sabato 15 febbraio 2020

STORIA DELLE GUERRE BATTERIOLOGICHE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AL CORONAVIRUS V Parte

I germi sopra la Corea
La guerra illimitata

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La Guerra di Corea (1950-1953) fu tutt’altro che uno scontro limitato, come molto spesso è stato definito. Sebbene interamente combattuta nella sola penisola coreana, molte furono le nazioni coinvolte, diciassette del contingente ONU da una parte, Cina e Corea del Nord, supportate dell’URSS, dall’altra. La potenza di fuoco utilizzata fu spaventosa, tale che il generale statunitense Curtis LeMay affermò nel 1965: “abbiamo bruciato quasi ogni città sia del Nord che del Sud Corea. Abbiamo ucciso più di un milione di coreani e spinto diverse milioni di persone lontane dalle loro case ”. Più e più volte fu minacciato da parte degli Stati Uniti l’utilizzo di ordigni atomici, il generale Douglas MacArthur ne chiese a decine senza mai ottenerne (anche se le bombe furono consegnate alle basi USA sparse nel Pacifico). Ancora MacArthur chiese di poter utilizzare scorie di cobalto radioattivo, che ha una vita attiva dai 60 ai 120 anni, lungo le linee di rifornimento del nemico, in modo da creare una zona contaminata e inaccessibile. Le distruzioni provocate delle truppe ONU nella Corea del Nord, soprattutto nelle fasi iniziali del conflitto, avevano infatti creato un ingente bisogno di approvvigionamenti di ogni tipo che dovevano obbligatoriamente passare per il confine sino-coreano. Ma il piano, che MacArthur definì “è cosa facile”, non venne accettato. Fu persino ventilata la possibilità di creare un vasto deposito di armi chimiche nella Corea meridionale da usare in caso disperato, non fu fatto per il discredito che avrebbe generato all’interno delle forze delle Nazioni Unite coinvolte nel conflitto. Ma come si trasformarono gli scontri di una guerra interna dei coreani in una guerra moderna, tecnica e terribilmente sanguinosa durata tre lunghi anni?

Alla Conferenza Sextant, riunita a Il Cairo dal 22 al 26 novembre 1943, i Capi di Stato di Stati Uniti d’America (Roosevelt), Gran Bretagna (Churchill) e Cina nazionalista guidata da Jiang Jieshi [Chiang Kai-shek] ebbero un primo incontro per decidere il futuro assetto asiatico dopo la liquidazione dell’impero giapponese. Per quanto riguarda la penisola coreana, fin dal 1910 annessa al Giappone, venne deciso di renderla indipendente solo dopo un lungo periodo di supervisione, durante il quale sarebbe stata attuata una politica di amministrazione fiduciaria per garantire e velocizzare l’indipendenza. Così, mentre il 10 agosto l’URSS si avvicinava al nord della Corea, gli USA delinearono una propria zona di controllo coreana al di sotto del 38° parallelo. Il 15 dello stesso mese, Stalin acconsentì a dividere la Corea in due zone d’influenza (il sud sotto l’amministrazione USA, il nord sotto quella sovietica), probabilmente con la vana speranza di continuare la collaborazione con gli americani nell’imminente occupazione del Giappone. La decisione di dividere la Corea, sebbene inizialmente non avesse in alcun modo l’intento deliberato di creare due nazioni distinte, portò da lì a cinque anni ad un aperto scontro militare. Probabilmente l’unificazione del Nord e del Sud era l’obiettivo delle due superpotenze, sebbene entrambe auspicassero che il nuovo paese seguisse le loro rispettive ideologie. Nella prima metà del 1949, prima i sovietici e poi gli Stati Uniti abbandonarono le loro zone, lasciandosi alle spalle due diversi regimi: la dittatura comunista di Kim Il Sung (Repubblica Popolare di Corea) al nord e il governo nazionalista di Sygman Rhee (Repubblica di Corea) al sud. Gli incidenti lungo la zona di demarcazione erano frequenti perfino quando Stati Uniti e Unione Sovietica controllavano la penisola, ma, nel maggio del 1949, gli scontri e le incursioni sia dell’una che dell’altra parte stavano subendo un’escalation tale che, ben presto, avrebbero trasformato scaramucce di frontiera in una lotta fratricida per l’unificazione della Corea sotto un’unica bandiera.

Il 25 giugno 1950, truppe nord-coreane oltrepassarono il 38° parallelo e cominciarono l’avanzata verso il sud. Il 26 giugno, il presidente degli Stati Uniti, il democratico Harry Spencer Truman, ordinò alle forze USA in Giappone attacchi tattici contro obiettivi nordcoreani che operavano al sud. Con queste azioni, decise senza il consenso delle Nazioni Unite (ONU), gli USA affermarono chiaramente il loro ruolo di guida nel conflitto che era appena scoppiato. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, riunito il 25 giugno, chiese il ritiro immediato delle truppe sudcoreane e il sostegno dei membri dell’ONU per garantire la linea di demarcazione territoriale lungo il 38° parallelo. Il 27 giugno, il Consiglio di Sicurezza bollò la Corea del Nord «stato aggressore», in quanto senza avvertimento alcuno e senza provocazione stava conducendo un attacco militare contro uno stato sovrano. La risoluzione chiedeva anche agli stati appartenenti alle Nazioni Unite di offrire assistenza alla Corea del Sud. Le decisioni del Consiglio non incapparono nel veto sovietico: l’URSS boicottava le sedute per protesta contro il rifiuto di sostituire il rappresentante della Cina nazionalista (Taiwan) del Guomindang con uno della Repubblica Popolare Cinese guidata da Mao Zedong. Il 29 giugno, Truman ordinò alle forze statunitensi di attaccare obiettivi militari a nord del 38° parallelo. Il 7 luglio, il Consiglio di Sicurezza istituì il Comando Unificato delle Nazioni Unite (UNC), con la richiesta “che tutti i membri forniscano contingenti militari e assistenza di ogni tipo mettendosi a disposizione del Comando Unificato sotto il controllo degli Stati Uniti ”, il cui comando supremo venne affidato al generale statunitense Douglas MacArthur, già a capo dello SCAP e del Comando Americano Estremo-Orientale. Diciassette furono le nazioni che inviarono le proprie truppe nazionali all’UNC: Australia, Belgio, Canada, Colombia, Corea del Sud, Etiopia, Francia, Filippine, Gran Bretagna, Grecia, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Olanda, Stati Uniti, Sud Africa, Thailandia, Turchia. Danimarca, India, Norvegia e Svezia provvidero alle unità mediche, mentre l’Italia, non ancora stato membro delle Nazioni Unite (vi entrò nel 1955), inviò la Croce Rossa Italiana Ospedale 68, che servì da ospedale sia militare che civile fino al 1955.
I primi due mesi di guerra segnarono la dilagante avanzata delle truppe nordcoreane che occuparono quasi tutto il sud, costringendo le forze dell’UNC a trincerarsi all’interno del cosiddetto Perimetro di Pusan, nella zona sudorientale della penisola coreana. La controffensiva del contingente internazionale cominciò il 15 settembre 1950 e in poco tempo venne ristabilita la situazione ante bellum. Le condizioni geopolitiche internazionali, la vittoria della rivoluzione comunista cinese sulle forze del Guomindang, l’instaurazione della Repubblica Popolare Cinese (1 ottobre 1949) vista come un’estensione del potere sovietico nell’Asia Orientale, ma soprattutto le logiche dell’insorgente caccia alle streghe maccartista americana e della guerra fredda spinsero gli Stati Uniti ad un’azione di forza al di sopra del parallelo che divideva le due Coree. Un’offensiva vittoriosa del mondo libero diretta contro la Corea del Nord, secondo una nota del Dipartimento della Difesa USA, avrebbe strappato per la prima volta un paese all’influenza comunista sovietica. Soprattutto avrebbe dato maggiore forza all’amministrazione Truman e ai democratici, accusati di essere troppo poco incisivi contro il comunismo, e al piano di riarmo globale per il contenimento del potere rosso. La maggior parte degli alleati degli USA erano d’accordo nel portare avanti l’attacco alla Corea del Nord, sebbene con delle riserve, per paura dell’intervento in guerra della Cina. Il 30 settembre 1950, truppe sudcoreane oltrepassarono la linea di frontiera, seguite il 7 ottobre dalle forze statunitensi. L’avanzata fu rapidissima: il 20 ottobre, le truppe dell’UNC presero Pyongyang, capitale della Corea del Nord. Il 24 ottobre, MacArthur fece muovere le proprie forze verso il fiume Yalu, lungo il confine con la Manciuria cinese, dove già 300.000 soldati cinesi dell’Armata di Difesa delle Frontiere Nord-Orientali (NEBDA) erano pronti ad intervenire. La diplomazia coreana si era già precedentemente mossa per chiedere l’appoggio militare e politico dell’Unione Sovietica e della Cina. Fin dall’inizio di ottobre, i rappresentanti del governo cinese inviarono molti avvertimenti agli occidentali tramite l’ambasciatore indiano a Beijing, Sandar K.M. Panikkar: l’intervento statunitense nella Corea del Nord avrebbe provocato l’entrata in guerra della Cina a fianco dei nordcoreani. Stalin, che non voleva essere direttamente coinvolto in una guerra globale contro l’Ovest, fece continuamente pressioni su Mao e sul Ministro degli Esteri cinese, Zhou Enlai, per spingerli all’intervento. Il 7 ottobre (giorno in cui le truppe USA oltrepassarono il parallelo), Mao Zedong diede il suo assenso all’invio delle truppe dei Volontari, così denominate probabilmente sia per dare una giustificazione morale dell’intervento agli occhi del popolo cinese sia per dimostrare il presunto ruolo supplementare che la Cina avrebbe giocato nel conflitto, riducendo il rischio di una guerra totale contro gli USA e i paesi occidentali.
I primi scontri tra Volontari cinesi guidati dal generale Peng Dehuai e forze statunitensi si verificarono lungo il fiume Yalu alla fine del mese di ottobre, ma già nei primi giorni del novembre 1950 le truppe cinesi si ritirarono fermando le loro offensive.
La situazione militare per gli Stati Uniti stava diventando ben più complicata del previsto. Il 27 novembre, truppe nordcoreane e Volontari cinesi diedero il via ad una devastante azione a sorpresa contro le truppe UNC, che furono costrette ad arretrare verso sud. Pyongyang fu liberata tra il 4 e il 6 dicembre. MacArthur chiese, senza ottenerlo, l’allargamento delle operazioni in alcune zone strategiche della Cina e della Corea del Nord, con l’utilizzo di ventisei bombe atomiche tattiche. Sygman Rhee scrisse a Truman che “per risolvere la situazione dobbiamo fare tutto il possibile per sconfiggere e distruggere ora gli invasori cinesi. […] Autorizzate il generale MacArthur ad usare qualsiasi arma possa mettere fine all’aggressione comunista su ogni fronte, anche quella atomica. Alcune bombe su Mosca basteranno a scuotere il mondo comunista ”. Quando Truman annunciò di tenere il dito sul bottone del nucleare, gli alleati europei, temendo lo scoppio della Terza Guerra Mondiale, protestarono contro un eventuale utilizzo degli ordigni atomici. Entro la fine del mese di dicembre, i nordcoreani avevano ripreso tutto il territorio al di sopra del 38° parallelo e lo oltrepassarono il 26 dicembre. Nelle prime settimane del gennaio 1951, si erano già spinti al 37° parallelo, a circa cento chilometri a sud di Seul, capitale della Corea del Sud.

Nel dicembre del 1950, il generale Matthew Rigdway prese il posto di Walton Walker, morto in un incidente automobilistico, al comando dell’8° Armata statunitense. Il nuovo comandante diede subito il via ad una feroce controffensiva, nel gennaio 1951, respingendo gradualmente la coalizione comunista al di sopra del 38° parallelo. Le continue richieste di MacArthur di voler estendere il conflitto anche alla Cina, la sua scomunica della strategia militare dell’amministrazione Truman, “noi, qui [Corea] conduciamo con le armi alla mano la battaglia dell’Europa, mentre laggiù i diplomatici la proseguono con le parole; se noi perdiamo in Asia la guerra contro il comunismo, la caduta dell’Europa diventa inevitabile; se noi vinciamo, l’Europa ha tutte le possibilità di vincere e salvare la libertà. Nulla sostituisce la vittoria”, costrinsero il presidente americano a richiamare MacArthur a Washington. Il suo posto in Estremo Oriente fu affidato, nell’aprile 1951, al più malleabile generale Matthew Rigdway.

Il 10 luglio del 1951, cominciarono a Kaesong, poco a sud della linea di demarcazione tra le due Coree, i negoziati per un armistizio. I combattimenti non si fermarono, entrambe le parti cercavano di usare la pressione militare per avere maggiori basi contrattuali in sede di negoziato. Nell’agosto 1951, gli Stati Uniti diedero il via all’ “Operation Strangle”, una violentissima compagna di bombardamenti aerei contro le linee di comunicazione e di approvvigionamento del nemico: oltre 90.000 attacchi a ferrovie, scali di smistamento, autostrade, ponti, mezzi di trasporto e case, rifugi o magazzini che potevano servire da deposito di approvvigionamento. Nel giugno del 1952, l’aviazione statunitense estese i propri attacchi contro grandi centri abitati e risorse economiche: undici centrali idroelettriche lungo lo Yalu vennero bombardate, Pyongyang e altre sessantasette città nordcoreane rase al suolo. L’aviazione statunitense utilizzò smodatamente il napalm, precedentemente usato solo a Tokyo, Okinawa ed in Grecia, bombardamenti a tappeto, molte volte fino a non lasciare alcuna struttura utile in piedi. Comunque, l’offensiva di strangolamento americana, a lungo andare, si rivelò un fallimento e non si ottenne alcun passo in avanti nei negoziati. Inoltre l’efficacia del Comando Logistico e della contraerea comunista aggiunta al supporto dei caccia MIG-15 sovietici, mettevano a dura prova i raid statunitensi.
E’ a questo periodo di escalation dell’urto statunitense che si può stabilire l’utilizzo di armi batteriologiche.

Stephen Endicott, Edward Hagerman, The United States and Biological Warfare.

Secrets from the Early Cold War and Korea, Indiana University Press 1998, p. 88.


Jon Halliday, Bruce Cumings, Korea: the Unknown War, Pantheon Books, New York 1998, p. 128.


Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU del 7 luglio 1950.


Steven Hugh Lee, La Guerra di Corea, Il Mulino Universale Paperbacks, Bologna 2003, p. 81.


Lettera inviata nell’aprile 1951 dal generale MacArthur al deputato repubblicano della Camera dei Rappresentanti, Joseph Martin.

CONTINUA....
https://cinaoggi.it/2009/01/23/le-armi-invisibili-2/

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