venerdì 24 gennaio 2020

La massoneria contro Salvini e contro il popolo








La situazione politica che stiamo vivendo non è assolutamente bella. Per niente. Attaccato internamente ed esternamente, al leader del Carroccio non resta che una sola possibilità, che sta già attuando: mobilitare gli italiani, portarsi il popolo dalla propria parte e convincere tutti alle elezioni anticipate. E’ una corsa contro il tempo: se non ce la fa, è finito.

A questo punto è lecito chiedersi: perché tanto accanimento contro Salvini? Chi c'è dietro questa "persecuzione politicamente scorretta"? La risposta è: i grandi poteri massonici del “dietro le quinte” detestano Salvini. Forse perché il suo consenso è stato molto rapido, e perché è capace di colpi di testa; è fuori dalle righe e difficilmente si piega, forse perché non ha ancora trovato un burattinaio che lo gestisca. La massoneria odia chi "ce la fa da solo" senza la sua "protezione eccellente".



Sul canale Border Nights Carpeoro fa nomi e cognomi delle figure che starebbero allestendo la trappola per Salvini. Si inizia con il politologo Michael Ledeen (massone, esponente di Ur-Lodges e membro del potente Jewish Institute) vicino a Di Maio e a Renzi. Segue Jacques Attali, massone e persona fidata del presidente francese Emmanuel Macron. Si conclude con Steve Bannon, ideologo di Trump e del sovranismo europeo, anche lui massone e “in relazione con potenti massonerie reazionarie di segno diverso”. Bannon è stato il primo ad annunciare la rottura gialloverde, ma “Non perché stesse davvero con Salvini, ma solo perché sapeva quello che Salvini stava per fare”. Carpeoro ha una visione non proprio ottimista, ed ha profetizzato bene sull’arrivo dell'attuale governo imposto dall’estero. “Solo gli elettori italiani, se lo vorranno, potranno salvare il leader della Lega”, dice Carpeoro.



La massoneria vuole Zaia a capo della Lega? A giudicare da questo interessante articolo dal titolo "Salvini non è massone. E Zaia?"  parrebbe di sì. Dopo la trappola moscovita dei soldi russi inesistenti, arriva anche l'imputazione per l'affare della nave Gregoretti per la quale Salvini rischia 15 anni di carcere. Ma prestate attenzione a quanto dichiarato in questo documento:

Salvini non è massone. E Zaia?

“Massonofobo illiberale” sono stato definito poco dopo aver proposto, durante una conferenza stampa a Montecitorio, che i dipendenti pubblici avessero l’obbligo di rivelare la loro appartenenza alla libera muratoria, specificando rango e loggia. Malgrado la svolta verso la trasparenza degli ultimi anni, che vorrebbe le consorterie italiane ansiose di far conoscere a chicchessia l’elenco dei propri iscritti, di fatto un alone di mistero le circonda tuttora, con particolare riguardo a quegli iscritti la cui identità è all’orecchio del solo Grande 33. Leggendo i quotidiani di oggi emerge che dietro lo sgambetto moscovita subito da Salvini c’è lo zampino della massoneria francese, mentre una loggia italiana si affretta a farci sapere che il principale sospettato fu da essa espulso tempo fa. Excusatio non petita accusatio manifesta dicevano i romani ed io oramai mi sono convinto che Salvini ha commesso la stessa leggerezza dell’uomo cui più sembrano ispirarsi le sue mosse, Benito Mussolini. Quale? Non essersi mai iscritto ad una loggia massonica. Ma lo vieta lo statuto della Lega, direte voi. Se è per questo, vi rispondo io, la Chiesa Cattolica commina l’automatica scomunica per tutti i massoni, eppure grandi cardinali lo furono e lo sono tutt’ora. Anni orsono ricordo la liaison fra il cardinal Ravasi, allora convinto di diventare Papa, e Stefano Bisi, all’epoca gran maestro del Grande Oriente d’Italia, tutta incentrata sui comuni nobili ideali.
Mino Pecorelli il 12 settembre 1978 pubblicò, vuolsi indotto dal suo amico Carlo Alberto Dalla Chiesa, l’elenco dei prelati cattolici iscritti alla massoneria. Fra le ipotesi che si fanno del vero movente che vide Cosa Nostra solo esecutrice di un omicidio deciso altrove, quella che prediligo io è proprio che Chiesa Cattolica e Massoneria abbiano voluto sbarazzarsi del generale che consideravano acerrimo ed irriducibile nemico. L’articolo di Pecorelli si intitolava “La gran loggia vaticana”, e ne indicava i massimi esponenti nei cardinali Sebastiano Baggio, Salvatore Pappalardo, Ugo Poletti e Jean Villot. Vi trascrivo qui il giuramento di ogni massone italiano, introdotto nel 1976 dal Gran Maestro Livio Salvini (parente? non credo):

“Al fine di impedire che le nostre arti segrete e i nostri misteri nascosti possano essere impropriamente conosciuti per colpa della mia imprudenza, io solennemente giuro di non palesare giammai i segreti della Libera Massoneria, pena, violando anche uno solo di essi, di avere la mia gola tagliata di tondo, la lingua strappata dalla sua radice, con seppellimento del mio corpo sotto la riva del mare, a livello della bassa marea, a distanza di una gomena dalla riva, dove il flusso ed il riflusso della marea arriva regolarmente due volte ogni 24 ore.”

Esattamente ciò che accadde al banchiere cattolico piduista Roberto Calvi, strozzato per impiccagione (gola tagliata di tondo e lingua strappata dalla sua radice) e ritrovato a distanza di una gomena dalla riva del fiume, dove il deflusso del Tamigi si incrocia due volte al giorno con il flusso delle maree. E vengo alla domanda che pongo nel titolo dell’articolo.

Io ho prestato servizio a Treviso per molti anni, ed ho assistito alla nascita ed al progredire della carriera di Luca Zaia. Se Treviso fosse stata in Sicilia, quando ci arrivai per la prima volta, il 31 luglio 1994, e subito si presentò da me un appuntato in pensione ansioso di conoscere quali fossero i miei problemi pratici, avrei avuto la stessa diffidenza che di fatto egli mi ispirò, a partire dalle sue origini pugliesi.

Gli offrii comunque un caffè, lo ringraziai della visita, ed appena uscì dal mio ufficio presi informazioni su di lui. Mi fu spiegato che era un impiegato dei fratelli Venerandi, proprietari di tutte le discoteche della provincia. Aveva un solo compito a giustificare il suo stipendio: ogni mattina faceva una visita in Questura, e poi altre due, la prima al comando provinciale della Guardia di Finanza e la seconda da noi carabinieri. I funzionari di polizia, gli ufficiali della GdF e quelli dei carabinieri dovevano vederlo, prendere dimestichezza con lui e confidargli i loro problemi pratici, in modo che i fratelli Venerandi potessero risolverli. Io, per esempio, avevo un incarico, comandante del Reparto Operativo, per cui non era previsto l’alloggio di servizio, e quindi cercavo casa.

Dopo il primo mese all’albergo Le Beccherie, dove la mia Land Rover pick up corse il rischio di essere sfrattata dal parcheggio perché rozza ed inelegante com’era turbava il senso estetico del sostituto procuratore De Lorenzi, ospite dello stesso parcheggio, avendo un appartamento in locazione per una cifra irrisoria nella vicina Ca Dei Ricchi, affittai una mansarda arredata limitrofa alla caserma per un milione al mese il primo anno, ed un milione e 50 mila lire l’anno successivo, prezzo di mercato (e salato per allora).

Quando pochi mesi dopo arrivò il nuovo comandante della compagnia carabinieri, Michele Sarno, e dovette aspettare più di un anno prima che il suo predecessore gli liberasse l’alloggio, fu ospite per 18 mesi gratuitamente di una villetta messa a sua disposizione dai fratelli Venerandi.

Durante la stagione della caccia, poi, tutti i funzionari di polizia, gli ufficiali dei carabinieri e della finanza che sapevano imbracciare un fucile erano ogni domenica ospiti della riserva di caccia dei fratelli, dove facevano strage di selvaggina. Seguiva un pranzo conviviale presieduto dal più grande dei Venerandi, che aveva atteggiamenti degni di un patriarca (scrivo border line la querela, per cui altro sostantivo con la p avrei voluto usare). Io ci andai una sola volta, partecipando solo al pranzo e, simulando una idiosincrasia per la caccia, mi astenni sempre, nei cinque anni successivi.

Avevo allora un tenente, già maresciallo, grande ed onestissimo sbirro di origini siciliane, che mi comandava il nucleo investigativo. Il tenente Giordano aveva una teoria, e cioè che tutti i proventi delle discoteche, sto parlando di centinaia di milioni in contanti ogni mese, venissero custoditi nella camera blindata della più grande di esse, e che periodicamente, quando superavano il miliardo di lire, tutti quei soldi venissero movimentati verso banche compiacenti, non necessariamente ubicate in Italia.

Cercava un superiore gerarchico disponibile ad avallare sue perquisizioni senza mandato, e sperava di averlo trovato in me. Non fu così, e so che vi deludo confessandovelo. Ero reduce da tre anni di esilio comminatomi da Bettino Craxi per la Duomo Connection, avevo avviato Mani Pulite interessandomi per primo di Mario Chiesa, ed avevo visto il mio collega Roberto Zuliani trasferito a Lamezia Terme dopo che il Chiesa aveva osato addirittura arrestarlo.

Quanto propostomi da Giordano non mi sembrava un granché, rispetto allo sfregio che avrei dovuto infliggere al Procuratore Stitz che ammiravo incondizionatamente. Feci con lui timide avances, e capii che stimava il patriarca come un buon compagno di caccia della cui onesta’ non aveva mai dubitato. In quegli stessi anni i massoni italiani erano oggetto di indagini da parte di due magistrati molto rinomati, Mastelloni a Venezia, ed Agostino Cordova prima in Calabria e poi a Napoli.

A Treviso il massone più autorevole era il vecchio procuratore della repubblica Cesare Palminteri, ed il prefetto Torda, l’unico non laureato in tutta Italia, cenava ogni venerdì con lui e con gli altri maggiorenti della loggia locale.

Ebbi una parziale conferma che Giordano non aveva torto quando a Maserada il maresciallo Marini che comandava la stazione (oggi sindaco), si beccò un proiettile di Kalasnikov per sventare una rapina in banca, apparentemente priva di senso, visto che quell’agenzia di Cassamarca movimentava ufficialmente poche centinaia di migliaia di lire.

Quando Marini uscì dalla sala operatoria mi confidò che secondo lui il direttore aveva taciuto di un sacco contenente 80 milioni in contanti provento delle discoteche. Chi era stato fino a poco prima quello che teneva i conti dei fratelli Venerandi? Luca Zaia, che dopo il diploma dell’istituto tecnico (non dubito che oggi sia una laurea magistrale) era stato assunto da loro e con loro era rimasto fino al suo debutto in politica.

Quando due anni dopo diventai comandante provinciale ed ebbi con lui una dura polemica perché da presidente della provincia di Treviso non voleva vendere, se non a prezzo di mercato, l’immobile limitrofo alla caserma che ci avrebbe consentito di incrementare un organico asfittico perché non avevamo dove far dormire i carabinieri, chiamai il patriarca Venerandi e lo pregai di intercedere per noi.

Feci una sceneggiata a suo favore: chiesi in archivio il fascicolo più alto che avessimo e mi portarono quello di Adriano Udorovich, pregiudicato per una antica e sempre rinnovata quantità di reati. Io ci misi sopra una copertina nuova, sulla quale scrissi Luca Zaia, e dissi al padrino che se il Presidente non cambiava idea, avrei sfogliato il fascicolo pagina per pagina, imparandolo a memoria, alla ricerca di quei segreti che ogni uomo nasconde e che solo i carabinieri sono capaci di scoprire.

La mattina dopo mi telefonò la segretaria di Zaia, chiedendomi di fissare un appuntamento, ma io mi dissi tanto onorato che mi sarei precipitato subito ad ossequiarlo nel suo ufficio. Un quarto d’ora dopo, entrambi seduti sulle poltrone del suo salotto sorseggiando un caffè, mi propose di far realizzare direttamente alla provincia l’allargamento della caserma e, vedendomi entusiasta, mi disse che lui dava del tu al maggiore Forte (oggi mitico presidente del Forte Group), mio collega elicotterista, e che ambiva ad analogo privilegio per i nostri futuri rapporti.

Io gli risposi che l’onore era tutto mio. Da allora nel corso degli anni l’ho visto solo durante le feste in Prefettura, dove si studia di evitarmi con grande determinazione. Forse teme che gli dia del tu, ed in questo senso lo rassicuro che non sarà così: mi comporterò da suddito ossequiente per amore di mia moglie.

L’allargamento della caserma poi non c’è stato perché il mio ottuso successore eccepì che il progetto non era in linea con quello standard diffuso dall’Ufficio Infrastrutture del Comando Generale. Ma io allora, era il 1999, mi chiesi subito cosa Zaia temesse da me, tanto da fargli mutar parere nell’arco di una notte.

E finalmente trovai la risposta in una sua misteriosa vacanza in Transilvania, nel corso della quale sarebbe diventato fratello muratore, onore che prima di lui ebbero Mazzini e Garibaldi, ma evidentemente non Salvini. Se l’inciampo moscovita sarà fatale a quest’ultimo, vedrete che il suo posto sarà preso da Luca Zaia e così ogni tessera del puzzle andrà al suo posto. Scommettiamo?".

Da: 

Non ci resta, dunque, che lottare per un governo scelto davvero dal popolo, possibilmente della durata prestabilita dalla legge. Si comincia dall'Emilia Romagna? Qui c'è in ballo molto di più che un'elezione politica. Salvini è la testa di ponte contro un qualcosa di ben più diabolico e inquietante. Siamo alle strette finali....

LITURGIA DI OGGI

La Liturgia di Venerdi 24 Gennaio 2020
San Francesco di Sales

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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Bianco

Antifona d'ingresso
Darò a voi dei pastori secondo il mio cuore,
essi vi guideranno con sapienza e dottrina. (Ger 3,15)

Colletta
O Dio, tu hai voluto
che il santo vescovo Francesco di Sales
si facesse tutto a tutti nella carità apostolica:
concedi anche a noi di testimoniare sempre,
nel servizio dei fratelli,
la dolcezza del tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (1Sam 24,3-21)
Non stenderò la mano su di lui, perché egli è il consacrato del Signore.


Dal primo libro di Samuèle

In quei giorni, Saul scelse tremila uomini valorosi in tutto Israele e partì alla ricerca di Davide e dei suoi uomini di fronte alle Rocce dei Caprioli. Arrivò ai recinti delle greggi lungo la strada, ove c’era una caverna. Saul vi entrò per coprire i suoi piedi, mentre Davide e i suoi uomini se ne stavano in fondo alla caverna.
Gli uomini di Davide gli dissero: «Ecco il giorno in cui il Signore ti dice: “Vedi, pongo nelle tue mani il tuo nemico: trattalo come vuoi”». Davide si alzò e tagliò un lembo del mantello di Saul, senza farsene accorgere. Ma ecco, dopo aver fatto questo, Davide si sentì battere il cuore per aver tagliato un lembo del mantello di Saul. Poi disse ai suoi uomini: «Mi guardi il Signore dal fare simile cosa al mio signore, al consacrato del Signore, dallo stendere la mano su di lui, perché è il consacrato del Signore». Davide a stento dissuase con le parole i suoi uomini e non permise loro che si avventassero contro Saul. Saul uscì dalla caverna e tornò sulla via.
Dopo questo fatto, Davide si alzò, uscì dalla grotta e gridò a Saul: «O re, mio signore!». Saul si voltò indietro e Davide si inginocchiò con la faccia a terra e si prostrò. Davide disse a Saul: «Perché ascolti la voce di chi dice: “Ecco, Davide cerca il tuo male”? Ecco, in questo giorno i tuoi occhi hanno visto che il Signore ti aveva messo oggi nelle mie mani nella caverna; mi si diceva di ucciderti, ma ho avuto pietà di te e ho detto: “Non stenderò le mani sul mio signore, perché egli è il consacrato del Signore”. Guarda, padre mio, guarda il lembo del tuo mantello nella mia mano: quando ho staccato questo lembo dal tuo mantello nella caverna, non ti ho ucciso. Riconosci dunque e vedi che non c’è in me alcun male né ribellione, né ho peccato contro di te; invece tu vai insidiando la mia vita per sopprimerla. Sia giudice il Signore tra me e te e mi faccia giustizia il Signore nei tuoi confronti; ma la mia mano non sarà mai contro di te. Come dice il proverbio antico:
“Dai malvagi esce il male,
ma la mia mano non sarà contro di te”.
Contro chi è uscito il re d’Israele? Chi insegui? Un cane morto, una pulce. Il Signore sia arbitro e giudice tra me e te, veda e difenda la mia causa e mi liberi dalla tua mano».
Quando Davide ebbe finito di rivolgere a Saul queste parole, Saul disse: «È questa la tua voce, Davide, figlio mio?». Saul alzò la voce e pianse. Poi continuò rivolto a Davide: «Tu sei più giusto di me, perché mi hai reso il bene, mentre io ti ho reso il male. Oggi mi hai dimostrato che agisci bene con me e che il Signore mi aveva abbandonato nelle tue mani e tu non mi hai ucciso. Quando mai uno trova il suo nemico e lo lascia andare sulla buona strada? Il Signore ti ricompensi per quanto hai fatto a me oggi. Ora, ecco, sono persuaso che certamente regnerai e che sarà saldo nelle tue mani il regno d’Israele».

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 56)
Rit: Pietà di me, o Dio, pietà di me.

Pietà di me, pietà di me, o Dio,
in te si rifugia l’anima mia;
all’ombra delle tue ali mi rifugio
finché l’insidia sia passata.

Invocherò Dio, l’Altissimo,
Dio che fa tutto per me.
Mandi dal cielo a salvarmi,
confonda chi vuole inghiottirmi;
Dio mandi il suo amore e la sua fedeltà.

Innàlzati sopra il cielo, o Dio,
su tutta la terra la tua gloria.
Grande fino ai cieli è il tuo amore
e fino alle nubi la tua fedeltà.

Canto al Vangelo (2Cor 5,19)
Alleluia, alleluia.
Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo,
affidando a noi la parola della riconciliazione.
Alleluia.

VANGELO (Mc 3,13-19)
Chiamò a sé quelli che voleva perché stessero con lui.


+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni.
Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè “figli del tuono”; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli
Fratelli e sorelle, uniamo le nostre invocazioni alla preghiera che Cristo rivolge al Padre, e alla voce dello Spirito che è in noi, dicendo:
Signore, ascoltaci.

Concedi, Signore, al tuo popolo fondato sugli apostoli, giorni sereni e frutti di bene. Noi ti preghiamo:
Benedici, Signore, il Papa, i vescovi e i loro collaboratori che tu invii a evangelizzare, e dona loro amore e sapienza. Noi ti preghiamo:
Illumina, Signore, i ragazzi e le ragazze che compiono una decisiva scelta di vita e chiama nuovi operai nella tua messe. Noi ti preghiamo:
Dona, Signore, a tutti i cristiani un rapporto personale e profondo con Cristo, perché comunichino con gioia agli altri la propria fede. Noi ti preghiamo:
Suscita, Signore, nella nostra comunità parrocchiale, un rinnovato impegno ad evangelizzare, con le parole e con le opere, l'ambiente in cui viviamo. Noi ti preghiamo:
Perché anche noi ci lasciamo evangelizzare.
Per i sacerdoti, i religiosi e le religiose della nostra parrocchia.

O Signore, tu ci hai chiamati per nome affidandoci una missione particolare nella tua Chiesa, e ci ami di amore eterno: attiraci sempre di più a te e rendici strumenti della tua salvezza. Per Gesù tuo Figlio, nostro fratello e salvatore, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

Preghiera sulle offerte
O Padre, questo sacrificio,
suprema testimonianza dell’amore del tuo Figlio,
comunichi a noi l’ardore del tuo Santo Spirito,
che infiammò il cuore mitissimo
di san Francesco di Sales.
Per Cristo nostro Signore.




Antifona di comunione
Il buon pastore dona la vita
per la salvezza del suo gregge. (cf. Gv 10,11)


Preghiera dopo la comunione
O Signore, che ci hai dato la gioia
di partecipare ai tuoi sacramenti
nel ricordo di san Francesco di Sales,
fa’ che in ogni circostanza della vita
imitiamo la sua carità paziente e benigna
per condividere la sua gloria nel cielo.
Per Cristo nostro Signore.



Commento
San Francesco di Sales ha reso amabile la Chiesa in un tempo di lotte; è un esempio di dolcezza e ha saputo mostrare che il giogo del Signore è facile da portare e il suo carico leggero, attirando così molte anime.
E un vero riposo per l'anima contemplare questo santo, leggere i suoi scritti, tale è la carità, la pazienza, l'ottimismo profondo che da essi si sprigiona. Qual è la sorgente di questa dolcezza? Essa viene da una grandissima speranza in Dio. Nella vita di san Francesco di Sales si racconta che nella sua giovinezza visse un periodo di prove terribili in cui si sentiva respinto da Dio e perdeva la speranza di salvarsi. Pregò, fu definitivamente liberato e da allora fu purificato dall'orgoglio e preparato a quella dolcezza che lo contraddistinse. Non faceva conto su di sé: aveva sentito con chiarezza quanto fosse capace di perdersi, come da solo non potesse giungere alla perfezione, all'amore, alla salvezza e questa consapevolezza lo rendeva dolce e accogliente verso tutti. Ma più ancora dell'umiltà quella prova gli insegnò la bontà del Signore, che ci ama, che effonde il suo amore nel nostro cuore.
San Francesco esultava di gioia al pensiero che tutta la legge si riassume nel comandamento dell'amore e che nell'amare non dobbiamo temere nessun eccesso. Scrisse un lungo Trattato dell'amore di Dio e anche un libro più semplice, ma delizioso: Introduzione alla vita devota. Quest'ultimo lo compose capitolo per capitolo scrivendo lettere ad una giovane donna attirata da Dio. Parlandone a santa Giovanna de Chantal che già conosceva diceva di aver scoperto un'anima che era "tutta d'oro" e che egli cercava di guidare nella vita spirituale.
Non riuscì però ad estendere il suo apostolato come avrebbe voluto. Non potè mai risiedere a Ginevra sua città episcopale, diventata roccaforte dei calvinisti che gliene proibirono l'accesso sotto pena di morte. Tentò una volta a rischio della vita ma inutilmente. Avrebbe potuto provare dispetto e amarezza di fronte a questo ostacolo insormontabile, ma la sua fiducia e il suo amore lo mantennero nella profonda pace di chi compie l'opera di Dio secondo le proprie possibilità. Anche questo è un trionfo della pazienza e della mitezza: non irrigidirsi, non amareggiarsi davanti a difficoltà che non si riesce a vincere ma continuare a vedere dovunque la grazia del Signore e a rendere amabili le sue vie.
Domandiamo al Signore che ci faccia assomigliare a questo santo nella sua pazienza, dolcezza, semplicità, fiducia, che lo resero così simile a Gesù mite e umile di cuore.