mercoledì 23 gennaio 2019

Lino Banfi all’Unesco vale come il Gabibbo all’Organizzazione Mondiale della Sanità

QUESTA VOLTA I 5 STALLE HANNO ESAGERATO! ERA PROPRIO NECESSARIO UMILIARE L'ITALIA E LINO BANFI NOMINANDOLO AMBASCIATORE UNESCO E SOTTOPONENDOLO AL FUOCO DI FILA DEI MEDIA (PER NON PARLARE DEGLI SFOGHI SUI SOCIAL) CHE HANNO, ANCHE IN MODO APPROPRIATO, POSTO L'ACCENTO SULLA CARENZA DI COMPETENZE DELL'ATTORE NEL RUOLO? AVEVANO TANTO CRITICATO IL PD PER LA SCELTA DI VALERIA FEDELI ALL'ISTRUZIONE E LA LORENZIN ALLA SANITA', ADESSO PROPRIO LORO SI RENDONO RIDICOLI E RIDICOLIZZANO L'INTERO PAESE CON QUESTA CADUTA DI STILE? CHIEDIAMOCI SE NON SIA PROPRIO IL LORO COMPITO DI RIDICOLIZZARE E SMINUIRE L'ITALIA AGLI OCCHI DEL MONDO INTERO. C'ENTRA FORSE ANCHE IL COMPLESSO DI INFERIORITA' DI DI MAIO CHE NON HA UNA LAUREA?....
Lino Banfi all’Unesco vale come il Gabibbo all’Organizzazione Mondiale della Sanità

«Ne approfittiamo per dare una notizia all’Italia che a me riempie di orgoglio: come governo abbiamo individuato il maestro Lino Banfi perché rappresenti il governo nella commissione italiana per l’Unesco. Abbiamo fatto Lino Banfi patrimonio dell’Unesco»: questa dichiarazione del vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio sembra fatta apposta per dare ragione alle rudi constatazioni di Gino Strada sulla qualità del governo gialloverde.
E non perché l’Unesco sia una cosa sacra: la commissione italiana in particolare è sempre stata un porto delle nebbie dove parcheggiare ex potenti, boiardi di Stato e altre elette categorie. Ma intanto il governo Conte – che dice di voler cambiare l’Italia in meglio, e non di adeguarsi al disastro precedente – è riuscita a far peggio, perché Banfi prende il posto di Folco Quilici, un grandissimo documentarista grazie al cui lavoro il patrimonio culturale era entrato nella conoscenza e nel desiderio di milioni di italiani. E non si tratta di disprezzare il cinema popolare di cui Banfi è un’icona, ma di mettere le cose giuste al posto giusto.




E invece no, si sente tutta la carica di irrisione e disprezzo di Di Maio verso i professoroni. Per carità, anche questa non è certo una cosa nuova. Da Mussolini a Scelba a Renzi, l’odio dei mediocrissimi potenti italiani per tutti coloro che sanno qualcosa (il «culturame», i «professoroni gufi»…) è una tristissima costante.
Ancora peggio della nomina, se possibile, il commento di Salvini, che dopo aver irriso il collega vicepremier (volendo forse dimostrare che la metà fascista del governo è consapevole della materia di cui è fatta l’altra metà, per restare a Strada), conclude: «Scherzi a parte, l’Italia è così bella che chiunque può difenderla e valorizzarla».
Vorrei vederlo mentre lo dice ai giovani storici dell’arte, agli archeologi, ai bibliotecari, agli archivisti italiani che fuggono a lavorare in tutto il resto del mondo perché qua, da decenni, si pensa che «chiunque» possa occuparsi della «bellezza».

I danni di questa colossale cialtroneria, di questa mancanza di rispetto per le cose e per le persone, sono evidenti: dai piccoli musei comunali o diocesani, su su fino ai grandi musei della riforma Franceschini e alla terribile serie degli stessi ministri per i Beni culturali, gli incompetenti totali sono legioni. Tanto l’Italia «è così bella che chiunque può difenderla e valorizzarla».
Tanto chiunque può fare qualunque cosa: e Banfi all’Unesco vale come il Gabibbo all’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Tanto nel mondo lo sanno che l’Italia non è un paese serio: e questo il Governo del Non Cambiamento lo ha capito benissimo.

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