venerdì 21 settembre 2018

MONITO ALLA NATO: NESSUN DIKTAT AL NUOVO GOVERNO ITALIANO



Dopo la velata minaccia di Jens Stoltenberg e della NATO, il neonato governo italico pare aver assunto subito un atteggiamento più cauto nei riguardi dell’abolizione delle sanzioni alla Russia. Del resto, il premier Conte aveva comunque rassicurato lo storico alleato yankee circa la solida alleanza militare che l’Italia avrebbe continuato a rispettare, nonostante l’apertura alla Russia di Putin. Ma si sa, il nostro Paese ha una lunga tradizione in fatto di cerchiobottismo, quell’atteggiamento a metà tra il pavido e il precauzionale che ci impedisce di essere considerati credibili nei contesti internazionali. L’aver ceduto il nostro territorio alle basi militari americane è stata una mossa non certo ascrivibile al governo attuale, ma risale almeno al dopoguerra in concomitanza con la nascita della NATO. Tuttavia, è stato un atto palesemente in contrasto con la nostra Costituzione che, come si sa, ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Le basi militari americane in Italia sono diventate particolarmente invasive e pericolose, a causa degli impianti MUOS che non pochi problemi di salute stanno procurando alla popolazione siciliana, oltre al continuo stoccaggio di ordigni nucleari su un suolo come quello italiano che già presenta notevoli criticità dal punto di vista sismico. L’adesione dell’Italia alla NATO, avvenne in circostanze di particolare vulnerabilità per il nostro Paese e per l’Europa. Il nuovo governo che si formò dopo le elezioni del '48 dovette prendere atto che l'Europa era ormai divisa in due blocchi contrapposti, e che la sicurezza di un paese dipendeva dall'appartenenza all'uno o all'altro schieramento. Era da poco stata formulata la cosiddetta "dottrina Truman" (marzo 1948), in base alla quale gli Stati Uniti proponevano di aiutare economicamente i paesi europei in difficoltà attraverso il Piano Marshall, ed in questo contesto iniziò una serie di contatti con gli USA per ottenere garanzie di sicurezza in caso di attacco, essendo le Forze Armate nazionali tuttora lontane da una reale credibilità. Il governo di Washington, spinto da motivazioni di carattere politico ma al tempo stesso interessato a mantenere proprie basi nella penisola, d'importanza strategica per il controllo aeronavale del Mediterraneo, convinse l'Italia - già incline ad una scelta in senso occidentale -ad intavolare colloqui per l'inserimento in un'alleanza difensiva. L'Italia aveva scarse possibilità di partecipare attivamente ad un sistema militare integrato, a causa dalla precaria situazione economica e delle perduranti clausole restrittive del Trattato di Pace; la conseguenza più immediata dei contatti con gli Stati Uniti fu perciò un allentamento dei vincoli del Trattato e l'inserimento delle forze armate nazionali nel programma MDAP (Mutual Defense Assistance Programme) di aiuti militari americani. Ma dal 1948 l’Italia, grazie all’assistenza e all’esperienza militare americana, è riuscita a camminare sulle proprie gambe. Dal 1948 ad oggi, il nostro Paese è pronto ad emanciparsi da quella sudditanza psicologica verso i “liberatori” di un’America che si presentava ben diversa da come si presenta oggi. Grazie alla tecnologia e alla preparazione strategico-militare, i nostri ufficiali e soldati non hanno più nulla da invidiare ad altre potenze militari mondiali. Altri paesi europei quali la Francia e la Germania, hanno cominciato a proiettarsi in un futuro di “sganciamento” dalla NATO e dai suoi condizionamenti. La ragione principale sembra essere stato il cambio di leadership alla Casa Bianca con Trump. Le cancellerie europee hanno iniziato a comprendere che il futuro delle relazioni bilaterali fra Stati europei e Washington è giunta a un bivio. Trump non è uscito dal cilindro come in un gioco di prestigio, ma è il frutto di un’idea che da anni si cerca di concretizzare negli Stati Uniti, e cioè liberarsi da un eccesso di impegno delle forze americane in ogni settore del mondo concentrandosi esclusivamente sugli interessi degli Stati Uniti. Si dirà che in fondo questo è stato sempre lo scopo di ogni potenza, occuparsi dei propri interessi, e che gli Stati Uniti lo hanno sempre fatto coinvolgendo i propri alleati, tuttavia, è cambiato il metodo di approccio: con Trump non c’è più interesse a costruire un sistema liberale internazionale, ma c’è solo l’idea di salvaguardare il benessere degli Stati Uniti, quasi perdendo la forza messianica. Questo concetto è ben diverso da quelli perorati negli ultimi decenni e significa, traducendolo in concreto, che gli Stati Uniti non garantiscono più per i loro alleati storici, in particolare per l’Europa. Proprio sotto il profilo militare Trump ha iniziato a dire in maniera chiara ai suoi alleati che la musica è cambiata per tutti. La scelta di imporre il versamento di almeno il 2% di spese militari a favore dell’Alleanza Atlantica va proprio nella direzione di far comprendere a tutti che è iniziato un nuovo corso nelle relazioni fra Usa e alleati. In Europa, Francia e Germania hanno immediatamente colto l’occasione per iniziare a rendere effettiva quella proposta che da tempo latita nelle cancellerie europee: l’integrazione militare continentale. L’Unione europea ha fatto affidamento per decenni sulle capacità degli Stati Uniti e nel Regno Unito evitando di fare alcun passo in avanti per una struttura militare europea in grado di abbandonare la dipendenza dall’alleanza anglo-americana. La Francia quantomeno ha mantenuto un proprio arsenale nucleare e una capacità operativa importante come potenza regionale in grado di confrontarsi con i conflitti moderni, ma il resto dell’Europa, in primis la Germania, ha un deficit importante che però colmerebbe con un’eventuale alleanza francese. Il messaggio lanciato da Parigi e Berlino è abbastanza chiaro ed ha numerosi significati. Innanzitutto, la rinascita di un asse franco-tedesco comincia a diventare una realtà: l’elezione di Macron in fondo aveva questo obiettivo. È inoltre una presa d’atto importante che siamo di fronte ad un cambiamento epocale nelle relazioni atlantiche, che deve essere compresa e guidata prima di essere travolti dal corso degli eventi, che nell’ultima decade sembrano accelerarsi verso un mondo di instabilità e di conflittualità costante e latente. L’Europa, in sostanza, non può dimenticarsi di dover trattare anche il tema militare, senza pregiudizi ideologici o utopie umanitarie: anche la difesa è una questione centrale nel dibattito politico. Infine, altro dato da non sottovalutare, è che la Germania abbia deciso di essere qualcosa di più di una “semplice” potenza economica, ma di voler costruirsi anche una sua autonoma forza politica e militare. La Germania è la quarta potenza mondiale quanto a PIL ed è il nono Stato al mondo quanto a investimenti nel settore della difesa. Quanto all’Italia, per non essere da meno, conviene seguire la scia indipendentista intrapresa da Francia e Germania, magari con uno sguardo verso Est. La superiorità militare della Russia di Putin rispetto alla NATO è innegabile almeno da un triplice punto di vista: vantaggio geografico: la Russia è storicamente abituata a combattere a terra e dato il massiccio dispiegamento delle forze armate nella parte occidentale del Paese, Mosca può concentrare rapidamente i suoi militari; difesa aerea: la Russia ha un grande potenziale nella difesa aerea; armi: le armi russe stanno diventando sempre più potenti e i militari russi sempre più professionali. Non solo. La Russia ha introdotto diverse armi convenzionali avanzate, mentre gli USA e i suoi alleati investono poco nelle nuove tecnologie. Considerato inoltre che, in Europa, sia l’Austria che l’Ungheria sono già orientate pro Russia, l’Italia potrebbe giocare un ruolo importante nel totale cambiamento di paradigma degli attuali assetti geopolitici. Il risparmio di 72 milioni di euro al giorno che destiniamo per restare nella NATO, potremmo impiegarli per il potenziamento e l’addestramento dei nostri militari, e per recuperare qualche punto di PIL in più. D’ora in poi, la NATO non provi più a dettare la nostra agenda politica.
CINZIA PALMACCI


IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO CHE PUO’ TRAINARE I PATRIOTI D’EUROPA



A detta della stampa francese, i mercati e Bruxelles mostrano nervosismo verso il nuovo governo italiano.  Basti pensare che il debito quinquennale dell'Italia è esploso di oltre l'1%, lo spread è aumentato di oltre 20 punti base in una settimana. I mercati stanno cercando di spaventare il governo incaricato dell'Italia al fine di ottenere un’attenuazione delle loro posizioni sulla riforma e di mantenere uno status quo che però rischierebbe di distruggere un grande paese e una grande cultura. La Lega e il Movimento cinque stelle hanno chiesto una riduzione del debito di 250 miliardi di dollari dalla BCE. Questo quanto percepito dalla stampa francese. Non solo. Di tutti i punti che compongono l’accordo di governo Lega-5 stelle, secondo gli osservatori francesi, quello più clamoroso riguarda il ritiro delle sanzioni alla Russia. Se l'Italia riuscisse ad ottenere dall’UE l’eliminazione delle sanzioni russe, lavorasse ad un ripensamento dell’attuale fallace politica di immigrazione e fornisse un piano convincente per affrontare l’insolvenza bancaria, sarebbe una vittoria titanica. Il contratto di coalizione fra i “due partiti più populisti ed euroscettici italiani aumenta i rischi per il profilo di credito sovrano” dell’Italia, “in particolare attraverso un allentamento fiscale e il potenziale danno alla fiducia”. “Le posizioni dei due partiti populisti “aumentano il rischio sia di un ulteriore aumento del debito pubblico sia di una reazione destabilizzante da parte degli attori economici e dei mercati finanziari”. E’ netto il giudizio dell’agenzia di rating Fitch in una nota sulla situazione politica italiana, ricordando come nell’aprile 2017 proprio “il rischio politico era stato un fattore chiave nel downgrade dell’Italia a ‘BBB’”. “Italia: questa nuova alleanza che preoccupa l’Europa”: questo il titolo di apertura del quotidiano Le Monde, che sta dedicando ampio spazio al nuovo contratto di governo M5S-Lega. “L’Europa – dice Le Monde – si preoccupa di questo governo che non conta più di uscire dall’euro, ma che difende un programma ritenuto ‘delirante’ da numerose capitali. I populisti italiani prevedono una cancellazione di 250 miliardi di euro di debito pubblico e oltre 100 miliardi di nuove spese. I progetti della nuova coalizione fanno pesare il rischio di una crisi del debito sui mercati“,  avverte Le Monde, ricordando inoltre che né Luigi Di Maio né Matteo Salvini “dovrebbero diventare premier”. Un ampio articolo sulla Matinale du Monde spiega inoltre i motivi per i quali “gli europei tremano dinanzi al prossimo governo italiano”. “La prospettiva di una coalizione anti-sistema – continua La Matinale du Monde – lascia temere a Bruxelles che Roma infranga le regola di bilancio dell’Ue”. Secondo il quotidiano britannico "The Guardian" la reazione degli italiani rispetto alla prospettiva che un partito anti-istituzionale come i 5 Stelle si unisca a un rivale di destra come la Lega, per formare un nuovo governo, è piuttosto scettica. Non ci si domanda come questo governo che si va a formare, possa cancellare gli obiettivi di bilancio dell'Italia, tagliare le tasse, introdurre un reddito di cittadinanza e possibilmente contestare Bruxelles su una serie di trattati firmati. Per quanto concerne la politica estera dei paesi UE, la politica di pressione di Donald Trump su Iran e Russia crea il tipo di incertezza che nessuno può prevedere. Costringe i leader europei a riunirsi e dichiarare la loro opposizione ai dettami di Washington e a forgiare un'identità indipendente mentre cercano di porre fine alle divisioni e alla sfiducia culturale che hanno portato a questo momento, per mancanza di unanimità fiscale. Tutto ciò che i nuovi leader italiani hanno ben chiaro in mente. Ma la stampa francese è scettica sulla capacità del nuovo governo di poter riallineare la politica interna dell'Italia a proprio favore, costringendo però Bruxelles ad affrontare la responsabilità di far avanzare l'Europa in un modo molto più equo che in passato. Il gas russo e il petrolio iraniano sono necessari alla Germania per mantenere la sua competitività.  La minaccia dei dazi all’Europa di Trump come ricatto alla Germania sul gas russo, rischia di ripercuotersi sull’euro. Questo dovrebbe spingere la BCE a prendere finalmente provvedimenti sul debito. I popoli europei vogliono relazioni standardizzate con la Russia e il commercio aperto, in particolare l'industria tedesca. Ci sono decine di miliardi di opportunità di investimento in Russia e Crimea in attesa della fine delle sanzioni. L'Italia prevede di porre fine alle sanzioni russe a luglio. La Merkel, "riluttante" è tuttavia d'accordo. Nel 2017, durante un vertice bilaterale con Putin, Angela Merkel ha ribadito come “la Russia sia un partner importante del G20”. “Vorrei ci fossero le condizioni per togliere le sanzioni” alla Russia, che passano per “l’attuazione degli accordi di Minsk” sull’Ucraina, ha detto la cancelliera, sottolineando “l’importanza” del lavoro del Formato Normandia, “molto difficile” e che ha registrato anche “passi indietro”, ma nonostante tutto il processo va avanti. Ovviamente la soluzione della crisi è legata al processo politico di Minsk che si rivolge al futuro accordo, ha concluso. Vorremmo garantire che l’Ucraina abbia accesso al suo confine statale”. Donbass e Ucraina sono stati anche al centro del recente incontro bilaterale di Putin e Merkel a Sochi. Del resto, ammorbidire la politica sanzionatoria europea, creare spaccature tra i paesi membri dell'Ue per tornare a trattare in forma bilaterale, arginando Bruxelles e indebolendo la Nato, promuovere i propri interessi politici, assicurare che l'Ue rimanga dipendete dal gas russo e, non ultimo, promuovere l'idea della Russia e dell'Eurasia come modello culturale e politico alternativo al predominio dei "valori occidentali", sono alcuni dei motivi per cui, da alcuni anni, il Cremlino strizza l'occhio ai partiti anti-establishment in Europa, tra cui vi sono anche gli italiani Lega Nord e Movimento Cinque Stelle. Il fenomeno è diventato cosí esteso, che c'è chi ha parlato di una "potente associazione pro-Cremlino" al Parlamento europeo, dopo la nascita del gruppo politico "Europa delle Nazioni e della Liberta'" (Enf), formato da alcuni partiti nazionalisti, euroscettici, che chiedono l'uscita dei propri paesi dall'Euro e che guardano al presidente russo Vladimir Putin come un modello. Tra i leader dell'Enf: Marine Le Pen, del francese Fronte Nazionale e Geert Wilders, leader dell'olandese Party for Freedom. Ma l'"associazione pro Cremlino" in Europa ha sostenitori anche in altri paesi. Come la Spagna, dove il leader di Podemos, Pablo Iglesias, ha accusato l'Occidente di una "doppia morale" sulla Russia; oppure la Grecia, dove Alba Dorata e il partito del premier, Siryza, hanno rapporti non solo con Mosca, ma anche con il controverso Aleksandr Dugin, ideologo del neo-eurasismo russo. Secondo le indiscrezioni di Wikileaks, il partito bulgaro Ataka ha stretti legami con l'ambasciata russa a Sofia e non nasconde la sua simpatia per Putin. La formazione politica bulgara sostiene la necessità di riconoscere la Crimea come Russia. In Bulgaria il presidente è il filo-russo Rumen Radev, conservatore e fan di Donald Trump, favorevole all'abolizione delle sanzioni a Mosca. Contemporaneamente, in Moldova è stato incoronato presidente un altro putiniano, Igor Dodon, leader dei socialisti che si ispira apertamente al capo del Cremlino, di cui dice di ammirare il suo potere autoritario. Radev si oppone all'ingresso del suo paese alla Nato e promette di aderire all'Unione euroasiatica, guidata dalla Russia. I venti stanno cambiando e, con la sferzata italiana di questo nuovo governo, quanto pensate che ci mettano gli altri partiti europei anti-establishment a capire e a premere per voler seguire la stessa scia patriottica? L’unione di intenti e il coraggio possono smuovere montagne.
CINZIA PALMACCI





L’ERRORE FATALE DELLA CESSIONE DI SOVRANITA’ MONETARIA



L’errore madornale della politica è stato di aver aperto la strada alla tirannia dei mercati. Il vero obiettivo dell’Unione Europea e della BCE è sempre stato quello di privare i governi nazionali della loro sovranità politica e democratica. Dire che la rinuncia alla sovranità monetaria e l’autonomia della BCE comporta la sudditanza nei confronti delle banche, che sono le uniche ad arricchirsi ogni volta che uno stato si indebita e paga maggiori interessi, non è altro che descrivere la verità di un fatto incontestabile. Altra cosa invece sarebbe capire perché gli stati dell’eurozona e i dirigenti politici di ogni singola nazione abbiano scelto volontariamente di aderire a questo progetto strampalato di unificazione monetaria, che non ha alcuna base scientifica: secondo le più accreditate teorie valutarie sappiamo infatti che non esistevano in Europa i presupposti di mobilità dei fattori produttivi (capitale e lavoro) per potere fronteggiare eventuali shock asimmetrici. Quindi perché i nostri politici sono andati avanti lo stesso? Vagliamo alcune ipotesi: i nostri politici sono degli incompetenti e pensavano davvero che aggregarsi ad un progetto di moneta forte non svalutabile avrebbe comportato dei vantaggi per l’economia italiana; i nostri politici sono dei mercenari e sapevano già che un’unione monetaria così fatta avrebbe avvantaggiato soltanto i paesi strutturalmente più forti e costretto i più deboli a scaricare i costi sui salari dei lavoratori (svalutazione interna). Infine la via di mezzo: i nostri politici sanno e capiscono tutto ma non fidandosi della loro capacità di amministrare bene lo stato senza sperperi e sprechi, hanno preferito affidarsi al giudizio dei mercati finanziari, come se questi ultimi conoscessero meglio di chiunque altro quale sia il metodo più razionale e sostenibile per indirizzare gli investimenti. Questa terza ipotesi è sicuramente la più curiosa, perché prevede un misto fra l’incompetenza e la malafede. Togliere agli stati la possibilità di utilizzare la propria moneta e la propria banca centrale per finanziare la spesa pubblica affidandosi esclusivamente al sostegno dei mercati significa non capire affatto come funzionano i mercati finanziari internazionali. Gli investitori della finanza ragionano infatti sempre in un’ottica di breve periodo, cercando guadagni facili, alti e possibilmente privi di rischio, mentre uno stato per definizione deve concentrarsi sugli investimenti di lungo periodo, che includono il miglioramento delle infrastrutture pubbliche e il benessere sociale della cittadinanza, in termini di reddito e servizi. Fra le due visioni c’è un abisso di incompatibilità, che si è rivelata in tutta la sua grandezza nell’errata valutazione dei mercati dei titoli di stato di paesi con problemi strutturali come Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Italia, che per molti anni sono stati scambiati ad un valore abbondantemente al di sopra di quello reale. Fra l’altro se i mercati fossero così corretti, imparziali e precisi nelle loro scelte di investimento non assisteremmo con ciclica frequenza all’insorgere di bolle speculative o crisi finanziarie. Eppure i politici italiani hanno sempre creduto (ingenuamente o in malafede), nella validità universale e assoluta del giudizio dei mercati, appoggiando con convinzione la linea dell’austerità tedesca e le iniziative di aumento della pressione fiscale. Ma se i nostri politici auspicano tanto un cambiamento strutturale ed epocale dell’Unione Europea perché non cominciano a muoversi autonomamente? I nostri governanti aspettano forse che sia Macron a lanciarsi impavido contro i tecnocrati europei (cosa improbabile dato che deve a loro la sua fortuna politica), e la perfida Merkel, verificheranno quale sarà il risultato di questo scontro frontale e poi decideranno da che parte schierarsi. Ancora in Europa non si era mai vista una posizione così chiara, autorevole e determinata che indicasse nell’uscita dall’euro l’unica strada percorribile. Se confrontiamo la limpidezza della Le Pen in Francia con la confusa ambiguità del maggiore movimento politico di estrazione populista, il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, ci accorgiamo delle enormi differenze che esistono fra chi ha le idee chiare e chi invece sguazza nella propaganda fine a se stessa. Spulciando il programma del Movimento 5 Stelle non c’è nessuna posizione definitiva riguardo all’euro e alla sostenibilità dell’intera eurozona, perché a Beppe Grillo non interessa risolvere i problemi ma speculare e vivacchiare sui problemi esistenti. Ma se non vuole ritornare ad una piena sovranità monetaria, potrebbero spiegarci i grillini come intendono trovare i soldi per finanziare questi progetti? Vogliono aumentare le tasse? Oppure ridurre soltanto gli sprechi come è giusto che sia? E una volta azzerati gli sprechi e ridotto all’osso lo Stato, come continuare a finanziare gli altri progetti? Sanno i grillini che per detassare e sostenere con sussidi le imprese nazionali non bisogna avere vincoli di bilancio pubblico? In Italia quindi devono essere ben altri i movimenti e i partiti politici extra-parlamentari che devono sobbarcarsi l’impegno di una seria lotta all’euro, senza pregiudiziali o compromessi di sorta. Una lotta basata su dati di fatto reali, evidenze empiriche, ragionamenti logici che dimostrano come una moneta sbagliata, gestita in maniera sbagliata, può essere la più grave minaccia per la stabilità sociale ed economica di una nazione. Nessuno vuole fare una battaglia all’euro per partito preso, ma è l’euro stesso, per come è stato progettato e congegnato, a muovere una guerra devastante contro tutti i popoli europei. Se non si ha coscienza di questa verità, non si può andare da nessuna parte se non infilarsi nel vicolo cieco dell’austerità, dell’intervento sovranazionale della trojka (UE, BCE, FMI), della ristrutturazione del debito in stile greco e del ritorno al punto di partenza, senza avere risolto nessuna delle cause del tracollo. I politici e i cittadini europei devono cominciare a prendere in considerazione quello che prima era ritenuto impensabile. La storia è disseminata di unioni monetarie che si sono sciolte per palesi difetti di progettazione. L'Irlanda ha lasciato la zona sterlina. I paesi baltici sono fuggiti dal rublo russo. I cechi e gli slovacchi si sono separati reciprocamente. Perché l'euro non dovrebbe rompersi? I fondatori dell'euro sono stati troppo superficiali a non prevedere turbolenze capaci di evidenziare come accade oggi le lacune di progettazione, perché forse erano concentrati a creare un serio rivale del dollaro americano. E invece i padri dell’euro sono riusciti nell’impresa non facile di ricreare una versione moderna del gold standard, abbandonata quasi cento anni fa dai loro predecessori. Incapaci di svalutare la propria moneta, i paesi europei stanno lottando l’uno contro l’altro per cercare di riguadagnare competitività tramite la "svalutazione interna", vale a dire, spingendo verso il basso i salari e i prezzi. Uno dei motivi che tiene ancora in piedi l’euro è la paura di un caos finanziario ed economico senza precedenti. Un altro è l'impulso a difendere l'investimento politico pluridecennale nel progetto europeo e le proprie posizioni forti acquisite nel tempo, come quella della Germania. Non a caso la cancelliera tedesca Angela Merkel continua a ripetere che l’uscita dall’euro sarebbe "catastrofica". La signora Merkel però non è pronta a prendere i provvedimenti definitivi necessari per stabilizzare l'euro una volta per tutte. Il buon senso suggerisce che i leader europei dovrebbero iniziare a pensare a come gestire un'eventuale rottura improvvisa della moneta, ma nessuno di loro ha ancora il coraggio di pianificare un serio programma di uscita ordinata. Paradossalmente, sono gli stati fuori dall’euro come la Gran Bretagna a riflettere e valutare le varie alternative. Un gruppo di esperti inglesi vicini al Partito Conservatore euroscettico hanno indetto un concorso per premiare con 250.000 sterline il miglior piano per gestire l’uscita dall'euro dei paesi dell’eurozona. Uno dei concorrenti, Jonathan Tepper, ha elencato 69 casi di rottura di una valuta o unione monetaria nel secolo scorso. Nella maggior parte degli esempi riportati i paesi coinvolti non hanno avuto gravi danni economici a lungo termine. In realtà, lasciando l'euro sarebbe più probabile che i paesi più in difficoltà sarebbero in grado di recuperare in fretta. Il signor Tepper ha illustrato uno scenario per l’uscita dall’euro proponendo una riconversione dei titoli di stato in valuta nazionale. Bisognerebbe tenere chiuse le banche per almeno una settimana per aggiornare il software e cambiare tutti i depositi in moneta sovrana nazionale. Dovrebbero essere effettuati controlli sui capitali per impedire la fuga di denaro all'estero. Per i contanti, si potrebbero utilizzare le banconote in euro esistenti segnalate magari con un particolare inchiostro o un timbro. Una volta stampate le nuove banconote in valuta nazionale, verrebbero ritirate le vecchie banconote euro e il passaggio sarebbe in pratica concluso. Nel loro programma Jens Nordvig e Nick Firoozye sostengono che mettendo a punto una pianificazione controllata si potrebbero ridurre incertezze e perdite. Le soluzioni non mancano, ma il destino dell'euro sarà probabilmente determinato da una convergenza di scelte politiche ed economiche. Uno stato debitore, come l’Italia o la Spagna, potrebbe alla fine stancarsi di applicare programmi di austerità o svalutazione interna. Uno stato creditore a sua volta potrebbe stancarsi di sostenere gli altri. Ma l'esito peggiore di eventuali controversie sarebbe un’uscita caotica dall’euro, mentre un ordinato processo di uscita potrebbe diminuire le perdite e aumentare i benefici del ritorno alla sovranità monetaria, salvando dalla disintegrazione i principi generali e fondamentali del mercato unico, a cui nessun paese in verità ha mai detto di voler rinunciare. Il tutto dovrebbe comunque partire dalla nazionalizzazione delle banche.  Quindi, un mercato unico sì, ma salvaguardando i risparmi e l’economia dei singoli paesi membri, e non l’interesse finanziario dei banchieri. Da troppo tempo le leggi in materia creditizia sono state portate a livelli internazionali, di fatto esautorando i parlamenti nazionali. Non decide più il governo nazionale, nemmeno si decidono le cose a Bruxelles, ma nelle grandi piazze finanziarie mondiali, che fissano i parametri per accedere al credito e le direttive di politica finanziaria da imporre ai singoli paesi. Tutto questo ha di fatto condotto ad un vero e proprio Colpo di Stato Finanziario che ha di fatto terminato la democrazia partecipativa e la sovranità delle istituzioni Governo e Parlamento in Italia e in Europa. Il nuovo governo ne tenga conto se vuole “scrivere la storia” del cambiamento in Italia.
CINZIA PALMACCI





LA VIA D’USCITA DALL’EUROZONA C’E’ MA CHI SARA’ IN GRADO DI ATTUARLA?



“Signore e signori, la parola “segretezza” è ripugnante in una società libera e aperta, e noi, come popolo, ci siamo opposti, intrinsecamente e storicamente, alle società segrete, ai giuramenti segreti e alle riunioni segrete. Siamo di fronte, in tutto il mondo, ad una cospirazione monolitica e spietata, basata soprattutto su mezzi segreti, per espandere la sua sfera d’influenza, sull’infiltrazione anziché sull’invasione, sulla sovversione anziché sulle elezioni, sull’intimidazione anziché sulla libera scelta”. Queste, forse, tra le ultime parole di un grande uomo, un Presidente, che andò incontro alla morte per la libertà altrui. Kennedy tentò di opporsi ad un sistema occulto e misteriosamente machiavellico. Così un disegno di legge, è sino ad oggi rimasto segreto e nascosto agli occhi di tutti: depositato in Senato il 18 Dicembre 1996 dai Senatori ed Onorevoli Monteleone, Magliocchetti, Marri, Bonatesta, Mulas e Bevilacqua, era finalizzato a ripristinare la sovranità monetaria e restituire il potere finanziario al popolo sovrano. L’Italia, e così molti altri paesi del mondo intero, sta attraversando un periodo di difficoltà economiche non indifferenti ma, il modo in cui questa crisi viene presentata è indubbiamente ingannevole e, per questo, sicuramente condannabile. Il primo e principale sintomo e presupposto di una crisi economica è la stagnazione o decrescita del Prodotto Interno Lordo, fenomeni dovuti al fatto che vengono scambiati beni in quantità minore di quanto avveniva in periodi precedenti, tutto questo, con particolare riferimento al periodo attuale, avviene non perché scarseggino i beni: in Italia negli ultimi anni fabbriche, attività agricole, artigiani, tutti hanno grande abbondanza di beni da scambiare ma, nonostante tutto, devono assistere, inermi, alla riduzione dei propri introiti e si vedono costretti così a licenziare la manodopera o addirittura a chiudere l’attività creando, in tal modo, un circolo vizioso. Non sono quindi i beni che mancano, i quali hanno un valore effettivo, ma è il mezzo con il quale questi beni vengono scambiati ad essere carente e questo mezzo altro non è che il denaro: il quale, se si analizza con attenzione, non è che un semplice mezzo per facilitare lo scambio di beni, e non dovrebbe aver facoltà di rallentare o addirittura impedire l’utilizzo per il quale fu creato. Ma il sistema in cui il circolo virtuoso degli scambi è stato alterato, il segnale è quello di un malfunzionamento del circuito monetario. La verità fondamentale che si tende a nascondere è proprio questa: il denaro, ad esempio una banconota, non ha un valore effettivo, è solo un pezzo di carta del costo di pochi centesimi di euro, al quale viene attribuito un valore del tutto artificioso e convenzionale che, di fatto, è enormemente superiore al suo valore effettivo. Ma ancor più importante dovrebbe essere conoscere quale sia il soggetto che si arroga il potere di attribuire un valore ad un mezzo di scambio usato quotidianamente da tutti e quindi di stampare la nostra moneta. Questo potere, una volta dello Stato, è stato ceduto all’insaputa del popolo, ora solo la BCE ha questo potere in tutta la Comunità Europea. Perché allora, con quale diritto? La Banca d’Italia, parte della Banca Centrale Europea, altro non è che un ente privato. Essa vede all’interno della sua compagine societaria le banche private più influenti del sistema finanziario mondiale; per fare un controllo basta cercare in internet ad esempio: “banca d’Italia azionisti”, aprire il sito ufficiale della Banca d’Italia e rendersi conto che i proprietari sono varie banche, tutte private, che non hanno nulla a che fare con il settore pubblico. Non occorre fare altro poi che ricercare le principali banche che detengono le azioni della Banca d’Italia per rendersi conto che queste sono per la maggior parte e in larga misura di proprietà estera. Questo significa che diamo ad un soggetto privato straniero la facoltà di decidere del nostro benessere. Nel regime dell’Euro le cose non cambiano, anzi forse peggiorano, perché la Banca Centrale Europea non è altro che un’unione delle varie banche “nazionali” dei paesi che hanno aderito alla moneta unica: tutte assolutamente composte da soggetti privati; quindi la cosiddetta “crisi economica” deriva dal fatto che lo Stato, tramite vari passaggi, che rendono il tutto ancora più oneroso, è costretto a chiedere in prestito il denaro di cui necessita per svolgere la propria attività, a soggetti privati i quali, nonostante abbiano facoltà di stampare tale denaro a piacimento, gravano questo prestito di interessi; ed è in questo modo che si crea il debito pubblico: lo Stato deve restituire i soldi che ha avuto in prestito da soggetti privati maggiorati di tutti gli interessi che si sono accumulati e ancora si accumulano negli anni. E l’aspetto diabolico di tutto ciò è che la BCE, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, la Fed ecc…lavorano proprio per indebitare i paesi, non solo europei, per costringere gli stessi a chiedere altri prestiti fino a creare un vero circuito infernale senza uscita. Il debito che lo Stato deve restituire è cresciuto a dismisura, continuerà inoltre a crescere perché questo sistema è fraudolento e non c’è modo in cui un paese, quindi tutti noi, possa privarsi del fardello del debito. Infatti, se ad esempio lo Stato avesse bisogno di 100 milioni di euro e decidesse di procurarseli chiedendoli in prestito, questi l’anno dopo dovrebbe restituire la somma che ha ricevuto maggiorata degli interessi che, in questo caso, sono, sempre in via d’esempio, di tre milioni (si ipotizza un interesse del 3 % annuo). Da qui i continui aumenti delle tasse le quali sono, in larghissima misura (si pensa intorno al 45 / 50%), destinate a ripagare questo debito pubblico che non ha alcuna ragion d’essere. Non è infatti scritto da nessuna parte che una nazione non possa avere la propria Sovranità Monetaria; al contrario la nostra costituzione nell’art. 1 afferma che la Sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione”. L’Italia potrebbe e dovrebbe riappropriarsi della sovranità monetaria, stampando la propria valuta liberamente; liberando in tal modo il popolo di un fardello pesantissimo che è il debito pubblico, riducendo in tal modo in misura enorme se non drastica la tassazione a carico del cittadino. L’Italia in particolare, essendo titolare, per quantità, di una riserva aurea tra le più importanti del mondo potrebbe tornare a legare la propria moneta all’oro (come era prima del 1971, il cosiddetto Gold Standard) per renderla subito competitiva. Questo discorso vale ora più che mai, dal momento che paesi come Cina, India, Russia ed altri stanno anch’essi accumulando oro al fine di nazionalizzare la propria banca centrale (la banca centrale della Cina è già di proprietà dello Stato, per questo la Cina ha un PIL la cui crescita farebbe impallidire qualunque paese europeo) e tornare al Gold Standard, dove la moneta è convertibile in oro. I soldi, come i titoli e le azioni di borsa sono pezzi di carta ai quali è stato attribuito un valore arbitrario e fittizio, quello che ha valore sono i beni, il nostro patrimonio storico, artistico, culturale, paesaggistico, gastronomico e culinario; le nostre aziende, la nostra creatività, sono queste le vere ricchezze, sono queste meravigliose risorse, quelle che il mondo ci invidia. Dobbiamo smetterla di renderci schiavi di un mezzo di scambio creato da banchieri esteri che, senza il minimo scrupolo, manipolano governo e mezzi di informazione. Creiamo un altro mezzo di scambio che appartenga allo Stato, riappropriamoci così delle nostre ricchezze, e torniamo alla nostra sovranità, noi in quanto popolo. Si può mettere fine a questa pratica chiamata signoraggio, e si può iniziare a crescere nuovamente assieme. Il debito pubblico cessa di esistere nel momento in cui uno Stato torna alla sua sovranità, stampando le banconote e finendo di chiederle in prestito (alla BCE). Aldo Moro in Italia, John Fitzgerald Kennedy in America, e altri, furono probabilmente uccisi, anche perché volevano stampare il denaro senza “debito”, lottarono per degli ideali che tutti desiderano, e che ognuno di noi vorrebbe pienamente vivere. Credo che sia arrivato il momento in cui il popolo italiano faccia sentire la sua voce, ma stavolta uniti e con un unico scopo: riprendersi la propria indipendenza, finanziaria ed economica.
L’Italia alla prova delle prossime elezioni europee
Le elezioni europee si avvicinano e sentiamo sempre più spesso la litania dei pro euro, anti euro, pro Europa, anti Europa. Definiteli proclami, propaganda, illusioni, menzogne, tutto quello che vi pare, basta che non le consideriate credibili. Senza generare alcun tipo di sorpresa, si scopre che i più ingannevoli sono proprio quei partiti che, giocando sull’ignoranza dell’elettore medio, usano slogan e proclamano rivoluzioni, senza articolare un discorso completo sulle strategie alternative, di politica interna ed estera, in caso di abbandono dell’Euro. Il percorso per l’abbandono della moneta unica europea prevede due elementi chiave, complementari a questa scelta, ovvero l’abbandono dell’Unione Europea e soprattutto della NATO. Risulta ovvio infatti che l’Italia, essendo uno dei paesi al mondo con la più elevata presenza di basi militari americane, abbia un potere decisionale sulla sua sovranità pari a zero. Grillo, Salvini e tutti quei partiti/personaggi che ci raccontano di uscire dall’Euro, sanno benissimo quali sono i poteri che garantiscono l’integrità strutturale dell’Eurozona. Verrebbe da chiedersi per quale motivo, quando costoro infarciscono i loro discorsi di anatemi contro Bruxelles, non mettono al corrente chi li ascolta di tutti gli scenari alternativi e complementari all’Euro/UE. Questo permetterebbe al popolo di capire e di avere in mente un quadro completo di ciò che stiamo subendo come Italiani e ragionare, agendo di conseguenza. La risposta è scontata: in Europa non esiste alcun partito realmente anti-euro, anti-Europa, che cerchi di avvicinare il concetto di autonomia strategica alla propria patria, distaccandosi dai noti centri di potere (IMF, BCE, Banca Mondiale, BRI, Fed, ecc…). Chiedetevi come mai Farage, Le Pen, Grillo, Salvini & Co. offrono una soluzione (uscire dalla moneta unica), senza proporre un’alternativa concreta. Chiedetevi come mai NESSUNO osa mettere in relazione il potere del Fondo Monetario Internazionale, della Nato e della Banca Mondiale con quello che esercita l’Euro e l’Unione Europea che, di fatto, si poggia su di essi per imporre la propria idea di democrazia”. Eppure un’alternativa ci sarebbe, un altro modo per porre la questione, di uscire dagli schemi, di rompere con il passato è a portata di mano. Basterebbe raccontare l’unica maniera per rivoluzionare questo paese e mettere fine all’egemonia Sionista-Atlantica-Europeista. Innanzitutto cominciamo con la Banca Mondiale e il BRI, le due entità che a livello mondiale comandano la finanza, i fondi speculativi, le banche centrali e tutto ciò che ruota intorno (ma soprattutto sopra) all’economia di un paese. Senza un appoggio diretto di entrambe le istituzioni, l’accredito presso la comunità internazionale viene meno, con tutte le conseguenze del caso. Da qui risulta semplice comprendere come mai per i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) sia diventato prioritario ed impellente fondare una loro Banca Mondiale (si parla di 100MLD di investimenti) per ovviare all’attuale centralità del sistema bancario/economico. Gli effetti che potrebbe avere questa nuova implementazione sono molteplici: prima di tutto molti paesi smetteranno di allinearsi agli interessi di Washington e Bruxelles, demandati ai vincoli dell’IMF e BRI, e si rivolgeranno per prestiti, garanzie sui titoli di stato e quant’altro alla nuova banca mondiale. In secondo luogo, senza il guinzaglio economico, le possibilità di indipendenza per paesi come il Brasile, l’Argentina, l’Iran o il continente sud americano in generale, si moltiplicheranno in maniera esponenziale. E’ solo una questione di tempo. Di fatto, sono proprio paesi come l’Iran, il Venezuela e Cuba che possiedono una loro banca nazionale non ancora diventata di proprietà dei Rothschild, a poter essere considerati l’ultimo baluardo di sovranità nazionale.
La soluzione ci sarebbe ma restano i dubbi sulla forza delle attuali parti politiche
L’idea dovrebbe essere non quella di uscire definitivamente da un’unione di Stati sovrani come dovrebbe essere l’Unione Europea, ma coinvolgere i paesi stessi dell’Unione ad unirsi all’Italia nello stringere un’alleanza forte con la Banca Mondiale dei BRICS. L’ultima questione, auto-censurata dagli anti-Euro è l’approvvigionamento energetico, tema oggi giorno strategicamente primario per ogni paese. Sappiamo che circa il 70% dell’energia in Italia avviene mediante importazioni dall’estero, soprattutto dal gas russo. Anche la Germania sta orientandosi verso l’approvvigionamento di gas dalla Russia attraverso il gasdotto Nordstream 2. Accordo fortemente voluto da Putin. Per quanto riguarda l’Italia, sostenendo il ritiro delle sanzioni a Mosca, l’Italia potrebbe essere l’avanguardia di un ristabilimento di relazioni normali con la Russia, che è un grande Paese. Dal canto suo, Marine Le Pen esprime il rimpianto, e non a torto, che non sia la Francia a rappresentare questa avanguardia. A questo punto, l’unica alternativa credibile, seria, razionale ma purtroppo utopica resta un manifesto politico che indichi come prioritario l’uscita da: NATO, BRI (Banca dei Regolamenti Internazionali), Unione Europea e quindi Euro, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale. Successivamente andrebbe concordato un ingresso graduale nel sistema politico-economico dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) per ottenere le garanzie necessarie a sostenere l’Italia in questa delicata fase di transizione. Grazie alla Banca Mondiale alternativa, che è in corso di implementazione, queste coperture sarebbero a disposizione. A livello di politiche energetiche sarebbe sufficiente stringere un patto di ferro con l’Iran per le importazioni di gas, riportare la Libia nell’area geo-strategica dell’Italia (e quindi fuori da quella NATO) ed imporsi nuovamente come partner esclusivo. In termini di commercio, l’Italia dovrebbe divenire la portaerei, non delle guerre colonialiste americane, ma del mediterraneo per il commercio dei BRICS con l’Europa. Il ruolo di questo paese dovrebbe essere quello di grimaldello CINO-RUSSO-IRANIANO per scardinare l’ordine naturale delle cose nel vecchio continente ed iniziare ad avere una partnership paritetica con paesi come la Francia, la Germania e l’Inghilterra. Infine, se vogliamo, l’aspetto più critico e naturalmente più irreale: andrebbe concesso un tempo limite di qualche anno, entro cui le basi Nato/USA verrebbero completamente smantellate e riconsegnate alla sovranità Italiana. Malgrado il clima russofobico internazionale, in Italia, il sentimento di vicinanza nei confronti del presidente russo Vladimir Putin, o più generale verso la Russia, resta alto. A supporto di questa tesi, un riscontro di quanto affermato è offerto da alcune foto recentemente apparse sui social. Da nord a sud, diversi ragazzi di alcune città italiane hanno provveduto a lanciare il proprio appello di solidarietà al presidente russo. Ma il problema resta politico. In occidente mai nessuno avrà il sostegno necessario per realizzare questo “piano di salvataggio”, perché né i “manovrati” 5 stelle, né la indebolita Lega sembrano all’altezza del compito. Auguriamoci che prima o poi qualcuno, magari rimasto finora fuori dall’arena parlamentare, ci provi concretamente a realizzare per l’Italia un futuro libero dalle catene Atlantiche/Sioniste/Troikiste.
CINZIA PALMACCI




L’EUROPA TRA SERVILISMO E VAMPIRISMO FINANZIARIO



“Se gli Americani consentiranno mai a banche private di emettere il proprio denaro, prima con l’inflazione e poi con la deflazione, le banche e le grandi imprese che ne cresceranno attorno, priveranno la gente delle loro proprietà finché i loro figli si sveglieranno senza tetto nel continente conquistato dai loro padri. Il potere di emissione va tolto via dalle banche e restituito al popolo, al quale esso appartiene propriamente.” Vi ricorda niente questa celebre frase di Thomas Jefferson? Ebbene sì, la profezia di Jefferson dal 1776 ad oggi è divenuta realtà non solo in America ma anche in Europa. Questa frase profetica oggi diventata una vera e propria strategia capitalistica è ben conosciuta tra i nostri uomini di spicco, massivamente impegnati nel costituire un imperialismo del Capitale che governi il mondo. Essi hanno capito bene che il capitale deve proteggersi in ogni modo possibile con alleanze e legislazione. I debiti devono essere riscossi, le obbligazioni e i contratti ipotecari devono esser conclusi in anticipo e il più rapidamente possibile. E quando, mediante processi giuridici, le persone comuni perderanno le proprie case, diventeranno sempre più docili e saranno tenute a freno con più facilità attraverso il braccio forte del governo al potere, azionato da una forza centrale di ricchezza sotto il controllo di finanzieri di primo piano. Nel 1815 anche Napoleone Bonaparte dimostrava di aver ben chiara la situazione nel pronunciare questa fatidica frase: “Quando un governo dipende dai banchieri per il denaro, questi ultimi e non i capi del governo controllano la situazione, dato che la mano che dà è al di sopra della mano che riceve…Il denaro non ha madrepatria e i finanzieri non hanno patriottismo né decenza; il loro unico obiettivo è il profitto.” In sostanza, un Paese che consegna le proprie risorse e il proprio destino nelle mani di abili banchieri perde ogni diritto a dettare legge e a stabilire l’agenda di governo. Questo comporta la completa sottomissione di uno Stato al potere finanziario, con la conseguente perdita di ogni diritto alla sovranità e all’autodeterminazione. Questa condizione in cui versano molti paesi europei tra cui l’Italia, è ben nota, e non ci differenzia affatto dalle condizioni di schiavitù e servilismo in cui si trovano anche molti stati africani ai quali ci accomuna il servire lo stesso padrone. Dobbiamo ammettere che, a 30 anni dall’uccisione del leader africano Thomas Sankara, le sue parole che denunciavano lo strapotere criminale della grande finanza ancora risuonano in tutta la loro tragicità e attualità.  
Il Trattato che ci fa tutti più poveri e indebitati
Forse non tutti sanno che l’Unione europea ha istituito un Trattato, il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) in ben diciassette paesi europei. Ma quello che non ci hanno detto i media tradizionali è che questo artificio burocratico usato per definire l’ennesima fregatura calata dall’alto, sta portando solo altra miseria e disperazione. Il motivo è presto detto. Lo scopo della crisi finanziaria, artificialmente prodotta dall'élite, è quello di imporre agli stati europei qualsiasi condizione venga decisa dagli oligarchi del grande capitale. E' un'istituzione finanziaria internazionale con sede in Lussemburgo, che ufficialmente avrebbe lo scopo di prestare aiuto economico agli stati membri in difficoltà, ma che di fatto costituisce la fine della sovranità nazionale e dell'autodeterminazione dei popoli. Si tratta infatti di un patto che, secondo quanto stabilito dal Consiglio Europeo, obbliga gli stati a sottomettersi all'autorità dispotica di un nuovo super organismo europeo a cui viene conferita un'indipendenza e un'impunità tale, che lo pongono al di sopra della legge. Gli stati non hanno più neppure la possibilità di trattare e di discutere democraticamente con la popolazione le misure economiche da attuare e si devono limitare ad eseguire le riforme strutturali (tagli drastici nel settore sociale, svendita dei beni pubblici e liberalizzazioni selvagge) imposte dal fondo. Il Trattato del MES conferisce inoltre ai dirigenti dell'ente sovrannazionale il potere di richiedere in qualsiasi momento un aumento del capitale, senza che i governi o i parlamenti nazionali possano opporsi. Dall'art. 32 del Trattato i beni, le sedi e i membri del MES godono di privilegi e immunità da ogni forma di giurisdizione. I beni, le disponibilità e le proprietà del MES non possono essere oggetto di perquisizione, sequestro, confisca, esproprio o qualsiasi altra forma di sequestro o pignoramento derivanti da azioni esecutive, giudiziarie, amministrative o normative. I locali del MES vengono letteralmente definiti ''inviolabili''. Tutti i beni, le disponibilità e le proprietà del MES sono esenti da restrizioni, regolamentazioni, controlli e moratorie di ogni genere. Le decisioni del MES inoltre vengono assunte al di fuori di qualsiasi controllo democratico: ''I membri o gli ex membri del Consiglio dei Governatori e del Consiglio di Amministrazione e il personale che lavora, o ha lavorato per, o in rapporto con il MES, sono tenuti a non rivelare informazioni protette dal segreto professionale. Essi sono tenuti, anche dopo la cessazione delle loro funzioni, a non divulgare informazioni che per loro natura sono protette dal segreto professionale''. L'art 35 conferisce l'immunità di giurisdizione del personale per gli atti da loro compiuti nell'esercizio ufficiale delle loro funzioni e dell'inviolabilità per tutti gli atti scritti e i documenti ufficiali redatti. Qualsiasi questione inerente all'interpretazione o alle disposizioni di applicazione delle norme del trattato è sottoposta alla decisione degli stessi organi dell'ente. Il MES è diretto da un consiglio di governatori, da un consiglio di amministrazione e da un direttore generale. Gli stati membri si impegnano incondizionatamente e irrevocabilmente a versare al MES qualsiasi somma venga loro richiesta e ad adottare le misure economiche da esso stabilite. Tale obbligo è irrevocabile poiché, anche nel caso in cui ci fossero le elezioni nello stato interessato dal provvedimento, e si formasse un nuovo parlamento contrario agli accordi del MES, il trattato dovrà comunque rimanere in vigore. Con il MES è come se qualcuno ci avesse detto: ''Voi mi affidate i vostri soldi e poi li gestisco alle seguenti condizioni:
1- non avete diritto di chiedermi delucidazioni su come li spendo e non potete effettuare nessun tipo di controllo sulla mia gestione. Decido io quali informazioni darvi e con quali modalità;
2-oltre all'importo iniziale, siete obbligati a versarmi anche tutte le successive somme aggiuntive che vi richiederò;
3-se avrete bisogno di un prestito, deciderò io se concedervelo e a quali condizioni;
4-nel caso emergano degli illeciti finanziari, delle irregolarità o anche dei crimini gravissimi non potrete denunciarmi a meno che non sia io stesso ad autorizzarvi. Accettate? Nessuna persona lucida di mente potrebbe mai tollerare condizioni simili, eppure lo stato d'ipnosi collettiva creato dall'élite, attraverso il monopolio dell'informazione, consente che ad accettarle siano interi stati sovrani. E l'aspetto più inquietante della vicenda è che il controllo mentale sulle masse è talmente evidente, che le clausole del Trattato invece di essere tenute segrete possono essere pubblicate online nella massima indifferenza generale. La popolazione confida così ciecamente nella trasparenza degli organi d'informazione istituzionali, da arrivare a ritenere che, se ci fosse qualche pericolo reale, i mass media se ne occuperebbero. Invece sono tutti complici nel mantenere la gente nello stordimento generale di questa Matrix, che ci impedisce di scorgere la verità oltre la cortina di fumo creata dai poteri forti.
CINZIA PALMACCI


IL METICCIATO TRA MESSAGGI SUBLIMINALI ED ESPLICITI INTENTI GLOBALISTI



Ai più attenti osservatori non sarà di certo sfuggito uno spot pubblicitario martellante di una nota marca farmaceutica di termometri per monitorare le possibilità di concepimento, trasmesso su tutte le reti televisive commerciali. Nello spot si vede un uomo dalla pelle bianca in ginocchio (posizione emblematica), che chiede alla sua compagna di colore di concepire un figlio. Un esempio piuttosto esplicito di spot pubblicitario (non l’unico), “schierato” a favore del meticciato e della mescolanza razziale che, “lapsus” politici a parte, dovrebbe indignare tutti gli europei che vedono minacciata la propria integrità razziale e non solo quella. E se qualcuno osa ancora tacciare di razzismo chi avverte il pericolo di vedere le proprie radici etniche vacillare a colpi di irresponsabili politiche di accoglienza e patetico buonismo, una rinfrescata alla memoria storica può aiutare a mettere le cose nella giusta prospettiva svelando alcuni retroscena che poco hanno a che fare con un “volemose bene”, ma molto con un’articolata e organizzata pianificazione di sottomissione globale. Già negli anni Trenta una cosa dovette risultare del tutto chiara a ‘chi di dovere’: fino a che fossero rimasti degli stati etnicamente/razzialmente ancora validi e più o meno omogenei, il programma talmudico di conquista mondiale (attraverso interposti lenoni/ruffiani/cristiani) sarebbe sempre stato in pericolo. Già dall’inizio degli anni Cinquanta, un rabbino ungherese poté fare una significativa dichiarazione, non certo sua personale, ma che rifletteva l’indirizzo di tutto il ‘popolo eletto’: Vi posso assicurare che l’ultima generazione di bambini bianchi, o se no la penultima, sta nascendo adesso: le nostre commissioni di controllo favoriranno, nell’interesse della pace, il meticciato di bianchi con altre razze. La razza bianca scomparirà, perché la mescolanza di bianchi con negri significa la fine dell’uomo bianco, per cui il nostro più pericoloso nemico non sarà più altro che un ricordo. Entreremo così in un’era di mille anni di pace e prosperità, la pax judaica, e la nostra razza dominerà indiscutibilmente il mondo. La nostra superiore intelligenza ci permetterà, sicuramente, di conservare il nostro dominio su di un mondo di razze di colore.Dei ‘precursori’ di questo tipo di idee non erano mancati. Il celebre massone Richard Coudenhove-Kalergi proponeva negli anni Venti una futura Europa di mulatti sotto egida ebraica, mentre Werner Sombart  prevedeva, per il secolo XXI, che gli Stati Uniti d’America sarebbero stati popolati quasi esclusivamente da schiavi negri sotto la sferza di padroni ebrei – qualcosa di analogo, ma fuori dall’Europa. Ecco dunque il nuovo piano ebraico – assecondato, è chiaro, dai loro inservienti cristiani: quello del meticciato totale ossia ‘facciamo del mondo una sola famiglia’ si vede spesso negli striscioni appesi all’entrata delle chiese. Questo piano è portato avanti dalle istituzioni giuridiche internazionali post-1945, nonché dalle chiese cristiane con esse in relazione di sudditanza e collaborazione. Sergio Viera de Mello, amministratore delle Nazioni Unite nel Kosovo, ebbe a dichiarare il 4 agosto 1999: “… i popoli razzialmente puri sono un concetto nazista. Proprio contro questo concetto hanno combattuto gli alleati nella seconda guerra mondiale… È per lo stesso motivo che la OTAN/NATO ha combattuto in Kosovo… per impedire l’insorgere di un sistema di purezza etnica”.  Il crollo dell’Europa per disfacimento razziale è certo una decisione definitiva presa dall’establishment puritanese-ebraico americano e di riflesso a Bruxelles, capitale dell’Europa/UE. Starà agli Europei, fino a che Europei in piedi ce ne saranno ancora, opporsi a questo piano. Naturalmente, il fatto del meticciato in Europa è strettamente legato a quello dell’immigrazione extracomunitaria e con la denatalità europea. Molto recentemente, l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa, un organo dell’UE) ha dichiarato che bisogna incrementare l’immigrazione, perché i nuovi immigrati saranno necessari come forza-lavoro dopo la ripresa dell’economia, raccomandando intanto che si dia assistenza a quelli che, già presenti in Europa, sono rimasti senza lavoro. Secondo Nick Farage esiste una manovra per fare entrare 50 milioni di immigrati africani nell’Unione Europea e all’uopo un ufficio collocamento è stato aperto nel Mali sin dal 2008. Secondo gli ‘economisti’ di Bruxelles, questi immigrati ci vogliono, entro il 2050, “per compensare il crollo demografico europeo dovuto alla denatalità”. Inoltre, in Europa ci sarebbero circa 8 milioni di clandestini, che secondo l’OCSE dovrebbero essere visti con un occhio di riguardo e certamente non espulsi. Anche se inizialmente furono pochi quelli che seppero identificare ciò che stava dietro le quinte dei movimenti migratori verso l’Europa provenienti dal Terzo Mondo, adesso non ci dovrebbero essere misteri di alcun genere. A riguardo, tre gli ‘argomenti’ più rappresentativi con cui gli immigrazionisti riescono ancora a ingannare parecchi sprovveduti, dei quali molti presenti in Italia:  (a) “bisogna mantenere il livello numerico della popolazione europea che rischia di diminuire come conseguenza della denatalità” – non si vede proprio perché quel livello numerico deva essere mantenuto, soprattutto a costo di falsificare la popolazione dell’Europa; (b) “anche gli europei sono emigrati nel passato, adesso è doveroso aprire le nostre porte chi vuole emigrare”, chi è rimasto in Europa anche in tempi difficili non ha alcun dovere verso coloro che ‘accolsero’ (e qui ci si potrebbe dilungare) gli emigrati europei di altri tempi; (c) il più falso e sfacciato: “saranno gli immigrati terzomondiali a pagare le pensioni dei nostri vecchi, in mancanza di giovani autoctoni pagatori di tasse in numero sufficiente”, i versamenti al fisco di una esigua frazione degli extracomunitari non compensa il vuoto lasciato dagli autoctoni non nati, senza contare i mastodontici costi sociali e sanitari causati dalla presenza degli allogeni extracomunitari. Intanto, il traffico clandestino di migranti “nuovi schiavi” è divenuto un affare criminoso che, a livello mondiale, ha un gettito superiore a quello delle armi o della droga. Ma per i mondialisti nessun problema. Bisogna offrire l’opportunità a tutti i popoli di venire in Occidente per vedere riconosciuti i propri diritti, primo fra tutti quello alla felicità (ammesso che sopravvivano sfruttati in baracche fetide e fredde per pochi euro a giornata). Ma a chi viene a dirci che la società ‘multirazziale e multietnica’, cioè: la globalizzazione quindi, il facciamo di tutto il mondo una famiglia, si può rispondere con tutta certezza che la storia non è teleologica e a farla sono sempre gli uomini, finché ci saranno ancora uomini in piedi. E, in ogni caso, al giorno d’oggi i mezzi tecnici per liberarsi dagli allogeni e rispedirli indietro non mancherebbero bisognerebbe soltanto avere la volontà di usarli. Il lato più pratico e tangibile della collaborazione, da parte della Chiesa Cattolica postconciliare, con la volontà ebraica di globalismo e meticciato, è stato anche, forse, il più ‘naturale’ da parte vaticana e monoteista in generale. Questo è stato confermato anche dall’enciclica vaticana che sollecita una ‘vera autorità politica mondiale’, sussidiaria a un governo della globalizzazione concorde con quanto prospettato dalle Nazioni Unite; mentre all’ebreo Giuseppe Montini/Paolo VI viene riconosciuto il merito di avere accolto l’ideale cristiano di ‘un’unica famiglia dei popoli’ (‘facciamo di tutto il mondo una famiglia’). I cristiani devono favorire il processo di integrazione planetaria, rendendola prefiguratrice della città vera, senza barriere (popperiana ‘società aperta’). Più espliciti non si potrebbe essere, ma questo ha degli antecedenti: per esempio, il giubileo dell’anno 2000 fu chiuso da Karol Wojtyła/Giovanni Paolo II con un appello per fare dell’Europa un continente multietnico e multiculturale. I partiti di sinistra, in Europa, sopravvivono soltanto per inerzia, usufruendo del voto di vecchi habitué, ma in ogni caso la loro situazione è instabile; essi sono dei residuati, ‘intellettuali’ e burocratici del dopoguerra. La loro unica possibilità di sopravvivenza (cioè: di prolungamento del possesso di posti burocratici da parte delle corrispondenti nomenklature), a medio-lunga scadenza, è quella di scatenare una nuova ‘lotta di classe’ nella quale il ‘proletariato’ sarà costituito dagli immigrati di colore e la ‘borghesia’/’nemico teologico’ sarà l’europeo di razza bianca, per quanto povero egli possa essere. Perciò la sinistra politica attuale è lanciata a testa bassa verso uno sfrenato immigrazionismo terzomondiale. Ciò le sinistre portano avanti in parallelo con l’attacco contro la piccola e media industria e a favore dei dinosauri megaindustriali ma che, nella loro Weltanschauung di tipo ‘rivoluzione industriale’, rappresentano il passo intermedio fra la realtà fattuale e il Paese dei Balocchi di pinocchiesca qualità. Secondo l’appena menzionato Pier Luigi Bersani, l’industria (italiana) soffre di ‘familismo’ e di ‘nanismo’, mentre è proprio vero che la piccola industria, spesso familiare, manda avanti, al 70%, l’economia.  In termini generali, la differenza fra sinistra/marxismo e ‘non-sinistra’, adesso come adesso, si riduce fondamentalmente al campo dell’immigrazione: la sinistra vorrebbe una valanga di immigrati di colore, indipendentemente dagli effetti sociali che questo fenomeno potrebbe avere per le genti autoctone; la ‘non-sinistra’ vorrebbe fermare o per lo meno limitare quella valanga.  In questo contesto la sinistra fa letteralmente tutt’uno con i neocattolici. L’antico anticlericalismo di sinistra è completamente scomparso. Ci si può immaginare una futura fusione fra quella che adesso è la sinistra politica e i residui di quelle che ancora si autoqualificano chiese cristiane, per dare origine, nel campo del politico, a una ‘nuova sinistra’/’nuovo cristianesimo’, una creatura mostruosa intenta a diffondere un nuovo vangelo “riadattato”.  Intanto la sinistra in Europa continua la sua missione di sempre come fattore destabilizzante a favore dell’‘Usrael’ (Usa/Israele). Nel 2000, l’ambasciatrice americana, tale Kathryn Walt Hall, in Austria ebbe la sfacciataggine di dichiarare, durante una sua conferenza all’università di Klagenfurt, che l’America non era d’accordo con le politiche di Jörg Haider e che l’Europa doveva cambiare la sua cultura per accomodarsi al globalismo e al multiculturalismo. Haider, governatore della Carinzia e leader dell'estrema destra, rimase vittima di uno strano incidente d'auto otto anni dopo, nel 2008. Haider, 58 anni, viaggiava da solo. Per cause mai ben accertate ha perso il controllo del veicolo, che è sbandato e si è ribaltato, finendo in una scarpata a circa dieci chilometri da Klagenfurt. Haider ha riportato ferite alla testa e lesioni interne ed è morto poco dopo. Per oltre 20 anni è stato un personaggio determinante per la politica austriaca anche se, dopo un periodo nell'ombra, era tornato sulla scena pubblica solo negli ultimi anni, facendo discutere tra l'altro per le sue tendenze xenofobe che avevano provocato l'intervento sanzionatorio da parte dell'Unione Europea. La sua formazione politica ultra-nazionalistica, l'Alleanza per il Futuro dell'Austria, alle ultime elezioni aveva ottenuto una forte affermazione. A dieci anni dalla scomparsa di Haider, l’Austria ha un nuovo leader di estrema destra: Sebastian Kurz, un giovane trentenne dalle idee molto chiare su cosa vuole, ma soprattutto su cosa non vuole fare del suo paese, e cioè un covo di disadattati e sprovveduti “estirpati” con la forza dai loro paesi d’origine per soddisfare il piano visionario di un’unica famiglia globale. Una visione caotica e delirante di un futuro che non si potrà mai realizzare senza il consenso del Popolo Europeo fiero delle proprie origini razziali.
CINZIA PALMACCI
     

Malattie causate dall’uso del forno a microonde




Durante la Seconda Guerra Mondiale, due scienziati hanno inventato un tubo a microonde chiamato magnetron. Con l’uso del magnetron dal sistema radar britannico, le microonde sono riuscite a contribuire a trovare gli aerei di battaglie naziste.
Per incidente, Percy LeBaron Spencer della Compagnia Raytheon anni più tardi ha scoperto che le microonde cucinavano il cibo. Scoprì che le onde radar avevano sciolto la barra di cioccolato che aveva in tasca.
Il primo forno a microonde da vendere sul mercato, chiamato Radar Range, era grande e pesante come un frigorifero. L’apparecchio si è evoluto molto in apparenza ma la tecnologia è la stessa: l’uso di microonde per riscaldare, cuocere e cucinare cibo.
Il problema è che le microonde non devono essere usate negli alimenti e nei tessuti vegetali o animali. All’interno del suo forno a microonde ci sono 2,45 miliardi di hertz .
Il rischio diretto per il consumatore, quando il dispositivo è nuovo, non esiste molto, poiché la recinzione garantisce la protezione contro la perdita di radiazioni. Tuttavia, con l’invecchiamento del dispositivo, la perdita di radiazione attraverso la porta aumenta. La quantità di frequenza per danneggiare il corpo umano è di 10 hertz.
Quindi, dobbiamo essere cauti e non essere mai vicino a un forno a microonde funzionante. Non saprai se il tuo corpo è stato danneggiato dalla perdita fino al danno. Oltre al problema della perdita di radiazioni, ci sono altri problemi.

Ecco cosa dicono alcune indagini

Uno studio del 2003 in Spagna ha dimostrato che le verdure e le frutta cotte in un forno a microonde perdono una percentuale del 97% delle sostanze che contribuiscono a ridurre l’incidenza della malattia coronarica.
Uno studio pubblicato da Raum & Zelt nel 1992 afferma: “Le microonde prodotte artificialmente, comprese quelle dei forni, vengono prodotte dalla corrente alternata e forzano un miliardo o più inversioni di polarità al secondo in ciascuna molecola di cibo.
La produzione di molecole anormali è inevitabile “. ” Il dottor Lita Lee, nel suo libro “Effetti della radiazione microonda sulla salute”, afferma che questo tipo di forno danneggia il cibo e la sua radiazione rende le sostanze cotte in prodotti tossici e cancerogeni pericolosi.
Secondo il dottor Lee, si osservano cambiamenti nelle analisi biochimiche del sangue e nei tassi di alcune malattie tra i consumatori di alimenti preparati nel forno a microonde.
Studio condotto nel 1991 dal dottor Hertel svizzero Hans Ulrich, realizzato insieme al dott. Bernard H. Blanc dell’Istituto federale di tecnologia e dell’Istituto universitario di biochimica ha mostrato che la cottura o il riscaldamento di alimenti in questo apparecchio presentano rischi molto maggiori per la salute rispetto alla cucina tradizionale.
Inoltre, lo studio ha mostrato che le persone che mangiano cibo preparato nel forno a microonde hanno avuto un cambiamento nel sangue, con la perdita di emoglobina e linfociti, che possono causare deterioramento nel corpo.
Tra ciò che queste ricerche hanno scoperto, possiamo evidenziare:
– Il latte e i cereali a microonde hanno avuto alcuni dei loro amminoacidi convertiti in cancerogeni.

– I frutti sciolti nell’apparato avevano i loro glicosidi e il galattosio convertito in sostanze cancerogene.
– Nelle salse preparate nel forno a microonde c’era la formazione di d-nitrosodientanolamine, un cancerogeno noto.
– Anche con esposizione estremamente breve di verdure crude, cotte o congelate, i loro alcaloidi sono stati convertiti in cancerogeni.
– Il calore a microonde ha prodotto in piante vari tipi di danni in molte delle sue sostanze, come ad esempio alcaloidi, glicosidi e galattosidi.
– Totale perdita di biodisponibilità di vitamina C, E, vitamine B e minerali essenziali in tutti gli alimenti testati.

I ricercatori russi hanno inoltre segnalato un notevole degrado strutturale che ha portato ad una riduzione del 60-90% di sostanze nutritive in tutti i cibi testati.
Il riepilogo di ciò che ha trovato tutta la ricerca sul microonde può essere trasformato in motivi per cui non dovresti usare l’apparecchio:
1. Maggiore frequenza dei disturbi digestivi nei consumatori.

2. Aumento dei casi di tumore dello stomaco e dell’intestino.
3. Aumento della formazione di cellule tumorali del sangue.
4. Disturbi linfatici che portano alla diminuita capacità di prevenire determinati tipi di cancro.
5. Riduzione significativa del valore nutritivo di tutti gli alimenti.
6. Accelerazione della disintegrazione strutturale in tutti gli alimenti.
7. Perdita del 60-90% del contenuto energetico vitale di tutti gli alimenti.
8. Riduzione del processo di integrazione metabolica di alcaloidi, glicosidi e galatosidi e nitrilosidi.
9. Distruzione del valore nutritivo della carne.
10. Diminuzione della biodisponibilità, che è la capacità del corpo di utilizzare alimenti, vitamine B, vitamina C, vitamina E, minerali essenziali e lipotropici in tutti gli alimenti.

Tra i problemi di salute che il dispositivo contribuisce a causare, possiamo elencare:
– cataratta

– sistema immunitario povero
– diminuizione della resistenza alle infezioni batteriche

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Fonte:

Lesbica massacra sua madre insieme alla compagna: voleva ‘liberarsene’

VIVERE CON DUE MADRI O CON DUE PADRI PUO' COMPORTARE DEVIANZA NEI FIGLI? 



massacra
“Muoio dalla voglia di liberarmi di mia madre”, la massacra con la compagna: lei le fa arrestare – di Biagio Chiariello
Helena Happell e Mary Hawthorn ora sono in carcere. Loretta Happell, 58 anni, è stata aggredita in un appartamento di Glasgow e ha rischiato la vita.
La coppia pare avesse avuto una “accesa discussione” prima dell’attacco nell’abitazione della donna.
“Muoio dalla voglia di liberarmi di mia madre”. Helena Happell, 43enne scozzese, lo aveva detto alla sua compagna, Mary Hawthorn, 34 anni.
E alla fine ha provato a mettere in pratica il suo piano diabolico presentandosi a casa della genitrice, Loretta, 58enne, a Glasgow, e aggredendola brutalmente.
La Happell ha prima stretto le mani al collo della sventurata madre e poi l’ha pugnalata, prima di chiedere alla Hawthorn: “Vuoi darle un colpo?”.
Le due donne si sono poi messe d’accordo, facendo credere che Loretta fosse stata vittima di un malintenzionato.
La 58enne ha però raccontato tutto alla polizia ed ora Helena Happell e Mary Hawthorn sono in carcere in attesa di giudizio.
Secondo l’Alta Corte di Glasgow la coppia ha fatto irruzione nell’appartamento di Loretta nel pomeriggio del 17 febbraio 2017.
Questo accadeva dopo che le tre donne avevano avuto una “accesa discussione” qualche giorno prima in un bar. Al loro arrivo, Loretta avrebbe esclamata:
“Questa è casa mia. Se entrate entrambi, vi butterò fuori “. Hawthron ha fatto finta di andare via, ma il pubblico ministero Owen Mullan ha spiegato:
“La cosa successiva che Loretta Happell ricorda è stata essere afferrata da sua figlia e piegata in avanti sul divano. Ha poi avvolto un cavo del caricabatterie del telefono attorno al suo collo. Loretta ha gridato: ‘Lasciami in pace’”.

Massacra la madre con la compagna

La mamma è stata poi pugnalata al collo e all’addome, mentre Happell gridava a Hawthorn: “Vuoi darle un colpo?”.
Loretta è riuscita a mettersi in piedi, ma a quel punto è stata presa a calci e pugni dalla 34enne.
È stata la stessa Happell a chiamare un’ambulanza. “Hawthorn ha detto alla compagna di dichiarare al telefono che qualcun altro era responsabile dell’assalto”.
Durante la telefonata del 999, la Happell ha detto che sua madre era stata “pugnalata più volte” e “sanguinava terribilmente“.
L’operatore ha chiesto se gli aggressori fossero ancora lì. Ma la donna ha risposto: “Non lo so, siamo appena arrivate”.
Quando la polizia è arrivata, ha trovato Loretta ricoperta di sangue fuori da casa sua: la 58enne ha subito raccontato cosa fosse successo.
La donna si è dovuta sottoporre ad un intervento chirurgico che le ha salvato la vita. Happell e Hawthorn sono state rintracciate altrove: sui vestiti aveva ancora il sangue della loro vittima.
Sul telefono cellulare della 43enne sono stati trovati messaggi tra lei e una certa “Mary Crawford”. Appena cinque giorni prima dell’assalto, la Happell dichiarava: “Muoio dalla voglia di liberarmi di lei”.
Fonte: fanpage.it – Titolo originale: “Muoio dalla voglia di liberarmi di mia madre”, la massacra con la compagna: lei le fa arrestare