Riferimenti: Lc 21, 5-34
(consiglio di leggere prima la pericope biblica di riferimento per poter capire meglio le spiegazioni di don Dolindo. L’italiano è un po’ datato scrivendo don Dolindo nel 1943-44 ma si capisce tutto integralmente per cui preferisco lasciare il testo così com’è).
«Dopo il terribile annunzio della distruzione di Gerusalemme e della fine del mondo Gesù Cristo si rivolge ai suoi uditori ed agli uomini tutti del mondo, per indicare loro quale dev’essere l’atteggiamento che devono avere nelle grandi tribolazioni delle quali saranno testimoni. Il primo atto da compiere sarà quello di elevare gli occhi al cielo e confidare in Dio, aspettandosi le sue misericordie spirituali: Mirate in alto ed alzate le vostre teste perché si avvicina la vostra redenzione. Ogni castigo ha un fine di misericordia nelle vie di Dio e il castigo finale preluderà al regno del Signore ed al trionfo pieno della Chiesa; dunque, quando incominceranno a verificarsi le parole divine di Gesù l’anima deve confortarsi e sperare nel regno di Dio.
Quando germoglia il fico e produce il suo frutto e quando gli alberi sono carichi, si capisce che l’estate è vicina, ora quando vengono sulla terra le grandi tribolazioni predette è segno che si avvicina il regno di Dio.
La distruzione di Gerusalemme fu il preludio della diffusione del Vangelo nel mondo, prima tappa del regno di Dio; le tribolazioni terribili della conflagrazione universale sono il preludio del regno trionfante di Dio nelle nazioni; le tribolazioni della fine del mondo saranno il preludio del regno glorioso ed eterno di Dio coi suoi eletti del Paradiso.
Gesù Cristo parlò ai secoli di questi tre grandi eventi della storia della redenzione, ma poiché il suo discorso era rivolto agli Ebrei, le sue parole avevano per loro una particolare importanza. La distruzione di Gerusalemme era per gli stessi suoi discepoli una calamità spaventosa, che li ricolmava d’immensa amarezza, e perciò Gesù li confortò, dicendo che era non la distruzione della nazione ebraica, ma il primo principio della sua redenzione, cioè della sua salvezza nell’incorporamento alla Chiesa e nella partecipazione ai frutti della redenzione. E perché non avessero creduto che parlando di Gerusalemme Egli parlasse di eventi lontani, aggiunse, alludendo proprio alla rovina della città santa: Vi dico in verità che non passerà questa generazione prima che tutte queste cose non siano avvenute.
Sarebbe stato esiziale per i suoi discepoli il credere lontano l’evento, perché non avrebbero pensato a mettersi a tempo in salvo, com’Egli aveva loro suggerito, e perciò soggiunse con maggiore energia: Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Non c’era dunque da illudersi; ciò che annunziava per Gerusalemme sarebbe avvenuto presto, l’avrebbero veduto essi stessi, ed ai primi segni precursori dell’evento avrebbero dovuto mettersi in salvo sollecitamente.
Rivolgendosi, poi, principalmente agli uomini che avrebbero sofferto nelle grandi tribolazioni del mondo, e per quelle degli ultimi tempi precedenti il giudizio, e parlando anche agli Ebrei che lo ascoltavano, Gesù soggiunse: Badate a voi stessi, perché i vostri cuori non si aggravino per crapule, per ubriachezze, e per cure della vita presente, e perché quel giorno non vi colga all’improvviso, poiché come un laccio verrà sopra coloro che abitano sulla superficie della terra.
Sarà caratteristica, infatti, dei tempi che precederanno le grandi tribolazioni la ricerca dei piaceri e la preoccupazione assillante della vita presente, come noi già vediamo nella nostra generazione. Il mondo è diventato una bettola, un teatro ed un cantiere; si cerca il piacere dei sensi con le maggiori raffinatezze; si distrae la vita nell’ebbrezza del divertimento portato fino a domicilio con la radio e la televisione; si lavora, si lavora, in una preoccupazione così assillante della vita presente da dimenticare completamente quella spirituale. Per chi vive in questa maniera indegna la tribolazione sarà una sorpresa, com’è sorpresa il laccio per gli uccelli che vengono accalappiati.
Non penseranno che è voce di Dio, né penseranno a dover mutare la loro vita, attribuendo gli sconvolgimenti della natura a cause puramente naturali. Eppure quei tempi dovranno essere tempi di intensa vigilanza e preghiera, perché non si tratterà di tribolazioni comuni, ma di disastri eccezionali, dai quali solo la preghiera ci potrà ottenere uno scampo, e per le tribolazioni degli ultimi tempi saranno cataclismi che preluderanno al giudizio. Chi pensa di dover comparire innanzi al Giudice eterno, come può riguardare con superficialità i terribili fenomeni che ne preannunziano la venuta? E come può esporsi al pericolo di andare impreparato alla sua presenza?
Gesù Cristo medesimo volle darci l’esempio della vigilanza nella preghiera e della preoccupazione di ciò che riguarda lo spirito, e perciò il Sacro Testo soggiunge, non senza una particolare intenzione, che Egli durante il giorno insegnava nel tempio, per guidare le anime al conseguimento dei beni eterni, e la notte usciva per ritirarsi a pregare sul monte Oliveto. La sua sollecitudine nell’istruire il popolo, poi, e la sua divina Parola attraevano talmente la moltitudine che ogni giorno andava di buon mattino al tempio per ascoltarlo.
Questa dev’essere la nostra vita nei momenti delle grandi tribolazioni che incombono già sulla terra e che incomberanno alla fine del mondo: dobbiamo levare lo sguardo a Dio, sospirando al suo regno; dobbiamo zelare la gloria del Signore e il bene delle anime e, senza farsi trascinare dai sensi, dobbiamo mortificarci e pregare. Non si può rimanere indifferenti quando Dio chiama, e se in ogni tempo, come disse Gesù, è necessario pregare, nel tempo della tribolazione è necessario farlo senza intermissione per il proprio bene e per quello degli altri.
Gesù disse di vigilare, pregando di essere fatti degni di schivare tutte le cose terribili che dovranno avvenire; dunque, certe tribolazioni possono evitarsi o per lo meno attenuarsi con la preghiera.
Se nei momenti di sconvolgimenti le nazioni pensassero a promuovere la pubblica preghiera, quanto gioverebbero di più ai popoli anziché con le loro preveggenze materiali, i loro armamenti e la loro tirannica disciplina!
Ese le anime consacrate a Dio specialmente pensassero alla loro responsabilità innanzi al popolo, con quanta cura baderebbero a conservarsi sante, mortificate, ed in continua preghiera!
Non si provvede al bene comune con le chiacchiere, ma levando le mani supplichevoli a Dio ed implorando la sua misericordia » (1).
Note:
1) Faccio notare che don Dolindo rispetto ad altri commentatori della Sacra Scrittura si spinge oltre e fa rilevare che il discorso escatologico di Gesù, oltre a indicare i due periodi temporali della distruzione di Gerusalemme e della fine del mondo, presenta anche premonizioni future che riguardano il tempo che deve precedere quello che noi chiamiamo “trionfo del Cuore Immacolato” in seguito alle rivelazioni di Fatima e di cui don Dolindo parlava in termini di “regno trionfante di Cristo” sulla terra, “trionfo storico della fede” e simili altre espressioni.
E’ dunque significativo e importante rilevare che dietro i simboli e le allusioni del discorso profetico del Signore vi è il preannuncio di tante realtà che viviamo e che siamo prossimi a vivere e che, in connessione al libro dell’Apocalisse, si riferiscono ai grandi mali e castighi che verranno nel mondo, alle sofferenze morali che i buoni dovranno patire, ecc.Insomma, sono tutte che cose che ci riguardano al vivo ma che sono ardue a comprendersi.
Uno dei motivi di valore dei messaggi mariani odierni, a mio avviso, è l’esplicitazione di tante profezie oscure contenute nella Sacra Scrittuta che fanno capo soprattutto al discorso escatologico di Gesù e ai vaticini dell’Apocalisse.
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