Dopo l’allarme Blue Whale Game, adesso è allarme MOMO Game, uno dei tanti giochi pericolosi che ciclicamente vengono lanciati in rete e diffusi tramite chat e social. Chiamati erroneamente giochi, arrivano spesso anche nei telefoni dei bambini invasi dalle immagini che vedono e che non sono in grado di contestualizzare e filtrare. Spesso diventano virali e si cambiano forma, diventano challenge o sfide e solleticano le personalità più deviate che approfittano di questi “giochi” per cambiargli forma e trasformarli in sfide pericolose.
In genere l’allarme viene sempre lanciato tardivamente e non in via preventiva. Ci si accorge del problema quando, forse, troppi adolescenti, sono già caduti nella rete di chi è maestro nel manipolarli e nel plagiarli, inducendoli anche, a fare ciò che in altre condizioni non avrebbero mai fatto.
Si dovrebbe lanciare più frequentemente l’allarme perché in rete sono presenti numerosi spazi in cui vengono indotti gli adolescenti al suicidio, in cui la vita ha un senso e significato che non dovrebbe avere, troppo labile, che diventa quasi un gioco perverso o una condizione “normale”. Ci sono anche tantissimi spazi dedicati all’autolesionismo, dove si creano delle vere e proprie comunità di rinforzo, dove si sollecitano i ragazzi a farsi del male come soluzione ai problemi, ci sono spazi in cui si spiega come tagliarsi le vene senza uccidersi e altri invece sul come fare per ammazzarsi. Ho lanciato l’allarme nel libro L’autolesionismo nell’era digitale e Generazione Hashtag, editi da Alpes, perché vedo ciò che fanno realmente i ragazzi in rete e quanto solo vulnerabili in questa fascia di età.
La tendenza degli adolescenti di cercare il “lato oscuro” del web, di partecipare a giochi online o a challenge di ogni tipo, anche le più pericolose, è consuetudine quasi quotidiana. Loro cercano cose horror, macabre, particolari, leggono, si fanno condizionare, a volte per fortuna spaventare, si spingono oltre e poi purtroppo può scattare, non solo la curiosità tipica adolescenziale, ma anche l’effetto contagio. Questo è il meccanismo alla base di queste challenge o sfide in rete molto pericolose o di questi giochi macabri.
Tanti invece vanno alla ricerca delle parti più nere del web perché vogliono capire le loro parti più profonde, più oscure, vogliono dare un senso alle cose, risposte e tante, anzi troppe, volte trovano dall’altra parte chi è in grado di cogliere questi segnali di vulnerabilità e chi riesce a dargli quello di cui hanno bisogno in quel momento per adescarli, per portarli a sé e poi fargli un lavaggio del cervello. In rete ci sono veramente una miriade di esche lasciate da questa gente malata e distorta che si approfitta delle fragilità adolescenziali. Ci sono sette sataniche, adescatori sessuali, manipolatori mentali, troppi spazi virtuali di perversione e di rischio per i ragazzi che non sono in grado di gestire queste situazioni più grandi di loro perché non hanno ancora gli strumenti adatti.
Oggi bisogna stare attenti ai tag, quei # che posso essere dei segnali di allarme, delle lampadine che rendono visibili gli adolescenti in rete, dei richiami che li portano piano piano dove non dovrebbero andare. Sono gli adolescenti che man mano che cercano, digitano determinati hashtag, come spiego in maniera più approfondita nel mio libro Generazione Hashtag, che fanno specifiche ricerche, entrano in alcuni profili, gruppi chiusi e mano mano vengono adescati e poi manipolati e condizionati. Sembra un meccanismo complesso ma veramente non lo è. E’ l’adolescente che in qualche modo si rende adescabile e loro sfruttano le vulnerabilità e coltivano purtroppo in un terreno mentale troppo fertile.
A me, comunque oggi, preoccupa maggiormente l’effetto contagio e la curiosità, sono numerosi i ragazzi che vanno alla ricerca di contenuti: “Ho visto persone che si tagliano e si disegnano una balena sul braccio”, “Possono arrivare anche a me?”, “Ho visto un video su Youtube e mi sono spaventata”, “Sono curioso, vorrei scaricarlo per vedere com’è”, “Non ne parlo con i miei, altrimenti vanno in ansia e mi sequestrano tutto, smartphone e pc”.
ECCO I SEGNALI A CUI UN GENITORE DEVE STARE ATTENTO PER CAPIRE SE IL FIGLIO HA UN PROBLEMA DI QUESTO TIPO O SI STA INCASTRANDO IN RETE IN SITUAZIONI PERICOLOSE
Non è la condizione di un momento, la manipolazione e l’adescamento sono dei processi più o meno lunghi a seconda della predisposizione del ragazzo stesso per cui nel mentre, se si è dei bravi osservatori si riescono a cogliere i segnali per tempo.
Il vero problema è che la maggior parte dei genitori non conosce realmente i propri figli, non si fermano ad osservarli nella loro quotidianità, a guardarli dentro gli occhi, si va troppo di fretta e si dà peso a troppi aspetti superficiali, meno interiori come la scuola, il disordine, il rispondere male e magari loro nel mentre soffrono, anche se apparentemente non lo fanno vedere. Se un genitore non sa chi è realmente suo figlio non lo sa quantomeno nel web, uno spazio ancora più lontano che crea un profondo gap tra genitori e figli.
Il vero problema è che la maggior parte dei genitori non conosce realmente i propri figli, non si fermano ad osservarli nella loro quotidianità, a guardarli dentro gli occhi, si va troppo di fretta e si dà peso a troppi aspetti superficiali, meno interiori come la scuola, il disordine, il rispondere male e magari loro nel mentre soffrono, anche se apparentemente non lo fanno vedere. Se un genitore non sa chi è realmente suo figlio non lo sa quantomeno nel web, uno spazio ancora più lontano che crea un profondo gap tra genitori e figli.
1. La prima cosa da fare è imparare a conoscere il figlio e la sua adolescenza, senza paura e senza critiche né giudizi, ma accettazione. Ci sono però delle costanti comportamentali che sono evidenti. Bisogna imparare a conoscere le micro abitudini, non le macro abitudini e nel contempo valutare quando variano nella FREQUENZA e nella TIPOLOGIA, senza allarmarsi per ogni oscillazione tipica e caratteristica della fase adolescenziale. Già riconoscere questi parametri significa andare oltre le apparenze ed essere un passo più vicini ai figli.
2. Non è con il chiedere l’amicizia ad un figlio o fare un profilo finto per spiarlo la soluzione, come credono tanti genitori, anche perché un genitore non ha la stessa logica dei figli e la stessa capacità di filtrare ciò che accade nei social. Per capire se si sono incastrati nel web si deve stare attenti ad altre variabili come cambiamenti nell’uso dei social, per esempio cambia la modalità con cui vengono pubblicati i post, cambia la frequenza, la tipologia di contenuti, anche non in maniera macroscopica e particolarmente evidente.
3. I segnali domestici a cui stare attenti sono legati al fatto che possono diventare più schivi, più isolati, sono più attenti al cellulare, sono più ansiosi, si alza il livello di controllo e di chiusura, si può osservare un cambiamento nelle modalità di utilizzo, per esempio un uso maggiore durante la notte.
4. Cambiamenti nelle abitudini quotidiane, per esempio un po’ più di chiusura anche alle relazioni sociali, assenza in casa, apatia. Cambiamenti nella quantità di tempo che trascorrono con gli amici, nelle uscite con gli altri, nella condivisione nel “reale” e nel rapporto con la scuola. Lamentano di non volerci andare, che sono stanchi, si inventano malattie, cala il rendimento.
5. Richieste che prima non facevano del tipo di andare in determinati posti, di uscire più a lungo, rientrare più tardi senza una ragione particolarmente valida. Attenzione se escono di notte, se non dormono, se cambiano i loro comportamenti anche nel mangiare o nella tipologia di serie o film che guardano e soprattutto come lo fanno. Molti di loro si “abbuffano” per ore e questo è una forma di alienazione che abbassa il loro livello critico e di coscienza.
6. Si devono rilevare anche i cambiamenti nell’umore, ci può essere più irascibilità o irritabilità, nervosismo o apatia, svogliatezza e affaticamento psico-fisico.
7. Si possono presentare maggiori preoccupazioni, possono cambiare anche i discorsi che fanno, porre qualche domanda che prima non facevano su determinati aspetti, chiedere cose che prima non avevano mai chiesto, con contenuti un po’ più particolari a cui è difficile fare caso. Lo fanno a volte, chiedono anche a mezza bocca e cercano di affrontare delle tematiche importanti che non possono essere sminuite e sottovalutate. Magari farci caso e domandargli il perché stanno facendo quel tipo di domande sarebbe decisamente importante. Prima di tutto deve conoscere il figlio e iniziare a guardarlo nel suo contesto e nei suoi movimenti. Non sminuire nessun segnale, contestualizzare però tutto ciò che fa senza creare oppressione, invasione ed inutili allarmismi. Non è un segnale, ma è la somma.
Quando un genitore ha un profondo sospetto che qualcosa non va, può anche rivolgersi in maniera non oppressiva ed invasiva agli amici e chiedere se anche loro hanno notato qualcosa che non va, dei cambiamenti, se hanno qualche sospetto, se secondo loro c’è qualcosa che lo turba, senza possibilmente fare la “spia” ma intervenire da adulti. Tante volte non parlano neanche con gli amici, anche perché spesso non hanno degli amici intimi.
Se i figli vedono che il genitore diventa oppressivo possono innalzare maggiormente il livello di guardia e nascondersi ancora di più e se decidono di farlo per esempio nel web sarà decisamente difficile per un adulto non tecnologico trovarlo, oppure in base al temperamento possono diventare più nervosi o più attenti nel senso che fanno vedere al genitore che va tutto bene e che non si devono preoccupare di niente.
Quando ci si accorge che il figlio è incastrato in rete come intervenire?
E’ importante rivolgersi agli specialisti in settore e alla Polizia Postale che si occupa di questi aspetti e che ha anche un commissariato online in grado di prendersi carico di queste problematiche.
E’ importante rivolgersi agli specialisti in settore e alla Polizia Postale che si occupa di questi aspetti e che ha anche un commissariato online in grado di prendersi carico di queste problematiche.
di Maura Manca, Psicoterapeuta
Presidente Osservatorio Nazionale Adolescenza
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