«Silvia Romano è viva. Non abbiamo dubbi». A riportare questa dichiarazione di Noah Mwivanda, comandante della Polizia regionale costiera di Mombasa, è l’inviata di Repubblica Raffaella Scuderi. Un’affermazione che se da una parte porta speranza dall’altra non fornisce aggiornamenti certi. «Silvia si trova nella foresta in mano a tre degli assalitori – dice l’investigatore che sta coordinando le ricerche – Gli altri cinque sono scappati, e ne abbiamo perse le tracce. Di lei invece abbiamo la localizzazione e le impronte. Siamo certi che sia lei perche in caso contrario i tre banditi avrebbero preso tutt’altra direzione, come i loro complici». Come riferisce la giornalista italiana la Coast Regional Police avrebbe anche identificato i tre rapitori: sarebbero Ibrahim Adan, Yusuf Kuno e Said Abdi. Su di loro è stata messa una taglia di un milione di scellini kenyani pari a 8600 euro, una cifra da capogiro per gli abitanti del paese africano. Nella zona è scattata una massiccia operazione di ricerca in un’area che supera i 40mila chilometri quadrati, setacciata da tutte le forze di polizia possibili, dotate di cani, droni ed elicotteri, con la complicsazione della pioggia dei scorsi giorni. Ma il comandante Mwivavanda ritiene di essere ormai sulle tracce dei sequestratori grazie all’aiuto dei 20 presunti complici, rinchiusi nelle celle della stazione di polizia di Malindi. Rimane ancora un mistero il movente che diventa anche oggetto di polemiche tra polizia ed autorità locali circa il coinvolgimento dei miliziani islamici di Al Shabaab, vicini ad Al Qaeda.
Nonostante la parlata somala riferita dai testimoni dell’agguato alla giovane volontaria dell’orfanotrofio Chakama Guest House, nonostante il potente e costoso armamento con fucili d’assalto AK 47, la stessa arma kalashnikov sequestrata dall’esercito siriano ai terroristi jihadisti di Al Shabaab nella foresta di Boni che usano come rifugio (a circa 200 km dal luogo del rapimento), lo stesso Mwivanda dichiara a Repubblica che gli investigatori sono «propensi ad escludere un atto terroristico» entrando in contraddizione con le prime dichiarazioni del comandante nazionale della Polizia del Kenya, Joseph Boinnet, che aveva comunicato che era stata aperta un’inchiesta per terrorismo, ma anche con quanto sostenuto dal governatore di Kilifi, Amason Jeffah Kingi.
«Il commando che ha rapito Silvia si è diviso, affidando l’ostaggio a un gruppo di tre persone – aggiunge l’inviata Raffaella Scuderi – Una certezza che sarebbe stata raccolta grazie agli “apparati tecnologici” impiegati per le ricerche: probabilmente si riferisce a visori termici, in grado di rilevare il calore dei corpi anche nella foresta e permettere l’inseguimento dei criminali. E questi strumenti avrebbero confermato le indicazioni raccolte dagli inquirenti kenyani con gli interrogatori di alcune persone sospettate di avere aiutato il commando nel rapimento». Tra le ipotesi, anche quella di un sequestro condotto da elementi delle tribù somale che si dedicano alla pastorizia nella zona magari per rivendere la donna agli estremisti islamici. La pista dei terroristi somali, oltrechè da armamenti e testimonianze sulla parlata, è subito affiorata come ipotesi per l’intensa attività dei miliziani di Al Shabaab nelle contee di Lamu e Garissa, vicine a qualla di Kilifi dove è avvenuto il rapimento. Ma anche da una serie di coincidenze: «il sequestro infatti è avvenuto in concomitanza con la visita a Roma del presidente somalo che si oppone alla formazione fondamentalista» rileva Repubblica. Ma è soprattutto avvenuto all’indomani di un pesantissimo attacco compiuto in Somalia che ha ucciso 37 jihadisti somali compiuto coi droni dell’Africom, il comando americano contro il terrorismo islamico che ha due sedi anche in Italia (leggi i precedenti articoli ai link sotto).
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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