La Maga Circe e Ishtar
Dall’Odissea sappiamo che Ulisse, scampato con pochi compagni ai Lestrigoni, prende il largo e arriva all’isola di Eea “nel favoloso Oriente”, sede di Circe.
Sappiamo che l’isola di Ponza contende al Circeo l’onore di essere stata dimora della maga, ma negli ultimi anni gli studiosi hanno tentato d’identificare sul promontorio del Circeo i luoghi più o meno minuziosamente ed esattamente descritti da Ulisse quando racconta, alla corte di re Alcinoo, la storia delle sue peregrinazioni.
Sappiamo che l’isola di Ponza contende al Circeo l’onore di essere stata dimora della maga, ma negli ultimi anni gli studiosi hanno tentato d’identificare sul promontorio del Circeo i luoghi più o meno minuziosamente ed esattamente descritti da Ulisse quando racconta, alla corte di re Alcinoo, la storia delle sue peregrinazioni.
Circe e Ishtar: la leggenda
Vediamo, dunque, chi potrebbe essere questa bellissima incantatrice. Ovviamente una divinità cosmica, secondo gli antichi figlia di Helios, il dio del Sole, giunta sulla Terra sul cocchio del padre, proprio come Ishtar, nella leggenda romanzata da Tucker, piombata da un’astronave sul nostro pianeta.
Ma con Circe e Ishtar possiamo stabilire molti altri paralleli. I navigatori ellenici cercano di sedurre la splendida maga, che pare dar loro corda fino alle soglie dell’amplesso, quando, con il tocco di una verga d’oro, li trasforma in porci. Possiamo cominciare ad accostare Circe ad Ishtar, comunque, facendo leva su argomenti ben solidi.
L’immagine della spietata dea mesopotamica è incisa su gioielli minoici risalenti ad almeno un millennio prima dell’età omerica come “signora delle bestie”: e nel mito babilonese, quando Ishtar si stanca dei suoi innumerevoli amanti li uccide o li muta in animali.
Troviamo vicende analoghe nelle tradizioni popolari eschimesi, lapponi, siberiane, mongole. Tra queste vive ancora la favola di Urga (o Yurga), dove una bellissima incantatrice sembra reprimere i tentativi di libero amore attirando dapprima gli spasimanti per poi cambiarli in bestie.
Anche Elena, figlia di Leda e Giove, ha molti corrispondenti, da Ishtar a Tammuz (divinità babilonese della vegetazione), dall’Hator egizia, alla siriana Atargis. Ishtar era rappresentata con le “corna” venusiane o lunari: ma anche Elena è caratterizzata dal medesimo simbolo. E la ritroviamo vicinissima a Ishtar e a Circe negli accenni concernenti le gite agli inferi, proprie anche a innumerevoli tradizioni messicane, colombiane, peruviane.
Giraldus Cambrensis, nei suoi annali Annals of the 19 Century, ci dice che in Irlanda vivevano “donne capaci di mutare, per arti magiche, uomini in grossi porci”.
Di nuovo… nell’Odissea
Riandiamo all’Odissea: il poema omerico ci dice come soltanto Euriloco, cognato e “vice” dell’eroe, si salvi dalla penosa metamorfosi dei compagni per aver rifiutato la bevanda magica offerta da Circe. Di che cosa si trattava? “Del cacio, della farina d’orzo e del miele del vino di Pramno mischiò”, leggiamo nell’opera. “Ma univa nel vaso farmaci tristi, perché del tutto scordassero la terra paterna. E appena ne diede loro e ne bevvero, ecco che subito, con la bacchetta battendoli, nei porcili li chiuse”. Può essere che al vino Circe avesse mescolato qualche stupefacente. Se così fosse, riandremmo al motivo dei Lotofagi e ancora ad Elena, che, secondo la Telemachia, “versa agli ospiti una droga che ha ricevuto da una donna in Egitto, e questa droga dà l’oblio da ogni male”. Le comparazioni che ci propongono o, meglio, ci impongono l’idea dell’orgine comune di moltissime tradizioni, non finiscono certo qui. Circe “riconosce” l’eroe (“…tu sei Odisseo, l’accorto che doveva venire”), allo stesso modo in cui Ishtar riconosce Gilgamesh. Due naufraghi spaziali s’incontrano molti, molti anni dopo il loro fortunoso arrivo sulla Terra: sono cambiati, ma infine ricordano. E sanno che non c’è da scherzare con chi possiede le stesse conoscenze e gli stessi poteri.
Deus Ex Machina
Potrebbe essere una divagazione fantascientifica, d’accordo. Ma, ammessa l’ipotesi delle visite sul nostro globo compiute da astronauti di altri mondi in tempi immemorabili, ci fa riflettere. In fondo, che cosa sarebbe il famoso “deus ex machina” il “dio dalla macchina” degli antichi Greci, se non una divinità uscita da uno strano congegno usato per spostarsi nel tempo e nello spazio?
di Cinzia Palmacci
Fonti bibilografiche:
• Poesia e Magia di Anita Seppilli – Einaudi Torino 1962
• Guida all’Italia leggendaria, misteriosa, insolita, fantastica – Sugar Milano 1967
• Terra senza tempo di Peter Kolosimo – Sugar Milano 1996
• L’Odissea di Glystra (trad. Brinis) Collezione Urania 11-5-1958
• Guida all’Italia leggendaria, misteriosa, insolita, fantastica – Sugar Milano 1967
• Terra senza tempo di Peter Kolosimo – Sugar Milano 1996
• L’Odissea di Glystra (trad. Brinis) Collezione Urania 11-5-1958
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