mercoledì 12 settembre 2018


IMMIGRAZIONE TRA MINACCE E PREVARICAZIONI ISTITUZIONALI

Adesso la parola d’ordine a bordo delle navi stipate di immigrati è: minacciare il personale per costringerlo ad attraccare in Italia. Il caso della nave Diciotti è emblematico. Facinorosi a bordo hanno minacciato l’equipaggio di farsi portare in Italia, perché appare sempre più evidente il “piano” di invasione dell’Italia come unico paese europeo costretto da politiche complici e scelte scellerate a farsi carico completamente del problema, mentre gli altri paesi UE recitano la pantomima del “not in my garden”, cioè non nei miei confini, non a casa mia. Ma andiamo a conoscere il problema dell’immigrazione di massa in modo più approfondito attraverso l’esperienza e la conoscenza a fondo della materia di Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università di Torino, che ribalta molti luoghi comuni. In un’intervista molto interessante, spiega che chi sbarca o viene traghettato sulle nostre coste, arrivando prevalentemente dall’Africa subsahariana, per la stragrande maggioranza dei casi non è un profugo. E nemmeno un povero in fuga dalla fame. Ma un giovane maschio, spesso appartenente al ceto medio, che non scappa da guerre o persecuzioni. “La maggior parte di chi lascia l’Africa subsahariana per l’Europa non scappa né dalla guerra né dalla povertà estrema”, spiega la professoressa Bono. «I dati dicono che dall’inizio dell’anno il numero di persone che hanno fatto domanda di asilo politico, e che hanno ottenuto risposta positiva, si assesta intorno al 4%. Significa che tutti gli altri non rientrano nei parametri previsti dalla convenzione di Ginevra, quindi non sono persone che hanno lasciato il loro Paese sotto la minaccia di perdere la libertà o la vita: non sono persone perseguitate». La docente spiega come i costi elevatissimi dell’emigrazione clandestina contraddicono la tesi dei profughi “per la fame”. Chi vuole venire in Europa deve mettere insieme 4mila, 5mila o 10mila dollari per potersi appoggiare a un’organizzazione di trafficanti che provveda all’espatrio. Cifre appunto elevatissime soprattutto se rapportate ai redditi medi dei Paesi di provenienza. Chi arriva generalmente appartiene al ceto medio o medio basso, comunque per la gran parte non si tratta di indigenti. C’è chi risparmia, chi si fa prestare il denaro dai parenti, chi paga a rate, chi vende una mandria, però i soldi ci sono, i trafficanti vogliono essere pagati in contanti. È gente che ha una disponibilità economica. In Africa i veri profughi sono milioni e milioni ma la quasi totalità di coloro che ottengono asilo non lascia il continente. I profughi sono più di 60 milioni, dato del 2015, di cui 41 milioni sono profughi interni, sfollati. Quando si vive in uno stato di conflitto o di pericolo ci si allontana solo il minimo indispensabile per mettersi al sicuro, pensando di poter fare ritorno a casa propria. La maggior parte delle persone si allontana restando all’interno dei confini nazionali, mentre un’altra porzione di persone oltrepassa i confini per essere ospitata nei campi dell’Unhcr anche per lungo tempo, come per il caso della Somalia. Benché la diaspora somala sia una delle più numerose al mondo, a causa di vent’anni di instabilità e del terrorismo di Al Shaabab, solo una parte dei profughi è fuggita all’estero: la gran parte ha oltrepassato i confini nazionali riparando nel vicino Kenya. Spesso, e in malafede, telegiornali, grande stampa e larga parte della politica insistono nel parlare erroneamente di “sbarchi di profughi o rifugiati” come fossero sinonimi. Si tratta di un errore voluto, perché c’è la tendenza ad affermare che chiunque lasci il proprio Paese abbia una forma di disagio e dunque abbia il diritto di essere ospitato. Questo approccio si traduce in ciò che vediamo: centinaia di migliaia di persone in marcia per arrivare in Europa. Molti dei quali non sono indigenti e per la maggior parte, circa l’80%, sono giovani uomini di età non superiore ai 35 anni. Poi c’è una fetta crescente di minori non accompagnati, metà dei quali non si sa che fine faccia. Si parla tanto di accoglienza e poi si lasciano sparire 5mila bambini nel nulla. L’esodo è favorito anche da una sorta di propaganda. Infatti, nei Paesi dell’Africa subsahariana esistono pubblicità che incitano ad andare in Italia, spiegando che qui è tutto gratis. E in effetti lo è. Se continuiamo ad andarli a prendere a poca distanza dalle coste africane la situazione non potrà che peggiorare. In Grecia non sbarca quasi più nessuno da quando è stato siglato l’accordo con la Turchia. Se chi pensa di venire in Italia ha la certezza di essere rimandato indietro, non avendo le caratteristiche per ottenere l’asilo, alla fine desiste. In molti si chiedono perché i migranti non raggiungono gli stati europei in aereo visto che costa anche meno. Ebbene, per poter fare domanda di asilo politico o di asilo umanitario in uno stato europeo bisogna essere fisicamente presenti sul territorio di questo stato. Questo vuol dire che non è possibile inoltrare una richiesta di asilo ad uno stato europeo da un’ambasciata di questo paese in uno stato terzo. Non esiste neanche la possibilità di avere un permesso temporaneo per giungere nel paese di propria scelta per poter chiedere asilo. L’unico modo per raggiungere un paese europeo che promette di garantire diritti e assistenza, come ha fatto la Svezia per prima nel 2013, è quello di usufruire di mezzi illegali e pericolosi e di affidare se stessi e la propria famiglia ai trafficanti di persone. Questo, per chi è in Egitto ed in Libia e per la maggior parte dei siriani, significa arrivare via mare. I trafficanti di esseri umani hanno come primo ed unico interesse il profitto economico e cercano quindi di guadagnare il più possibile stipando fino al limite centinaia di persone in barconi in pessime condizioni. Chi arriva via mare in Europa e sulle coste italiane rischiando la vita, non lo fa né perché è conveniente né per nascondersi dalle autorità, lo fa perché le leggi europee sull’immigrazione non gli permettono di fare altrimenti. Oltre a questo da tenere in seria considerazione sono i professionisti che ruotano intorno al fenomeno, cioè psicologi, mediatori culturali, operatori, medici ecc… tutti professionisti che ricavano un profitto dall’immigrazione. Ma dei quasi 3.000 stranieri che sbarcano a Lampedusa ogni giorno, purtroppo solo una piccola parte avranno diritto allo status di profugo. Anche sulla nave Diciotti, una buona parte di imbarcati non ha diritto allo status di profugo, nonostante ciò, l’ordine di far sbarcare tutti i migranti a bordo è arrivato direttamente da Palazzo Chigi. Subito dopo esser rientrato a Roma da Bruxelles, il premier Giuseppe Conte ha ricevuto la chiamata del Presidente Sergio Mattarella sulla vicenda della nave Diciotti. Subito dopo, secondo l’Adnkronos, il presidente del Consiglio ha chiamato i ministri Matteo Salvini e Danilo Toninelli per risolvere la situazione. Fonti del Viminale esprimono «stupore» per la telefonata del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella al premier Conte in merito alla vicenda della nave Diciotti. Le stesse fonti esprimono «rammarico» per la decisione della procura di Trapani di non emettere alcun provvedimento restrittivo. L’atteggiamento di Mattarella ha stupito perché si è di fatto sostituito al ministro dell’Interno Salvini, approfittando anche della sua assenza dall’Italia. Senza voler polemizzare sull’agire del ministro Toninelli, che non sembra più rispettare la linea dura che la Lega ha da sempre manifestato nel voler trattare l’anomalo fenomeno migratorio. Qualcosa a livello istituzionale comincia a non funzionare se ognuno comincia a prendere iniziative in ordine sparso. E se quel satanasso di Soros, attraverso le solite complicità italiane, avesse trovato un escamotage per mettere fuori combattimento il governo italiano?
CINZIA PALMACCI
  


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