Il caso della nave Diciotti si ribalta e scoppia in faccia al pm
rosso di Agrigento, Luigi Patronaggio.
Dopo il rinvio dell’inchiesta a Catania, competente per territorio, quindi Patronaggio ha esulato dai propri poteri, il tribunale dei ministri dà ragione a Matteo Salvini su tutta la linea: “Nei primi giorni di intervento della nave Diciotti al largo di Lampedusa, per il salvataggio dei 190 migranti che si trovavano a bordo di un barcone proveniente dalla Libia, non sono emersi reati. Fu anzi difeso meritoriamente dalla Guardia costiera l’interesse nazionale“, questo è nell’analisi che il tribunale dei ministri di Palermo ha consegnato nei giorni scorsi alla Procura dello stesso capoluogo siciliano perché trasmettesse gli atti alla competente Procura di Catania.
Nessun reato difesa della Patria.
Il collegio palermitano, presieduto da Fabio Pilato, Filippo Serio e Giuseppe Sidoti smonta la delirante tesi del ‘ricatto’ e parla “solo una attività di pressione diplomatica nei confronti di Malta, perché adempisse i doveri previsti dalle convenzioni internazionali che regolano il salvataggio e l’accoglienza dei flussi migratori. Poi la nave fece uno scalo nei pressi di Lampedusa, dove, con alcune motovedette, furono sbarcati 13 migranti ammalati. Gli altri 177, sempre in quella prima fase, non furono oggetto di alcun reato, men che meno il sequestro di persona, perché nei primi giorni si stava cercando una soluzione diplomatica per l’accoglienza, che poi non fu trovata”.
E “cercando una soluzione per lo sbarco a Malta, fece l’interesse del Paese al rispetto delle convenzioni da parte dei partner europei”.
Salvini merita una medaglia. Due, se la Diciotti l’avesse inviata in Libia.
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