Se più indizi fanno una prova, allora è evidente che l’UE stia ponendo le condizioni per convincere il Governo giallo-verde a uscire dall’Euro.
Non si può leggere diversamente l’alzata di spalle della Commissione Europa di fronte all’appello italiano, che chiede nuove regole ispirate a principi di solidarietà e responsabilità che non siano a senso unico come avvenuto fino ad oggi.
Sul suo profilo Facebook il presidente Conte scrive: Nel corso della riunione convocata d’urgenza dalla Commissione Europea e che si è appena conclusa non è stato dato alcun seguito alle Conclusioni deliberate nel corso dell’ultimo Consiglio Europeo di fine giugno. Anzi. Da parte di alcuni Stati è stato proposto un passo indietro, suggerendo una sorta di regolamento di Dublino “mascherato”, che avrebbe individuato l’Italia come Paese di approdo sicuro, con disponibilità degli altri Stati a partecipare alla redistribuzione dei soli aventi diritto all’asilo, che notoriamente sono una percentuale minima dei migranti che arrivano per mare. Eppure è noto a tutti che l’Italia sta gestendo da giorni, con la nave Diciotti, una emergenza dai risvolti molto complessi e delicati. Ancora una volta misuriamo la discrasia, che trascolora in ipocrisia, tra parole e fatti. Alla fin fine conviene a Bruxelles che la nave Diciotti continui a sostare in mezzo al mare. Devono aver notato la fiducia di cui gode il Governo, e in particolare il ministro degli Interni: perciò i piani alti dell’UE non vedrebbero così male l’uscita dell’Italia, altrimenti inizierebbero una riforma delle politiche maggiormente invise ai cittadini italiani e a quelli europei.
Un secondo indizio viene dalle affermazioni di Jens Weidmann, presidente della Bundesbank e probabile successore di Draghi alla Banca Centrale Europea: E’ tempo di uscire dalla politica molto espansiva e dalle misure straordinarie, soprattutto prendendo in considerazione i possibili effetti collaterali. (…) Il forte peso degli alti debiti pubblici va ridotto: queste sono sfide che i singoli Stati devono affrontare per conto loro. Chi si esprime a favore della condivisione dei rischi deve anche essere pronto a cedere più sovranità giuridica ai livelli europei. Due punti sono estremamente chiari: stop al Quantitative Easing e maggiori poteri all’UE e meno agli Stati se vogliono barattare maggiore flessibilità. Suona come un avviso di sfratto per un Paese come l’Italia che ha beneficiato oltre misura del QE e col Governo attuale non ha alcuna intenzione di cedere ulteriore sovranità.
Il ministro Savona, intervistato da Bruno Vespa a Porto Cervo, ha dichiarato: C’è la possibilità che si scateni una speculazione finanziaria. Per colpa degli italiani o del governo? Non mi interessa, ma l’evento può accadere. Il governo si deve preparare e trovare una soluzione. Sono andato a parlare di questo con Mario Draghi e con altri, non con i russi. Ora il ministro Tria è in Cina per discutere. Un governo serio cerca di parare questa eventualità. L’Italia rispetterà i parametri, ma finché sarà possibile. L’economista precisa: Il piano B lo hanno tutti gli Stati, anche la Germania, nonostante le smentite della Merkel. Perché scandalizzarsi. È una sorta di ultimatum a Bruxelles: o ci lasciate governare senza mettere la manina, oppure siamo pronti a dirvi addio.
Sulla stessa lunghezza d’onda il ministro Salvini, che dopo la fumata grigia al nuovo piano immigrazione dell’UE ha detto: Gli italiani penso si aspettino buon senso, rigore e tranquillità: se in Europa fanno finta di non capire, come hanno detto giustamente Conte e Di Maio vedremo di pagare l’Europa un po’ di meno. Il contributo possiamo diminuirlo in quota parte con quello che l’Ue non fa danneggiando l’Italia, non solo sull’immigrazione. E sull’uscita dell’euro Salvini spiega: Non confondiamo i temi. Il discorso economico lo affronteremo perché c’è in preparazione il bilancio dell’Europa dei prossimi anni che è assolutamente insoddisfacente. Che vada ripensata ridiscussa, riscritta mi pare evidente. Oggi l’Europa ha dato l’ennesima dimostrazione di essere solo sulla carta. Quando si parla di condivisione a Bruxelles sono sordi.
Un’affermazione che prende tempo, ma che non esclude l’applicazione del piano B come ultima ratio se l’UE continua a predisporre le condizioni per costringere l’Italia a togliere il disturbo. Ricordiamo che l’Italia sembra aver ricevuto massima disponibilità da Trump per sostenerla sulla questione del debito, pur non sapendo bene come, a fronte di un appoggio alla politica pro-dazi; e si è persino menzionato un aiuto di Cina o Russia. Difficile comprendere quanto vi sia di vero, ma se l’Italia si sganciasse dall’Euro, il Governo dovrebbe comunque ridisegnare le partnership commerciali e finanziarie, nonché gli assetti geopolitici del Vecchio Continente.
Intanto, l’agenzia di rating Moody’s ha rivisto ulteriormente al ribasso la crescita dell’Italia per quest’anno e per il prossimo. Lo spread aumenta con Bini Smaghi, ex consigliere della BCE che domanda al Governo un atto di buona volontà per rasserenare i mercati finanziari: la pre-approvazione dell’articolo 1 del DEF dove si fissa il rapporto deficiti/Pil e di conseguenza il debito. Una proposta del genere potrebbe significare che UE e alta finanza abbiano già scaricato il Governo italiano e che solo inginocchiandosi ai loro piedi si potrà ricevere clemenza. Ma è qualcosa di troppo irrispettoso per un Paese fondatore dell’Unione Europea.
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