venerdì 30 novembre 2018

Pensioni quota 100 a febbraio

Due pensionati davanti al PC




Per il vicepremier Salvini: «Se la manovra passa, entro febbraio 2019 offriremo a oltre 600.000 italiani di andare in pensione a 62 anni di età e 38 anni di contributi, senza penalizzazioni»
Sedici miliardi di euro calcolati per il reddito di cittadinanza e la legge Fornero. Forse fondi che eccedono le spese da sostenere. Un dato è certo: quota 100 partirà da febbraio. E' il vicepremier Matteo Salvini a fare chiarezza su reddito di cittadinanza e pensioni, punti cardine di una manovra tutta da decidere.

Pensioni, Salvini: «Quota 100 a febbraio»

Per il ministro dell'Interno con le pensioni «quota 100 parte a febbraio. Se la manovra passa, entro febbraio 2019 offriremo a oltre 600.000 italiani di andare in pensione a 62 anni di età e 38 anni di contributi, senza penalizzazioni. La misura entrerà a pieno regime spero anche prima di aprile». Il vicepremier poi si è detto «orgoglioso perchè si tratta di un'altra promessa mantenuta. Il mio obiettivo è quota 41. Non riusciamo a fare tutto subito quindi per ora puntiamo a quota 100. E' immorale chiedere ad una persona di lavorare fino a 67 anni». Come riporta il Sole 24 Ore, si tratterebbe di una "quota 100" in versione ponte per i prossimi tre anni in vista dell'introduzione, già dal biennio 2022-23, di quota 41 per tutti. Prevista anche una proroga di "opzione donna" per un anno (e non più tre), così come per l'Ape sociale, con l'impegno di un eventuale rinnovo con la prossima legge di Bilancio. Scatta la conferma anche per il non adeguamento alla speranza di vita dei requisiti per l'uscita anticipata con 41 anni e 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini. Dal 2019 scattano solo i 67 anni per la vecchiaia, requisito destinato a rimanere tale fino al 2023, nel caso in cui saranno confermate le attuali stime Istat sulla speranza di vita, che nel prossimo triennio prevedono un'inversione di tendenza e quindi un calo e non più un aumento della aspettativa di vita.

Truffe agli anziani: fino a cinque anni di carcere



pensioni - anziani


Il ddl ora all'esame della Commissione Giustizia prevede un trattamento sanzionatorio aggravato se si truffano ultrasessantacinquenni

Il disegno di legge di iniziativa parlamentare (promosso dall'on. David Ermini), presentato a novembre e recante "Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, quanto ai delitti di truffa e di circonvenzione di persona incapace commessi in danno di persone ultrasessantacinquenni", è giunto all'esame della commissione giustizia della Camera.


L'intervento normativo, come si legge nella proposta di legge (qui sotto allegata), nasce dall'esigenza di arginare il sempre più dilagante e allarmante fenomeno criminale delle truffe in danno di persone anziane, crimine "odioso" poiché "non si limita solo a colpire l'aspetto patrimoniale di persone deboli, ma le ferisce profondamente nell'animo, a volte con gravi conseguenze di carattere psicologico e sociale". 

Il provvedimento propone dunque di aggiungere un aggravamento di pena rispetto alla fattispecie base del reato di truffa, ove tale delitto contro il patrimonio mediante frode sia perpetrato nei confronti di un soggetto ultrasessantacinquenne, ma che, ovviamente, non sia in stato di incapacità a causa di patologie di decadimento ovvero di indebolimento delle facoltà mentali, trovando in tal caso applicazione la fattispecie criminosa di circonvenzione di persone incapaci di cui all'articolo 643 del codice penale.

Reclusione da uno a cinque anni

L'aumento della pena base (fissata dal primo comma dell'art. 640 c.p. in reclusione da sei mesi a tre anni e multa da euro 51 a euro 1.032) farebbe si che laddove il fatto sia commesso in danno di persona ultrasessantacinquenne si rischierebbe la reclusione da uno a cinque anni e una multa da euro 309 a euro 1.549.

Il ddl propone altresì, a migliore tutela della vittima anziana e delle vittime incapaci del delitto di circonvenzione, l'introduzione di un nuovo articolo nel codice penale (643-bis) riguardante la sospensione condizionale della pena .

In sostanza, la sospensione condizionale della pena, nei casi di condanna per i delitti di cui agli articoli 640, secondo comma, numero 2-ter), e 643, sarebbe condizionata alle restituzioni e al risarcimento del danno, oltre che all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, rendendo obbligatorio un meccanismo oggi previsto soltanto come discrezionale dall'articolo 165 del codice penale.

Contestualmente, stante l'aumento di pena edittale, si passerebbe a modificare l'art. 275 c.p.c. in materia di criteri di scelta delle misure cautelari personali, estendendo l'applicabilità per tale fattispecie criminosa della norma che deroga al principio generale per il quale il giudice non deve applicare la misura della custodia cautelare in carcere quando ritiene che, all'esito del giudizio, la pena irrogata non sarà superiore a tre anni di reclusione. 

Il ddl vorrebbe inserire, infine, i due reati, di truffa in danno di anziani e di circonvenzione di persone incapaci, nel novero di quelli per i quali è previsto l'arresto in flagranza obbligatorio, prevedendo una modifica all'art, 380 del codice di procedura penale.




Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile

Il Dipartimento partecipa alle attività dell'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, organismo strategico di studio e monitoraggio rispetto alla prevenzione e al contrasto dell’abuso e dello sfruttamento sessuale a danno dei minori.


L’Osservatorio è stato istituito ai sensi dell’articolo 17, comma 1-bis, della Legge 3 agosto 1998, n. 269 e ricostituito da ultimo con Decreto ministeriale del 30 agosto 2016 con il compito di acquisire e monitorare i dati e le informazioni relativi alle attività svolte da tutte le pubbliche amministrazioni per la prevenzione e la repressione dell’abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori.

In particolare, l’Osservatorio:


Acquisisce dati e informazioni a livello nazionale e internazionale relativi alle attività svolte per la prevenzione e la repressione dell’abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori e alle strategie di contrasto programmate e realizzate anche da altri Paesi;


Analizza, studia ed elabora i dati forniti dalle altre pubbliche amministrazioni;


Promuove studi e ricerche sul fenomeno;


Informa sull’attività svolta, anche attraverso il sito internet istituzionale del Dipartimento e la diffusione di pubblicazioni mirate;


redige una relazione tecnico-scientifica annuale a consuntivo delle attività svolte, anche ai fini della predisposizione della relazione che il Presidente del Consiglio dei Ministri presenta annualmente al Parlamento, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 3 agosto 1998, n. 269;


Partecipa all’attività degli organismi europei e internazionali competenti in materia di tutela dei minori e di contrasto dell’abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori;


Predispone il Piano nazionale di prevenzione e contrasto dell’abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori, il quale costituisce parte integrante del Piano nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, predisposto dall’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza.

L’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile è presieduto dal Capo del Dipartimento per le pari opportunità ed è composto da cinque componenti designati dalla Ministra per le pari opportunità, di cui un Coordinatore tecnico-scientifico, un rappresentante rispettivamente del Dipartimento per le politiche della famiglia, della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, dai rappresentanti del Ministero della Giustizia, nonché da quattro componenti designati dalle associazioni nazionali maggiormente rappresentative nel settore della lotta al fenomeno dell’abuso e dello sfruttamento sessuale in danno di minori, quali Telefono Azzurro, Save The Children, Terre des Hommes e Meter, nonché dalle organizzazioni sindacali Cgil Cisl e Uil.

Presso l’Osservatorio è inoltre istituita una banca dati volta ad organizzare in modo sistematico il patrimonio informativo proveniente dalle diverse amministrazioni per il monitoraggio del fenomeno e delle azioni di prevenzione e repressione ad esso collegate.

http://www.politichefamiglia.it/it/politiche-informazioni-e-servizi/politiche-informazioni-e-servizi/natalita-infanzia-ed-adolescenza/osservatorio-per-il-contrasto-della-pedofilia-e-della-pornografia-minorile/

Per saperne di più

Vedi la sezione dedicata sul sito del Dipartimento per le pari opportunità

“Dopo di noi” – Il provvedimento per l’assistenza e la cura dei disabili gravi senza genitori diventa legge

Il 14 giugno 2016 la Camera dei Deputati ha approvato, in via definitiva, il c. d. “DOPO DI NOI” che prevede disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone affette da disabilità grave e prive del sostegno familiare o che potrebbero essere in futuro prive di tale sostegno.
La legge è diretta a favorire il benessere, l'inclusione e l'autonomia delle persone, prive di sostegno familiare, con disabilità grave non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità. 
È prevista l’istituzione di un apposito Fondo la cui dotazione è di 90 milioni di euro per l'anno 2016, 38,3 milioni di euro per l'anno 2017 e di 56,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2018. 
Le risorse finanziare del Fondo saranno destinate, con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in particolare ad: adottare e potenziare programmi di intervento volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione; realizzare interventi innovativi di residenzialità diretti alla creazione di soluzioni alloggiative di tipo familiare o di co-housing; realizzare interventi di permanenza temporanea in abitazioni extrafamiliari per far fronte ad eventuali emergenze e sviluppare programmi di accrescimento della consapevolezza, di abilitazione e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile.
Il “DOPO DI NOI” prevede anche agevolazioni e sgravi fiscali per il patrimonio che i genitori decideranno di lasciare in eredità per la cura dei loro figli, affidandolo ai parenti, ad enti o ad Onlus.

Quando denunciare un insegnante

Quando denunciare un insegnante 


Quali sono i doveri e le responsabilità degli insegnanti nell’esercizio delle loro funzioni e quando le loro azioni possono trasformarsi in un illecito penale.
Con l’evolversi della società anche il ruolo dell’insegnante è cambiato e la sua trasformazione non sembra arrestarsi: i nostri genitori ed i nostri nonni ricordano di insegnanti che al primo errore non esitavano ad usare la bacchetta o a metterli in castigo mentre oggi (al contrario) la cronaca ci racconta di alunni che beffeggiano i professori o di genitori che, al primo voto negativo o rimprovero fatto al proprio figlio, prendono a schiaffi o denunciano gli insegnanti. Questo accade, però, in un contesto ormai degenerato nel quale si scoprono insegnanti che maltrattano i piccoli alunni (addirittura ancora in fasce) o che non adempiono con diligenza al proprio dovere. La domanda che ci poniamo è: quando un insegnante sbaglia che succede? Senza mai dimenticare che ogni situazione deve essere valutata con attenzione e cura, ci sono casi in cui denunciare un insegnante è l’unica soluzione possibile per la tutela degli alunni ed, in questo articolo, cercheremo di analizzarne alcuni. L’insegnante deve essere diligente, avere una condotta irreprensibile, deve trasmettere cultura ed essere di impulso alla formazione umana e critica della personalità dei propri alunni.Se pensi che tuo figlio abbia un professore non idoneo allo svolgimento di questo ruolo, che possa creare agli studenti danni di natura didattica oltre che psicologica, puoi inoltrare un esposto all’ex provveditorato agli studi; se, invece, ritieni che l’insegnante di tuo figlio lo maltratti puoi denunciarlo. Vediamo insieme quando denunciare un insegnante.

 Quali sono i doveri degli insegnanti?

Gli alunni hanno il dovere di studiare, di essere diligenti ed educati e di rispettare le regole imposte loro dalla scuola e (più in generale) dalla società; ma in campo scolastico non sono gli unici ad avere dei doveri e delle responsabilità: anche i docenti ne hanno. Quali sono questi doveri? Oltre al dovere di insegnare, a cui possono adempiere liberamente (ovvero attraverso il materiale didattico e la metodologia che preferiscono), i docenti hanno anche un dovere di fedeltà, di buon andamento e di imparzialità, di diligenza: hanno, dunque, il dovere di avere una condotta irreprensibile. Gli insegnanti hanno, inoltre,  l’obbligo di rispettare l’orario di servizio, di osservare i divieti e le incompatibilità stabiliti dalla legge e non possono avere un altro lavoro pubblico. Che succede se l’insegnante di tuo figlio non rispetta queste regole e, soprattutto, non trasmette cultura e non insegna nulla ai propri alunni? Vediamo se in questo caso puoi denunciare un insegnante.

 Quando presentare un esposto al provveditorato?

Se ritieni che tuo figlio abbia un insegnante non idoneo allo svolgimento del proprio ruolo (per esempio perchè non spiega mai una lezione e lascia per ore i ragazzi da soli oppure perchè non interroga mai), se pensi che stia creando agli studenti danni di natura didattica oltre che psicologica, puoi inoltrare un esposto all’ex provveditorato agli studi. Il provveditorato agli studi, oggi sostituito dall’ Ufficio scolastico regionale, è l’ente regionale che:
  • si occupa dei programmi scolastici, dei libri da adottare, degli insegnanti e dell’organizzazione didattica;
  • vigila sulle scuole non statali, paritarie e non paritarie;
  • assegna alle istituzioni scolastiche le risorse finanziarie ed umane;
  • verifica e vigila al fine di rilevare l’efficienza delle istituzioni;
  • dirime le controversie che si possono riscontrare nel sistema scolastico.
Il genitore che si ritiene insoddisfatto del lavoro dell’insegnante di suo figlio, può redigere una lettera in carta semplice in cui esprime le proprie perplessità ed inoltrarla al provveditorato agli studi competente. Sembra opportuno, prima di inoltrare la lettera al provveditorato, avere un colloquio con il preside dell’istituto per metterlo al corrente delle problematiche e dei propri propositi. Che succede, invece, se tuo figlio torna spesso a casa con i lividi o piangendo?

Quando denunciare un insegnante?

La decisione di sporgere una denuncia va sempre analizzata con cura perché comporta la possibile condanna penale di un soggetto e, in caso di insussistenza di reato, potrebbe divenire un’arma a doppio taglio (sempre che la denuncia sia stata fatta con dolo e consapevolezza della innocenza del soggetto che si denuncia). Se tuo figlio prende brutti voti a scuola o è stato bocciato o ha avuto una punizione dal suo insegnante non puoi certo denunciarlo: la denuncia non è uno strumento di vendetta, anzi se utilizzato impropriamente può farti incorrerre nel reato di calunnia. Se, però, tuo figlio ha dei lividi sul corpo, o è totalmente e inaspettatamente chiuso in se stesso e sempre spaventato (e sei sicuro che questo disagio gli sia stato creato dalla scuola), è forse il caso di denunciare l’insegnante, perché sta probabilmente commettendo qualche illecito penale che la procura della Repubblica deve approfondire.
Facciamo qui un elenco a titolo esemplificativo di quando puoi denunciare un insegnante:
  • sicuramente in caso di lesioni [1], per esempio se tuo figlio torna a casa con dei lividi e dice che la maestra lo ha preso a schiaffi;
  • oppure se percuote tuo figlio [2], senza procuragli una malattia nel corpo o nella mente;
  • o ancora se, approfittando della propria autorità o delle condizioni di inferiorità di tuo figlio, lo costringe a compiere o subire atti sessuali [3].
Tanti altri (oltre a questi elencati) possono essere i casi in cui puoi denunciare un insegnante che commette un illecito penale: bisogna valutare le azioni caso per caso.

note

[1] Art. 582 cod. pen.
[2] Art. 581 cod. pen.
[3] Art. 609 bis cod. pen.

COME DENUNCIARE MALTRATTAMENTI A SCUOLA: I PASSAGGI



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COME DENUNCIARE MALTRATTAMENTI A SCUOLA: DA DOVE INIZIARE

Secondo il Telefono Azzurro, una percentuale abbastanza elevata (che si aggira tra il 21% ed il 49%) di bambini e adolescenti che sono stati abusati e maltrattati è asintomatica, il che vuol dire che non presenta nessun particolare sintomo o problemi di adattamento psicosociale in seguito all’abuso e maltrattamento subito. Quindi, occorre sottolineare che l’obiettivo principale del genitore è quello di prestare attenzione ad ogni minimo segnale che il bambino gli lancia. Diretto o indiretto esso sia.
Secondo quanto afferma  Matthew Cox, pediatra e responsabile di un programma per la prevenzione e la valutazione degli abusi sui minori, esistono dei segnali che non devono essere mai sottovalutati nel momento in cui un minore subisce maltrattamenti. Questi segnali sono utili al genitore per capir se il bambino viene maltrattato al nido.
Innanzitutto, bisogna ascoltare sempre il proprio bambino, non sottovalutando mai ogni sua minima parola. Non solo le parole, ma anche i gesti, i malesseri che accusa, i disegni che fa, i giochi in cui è coinvolto, sono fondamentali per un genitore per capire se un bimbo sta bene al nido.
I genitori, spesso, colgono subito questi segnali, o meglio, capiscono immediatamente se c’è qualcosa che non va. Quindi, ciò che consigliamo ai genitori è di fidarsi del loro istinto, che molte volte coglie il problema nell’immediato.
Altro aspetto fondamentale è osservare ogni minimo livido che il bimbo ha sul corpo, lesione, graffio, segni evidenti del maltrattamento subito dal bambino. Inoltre, un bambino maltrattato piange ininterrottamente, si chiude in se stesso, sviluppano una tendenza all’isolamento sia a scuola che nella comunità in generale, preferendo non interagire con nessuno. Spesso accusano disturbi del sonno, fanno incubi continuamente, e somatizzano il trattamento attraverso la manifestazione di disturbi fisici, come il mal di testa e il mal di pancia.

DOVE DENUNCIARE UNA MAESTRA

Il punto di riferimento principale dei genitori per sporgere denuncia è rappresentato dalle Forze dell’Ordine (Polizia o Carabinieri). Poi, troviamo le Procure presso il Tribunale Ordinario e presso il Tribunale per i Minorenni.
A tal proposito, le Forze dell’Ordine e la Procura presso il Tribunale Ordinario si occupano di individuare l’abusante e di accertarne le responsabilità. Invece, la Procura presso il Tribunale per i Minorenni si occupa della tutela del bambino e favorisce l’adozione di tutti i provvedimenti utili a ristabilire una condizione familiare tutelante.

MALTRATTAMENTI A SCUOLA COSA FARE NEL CONCRETO

Gli abusi e i maltrattamenti a scuola, all’asilo o alle scuole elementari, devono essere immediatamente individuati, cogliendo tutti i segnali lanciati dal bambino vittima dell’episodio in questione.
I bambini, talvolta, preferiscono tacere per diverse ragioni. Chi per paura di non essere creduto, altri perché sono stati minacciati, o perché si vergognano di quello che stanno vivendo. A tal proposito, spesso i genitori non sanno come muoversi. Molte volte, infatti, sono sospesi tra il confidarsi con altri, chiedere spiegazioni alla scuola o rivolgersi alla questura, con il dubbio su quale sia davvero la cosa giusta da fare. L’unica cosa che hanno a cuore i genitori è il benessere del loro bambino, perché è questa la sola cosa davvero importante. I segnali del bambino, come già abbiamo detto, vengono manifestati in modi diversi, ed esplicitano quella che è la sua paura verso l’insegnante. La cosa più importante da fare, da parte del genitore, è quella di mantenere la calma, costruire un dialogo collaborativo con il bimbo, in modo tale che quest’ultimo riesca a fidarsi e a comunicare il suo malessere.

DENUNCIA MALTRATTAMENTI A SCUOLA: A CHI RIVOLGERSI

Come già è stato evidenziato, i genitori, nel momento in cui vengono a conoscenza di un abuso a danno del minore, devono fare affidamento alle Forze dell’Ordine (Polizia o Carabinieri) e alla Procura presso il Tribunale Ordinario, che hanno il compito di individuare l’abusante.
La Procura presso il Tribunale per i Minorenni, invece, si occupa della tutela del bambino e favorisce l’adozione di tutti i provvedimenti utili a ristabilire una condizione familiare tutelante.
Dopo aver analizzato i principali punti di riferimento che ogni genitore deve avere in caso di maltrattamento di minore, c’è da sapere che esistono anche i Servizi Sociali (che svolgono un’indagine psico-sociale con l’obiettivo di raccogliere ulteriori informazioni/elementi di valutazione e di fornire il giusto supporto psicologico) e numerose associazioni impegnate a contrastare fenomeni di abusi e maltrattamenti. Queste associazioni mettono a disposizione delle famiglie un servizio di assistenza e consulenza per dare un aiuto alle vittime.

MALTRATTAMENTI PSICOLOGICI A SCUOLA: COME RICONOSCERLI

Purtroppo, casi di maltrattamenti fisici e psicologici da parte di insegnanti nei confronti dei bambini sono sempre più frequenti. E a tal proposito, i genitori vogliono intervenire a tutti i costi con il solo obiettivo di tutelare i propri figli. Ma come fanno a capire che si trovano in situazioni di pericolo?E quando, nello specifico, si parla di maltrattamenti psicologici? Il maltrattamento psicologico è considerato la forma di maltrattamento infantile più subdola, dal momento che è meno visibile. Ma non per questo è meno dannosa.
La violenza psicologica attuata dagli insegnanti sui bambini consiste nell’attuare comportamenti ripetuti nel tempo che inducono il bambino a pensare di non valere e a sentirsi in colpa, vergognandosi di se stesso.
Il maltrattamento psicologico viene individuato attraverso la presenza di alcuni segnali. I più frequenti nelle vittime sono: l’enuresi, disturbi del sonno, legati all’alimentazione, senso di colpa, bassa autostima, calo della concentrazione e dell’apprendimento, deficit nella crescita, scarsa fiducia negli altri, incapacità di gestire le emozioni, ritardo nello sviluppo.
Per quanto riguarda, invece, i comportamenti che un bambino vittima di maltrattamenti psicologici può mettere in atto, c’è da sapere che ne sono tanti. Tra questi, emergono comportamenti impulsivi, disordini della condotta, cambiamenti radicali di comportamento, manifestazione di apatia e demotivazione. Si possono osservare anche comportamenti aggressivi (visto che spesso il bambino tende a replicare il comportamento che riceve), pianti continui, il rifiuto di recarsi a scuola.
Si tratta di traumi, di veri e propri segni indelebili che, in termini psicologici e relazionali, andranno a costituire quello che sarà per sempre il modo d’essere del bambino. Andranno a segnare il suo sviluppo psicologico, data la sua indiscutibile ed estrema sensibilità.
A tal proposito, il bambino ha bisogno che sia il genitore a cogliere questi campanelli d’allarme, ha bisogno che sia il genitore a fargli raccontare quello che gli è accaduto. Infatti, spesso, il bambino tende a proteggere l’abusante e a chiudersi in se stesso. Quindi, solo nel momento in cui viene messo in una condizione di tranquillità e di dialogo aperto da parte del genitore, sarà in grado di esplicitare l’accaduto.

Disastri ambientali: la gestione colpevole dei fiumi è parte del problema


Piera Lisa Di Felice, vicepresidente della Federazione Nazionale Pro Natura, accusa la manutenzione scorretta dei fiumi e gli interventi invasivi che ne snaturano gli equilibri.



L’Italia ha subìto una gravissima ondata di maltempo che ha devastato paesaggi, vallate; e ancora una volta i fiumi tornano ribalta nella cronaca nazionale. Piera Lisa Di Felice, vicepresidente della Federazione Nazionale Pro Natura, coordinatore dell’Organizzazione Regionale Pro Natura Abruzzo e vicepresidente del Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio, idrobiologa esperta di fiumi, sottolinea che quanto sta accadendo è in realtà frutto di una non corretta gestione del fiume e del suo habitat.

“I fiumi sono ambienti complessi”, spiega Di Felice. “Ecosistemi che bisogna conoscere e tutelare con professionalità e competenza. Spesso l’aspetto ecologico del fiume non viene preso in considerazione in nome della sicurezza. La gestione degli ambiti fluviali è sempre stata improntata su una visione ingegneristica e non naturalistica, trasformando i fiumi in una sorta di canali per far defluire il più velocemente possibile le acque. Stiamo pagando la regimentazione dei corsi d’acqua fatta negli anni Ottanta del secolo scorso che ha cancellato gran parte del sistema biologico e degli equilibri dell’ecosistema fiume. La scomparsa della vegetazione riparia, la tendenza alla rimozione delle asperità del fondo hanno come unica conseguenza l’aumento della velocità e della devastazione del fiume".

"Cito due episodi accaduti di recente in Abruzzo - prosegue Di Felice - La piena del fiume Tasso nei giorni scorsi a Scanno: in questo caso stiamo parlando di un fiume tombato cementificato e snaturato che si è ribellato alla sua prigione. C’è poi il caso del fiume Sangro a Villetta Barrea, anche lui esondato a seguito delle precipitazioni eccezionali, cementificato negli anni Ottanta con costose opere ingegneristiche che hanno distrutto le sue sponde con ripercussioni negative sulla sua ecologia. E sono tantissimi i fiumi in Italia in queste condizioni che poi esplodono al primo al maltempo estremo”. 

Secondo Di Felice la pulizia dei fiumi, per come viene oggi effettuata, non fa che peggiorare ulteriormente la situazione: “Eliminare la fitocenosi in un fiume provoca gravi danni all’ambiente acquatico con perdita di habitat e impoverimento della biodiversità animale e vegetale. Inoltre gli interventi di escavazione in alveo con opere di regimentazione non risolvono affatto il problema delle esondazioni ma le peggiorano. I boschi ripariali sono argini naturali contro le esondazioni, una fascia tampone che permette al fiume di calmare la sua forza ed evitare l’esondazione. Un fiume che evolve verso uno stato naturale è molto più resiliente di un corso d’acqua cementificato o demolito dalle ruspe.” 

Il futuro è quello della ingegneria naturalistica e della rinaturalizzazione, evitando l’intervento di ruspe che possano alterare i fiumi e provocare danni ambientali irreparabili. “La decementificazione dei fiumi è la prima fase di questo processo di restauro del paesaggio fluviale - continua Di Felice - Eliminare totalmente gli interventi di canalizzazione, regimazione e cementificazione che devastano l’ecosistema fluviale. Proprio nel 2017 a Scontrone, in provincia dell’Aquila, si è proceduto alla decementificazione di un grande tratto del fiume Sangro. Quest’operazione è stata fatta grazie alla lungimiranza e professionalità del Sindaco di Scontrone Ileana Schipani. Il cemento, che aveva soffocato il fiume Sangro, è stato pian piano eliminato per far respirare l’habitat fluviale. Ma questo è solo il primo stadio di un lungo processo a cui è necessario seguano interventi molto specialistici che devono rispettare il valore paesaggistico del fiume e la ricostruzione graduale delle comunità vegetali e animali”.

E’ necessario un cambiamento radicale rispetto alle opere tradizionali di difesa alluvioni. E fondamentale rimane la rinaturalizzazione dei corsi d’acqua come riconosciuto dalla Direttiva Alluvioni (2007/60/CE). “Tale direttiva - conclude Di Felice - chiede di mettere in atto tutte le sinergie possibili tra obiettivi di qualità ecologica dei fiumi e riduzione del rischio idraulico applicando un approccio mirato a dare “più spazio ai fiumi”. La Direttiva afferma che i Piani di Gestione del Rischio di alluvioni “al fine di conferire maggiore spazio ai fiumi” dovrebbero comprendere, ovunque possibile “il mantenimento e/o il ripristino delle pianure alluvionali”, ovvero interventi di riqualificazione morfologica.

Si ringrazia HGNews

5G: APPELLO AI PARLAMENTARI E RICHIESTA DI MORATORIA

La campagna promossa da Terra Nuova per richiedere una moratoria per il 5G in piena applicazione del principio di precauzione è sbarcata anche su Il Fatto Quotidiano con una pagina intera di appello rivolto alla popolazione e al Governo. Invitiamo anche a scrivere ai parlamentari per sensibilizzarli sul tema e faremo richiesta di un’audizione istituzionale. 
Sospendere l’installazione e lavvio del 5G in attesa che vengano esclusi danni per la salute e non modificare al rialzo i limiti di legge per l’esposizione della popolazione: sono le due richieste cardine su cui si incentra la campagna promossa dalla rivista mensile Terra Nuova in collaborazione conAssociazione Italiana Elettrosensibili, Associazione Elettrosmog Volturino Foggia, Associazione Obiettivo Sensibile, Comitato Oltre la MCS, Comitato No Wi-Fi Days, dott.ssa Fiorella Belpoggi (Istituto Ramazzini), Maurizio Martucci (giornalista e autore del libro “Manuale di autodifesa per elettrosensibili”), Oasi Sana, Alessandro Quadretti (regista del docu-film Sensibile).
Grazie a un crowdfunding, è stato finora possibile pubblicare un appello su una pagina de Il Fatto Quotidiano (la raccolta fondi prosegue QUI per approdare su altri media mainstream) e si proseguirà con le iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e di pressione sui decisori politici. Parte infatti anche un pubblico invito a scrivere agli onorevoli e ai senatori presenti in Parlamento per chiedere loro impegno preciso sul tema.
Inoltre, chiederemo un’audizione ai presidenti delle Commissioni Sanità e Ambiente di Camera e Senato e ai Dicasteri competenti

Ecco di seguito la lettera che invitiamo tutti i lettori e i cittadini a inviare ai parlamentari

CLICCA email Parlamentari e Ministri

CLICCA QUI email CAMERA

CLICCA QUI email SENATO


Moratoria per il 5G


SI APPLICHI IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE


Gentile onorevole/senatore,
dal 1° gennaio 2019 saranno disponibili le nuove radiofrequenze per la tecnologia wireless di quinta generazione, il cosiddetto 5G.
Scienziati, medici e ricercatori hanno già lanciato moniti e appelli per contenere questa avanzata, poiché mancano valutazioni preliminari del possibile rischio per la salute della popolazione.
Si prevedono 
wi-fi dallo spazio attraverso droni in orbita e l’installazione di milioni di nuove mini-antenne a microonde millimetriche, anche sui lampioni della luce, che andranno a sommarsi agli oltre ventimila wi-fi pubblici e alle decine di migliaia di antenne per telefonia mobile 2G, 3G e 4G.
Ciò comporterà un’esposizione massiccia della popolazione all’inquinamento elettromagnetico e si preannuncia un innalza- mento delle soglie limite per i valori di irradiazione.
Non va dimenticato che nel 2011 la 
IARC (International Agency for Research on Cancer) ha classificato i campi elettromagnetici delle radiofrequenze come possibili cancerogeni per l’uomo(1).
Peraltro, l’1 novembre 2018 il 
National Toxicology Program ha diffuso il rapporto finale(2) di uno studio su cavie animali; è emersa una «chiara evidenza che i ratti maschi esposti ad alti livelli di radiazioni da radiofrequenza, come 2G e 3G, sviluppino rari tumori delle cellule nervose del cuore». Il rapporto aggiunge che esistono anche «alcune evidenze di tumori al cervello e alle ghiandole surrenali». E qui si sta parlando ancora di 2G e 3G, ma ora si vuol introdurre in modo ubiquitario, capillare e permanente il 5G.
Nel marzo 2018, inoltre, sono stati diffusi i primi risultati dello studio condotto in Italia dall’
Istituto Ramazzini di Bologna (Centro di ricerca sul cancro Cesare Maltoni)(3), che ha considerato esposizioni alle radiofrequenze della telefonia mobile mille volte inferiori a quelle utilizzate nello studio sui telefoni cellulari del National Toxicologic Program, riscontrando gli stessi tipi di tumore. Infatti, sono emersi aumenti statisticamente significativi nell’incidenza degli schwannomi maligni, tumori rari delle cellule nervose del cuore, nei ratti maschi del gruppo esposto all’intensità di campo più alta, 50 V/m. Inoltre, gli studiosi hanno individuato un aumento dell’incidenza di altre lesioni, già riscontrate nello studio dell’NTP: iperplasia delle cellule di Schwann e gliomi maligni (tumori del cervello) alla dose più elevata. In aumento è anche il numero di persone colpite da elettrosensibilità, malattia ambientale altamente invalidante.
Sono quasi duecento gli scienziati indipendenti che, guidati dal professor Lennart Hardell, hanno sottoscritto 
l’appello(4) per una moratoria del 5G. Un altro appello internazionale ha già raccolto le adesioni di ricercatori, cittadini e organizzazioni di 96 paesi(5) e mette a disposizione una bibliografia ricchissima, che attesta numerosi rischi biologici da elettrosmog.
In 
Italia, una petizione ha già raccolto migliaia di firme(6) e l’associazione ISDE Medici per l’Ambiente ha chiesto al Governo «un piano di monitoraggio dei possibili effetti sanitari e una morato- ria per l’esecuzione delle sperimentazioni 5G su tutto il territorio nazionale sino a quando non sia adeguatamente pianificato un coinvolgimento attivo degli enti pubblici deputati al controllo ambientale e sanitario»(7).
CHIEDIAMO DUNQUE CHE IL GOVERNO:
– fermi l’avanzata del 5G, in piena applicazione del principio di precauzione, finché non si potranno escludere danni a carico della popolazione
– non innalzi i valori limite previsti dalla legge per l’esposizione all’inquinamento

elettromagnetico

– promuova uno studio epidemiologico a livello nazionale sui campi elettromagnetici.

A LEI CHIEDIAMO DI IMPEGNARSI PERSONALMENTE PER:
– fare pressione sul governo e sul Parlamento attraverso mozioni, ordini del giorno e interrogazioni per chiarire la portata dei rischi per la popolazione e per proporre alla discussione parlamentare la documentazione scientifica esistente, la cui portata impone l’adozione del principio di precauzione
– rilasciare dichiarazioni ai media mainstream che sottolineino una sua ferma presa di posizione sulla necessità di una moratoria per il 5G
– opporsi all’innalzamento per legge delle soglie limite in Volt/m di esposizione per la popolazione.

L’iniziativa nazionale di sensibilizzazione della popolazione (approdata anche finora su Il Fatto Quotidiano) è promossa dalla rivista Terra Nuova, con la collaborazione di: Associazione Italiana Elettrosensibili, Associazione Elettrosmog Volturino Foggia, Associazione Obiettivo Sensibile, Comitato Oltre la MCS, Comitato No Wi-Fi Days, dott.ssa Fiorella Belpoggi (Istituto Ramazzini), Maurizio Martucci (giornalista e autore del libro Manuale di autodifesa per elettrosensibili), Oasi Sana, Alessandro Quadretti (regista del docu-film Sensibile)
Per saperne di più: http://www.terranuova.it/stop5G

NOTE

3. http://www.ramazzini.org/ comunicato/ripetitori-telefonia-mobile-listituto-ramazzini-comunica-gli-esiti-del-suo-studio


OGNI CITTADINO PUO’ FARLO

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DA ADERIRE E FAR GIRARE
CON L’ALLEGATO si è pensato di coinvolgere direttamente il Sindaco in una presa di posizione Consapevole e responsabile. In allegato trovate un modello di DIFFIDA che ognuno può inviare liberamente all’Ufficio Protocollo del Comune con consegna a mano O IN RACCOMANDATA A/R (anche per email, ma è meglio per PEC). Ovviamente l’iniziativa libera, spontanea, civile, democratica e consapevole può e deve essere diffusa a più persone possibili, invitandole a formulare la diffida: quindi chi vuole, può girarla ad amici e contatti facendola ognuna propria. Grazie Coordinamento di zona STOP 5G