Il fenomeno del bullismo fa registrare ogni giorno casi nuovi e allarmanti in Italia. Ma, contrariamente a ciò che il termine "bullismo" evoca (da bullo: ragazzino sfrontato e violento), il fenomeno non riguarda solo i giovani e gli adolescenti, ma anche agli adulti. Il fenomeno infatti presenta diverse declinazioni: tra studenti, da parte di studenti a danno dei professori, da parte di genitori a danno dei professori, e perfino da parte di genitori a danno di altri studenti. Il caso che ha creato più scalpore è stato quello di un istituto tecnico commerciale di Lucca, dove alcuni studenti hanno ripetutamente minacciato e intimidito un professore di 64 anni, usando violenza verbale, mimando di colpirlo con un casco integrale da motociclista e impilando i cestini della spazzatura sulla cattedra. L’episodio è andato ad aggiungersi a numerosi altri di segno simile a cui è stata data crescente attenzione da parte dei media negli ultimi mesi, come quello della professoressa ferita da uno studente con un coltello in provincia di Caserta, o la professoressa disabile "legata e presa a calci" ad Alessandria. La moltiplicazione delle segnalazioni di questo genere ha creato un clima da allarme sociale, al punto che l’associazione Professione Insegnante ha deciso di lanciare una petizione su change.org indirizzata al presidente Mattarella e al Ministero dell’Istruzione, per chiedere “una legge contro la violenza sugli insegnanti,” mentre l’associazione Presidi Lazio organizza un corso apposito per preparare i docenti a gestire casi di bullismo. Ma, a parte le punizioni esemplari come la bocciatura, andata così per gli studenti di Lucca protagonisti dei video circolati su internet: in sei sono stati indagati e perquisiti per concorso nei reati di violenza privata, minacce e tentato furto del tablet con il registro elettronico, la sensazione è che portare casi del genere all'attenzione dei media, si rischia di rendere "virale" la piaga del bullismo attraverso la pubblicazione di video shock innescando pericolosi casi di emulazione. Di certo, è che un ecosistema informativo basato su dinamiche tossiche di questo tipo non favorisce un serio dibattito pubblico su un fenomeno complesso e delicato. Secondo gli ultimi dati Istat, gli studenti liceali che dichiaravano di aver subito ripetutamente comportamenti offensivi o violenti erano allora il 19,4%, contro il 18,1% degli istituti professionali e il 16% degli istituti tecnici. I fatti di bullismo risultano più frequenti al Nord che al Sud e nelle isole. La distribuzione pressoché paritetica tra le diverse tipologie di istituto superiore va nella stessa direzione: il bullismo è un fenomeno che travalica le differenze di classe. Sulla base di questi dati, i giornali titolavano “allarme bullismo” già nel 2016, ma non sono tanto diversi da quelli di una ricerca effettuata nel 2001 tra le scuole superiori della Provincia di Trento, in cui il 33% degli intervistati dichiarava di essere vittima ricorrente di bullismo. La prima a prendere in considerazione gli atti di violenza di studenti nei confronti degli insegnanti è una ricerca del 2008, in cui la percentuale di docenti vittima di violenze risulta oscillare tra il 3 e il 5%: ogni dichiarazione della presunta escalation negli ultimi anni deve necessariamente partire da questi dati, e dimostrare che siano andati peggiorando. Questo non significa, ovviamente, negare l’esistenza del fenomeno o minimizzarlo, ma pretendere che una discussione seria parta da una base solida e non dal sentito dire o dal sensazionalismo giornalistico, vada ad affrontare le cause reali del problema — che sono inevitabilmente complesse e non riducibili a un solo fattore — e soprattutto coinvolga gli attori interessati (studenti, insegnanti, genitori). Soprattutto i genitori, la cui figura educativa di riferimento è andata sempre sfumandosi nel tempo, permettendo lo sfociare di questi atti violenti che poco hanno a che fare con le differenze sociali, ma molto con storie di disagio familiare. Un sottobosco ancora poco esplorato.
Fonte:
Nessun commento:
Posta un commento