mosse delle due parti hanno ricevuto una condanna totale in tutto il mondo, con molti analisti che sostengono che Washington e Tel Aviv vogliono continuare la loro violenza contro i palestinesi senza contestazioni da parte della legge internazionale.

La Grande Marcia del Ritorno

La Grande Marcia del Ritorno che ha visto il suo 49° round la scorsa settimana, si svolge sul confine strettamente sorvegliato tra Gaza e territori occupati. Le marce sono ora un enorme incubo per i leader israeliani che non sanno come reprimere i raduni pacifici senza attirare critiche internazionali. L’influenza delle proteste pacifiche palestinesi sulla consapevolezza dell’opinione pubblica occidentale della natura repressiva e bellica israeliana, in un’epoca in cui i social media difficilmente consentono un’efficace censura, è stata di una misura tale che persino gli alleati occidentali di Tel Aviv non riescono più a gestire efficacemente l’onda occidentale di riprovazione per i crimini israeliani. L’Occidente, sotto la pressione dell’opinione pubblica, critica occasionalmente le azioni israeliane, qualcosa che rende furiosi i leader di Tel Aviv.
Le posizioni filo-palestinesi non sono limitate al pubblico. Dopo il rapporto di Gaza dell’Onu, Jeremy Corbyn, leader del Partito laburista britannico, in un post su Twitter ha messo in evidenza il massacro dei palestinesi da parte degli israeliani e ha invitato il governo a congelare i contratti di armi con Tel Aviv.
Il fallimento israeliano incoraggia i palestinesi a intensificare le loro proteste contro l’occupazione e chiede il ritorno alla loro madrepatria. Ahmad al-Mudalal, alto funzionario del Movimento del Jihad Islamico in Palestina, ha espresso soddisfazione per il rapporto dell’Hrc e ha affermato che questo è stato solo l’inizio di una commissione che negli ultimi mesi ha alzato la voce contro l’occupazione israeliana. “Gli occupanti che uccidono i bambini, le donne e gli anziani sono i veri criminali. I crimini contro il popolo palestinese sono crimini contro l’umanità. I criminali dovrebbero essere assicurati alla giustizia”, ha dichiarato Al-Mudalal, sottolineando la volontà di continuare la Grande Marcia del Ritorno fino a quando gli obiettivi finali dell’assedio di Gaza si infrangeranno e si realizzerà il ritorno degli sfollati palestinesi.
di Cinzia Palmacci
Scrittrice, blogger e web writer verainformazionerealtime.blogspot.com

mercoledì 6 marzo 2019

Follia Onu: Arabia Saudita nel Consiglio per i Diritti Umani

L’Arabia Saudita è stata rieletta al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, nonostante il suo orribile record contro i diritti umani! La guerra in Yemen con decine di migliaia di persone morte, soprattutto bambini, la malnutrizione dei bambini, l’illegalità dilagante in Arabia Saudita, i diritti umani delle donne, la loro libertà e dignità calpestate, le esecuzioni capitali e altre nefandezze commesse ogni giorno dal regime saudita sono proprio un ottimo biglietto da visita per occupare un posto nella difesa dei diritti umani all’Onu. Sembra invece che l’Onu voglia premiare proprio quei Paesi che si distinguono nella continua violazione di quegli stessi diritti fondamentali sui quali sono chiamati a vigilare e a garantire.
diritti-umani-Arabia-SauditaL’Arabia Saudita non merita di far parte del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, tutti gli Stati europei dovrebbero chiederne l’espulsione viste le sue responsabilità nel barbaro omicidio di Khashoggi. Questo episodio è una doccia gelata per tutti quelli vedevano in Mohammad Bin Salman la speranza di una nuova Arabia Saudita. Khashoggi è stato ucciso anche perché i responsabili sapevano di farla franca. Sia nella crisi yemenita che nel rispetto dei diritti umani interni, il comportamento del regime saudita non può essere più tollerato. Tornare in breve tempo al business as usual onorando i ricchi contratti di esportazione di armi verso Ryadh equivarrebbe a essere complici di queste sanguinose azioni.
Non solo. Fino al 2022, l’Arabia Saudita, che impedisce alle donne di guidare l’automobile, pena 10 frustrate, o di aprire un conto in banca, avrà un posto anche tra i 45 membri della United State Commission on the Status of Women Uncsw, si tratta di una commissione inter-governativa che promuove la parità dei sessi. Nell’ultimo Forum Economico Mondiale il Paese occupa la 141esima posizione su 144 nella classifica della disparità di genere. Lo stesso direttore della commissione, Hilll Neuer, ha faticato a crederci affermando che è come “mettere un piromane a capo dei pompieri”.
Se si chiede il perché di questa scelta nessuno sa rispondere. L’Onu ormai è un organismo che non riesce a essere influente neppure al suo interno. E’ in balia del caso, sembra che le votazioni vengano fatte a occhi chiusi. Riadh dovrebbe ricevere solo richiami, con la sua presenza non può e non deve influire sul processo decisionale della commissione. Ma siccome l’Arabia non si è eletta da sola, resta da chiedersi chi ha avallato una candidatura simile. Sembrerebbe che dei 54 Paesi votanti, 47 hanno votato a favore. Pensare che l’Europa sia disposta a mettersi contro l’Arabia Saudita e i suoi forti alleati quali Usa e Israele è pura utopia confermata dai numeri. Infatti, se 12 sono i Paesi Ue in Commissione almeno 5 hanno permesso questa assurdità.
L’Arabia Saudita è uno dei Paesi dove le donne hanno meno diritti e dopo l’ingresso nella Commissione per i Diritti Umani dell’Onu questa è certamente la follia più grossa fatta dalle Nazioni Unite. Ormai la fantasia supera la realtà.
Secondo Hiller Neuger a votare a favore dell’ingresso dell’Arabia Saudita sarebbero stati Belgio, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Svezia e Regno Unito ai quali si sono uniti gli Stati Uniti oltre naturalmente a diversi Stati arabi. Secondo il Direttore di Un Watch queste decisioni vengono prese dietro le quinte a seguito di accordi tra gli Stati per cui ci si chiede cosa abbia dato l’Arabia Saudita in cambio di questa nomina.




di Cinzia Palmacci
Scrittrice, blogger e web writer verainformazionerealtime.blogspot.com

sabato 2 marzo 2019

Venezuela: ultima chance dell’umanità di restare libera

La realtà oggettiva dei fatti è sempre diversa dalla “verità” precostituita e pre-confezionata dei media mainstream, che fanno passare per falsa notizia proprio quella realtà oggettiva incontrovertibile. E’ per poterla distinguere che bisogna cercarla dove si fa trovare, attraverso i racconti e il vissuto di chi vive una situazione come esperienza personale, oppure attraverso la diretta e disinteressata osservazione degli intellettuali come Walt Peretto, che parla della crisi in Venezuela come nessuno ce l’ha ancora raccontata, in un’intervista con Press Tv. Ciò che afferma Peretto non può non coinvolgere anche i popoli europei che vivono la stessa visione distopica di una sinistra neoliberista e globalista che si contrappone al diritto di libera autodeterminazione degli Stati e dei popoli. “Il Venezuela è uno dei pochi Paesi che rimane un baluardo contro una distopia mondiale guidata dall’imperialismo americano”, afferma Peretto.
Venezuela“Il principale impedimento a questi piani è stato il governo liberamente eletto a Caracas che ha sollevato milioni di persone dalla povertà a partire dal 1999, sfidando il movimento globalista guidato apertamente dagli Stati Uniti, con il tacito aiuto della Gran Bretagna e di altre macchine di propaganda occidentali. Questi sostenitori di un governo mondiale hanno preso provvedimenti per far crollare l’economia venezuelana almeno dal 2013 e ora la macchina di propaganda occidentale sta cercando di scaricare la crisi in Venezuela sul governo di Madurononostante la mancanza di prove”, ha aggiunto Peretto.
“Questa crisi può essere analizzata in termini di dialettica hegeliana, una filosofia geopolitica che sostiene la creazione di una crisi in cui non ce n’era prima, e quindi offrendo soluzioni alla crisi sotto le spoglie del governo in soccorso. L’attuale crisi in Venezuela è stata fabbricata prima dalla comunità bancaria internazionale basata principalmente a Londra, che ha usato le sanzioni statunitensi e la conseguente svalutazione della valuta venezuelana che ha causato inflazione che è stata attribuita solo al governo di Maduro”, ha dichiarato l’analista.
“Ora i globalisti, attraverso gli Stati Uniti, offrono “aiuti umanitari” come un sistema di pubbliche relazioni e come copertura per distribuire armi all’opposizione politica, offrono tangenti a funzionari militari e tentano di mettere la popolazione contro il governo eletto. La mia speranza è che la comunità del mondo risvegliata vedrà chiaramente attraverso questo putsch e lavorerà per fermarlo prima che migliaia di innocenti muoiano in una sanguinosa insurrezione”, ha affermato.
“L’ultimo grande tentativo di cambio di regime in Venezuela è avvenuto l’11 aprile 2002, quando il presidente Hugo Chavez è stato deposto per 47 ore prima che il suo collegio elettorale comune e i lealisti resistessero all’invasione e il governo fosse ripristinato. Da allora il Venezuela è stato messo sulla scia dei Paesi da invadere, mentre il Medio Oriente e parti dell’Africa settentrionale e centrale sono diventati il ​​caos. Era solo questione di tempo prima che il Venezuela tornasse in prima linea”, ha osservato.
“I governi di Chavez e di Maduro sono stati categorizzati da osservatori di tutte le tendenze politicamente di sinistra. Ciò ha portato persone politicamente di destra negli Stati Uniti e in tutto il mondo ad essere a favore del cambio di regime in Venezuela. Ma è molto importante capire che in Venezuela la “sinistra” politica è molto diversa dalla “sinistra” politica negli Stati Uniti. Negli Stati Uniti, la “sinistra”, guidata dal Partito Democratico, è essenzialmente un partito globalista che vorrebbe vedere un governo senza un unico mondo guidato dalle Nazioni Unite o da un corpo simile”, ha dichiarato Peretto.
“Negli Stati Uniti, la sinistra politica spesso demonizza il diritto politico come nazionalisti che difendono una nazione reazionaria e belligerante caratterizzata da libertà individuali che violano la cittadinanza più ampia. La “sinistra” degli Stati Uniti vede anche il “giusto” come avido, individualista e razzista. La “sinistra” è in qualche misura spaventata dalle libertà individuali e guarda al governo per proteggere le proprie ideologie accademiche di diversità forzata e riparazioni per i peccati dei nostri antenati. La “sinistra” degli Stati Uniti immagina e combatte per la rinuncia alla sovranità degli Stati Uniti e la costruzione di una forte struttura socialista mondiale che assicurerà la gestione di “uguaglianza” e ambientalismo sotto le spoglie della giustizia sociale e della guerra ai cambiamenti climatici. La sinistra viene attirata con l’esca di un benevolo governo mondiale direttamente nella gabbia della tirannia incontrastata e permanente”.
“In Venezuela, la sinistra politica e la destra politica hanno essenzialmente un contrasto completamente diverso rispetto agli Stati Uniti. La sinistra in Venezuela è un movimento bolivariano che crede nella lotta alla corruzione, al globalismo e alla tirannia corporativa e politica. Sostengono libere elezioni aperte ai più competenti, non solo ai più globalmente connessi. La destra politica in Venezuela, che è libera di dirigere i propri candidati alle elezioni, è caratterizzata dalla corruzione, dal clientelismo e soprattutto dalle promesse di un governo mondiale tanto propagandato dalla “sinistra” americana”, ha detto Peretto.
“Spero che questo aiuti a chiarire un po’ della confusione che è stata appositamente propagata dai corrotti media aziendali occidentali/globalisti. Invito tutti i pensatori liberi e indipendenti a prendere in considerazione ciò che ho appena detto e ad andare avanti e a ricercare ulteriormente questo argomento invece di basarsi sulle bugie dei media mainstream negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e altrove. Il Venezuela è uno dei pochi paesi rimasti che hanno ancora elezioni libere e rimangono un baluardo contro una distopia a senso unico guidata da una psicopatia organizzata globale. Perdere il Venezuela sarà uno dei passi finali verso la creazione di una distopia globale che potrebbe essere il possibile chiodo finale nella bara di un’umanità empatica libera – o di ciò che ne è rimasto”, ha concluso Peretto.
di Cinzia Palmacci
Scrittrice e blogger

venerdì 1 marzo 2019

Prevedibile fallimento dell’accordo tra Kim Jong-un e Trump

“Non potevamo togliere tutte le sanzioni per quel settore che loro volevano”, quindi tutte le sanzioni rimangono, questo ha dichiarato Trump durante la conferenza stampa seguita al vertice con il leader coreano, per giustificare il fallimento dell’accordo. Ma, nonostante non sia stato raggiunto alcun obiettivo strategico alla fine del vertice di Hanoi, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump e il leader della Corea del Nord, Kim Jong-un, hanno avuto un incontro costruttivo e gioviale, lo ha dichiarato ieri la portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders.
Kim-Jong-un-trumpL’intento di promuovere la denuclearizzazione della penisola coreana rimane calendarizzato per gli incontri futuri. Anche il presidente Trump, in una conferenza stampa, ha confermato che i negoziati sono stati produttivi ma che sarebbero presto conclusi.
Stando a quanto dichiarato alla stampa dal segretario di Stato americano Mike Pompeo, Kim Jong-un non era pronto a “fare di più”. Nel giugno del 2018, Donald Trump e Kim Jong-un hanno avuto il loro primo incontro a Singapore, il cui risultato è stato la firma di un documento “dettagliato”.
Dopo la guerra di Corea del 1950-1953, la Corea del Nord e gli Stati Uniti sono rimasti formalmente in stato di guerra poiché hanno firmato solo un accordo di armistizio. Ora i due Paesi stanno cercando di concordare le fasi della denuclearizzazione della Corea del Nord, la normalizzazione delle relazioni bilaterali e la revoca dellesanzioni a Pyongyang. Ma se proprio la revoca delle sanzioni alla Corea costituisce il nucleo centrale degli accordi bilaterali tra Usa e Corea del Nord, il rifiuto di Trump di mantenere fede all’accordo raggiunto a giugno del 2018 preoccupa e inquieta.
Allora la domanda è: gli Usa vogliono davvero la pacificazione con la Corea e, di riflesso, con il mondo intero? La buona volontà per la denuclearizzazione sembra esserci più da parte coreana che statunitense. Molti analisti politici accreditati concordano sul fatto che Trump segua anche il piano Chabad di suo genero Jared Kushner per iniziare la III Guerra Mondiale con un’aggressione contro l’Iran, dicono le fonti. Il risultato è che l’intelligence militare statunitense conclude che Trump deve andarsene perché è diventato un ostacolo alla giustizia negli Stati Uniti. Non solo, si è unito pubblicamente ai fanatici radicali di Chabad che cercano in tutti i modi, da decenni, di dar inizio alla Terza Guerra Mondiale.
A giudicare dal dipanarsi degli eventi nel mondo, possiamo dire che le predizioni apocalittiche passate e moderne, si stanno avverando ad un ritmo davvero incalzante. Ma l’incognita maggiore è proprio l’avvento dell’Anticristo che riuscirà, come è scritto, a portare la «Pace e la Sicurezza» a tutte le nazioni e a far erigere il Terzo Tempio a Gerusalemme, dove si proclamerà Messia, l’”Unto di Dio”, prima che tutto gli precipiti addosso.
Che sia proprio Jared Kushner, l’ultraortodosso genero ebreo di Donald Trump, ad aver convinto suo suocero a non accettare le condizioni di Kim Jong-un per la pacificazione tra le due super potenze nucleari? E che intenzioni hanno nel prossimo futuro? Ammesso che il mondo ne abbia ancora uno.
di Cinzia Palmacci
Scrittrice e blogger