LE RAGAZZINE DESIREE E GIUSEPPINA
VIOLENTATE ANCHE NELLA MEMORIA
DAGLI SCIACALLI DI SINISTRA
CHE COME I MUSULMANI E IL CORANO
LEGITTIMANO GLI ABUSI SU CERTE DONNE.
A LONDRA 631 MINORENNI STUPRATE
DA UNA GANG DI PAKISTANI
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
© COPYRIGHT GOSPA NEWS
divieto di riproduzione senza autorizzazione
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La sedicenne Desirèe, imbottita di un mix micidiale di stupefacenti e farmaci, stuprata a turno per 12 ore da belve africane accolte in Italia con permessi temporanei per ragioni umanitarie (scaduti per mancanza di requisiti), riceverà l’ultimo saluto oggi a Roma in una giornata di lutto nazionale. Il suo corpo dilaniato dagli abusi dei suoi aguzzini è stato per giorni oggetti di un ulteriore vilipendio, una tortura alla memoria compiuta da molti opinionisti di sinistra che invece di guardare alla brutale violenza di cui è stata vittima, alla tragica morte, si sono concentrati sulla sua dipendenza dalla droga e sulla sua vita borderline. Da sciacalli in cerca dei riflettori si sono accaniti sulle sue debolezze senza usare quel minimo di pietoso silenzio che la vicenda avrebbe richiesto, senza pensare che se una ragazzina finisce in quel teatro di orrendo degrado la colpa non è soltanto sua o della famiglia ma anche di una società che rende icone dei giovani cantanti drogati e dà battaglia per la liberalizzazione degli stupefacenti con il benestare di tutti gli spettatori moralisti. Desirèe non è considerata vittima perché non fa parte di quel mondo radical chic che difende i rigurgiti ideologici dei centri sociali così come il diritto allo stupro degli africani perché “non è nella loro cultura” il rispetto della donna. Desirèe è finita nel tritacarne diffamante dei buonisti che hanno a cuore solo il futuro dei nerboruti neri e considerano le ragazzine balorde assai lontane dalla loro cinica etica. Desirèe per quella sinistra è di un’altra razza che non merita pietà: proprio come Giuseppina Ghersi la tredicennne ligure stuprata, torturata e uccisa dai partigiani rossi nell’Italia già liberata. Violentata ancora una volta nei giorni scorsi quando qualche infame barbaro di sinistra ha vandalizzato la lapide posta dal Comune di Noli a memoria della sua tremenda morte.
GIUSEPPINA, SIMBOLO DI STUPRI E FEMMINICIDI PARTIGIANI
Giuseppina Ghersi è diventata il simbolo di quei femminicidi partigiani, nella maggior parte dei casi commessi dopo l’onta dello stupro, compiuti dai vincitori nei giorni successi alla Liberazione d’Italia, quando cioè non c’era nemmeno più l’effimera giustificazione di una guerra in corso a motivare crimini bestiali contro i più deboli. Lasciamo il suo racconto alle parole di Gianpaolo Pansa che ha ricordato queste vittime nel libro Il sangue dei vinti: «A Savona, la fine della guerra civile vide esplodere subito un’ottusa barbarie. La mattina del 25 aprile una ragazzina di 13 anni, Giuseppina Ghersi, venne sequestrata in viale Dante Alighieri e scomparve. Apparteneva a una famiglia agiata, commercianti ortofrutticoli». Non erano nemmeno iscritti al Partito Fascista Repubblicano, ma aveva un parente iscritto cui avrebbe riferito “qualcosa che non doveva vedere”, secondo Pansa, secondo altre fonti in qualità di allieva delle magistrali Rossella era stata premiata per un concorso scolastico direttamente da Mussolini proprio per un tema elogiativo del Duce. «I rapitori di Giuseppina decisero subito che lei aveva fatto la spia per i fascisti o per i tedeschi. Le tagliarono i capelli a zero. Le cosparsero i capelli di vernice rossa» si narra nel libro. La condussero in una scuola media di Legino (Savona) adibita a campo di concentramento: «Qui la pestarono e la violentarono. Un parente che era riuscita a rintracciarla a Legino la trovò ridotta allo stremo». Aveva solo tredici anni, tredici! Dopo le barbarie dello stupro e delle torture fu uccisa il 27 aprile, onde evitare che un giorno potesse testimoniare contro qualcuno dei suoi carnefici. Una denuncia per questa atroce violenza fu depositata presso la Questura di Savona nel 1949 ma i suoi aguzzini rimasero senza volto in quella terra savonese dove la cultura rossa faceva e fa ancora proseliti. Chi vide il suo cadavere, gettato nei pressi del cimitero di Zinola come uno straccio vecchio, lo descrisse così: “L’orrore era rimasto impresso sul suo viso, una maschera di sangue, con un occhio bluastro, tumefatto e l’altro spalancato sull’inferno”.
POLEMICHE PER LA TARGA IN MEMORIA DI GIUSEPPINA
A oltre 70 anni dalla sua morte il Comune di Noli ha voluto celebrare la memoria di una ragazzina falcidiata nel fiore della gioventù senza motivo, senza vergogna e senza pietà. «Ci sono voluti più di settant’anni per dedicare una targa a Giuseppina Ghersi in quel di Noli, provincia di Savona, ma il risultato è un nuovo insulto, anzi una nuova violenza contro questa fanciulla, vittima di sevizie inenarrabili» scrisse Stefano Zurlo su Il Giornale l’anno scorso narrando le polemiche suscitate da quell’epitaffio e riportando le dichiarazioni anacronistiche del presidente provinciale dell’Anpi Samuele Rago: «Giuseppina Ghersi al di là dell’età era una fascista. Era una ragazzina ma rappresenta quella parte là. Una iniziativa del genere ha un valore strumentale: protesteremo col Comune di Noli e con la Prefettura». Una sentenza tanto impietosa da apparire disumana, proprio perché pronunciata 70 anni dopo la cruenta vicenda, proprio perché riguardava una fanciulla violentata e torturata anche in violazione palese della Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra (posto che nemmeno lo poteva essere). Una convinzione che ha innalzato un muro di fronte alla possibilità di ammettere l’efferatezza e dissenatezza del crimine, che pare quasi giustificare lo stupro e l’uccisione. Esattamente come oggi i salotti buoni della sinistra fanno con quello di Desirèe perché drogata e dedita alla frequentazione di quegli stessi immigrati fuorilegge che la stessa intellighenzia rossa protegge da ogni accusa di pericolosità.
LA LAPIDE COMMEMORATIVA VANDALIZZATA
Ebbene questa cultura dell’odio del nemico è sfociata nei giorni scorsi in un ulteriore vilipendio alla memoria della piccola Giuseppina: la sua targa commemorativa è stata vandalizzata, probabilmente a colpi di scalpello. A distanza di oltre mezzo secolo danno troppo fastidio quelle parole scritta su una lastra di marmo: “A tua memoria sfortunata bambina ogetto di ignobile viltà”. Parole nelle quali, a differenza delle lapidi sugli eccidi nazifascisti, non emerge nemmeno l’accusa generica contro i partigiani che la catturarono, stuprarono ed uccisero. Un atto di vandalismo ideologico che, come fa notare Il Giornale «è stato messo a segno proprio nei giorni in cui Savona si preparava ad accogliere la marcia antifascista promossa dall’Anpi e dal coordinamento antifascista savonese». Giuseppe Niccoli, il Sindaco di Noli che aveva deliberato al deposizione della lapide è sbigottito: «Sono rimasto davvero senza parole quando mi hanno riferito dell’atto vandalico. Questo sì che è un comportamento violento e da fascisti». Adesso, spiega, si procederà alla stima del danno e si valuterà come intervenire. Anche il professore Roberto Nicolick parla di «una spirale di odio che non accenna a fermarsi» e condanna «questi soggetti che non hanno alcun ritegno a compiere gesti infami». Gesti infami che sanno di vendetta e, soprattutto, fetano di rivendicazione dello stupro legittimo nei confronti delle donne che hanno una fede politica differente. Esattamente come fanno i musulmani legittimati da alcuni passi del Corano…
L’ABUSO DELLE SCHIAVE SANCITO DAL CORANO
L’odio verso il nemico infedele è insito nella cultura del Jihad sostenuta dal Corano come dagli integralisti islamici. E da tale acrimonia con conseguente diritto alla rappresaglia non si salvano le donne che, secondo Maometto, Allah ha creato inferiori all’uomo e da lui dipendenti. Inequivocabile il contenuto della Sura IV del Corano dedicata ad An-Nisâ’ (Le Donne) che al versetto 24 recita: Vi sono vietate «tra tutte le donne, quelle maritate, a meno che non siano vostre schiave. Questo è ciò che Allah vi prescrive. A parte ciò, vi è permesso cercare utilizzando i vostri beni in modo onesto e senza abbandonarvi al libertinaggio. Così come godrete di esse, verserete loro la dote che è dovuta. Non ci sarà alcun male nell’accordo che farete tra voi, oltre questa prescrizione. Invero Allah è sapiente e saggio». Praticamente un invito a fare schiave le nemiche della fede islamica, ovvero tutte le donne cristiane e di altre religioni, e ad abusarne! Un suggerimento che come ben sappiamo è stato preso alla lettera dai guerriglieri nigeriani di Boko Haram come dai militanti dell’Isis e di altre organizzazioni terroristiche. Mentre l’Occidente si lava la coscienza conferendo il Nobel per la Pace alla 25enne Nadia Murad Basee Taha, l’attivista per i diritti umani irachena rapita nel 2014 e tenuta in ostaggio da parte dello Stato Islamico insieme alle altre centinaia di yazide stuprate e trattate come schiave sessuali, nessuno dei buonisti ha il coraggio di ammettere che l’invito alla riduzione in schiavitù sessuale è scritto chiaramente nel Corano e sta facendo vittime ovunque. Secondo la giornalista del New York Times Rukmini Maria Callimachi «l’istituzionalizzazione dello stupro viene usata oggi anche come strumento di reclutamento per nuovi potenziali miliziani, soprattutto per gli uomini che provengono da società musulmane molto conservatrici dove il sesso viene considerato un tabù e frequentare una donna fuori dal matrimonio è proibito dalla legge».
«Dopo il terrorismo islamico, il jihad sessuale – avvertì Geert Wilders, leader del Pvv olandese, in una lettera aperta indirizzata al primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, nel tentativo di evitare un esito ineluttabile – Non trascorrerà molto tempo prima che gli attacchi di grandi gruppi alle donne si verifichino anche in Olanda. Le ho chiamate bombe al testosterone, ma è molto peggio. Questo è terrorismo sessuale, questo è jihad sessuale». A differenza di quanto sostengono alcune opinioniste di sinistra il problema degli stupri commessi da africani ed asiatici non è dovuto al fatto che per la loro cultura non è comprensibile tale offesa bensì che tale forma di sopruso è propria della loro cultura islamica. Come evidenzia la terribile storia della banda pakistana degli stupri scoperta a Londra qualche anno fa.
LE 631 RAGAZZINE VIOLENTATE DAI MUSULMANI A LONDRA
Come riporta il sitoweb di Magdi Cristiano Allam nel 2012 ci fu una notizia tremenda cui nessuna trasmissione televisiva dedicò grande attenzione: «Hanno violentato 631 ragazzine negli ultimi 5 anni. La polizia inglese ha sgominato una banda di pedofili pakistani responsabili di violenze sessuali su minorenni prelevate da case di accoglienza per minori.
La sconvolgente vicenda è venuta in luce a Liverpool, in seguito alla condanna di nove uomini di origine asiatica. Secondo quanto riporta il quotidiano Times la vicenda avrebbe dimensioni molto più vaste di quelle emerse durante il processo.
La gang finita in carcere per aver organizzato la tratta delle giovani era composta da britannici di origini pachistane e da un afghano in attesa di asilo. Si tratta di tassisti o fattorini di take-away tra i 22 e i 59 anni. Sono stati condannati per stupro, traffico di minori e pedofilia per un totale di 77 anni di prigione. Le vittime erano tutte ragazzine bianche fra i 12 e i 16 anni.
Venivano adescate con la promessa di cibo, sigarette o carte di credito telefoniche. Poi drogate o ubriacate e trasportate in giro in appartamenti, pub, negozi di kebab e taxi di Greater Manchester, Lancashire e West Yorkshire (nord dell’Inghilterra), vendute per atti sessuali. Due di loro sono morte dopo gli stupri».
L’ULTIMO STUPRO DI GRUPPO A FRIBURGO E ROMA
Crimini orrendi che divengono atti contro l’umanità perché compiuti con la riduzione in schiavitù delle vittime e in nome di una presunta giustificazione di fede. Proprio come le violenze dei partigiani rossi contro la piccola Giuseppina che proseguono ancora oggi nei confronti della sua memoria. Proprio come le offese alla sedicenne Desirèe sottoposta al linciaggio postumo solo perché troppo imprudente nel suo stile di vita. Una motivazione che fa tornare alla mente le sentenze di assoluzione per l’incauto uso di provocanti minigonne e ci riporta ad un altro caso di cronaca degli ultimi giorni: la violenza di gruppo compiuta il 14 ottobre a Frigurgo, in Germania, ai danni di una ragazza tedesca colpevole di essere andata in discoteca e di aver accettato un drink drogato con sedativi. La giovane sarebbe stata poi è stata trascinata in un bosco e, proprio come Desirèee, stuprata a turno da più persone: in manette sono finiti sette siriani ed un venticinquenne tedesco. La maggior parte degli arrestati viveva nei campi profughi nelle vicinanze e ciò ha suscitato subito le veementi reazioni di cittadini e dei militanti politici Afd. Ennesimo stupro di gruppo, ennesimo abuso ad opera di musulmani che il buonismo di chi non si fa tangere da queste bestiali storie di violenza non vuole etichettare come pericolosi: col pericolo incombente, quindi, che una ragazza sedicenne non comprenda il rischio di frequentarli…
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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