Le Unità 406 e 8003
Il Laboratorio Medico Generale 406 della Sezione Medica USA dell’Estremo Oriente (Unità 406) fu impiantato prima in uno stabilimento della base aerea di Atsugi, successivamente al Mitsubishi Higashi Building, quartier generale della Mitsubishi a Tokyo. L’Unità 406 venne creata, originariamente, per occupasi di questioni sanitarie relative alle truppe di occupazione USA in Giappone ed in Corea del Sud e dei problemi di salute pubblica tra la popolazione civile.
Fu James J. Simmons, il primo pioniere della guerra biologica statunitense, a spingere per l’attivazione dell’Unità in Giappone. Nel 1949, il tenente colonnello W.D. Tigertt venne scelto per guidare un nuovo programma di ricerca biologica all’interno dell’Unità statunitense 406. Egli era un esperto scienziato militare di Camp Detrick, specializzato nello studio degli insetti-vettori portatori dell’encefalite B giapponese. Inizialmente l’Unità era di modeste dimensioni e con compiti assai limitati, ma, nel breve volgere di qualche anno, divenne una struttura ben più complessa e ampia, che includeva dipartimenti e laboratori di entomologia, batteriologia, epidemiologia e di studio delle malattie esotiche e virali. Durante la Guerra di Corea, molto era il materiale richiesto, soprattutto animali e cavie da laboratorio (circa 20.000 al mese) che il Saitama Experimental Animal Research Institute provvedeva a reperire. Questo istituto di approvvigionamento dell’Unità 406 era gestito da Ozawa Ichisaburo, ex membro del programma di guerra biologica di Ishii Shiro. Molti lavori furono affidati all’Istituto Nazionale della Salute giapponese, dove lavorava, in qualità di ricercatore, Wakamatsu Yujiro (comandante dell’Unità 100). Come ho già detto, numerosissimi ex appartenenti alle Unità Ishii occuparono posizioni di primo piano nella vita scientifica e pubblica giapponese, e, grazie alla loro esperienza, con tutta probabilità furono reclutati dagli scienziati statunitensi per collaborare nelle ricerche sulle armi biologiche: erano i migliori al mondo, ufficialmente gli unici ad aver testato sugli esseri umani gli effetti delle armi invisibili.
Nel 1951, il nuovo comandante dell’Unità 406, il colonnello Richard P. Manson, richiese che il proprio personale fosse ben istruito sulle attività di guerra biologica, chimica e radiologica. Ogni settimana i tecnici di Manson erano sottoposti a quattro ore di lezioni su metodi e pratiche della guerra biologica, principalmente su tutto ciò che concerneva gli insetti-vettori, concentrandosi sulle mosche vettori di encefalite B giapponese ed encefalite equina, sull’identificazione delle pulci della peste, del tifo, sugli acari portatori di malattie virali. Nell’estate del 1951, venne creata all’interno dell’Unità una Sezione Ecologica, nella quale portare avanti gli studi sulle mosche-vettori in grado di resistere alle rigide temperature invernali. Questo studio era stato intrapreso anche dagli scienziati giapponesi che volevano utilizzare tali insetti per un eventuale attacco biologico contro le fredde regioni dell’Unione Sovietica. Dopo lo scoppio del conflitto coreano, venne allestito uno speciale gruppo scientifico di indagine nel Distaccamento dell’Unità 406 a Kyoto che si occupò principalmente dello studio degli acari e delle pulci che si potevano trovare in Corea ed in Giappone. Si cominciarono anche ad approfondire le ricerche sull’encefalite trasmessa dagli uccelli e su molte altre malattie pericolose e letali che si potevano diffondere tra le truppe amiche, i prigionieri di guerra e la popolazione civile: dissenteria, salmonella, tifo, vaiolo.
In collaborazione con le autorità nipponiche, l’Unità 406 si specializzò su tutto ciò che riguardava la vita degli insetti-vettori in Corea ed in Giappone (distribuzione geografica, riproduzione, abitudini), concentrandosi essenzialmente sulle mosche nere e sulle morsicature dei moscerini, probabilmente gli insetti più adatti a diffondere malattie tra gli uomini.
Tra il 1946 e il 1953, numerosi studi vennero effettuati anche su antrace, tularemia, tifo, paratifo e febbri ondulanti. Come sempre, venne data attenzione anche alla messa a punto di diversi vaccini per l’immunizzazione delle truppe amiche.
Il Laboratorio di Ricerca Medica dell’Estremo Oriente 8003 (Unità 8003) a Tokyo fu un importante laboratorio aggiunto all’Unità 406. La data della sua fondazione è incerta, molto probabilmente iniziò i suoi lavori tra il gennaio e marzo del 1952, sembra sia stato istituito su ordine del Comando Logistico Giapponese o come una sezione supplementare alla Sezione Ecologica del Dipartimento di Entomologia dell’Unità 406, per estendere le ricerche relative all’encefalite B giapponese. L’Unità 8003 aveva a disposizione laboratori di batteriologia, entomologia, epidemiologia, con squadre di tecnici per la ricerca sulle malattie virali ed infettive. Non era nient’altro che un laboratorio tale e quale all’Unità 406 e, sebbene non sia chiaro il motivo di tale raddoppiamento, il nuovo laboratorio accolse numerosissimi scienziati militari, civili, pubblici e privati.
Tutti i dati delle Unità statunitensi in Giappone venivano trasmessi a Camp Detrick, questo fatto potrebbe legarle al programma di guerra biologica che gli USA stavano portando avanti da più di dieci anni. Un altro legame tra le Unità 406 e 8003 e la guerra biologica sono le numerose voci provenienti dal Partito Comunista Giapponese relative all’assunzione di ex scienziati del programma di Ishii Shiro all’interno delle strutture di ricerca statunitensi. Nel 1951, erano 309 le persone che lavoravano nell’Unità 406, di cui 107 giapponesi. Per il Partito Comunista non dovrebbe essere stato troppo difficile infiltrare all’interno della 406 propri membri, poiché la maggior parte dei lavoratori giapponesi non parlava l’inglese. Nel 1952, uscì un opuscolo del Consiglio della Pace Giapponese, dove veniva svelato, da questi presunti infiltrati comunisti, che una base batteriologica USA era stata impiantata a Tokyo e vi si lavorava alla produzione di germi altamente letali con la collaborazione dei colleghi di Ishii.
Tra il 1951 e il 1952, scoppiarono tra le truppe USA, soprattutto quelle in contatto con il nemico lungo il 38° parallelo, casi di gravi malattie, e sebbene i medici statunitensi riuscissero a curarli, tuttavia non riuscirono ad identificare e isolare il virus se non con l’aiuto di alcuni scienziati giapponesi. Mentre i tecnici USA ritenevano si trattasse di leptospirosi (malattia solitamente trasmessa dalle feci dei roditori), i giapponesi la descrissero come febbre emorragica. Nei rapporti dell’Unità 406 viene citato il nome del nipponico Kasahara Shiro, ex membro dell’Unità 731 specializzato nello studio delle febbri emorragiche, come risulta anche dai verbali dei numerosi interrogatori a cui fu sottoposto dalle autorità statunitensi1. Il capitano John Craig, ufficiale di Medicina Preventiva del 10° Corpo degli Stati Uniti ed epidemiologo dell’Unità 406, chiese di poter ottenere le informazioni degli studi giapponesi in merito allo scoppio dei casi di febbri emorragiche, la Sezione Medica del Quartier Generale del Comando dell’Estremo Oriente quindi intervistò Kitano Masaji, Kasahara Shiro, Ishikawa Tachiomura e Tamiya Takeo, tutti ex membri dell’Unità 731.
Nel marzo del 1951, al generale di brigata statunitense Crawford Sams venne affidata una missione dietro le linee nemiche, nella Corea del Nord. La missione consisteva nel verificare se tra le truppe cinesi nell’area della città di Wonsan, nel sud-est nordcoreano, fossero comparsi casi di peste bubbonica, come era stato riferito da un agente americano infiltrato. Nel caso in cui fossero stati riscontrati casi di tale malattia, si doveva repentinamente correre ai ripari ed immunizzare i contingenti USA e ONU presenti in Corea. Il compito di Sams era rapire un soldato cinese malato e svolgere i test necessari in un laboratorio galleggiante, il Fleet Epidemic Disease Control Unit (Unità Galleggiante di Controllo delle Malattie Epidemiche), allestito appositamente per l’incarico. Una volta arrivati a destinazione, Sams incontrò un tecnico statunitense che mandò a monte il rapimento: egli riteneva che non si trattasse di peste, ma bensì di casi di vaiolo emorragico (altamente letale). Il dottor Sams e il suo laboratorio galleggiante furono coinvolti anche in un altro caso che potrebbe essere collegato al programma di guerra batteriologica statunitense. Nei primi mesi del 1951, al campo di prigionia USA presso Koje Island nella Corea del Sud, scoppiò una strana epidemia di dissenteria tra i prigionieri che durò circa un anno. L’inizio dell’epidemia coincise con l’arrivo della Fleet Unit di Sams al campo di prigionia. In un periodo di appena quattro mesi, quasi 120.000 prigionieri si ammalarono, di cui 19.320 costretti al ricovero ospedaliero, con un tasso di mortalità del 9%. La cosa straordinaria ed innaturale è che si riscontrarono una varietà enorme di batteri della dissenteria (amebica, bacillare e tanti altri tipi) tutti estremamente virulenti. Ci si può chiedere il motivo per cui una malattia ben conosciuta sia durata così a lungo e con una percentuale di mortalità così alta, ma soprattutto come mai tante varietà di batteri della dissenteria particolarmente virulente si siano ritrovate in un unico posto e tutte nello stesso periodo. Difficilmente in natura si può riscontrare un tale caso eccezionale. In un documento statunitense del Comitato della Guerra Biologica del Dipartimento della Difesa, datato 5 dicembre 1950, declassificato nel 1996 su richiesta di Hagerman e Endicott, si raccomanda che “il programma delle forze armate per la ricerca dei dati relativi all’immunizzazione contro le malattie utilizzate nella BW [guerra biologica] è essenziale che sia attivato sui disertori e sui prigionieri di guerra”.
Sebbene non espliciti, si possono trovare molti legami tra i Laboratori Medici statunitensi in Giappone e il programma di guerra batteriologica. Purtroppo molti documenti che potrebbero provare o confutare tali supposizioni non sono accessibili agli studiosi, mentre molti altri sono stati distrutti, come testimoniò l’ex direttore della CIA, Richard Helms, al Congresso nel 1977.
1 Stephen Endicott, Edward Hagerman, The United States and Biological Warfare, op. cit., pp. 148-149.
CONTINUA.....
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