sabato 20 ottobre 2018

La Banca Mondiale «contribuisce» al land grabbing

Vogliamo far fronte all'emigrazione di massa dall'Africa? Cominciamo ad aiutare gli africani a combattere l'odioso land grabbing, o furto di terre ai contadini. Che il fenomeno dell’accaparramento di terre coltivabili da parte di grandi compagnie straniere porti fame, violenze, repressioni, sgomberi e perdita dei mezzi di sostentamento per i piccoli agricoltori in Etiopia, e più in generale nei paesi in via di sviluppo, è qualcosa di cui si parla da qualche anno. Quello che è meno noto, invece, è che tra i complici di questo processo ci sarebbero anche enti che, per loro natura, dovrebbero remare nella direzione opposta. «Stanno contribuendo a questo disastro l’Unione europea, la Banca Mondiale e il Dfid», il Dipartimento per lo sviluppo internazionale del governo del Regno Unito. C’è tutto questo in “Dead Donkeys Fear no Hyenas” (Gli asini morti non temono le iene), un recente documentario del regista svedese Joakim Demmer dedicato al land grabbing.
La vicenda che ha portato alla realizzazione di questo video è piuttosto interessante ed è lunga parecchi d’anni. Il film, si legge nella nota di presentazione ufficiale scritta da Demmer, «fu innescato da una scena a prima vista di poco conto all’aeroporto di Addis Abeba, sei anni fa». Era notte e il regista stava aspettando un volo. «Mi è capitato di vedere alcuni lavoratori stanchi che stavano caricando alimenti su un aereo destinato all’Europa», scrive Demmer, «e, allo stesso tempo, un altro gruppo era occupato a scaricare sacchi con aiuti alimentari da un secondo aereo». Il regista ammette quindi che «ci è voluto un po’ di tempo per realizzare il vero significato della scena, cioè che questo paese colpito dalla fame, dove milioni di persone dipendono da aiuti alimentari, sta esportando cibo verso di noi».

Foto WG Film

Indagando su questa situazione – ricostruisce il sito svedese Arbetet Global – Demmer incontrò un giornalista locale che si occupava di temi ambientali e che stava cercando informazioni sul parco nazionale Gambela. I due iniziarono a collaborare e scoprirono così che gli investitori di Saudi Star Agricultural Development avevano avviato una azienda agricola di riso. E proprio per permettere la vendita della terra agli investitori, il governo etiope aveva cacciato la popolazione locale. «In Etiopia il land grabbing è fatto anche con la forza», ha detto il regista alla testata svedese, «la gente non se ne va volontariamente dalle proprie case».
Le condizioni per continuare a seguire la storia furono parecchio complicate. Come spiega ancora Demmer. «L’Etiopia è una vera dittatura anche se si svolgono elezioni. L’apparato governativo è ovunque. Se quattro persone si riuniscono in un posto, per lo meno una di loro andrà a fare un rapporto alla polizia segreta. Per questo motivo, sin dall’inizio, abbiamo dovuto chiederci se fosse possibile raccontare questa storia senza compromettere la sicurezza di altri».
Ebbene, durante lo svolgimento del documentario è capitato anche che due giornalisti svedesi fossero arrestati in Etiopia, Martin Schibbye e Johan Persson, mentre Demmer continuava a filmare «sotto il radar del regime etiope», scrive l’Arbetet Global. Che aggiunge che il paese africano dipende dagli aiuti alimentari d’emergenza, che vanno a circa 3 milioni di abitanti, e che la Banca Mondiale ha supportato il programma di sviluppo “Protezione di servizi di base” con miliardi di dollari. Ed è proprio a questo proposito che il documentario mostra le complicità della Banca Mondiale con il land grabbing.
«In diverse parti dell’Etiopia il programma di sviluppo ha funzionato, ma in molte regioni il regime ha usato queste risorse disponibili per mandare via le persone limitando gli aiuti solo ai nuovi insediamenti», dice ancora il regista. «Nuovi villaggi che servono come una sorta di alibi per il governo etiope».
Quanto al ruolo della Banca Mondiale, il regista ha specificato che l’organizzazione «era informata della situazione sin dall’inizio, ma ha scelto di ignorarla. Alla fine fu avviata un’inchiesta interna, ma hanno ignorato le testimonianze degli abitanti locali».
Nel documentario ci sono racconti di violenze e tradimenti fatti da diversi testimoni. Secondo Demmer, dunque, le popolazioni locali non sono più solo dipendenti dagli aiuti alimentari, ma a risentirne è la loro identità culturale, che sta morendo visto che non hanno più accesso alle terre legate alla loro storia.

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