Invece di stare ancora ad incartarsi
sulle scemenze che avvengono negli stadi per improbabili pantomime comuniste
che temono sempre di più la rimonta delle destre antisemite e razziste (a detta
loro) che potrebbero spazzarli via dalla scena politica del Paese, l’economia
italiana è sempre più appesa ad un filo, e il rischio default per l’Italia
diventa un’inquietante ma verosimile prospettiva. Si guarda con giusto sgomento
al polverizzarsi del valore dei titoli bancari messi sotto attacco dalla
raffica di vendite, e si assiste con ancor più grande preoccupazione al crollo
del valore delle obbligazioni bancarie subordinate. Il 2015, è ben noto, è
stato l’anno dei Fondi di investimento e di gestione del risparmio: hanno
aumentato la raccolta a dismisura, approfittando dei bassi rendimenti offerti
sui depositi bancari e delle inquietudini dei risparmiatori per le troppe e
spesso incomprensibili decisioni delle autorità europee di vigilanza sul
settore bancario. Tra l’altro, quelli che operano in Italia, quale che sia la
loro nazionalità, investono all’estero la gran parte della raccolta: è una vera
e propria esportazione di capitale, assolutamente legale, che impoverisce
costantemente l’economia reale. La ragione è semplice: mentre il risparmio
bancario viene principalmente trasformato in credito, l’investimento
finanziario viene piazzato su titoli quotati sul mercato. Quello italiano è
troppo piccolo e concentrato addirittura sulle azioni bancarie, e quindi è
giocoforza andare ad investire fuori. Mettere sotto pressione il sistema
bancario significa quindi dirottare risorse dal credito alla finanza,
dall’Italia all’estero. Si è aperta la caccia al
risparmio italiano: nel triennio 2010-2012, i mercati si infuriarono contro
l’Italia, per la denunciata insostenibilità del debito pubblico. Il risultato
economico fu devastante, per via della recessione determinata dalle manovre
economiche dei diversi governi dell’epoca, da Berlusconi a Monti, ma ancor più
drammatico è stato il deflusso di risorse finanziarie verso la Germania,
ritenuta il porto sicuro all’interno dell’euro. Le banche tedesche hanno fatto
il pieno di depositi, traboccano di liquidità con enorme beneficio per le
imprese tedesche e per i bilanci pubblici che pagano addirittura tassi negativi
sui prestiti e sui titoli emessi. Orami è chiaro: c’è chi cerca la
delegittimazione dell’Italia nel confronto internazionale. Prima il
debito pubblico italiano, ora le banche: è sempre al nostro risparmio che si dà
la caccia. Mentre va tappare i buchi degli altri, il suo deflusso crea voragini
nella nostra economia.
I GIOCHI “SPORCHI” DELLA BUNDESBANK E DI SOROS SULLA
PELLE DELL’ITALIA
Dell’affossamento
della Lira nel 1992 dobbiamo ringraziare soprattutto il miliardario americano
George Soros, che da speculatore astuto quale è, ha capito l’estrema fragilità
ed aggredibilità della Lira rispetto ad altre valute europee, il tutto grazie
all’assoluta e colpevole assenza di vigilanza da parte della Bundesbank, che
notoriamente delle sorti dell’Italia se n’è sempre altamente infischiata. "Mi ero basato sulle dichiarazioni della
Bundesbank - ha ammesso Soros diversi anni dopo - che dicevano che la
banca tedesca non avrebbe sostenuto la valuta italiana. Bastava saperle
leggere". Nessun segreto, insomma. Nessuna informazione riservata o
soffiata nei salotti dell'alta finanza. Solo una lucida, ma spietata, comprensione
della realtà, che Soros sintetizza con una formula particolarmente efficace:
"Gli speculatori fanno il loro lavoro, non hanno colpe. Queste semmai
competono ai legislatori che permettono che le speculazioni avvengano. Gli
speculatori sono solo i messaggeri di cattive notizie". La società di
allora di Soros, il fondo Quantum, capito che la lira era senza protezioni, la
vendette al ribasso (allo scoperto), cioè guadagnò dalla differenza di prezzo
dopo una compravendita massiccia che contribuì a spingerne le quotazioni sempre
più in basso. L'affossamento della Lira servì poi al sistema dei grandi
finanzieri internazionali per aumentare le tasse (l'ICI arrivò proprio allora)
e mettere le mani sui beni statali: colossi come Eni, Enel e Telecom, società
strategiche e preziosissime, oggi risultano praticamente rovinate o ridimensionate
da questi volponi dell’alta finanza. Poi è arrivato l’euro, una moneta con il
cambio che non ha nessun margine. Mentre la Lira poteva al massimo svalutarsi,
ma non causare inflazione. Questo sistema di cambi fissi ha affossato
l'economia italiana senza se e senza ma e non rispetta le dinamiche
"naturali" proprie della bilancia dei pagamenti. Dopo aver
affossato la Lira con un euro che ha fortemente depresso la nostra economia,
ora tocca al sistema bancario nel mirino di un altro magnate dello stampo di
Soros: lo speculatore americano Ray Dalio patron del fondo Bridgewater che ha scommesso 713 milioni di dollari contro le
banche italiane, lasciando col fiato sospeso migliaia di
investitori proprietari di quote di Unicredit, Banca Intesa, Generali ecc… Si
tratta della “scommessa più ampia in Europa” fatta dal fondo speculativo
Bridgewater, ha commentato il Sole24Ore. Le regole Bce potrebbero mettere in affanno le
banche con molti crediti deteriorati, e Ray Dalio vuole approfittare di questa
difficoltà scommettendo con le solite tecniche short (un sistema di prestito al
ribasso) proprio come fece Soros nel 1992 con la Lira. Uno dei mali della finanza non consiste tanto nel
prestare capitali a soggetti in futuro insolventi, ma nel concedere la possibilità di scommettere al ribasso
grosse cifre. Gli short in borsa non servono affatto a fornire di
liquidità il mondo finanziario. Quando parliamo di short con piccole cifre
stiamo parlando di pura speculazione, non di investimento. Il problema si ha
quando si consentono certe operazioni di ingegneria finanziaria con milioni di
dollari. In tal caso si tratta solo di un
atto politico usato contro gli Stati avente lo scopo di pilotare le scelte
legislative di un paese e di affossare economie ritenute competitive e
avversarie. La responsabilità più grande ricade non, o non solo, su chi compie
tali operazioni ma soprattutto su chi le consente colpevole di “giocare” sulla
pelle di migliaia di persone che si vedono ridotte sul lastrico da un giorno
all’altro. Pleonastico ammettere che l’Italia sia tornata sotto
attacco o lo sia sempre stata. E c’è chi afferma, non a torto, che dal 2019
l’Italia potrebbe dover affrontare un default causato anche dal cambio della
guardia tra Draghi e il tedesco Weidmann alla guida della BCE. L’asse USA-Germania
contro l’Italia potrebbe riservarci ancora delle (brutte) sorprese.
CINZIA PALMACCI