L'isola di Borneo se la dividono fra Indonesia, Malesia e Brunei, e fino a quaranta anni fa per tre quarti era coperta da foreste con tutta la magnifica biodiversita' di flora e fauna che portano con loro.
E poi arriva l'uomo, con deforestazione, piantagioni monocultura, industria del legno. Muore la foresta, muore la vita.
E cosi, dal 1999 al 2015 sono andati persi 100,000 orangotanghi che non sono sopravvissuti alla deforestazione, alla perdita di habitat, alla caccia selvaggia. E se tutto continua come finora, entro il 2050 saranno persi altri 45,000 esemplari.
internazionali guidati da Maria Voigt del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, in Germania.
Gli studiosi hanno esplorato le foreste del Borneo e seguito il fato di quasi 37,000 nidi di orangotanghi nel periodo che va dal 1999 al 2015. Nel 1999 il numero di nidi erano di 22.5 per chilometro percorso, nel 2015 si era arrivati a10.1 nidi per chilometro.
Calcolando la natalita' tipica da ciascun nido e il numero totale, hanno poi stimato le perdite di orangotanghi sulla cifra di 148,500 individui.
In piu' i dati sono stati studiati diverse popolazioni di orangotanghi presenti su Borneo, ed emerge che dei 64 gruppi presenti solo 38 hanno una popolazione adeguata a garantire la sopravvivenza sul lungo termine: cento individui.
Maria Voigt dice che nessuno si aspettava questo tipo di declino, e che le cause sono nel degrado dell'habitat di questi animali, con l'avanzare del disboscamento, dell'agricoltura intensiva e anche dell'uccisione diretta.
Nel 1973 si calcolava che vivessero in Borneo 288,500 esemplari di orangotanghi. A quel tempo, i tre quarti dell'isola erano ancora foresta.
Nel 2012 il censimento parla di 104,700 individui.
Nel giro di meno di 40 anni un terzo delle foreste del Borneo sono state distrutte dal fuoco, piantagioni di olio da palma, miniere, e dall'industria del legno.
Gli orangotanghi hanno bisogno di foreste per vivere e mal si adattano fuori.
Le perdite sono state maggiori in Kalimantan, la parte Indonesiana dell'isola e negli stati di Sabah e di Sarawak che appartengono alla Malesia invece.
La cosa pero' preoccupante e' che mentre Kalimantan e Sabah sono state antropizzate, Sarawak ha conservato le sue foreste. E perche' allora anche qui c'e' stata mortalita'?
Non si sono registrate qui ne epidemie o altre cause di morie di massa. La spiegazione: uccisioni dirette. Gli orangotanghi vengono uccisi per la carne, e per il commercio illegale di animali. Le mamme vengono uccise e i loro piccoli venduti sul mercato nero. A volte gli orangotanghi vengono uccisi perche' si allontanano dalle foreste ed entrano nei giardini o nei campi delle persone in cerca di cibo. A volte si spacciano le uccisioni di orangotanghi come "controllo delle pesti".
L'uomo si appropria dell'habitat degli animali, nascono i conflitti e l'animale ha sempre la peggio, visto che non hanno pistole con se.
E se i tassi di deforestazione restano cosi come sono, circa 215,000 chilometri quadrati in piu' di foresta andanno persi dal 2007 al 2020.
Il tasso di foresta dell'isola passera' dal 75% del 1973 al 24%.
Cosa fare? Secondo Maria Voigt occorre introdurre piu' misure per proteggere foreste e orangotanghi,
con sensibilizzazione ambientale e coinvolgimento delle comunita' locali.
Qualche passo e' stato fatto: il governo indonesiamo nel 2016 ha dichiarato una moratoria contro l'apertura di nuove piantagioni di palma in tutto l'arcipelago nazionale, e anzi i permessi dati nel 2015-2016 sono stati cancellati.
Come sempre, non solo solo gli orangotanghi nella lontana Indonesia, e' tutto il nostro pianeta che e' a rischio e occorre che tutti facciamo la nostra parte. Un consumo responsabile ed etico, rompere le scatole a chi di dovere, cercare di riparare quello che e' andato perso, dalla pulizia delle nostre spiagge all'uso di fibre non sintetiche.
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