Né i vertici della Santa Sede né la Procura hanno fatto questa connessione. Chi ha interesse a farla?
I frammenti delle ossa di un bacino, ritrovati casualmente sotto un pavimento della Nunziatura apostolica presso lo stato italiano, appartengono a una donna. Ma per sapere se siano davvero i resti di Emanuela Orlandi o di Mirella Gregori occorrerà attendere ancora tre o quattro giorni. Intanto però c'è un giallo che sta agitando i vertici della Santa Sede e la Procura di Roma (di cui si parlerà stasera in una puntata speciale di Atlantide alle 21,15 su La7). Perché l'accostamento tra la scoperta fatta nella giornata di lunedì e la scomparsa delle ragazze (Mirella, il 7 maggio del 1983; Emanuela, il 22 giugno dello stesso anno) non è stata fatta ufficialmente da nessuna delle due fonti. Dunque, chi sta soffiando sul fuoco di due casi irrisolti che da 35 anni alimentano sospetti di depistaggio, accuse di omertà e scuotono i rapporti tra Stato e Chiesa?
Andiamo per ordine, cominciando dai fatti. Dentro Villa Giorgina in via Po 27, dal 1959 sede della Nunziatura Apostolica in Italia, erano in corso da alcuni giorni i lavori di ristrutturazione dei locali seminterrati. Ed è qui, pochi centimetri sotto un pavimento malmesso che gli operai stavano rimuovendo, che è avvenuto il primo di due ritrovamenti. Non uno scheletro intero, come è stato detto, ma alcune decine di frammenti di ossa di dimensioni ridotte: una porzione di scatola cranica, di un bacino, alcune vertebre, una testa di femore, quelli riconoscibili. Mentre il secondo ritrovamento, ancora qualche decina di frammenti, è avvenuto a poca distanza ma sempre sotto lo stesso pavimento.
A questo punto, nonostante la Nunziatura goda del vincolo di extraterritorialità (ma di terzo livello), la Gendarmeria vaticana ha avvertito l'Ispettorato di polizia del Vaticano che a sua volta ha fatto intervenire la Scientifica. E si è cominciato a scavare più a fondo, sotto la supervisione della Procura di Roma che ha aperto un'indagine per omicidio e ha investito del caso anche la Squadra Mobile. I resti, secondo un primo esame effettuato sul posto, potrebbero essere attribuibili ad una o due persone morte in un arco di tempo che va dai 20 ai 40 anni fa. Ma è una ipotesi ancora priva di certezze scientifiche. Mentre sembra che i primi test eseguiti in laboratorio abbiano stabilito almeno che le ossa del bacino ritrovate appartengano ad un individuo di sesso femminile.
In queste ore il tentativo che viene fatto è proprio quello di accertare età, sesso, cause della morte ed estrarre dai frammenti un Dna pulito da poter comparare con quelli dei componenti delle famiglie Orlandi e Gregori. Per il momento, il Vaticano si è limitato solo a confermare in un comunicato il ritrovamento e la richiesta di collaborazione alle autorità italiane. Ma è filtrata lo stesso una forte irritazione per l'accostamento tra la scoperta delle ossa e la scomparsa delle due ragazze. Mentre il Procuratore capo Giuseppe Pignatone ha informato questa mattina il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, e il suo legale Laura Sgrò degli accertamenti tecnici che sono già in corso. "Chiederemo alla Procura di Roma e alla Santa Sede in che modalità sono state trovate le ossa e come mai il loro ritrovamento è stato messo in relazione con la scomparsa di Emanuela Orlandi o Mirella Gregori. Il bollettino della Santa Sede fornisce poche informazioni. Sarebbe bene che chiarissero chi ha fatto il collegamento", ha dichiarato ieril'avvocatessa Sgrò dopo l'incontro con Pignatone.
Il caso di Emanuela Orlandi, figlia di un dipendente della Santa Sede e scomparsa nel 1983 al termine di una lezione di musica nel complesso di Sant'Apollinare a due passi da Piazza Navona, è stato certamente il più clamoroso dei due. Per il coinvolgimento, poi risultato un depistaggio, dell'attentatore di Giovanni Paolo II, il turco Ali Agca. E poi per il sospetto che la sparizione della ragazza, che all'epoca aveva 15 anni, sia stata utilizzata per un ricatto alla Santa Sede da parte di un'organizzazione criminale che aveva investito e perso decine di miliardi nello Ior, la banca vaticana allora guidata dal discusso monsignor Marcinkus. Il ricatto sarebbe stato gestito da Renatino De Pedis, uno dei capi della Banda della Magliana, che fu incredibilmente sepolto proprio nella basilica di Sant'Apollinare grazie ad una dispensa speciale firmata dal cardinale Poletti.
Il sospetto che nella stessa tomba fossero occultati anche i resti della ragazza, spinse gli inquirenti a chiedere e ottenerne l'apertura e l'ispezione. Anche in quel caso furono rinvenute centinaia di ossa, ma nessuna attribuibile a lei. E il giallo, tra anonimi telefonisti con accento americano, aperture alla trattativa da parte dell'allora segretario di Stato cardinale Agostino Casaroli e richieste alle autorità italiane di farsi da parte, si trascina insoluto da allora. Oggi Emanuela Orlandi avrebbe 50 anni. E la sua famiglia, con il fratello Pietro in testa, non ha mai smesso un giorno di chiedere la verità al Vaticano di cui era cittadina. E nonostante la magistratura abbia archiviato il caso, che quei frammenti di ossa ritrovati lunedì potrebbero clamorosamente riaprire.
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