mercoledì 22 maggio 2019

Export armi: l’Italia ne vende la metà in Africa e Medio Oriente



Mk 83 installate dalla US Navy sui propri velivoli


La relazione sull'export italiano di armamenti 2018 conferma il trend: gran parte della produzione di armi italiane finisce in regioni calde del mondo, come Africa e Medio Oriente. Il valore delle autorizzazioni è dimezzato, ma è un calo fisiologico. Mentre la vendita di armi continua verso l'Egitto di Al Sisi e l'Arabia Saudita impegnata nella guerra in Yemen



È stata pubblicata il 13 maggio sul sito della Camera dei Deputati la Relazione governativa sull’export italiano di armamenti (qui il primo e qui il secondo volume) che riporta i dati di autorizzazione e delle consegne riferiti al 2018.

La Rete italiana per il disarmo ne ha fatto un’ampia analisi, alla quale rimando. Vorrei concentrare l’attenzione qui su tre questioni che emergono dalla relazione, ma che non sono oggetto di approfondimento da parte degli estensori: la presidenza del Consiglio, i vari ministeri competenti e, soprattutto, l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama).
Italia esportatore di armi: autorizzazioni dimezzate

La relazione segnala che è quasi dimezzato il valore delle autorizzazioni (licenze) all’esportazione, che è sceso dagli oltre 10 miliardi di euro del 2017 a poco più di 5,2 miliardi di euro nel 2018. Questo però non significa che il governo Conte abbia esercitato maggior prudenza o maggiori restrizioni sulle esportazioni e men che meno rappresenta una difficoltà e ancor meno una “crisi” dell’industria del settore.

Si tratta, infatti, di un calo fisiologico dovuto ai consistenti ordinativi di armamenti assunti negli anni scorsi: si tratta di oltre 32 miliardi di euro nel triennio 2015-17, in gran parte per sistemi militari complessi (aerei, elicotteri, navi, ecc.), la cui produzione sta impegnando e terrà impegnate le nostre aziende militari per diversi anni.

Anche nel 2018 le aziende del settore armiero hanno lavorato a pieno ritmo fornendo sistemi militari a più di 90 paesi per un valore complessivo di oltre 2 miliardi e 225 milioni di euro.

Il calo, inoltre, dipende da fattori di mercato: si tratta di sistemi complessi altamente costosi la cui acquisizione rappresenta spesso una spesa considerevole per i paesi acquirenti che viene solitamente spalmata in più anni nel contesto dei programmi militari e di difesa dei vari paesi.

Non è corretto, perciò, cercare di attribuire il calo delle autorizzazioni ad una specifica volontà politica governo Conte che, tra l’altro, è entrato in carica lo scorso giugno: dipende principalmente da fattori connessi alle capacità industriali delle aziende del settore militare e alla domanda di mercato. Non vi è pertanto motivo né di elogiare né di lamentarsi del nuovo governo il cui operato, in questa materia, appare finora in continuità con gli esecutivi degli ultimi anni. Nihil sub sole novum (nulla di nuovo sotto il sole).


Il governo Conte – Foto: Presidenza della Repubblica

Autorizzazioni di esportazioni di materiali d’armamento dall’Italia – Serie storica 1991-2018

Export armi italiane dal 1991 al 2018. Fonte: Relazione sui materiali d’armamento 2018

Export armi: gran parte della vendita ai Paesi a rischio

Che non si tratti di un cambio di indirizzo politico, ma di continuità, lo si evince anche dalle zone di destinazione degli armamenti italiani. Come si era rilevato già negli anni scorsi (leggi “Export armi: Italia sfiora il record vendendo ai regimi autoritari” e “Armi italiane ai regimi autoritari“), la gran parte dei sistemi militari italiani registra anche nel 2018 come destinatari principali i paesi che non appartengono alle alleanze dell’Italia. Si tratta, cioè, di Stati al di fuori dell’Unione europea e della Nato, ai quali sono state rilasciate autorizzazioni (non comprensive dei programmi intergovernativi) per quasi 3,5 miliardi di euro, che corrispondono al 72,8% del totale.
Italia vende armi in Africa del Nord e Medio Oriente

Tra i maggiori acquirenti figurano anche nel 2018 i paesi dell’Africa Settentrionale e del Medio Oriente (Mena). In quest’area, che è la zona di maggior tensione del mondo, è stata destinata la quota maggiore di armamenti: oltre 2,3 miliardi di euro, che rappresentano il 48% delle autorizzazioni all’esportazione. Una quota ben superiore ai poco più di 1,1 miliardi di euro di autorizzazioni rilasciate ai paesi dell’Ue e della Nato (il 23%), che sono i principali alleati politici e militari del nostro paese. La terza posizione è dell’Asia, un’altra zona di forte instabilità, che con oltre 1 miliardo di euro ricopre il 22% delle di autorizzazioni rilasciate nel 2018.

Ancor più preoccupanti sono i paesi destinatari degli armamenti. Si tratta, nell’ordine, del Qatar (1,9 miliardi di euro, soprattutto per l’acquisto di 12 elicotteri NH-90), Pakistan (682 milioni), Turchia (362 milioni), Emirati Arabi Uniti (220 milioni) e India (54 milioni).

Vendita di armi italiane nel mondo

Vendita di armi italiane nel mondo – Fonte: Relazione sui materiali d’armamento 2018

Italia esporta armi anche verso l’Egitto di Al Sisi

All’Egitto sono state autorizzate sei nuove esportazioni di sistemi militari del valore di oltre 69 milioni di euro, che fanno del Paese del generale Al-Sisi il terzo acquirente di armamenti italiani tra gli Stati non appartenenti all’Ue o alla Nato. Non solo: sulla base di licenze rilasciate negli anni scorsi, nel 2018 sono state effettuate ben 61 esportazioni di sistemi militari verso il Cairo del valore complessivo di più di 31 milioni di euro.

Dalla relazione non è possibile conoscere gli specifici modelli degli armamenti esportati, ma è documentata l’autorizzazione per l’esportazione nel 2018 di «armi e armi automatiche di calibro uguale o inferiore a 12,7 mm.», di «bombe, siluri, razzi, missili ed accessori», di «apparecchiature per la direzione del tiro», di «apparecchiature elettroniche» e di «software». Tutto l’arsenale necessario per la repressione interna. E questo nonostante il caso Regeni e il persistere della repressione interna da parte del governo del generale al Sisi.

Bombe italiane impiegate per bombardare lo Yemen

Nella relazione non figurano provvedimenti relativi a sospensioni, revoche o dinieghi per esportazioni di armamenti verso l’Arabia Saudita posti in atto nel 2018 dal Governo Conte. Sono invece riportate nell’allegato del MAECI 11 autorizzazioni per l’Arabia Saudita del valore totale di 13.350.266 euro e, nell’allegato dell’Agenzia delle Dogane (Mef) 816, esportazioni effettuate nel 2018 per un valore di 108.700.337 euro.

Tra queste si evidenziano tre forniture del valore complessivo di oltre 42 milioni di euro che sono attribuibili alle bombe aeree della classe MK80 prodotte dalla Rwm Italia che risalgono a un’autorizzazione rilasciata nel 2016 dal governo Renzi per la fornitura all’Arabia Saudita di 19.675 bombe aeree del valore di oltre 411 milioni di euro. Si tratta delle micidiali bombe aeree della serie MK prodotte a Domusnovas in Sardegna dall’azienda tedesca Rwm Italia, che ha la sua sede legale a Ghedi (Brescia). Questo bombe vengono impiegate dall’aeronautica militare saudita per bombardare indiscriminatamente lo Yemen.

Un rapporto dell’Onu del gennaio del 2017 ha documentato l’utilizzo di queste bombe sulle zone abitate da civili in Yemen e un secondo rapporto redatto da un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha dichiarato che questi bombardamenti possono costituire «crimini di guerra».


Governo Conte: per ora solo parole contro la vendita di armi all’Arabia Saudita

Il Governo Conte deve perciò rispondere a una semplice domanda: è davvero intenzionato a sospendere l’invio delle micidiali bombe aeree all’Arabia Saudita o, come i precedenti governi Renzi e Gentiloni, sta solo cercando ogni scappatoia burocratica per evitare di prendere una decisione?

Come noto, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nella conferenza stampa del 28 dicembre 2018 ha affermato che «il governo italiano è contrario alla vendita di armi all’Arabia Saudita e che si tratta solamente di formalizzare questa posizione». Finora, però, non risulta alcun atto di sospensione nè di revoca delle forniture di armamenti all’Arabia Saudita.

Non solo. Per promuovere nuovi ordinativi militari con i Paesi del Golfo Persico, e in particolare con l’Arabia Saudita, il ministero della Difesa ha promosso la campagna navale della fregata Fremm Carlo Margottini che ha partecipato al “Naval Defence Exhibition” (leggi Armi italiane vendute all’estero per rilanciare il “Sistema Paese”) di Abu Dhabi per promuovere le attività dell’industria militare italiana e successivamente ha fatto scalo a Kuwait City (Kuwait), a Damman (Arabia Saudita) e a Muscat (Oman), ritornando a Gedda (Arabia Saudita) alla fine di aprile.

Come ho cercato di spiegare al sottosegretario agli Esteri, Manlio di Stefano, durante un dibattito nella trasmissione televisiva “Piazza Pulita”, la normativa italiana e il Trattato dell’Onu sul commercio di armi (Att) offrono gli strumenti giuridici e legali per sospendere queste forniture. Non è necessario modificare la legge 185 del 1990. Occorre invece un atto politico del governo e un decreto del ministero degli Esteri.

Se il Movimento 5 Stelle e il “governo del cambiamento” intendono assumersi questa responsabilità, troveranno l’appoggio di tutte le associazioni e delle ong che da anni chiedono il blocco delle forniture militari che l’Arabia Saudita impiega nei bombardamenti indiscriminati in Yemen. Attendiamo una risposta.

TESTIMONIANZA DI UN EX SEGUACE DELLA SETTA SOKA GAKKAI

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KARMA: L' "INSEGNAMENTO" PIU' PERICOLOSO DELLA SETTA SOKA GAKKAI - ATTRAVERSO IL QUALE MILIONI DI VITE VENGONO DISTRUTTE, COSTRETTE A RIMANERE IN RELAZIONI E SITUAZIONI ABUSIVE.

DA LEGGERE ASSOLUTAMENTE...

L'idea che "devi rimanere in una situazione per cambiare il tuo Karma" in Soka è estremamente pericoloso e consente relazioni abusive. Ho sentito che la gente riceve questa guida troppo spesso, e mi fa star male.


Il concetto di karma in Soka è viziato. Insegna che devi aver fatto qualcosa di terribile in una vita passata per ricevere la punizione ora. E Soka insegna che fino a quando non "infrangerete il vostro deposito karmico" (ovvero: "cambiare il vostro karma"), recitando e facendo attività Soka -- si, facendo attività Soka, magicamente tutte quelle cose terribili che hai fatto in una vita passata scompaiono -- si continuerà a finire nelle stesse situazioni. Il che porta all'idea estremamente tossica che "devi rimanere nella tua situazione e cambiarla, altrimenti ti seguirà ovunque tu vada", e che "un fiore di loto può solo fiorire nel fango". Questo concetto, in pratica, dice alle vittime in relazioni abusive che devono rimanere in esse e in qualche modo cambiare la loro situazione, altrimenti tale situazione li seguirà anche nel loro prossimo rapporto, e che questo, loro se lo meritano, perché devono essere stati abusivi in una vita passata. Capite quali siano le tremende conseguenze di tale "filosofia"? Perchè: ciò NON E' VERO.

Non riesco a immaginare quante persone siano cadute vittime di questo "insegnamento". Questa "guida" dà solo falsa speranza a situazioni estremamente pericolose. Soka Gakkai ha una tendenza ad attrarre individui vulnerabili, soprattutto quelli in situazioni tossiche; ed è per questo che questo argomento è così importante da affrontare. Cavolo, anche io ero una di quelle persone.

Vorrei solo che altre persone guardino il mondo che li circonda al di fuori della Soka. Se il tuo "karma" ti seguisse in relazione alla relazione, come mai ci sono donne e uomini, là fuori, che trovano i loro veri partners dopo aver lasciato relazioni abusive (senza nemmeno recitare una volta)? Come mai ci sono persone felici, là fuori nel mondo, che non sono membri della Soka? Rispondi onestamente a queste domande e ti renderai conto che... FAI PARTE DI UNA SETTA."

(per gentile concessione di SGI Whistleblowers)

Savona, inchiesta sulla pedofilia: le vittime salgono a tre

Savona - Foto e video scambiati via chat e telefonino con loro, le vittime tredicenni spinte a riprendersi nelle parti intime e in atteggiamenti ammiccanti. Aumenta il numero delle presunte vittime di pedofilia nel levante savonese su cui stanno indagando Procura e carabinieri.
Sarebbero almeno tre le ragazzine tra i 13 e i 16 anni che avrebbero subito le “attenzioni” morbose del padre del fidanzatino di una di loro che nella sua denuncia ai carabinieri (fatta con la madre) aveva raccontato le attenzioni subite e le richieste dell’uomo, anche con la moglie. Non solo quelle di avere video e foto via chat, ma anche quelle di poter assistere alle effusioni della ragazzina con il loro figlio coetaneo.
Nel fascicolo d’indagine sono emerse anche precedenti denunce, a carico del padre indagato, per detenzione di materialepedopornografico. Sempre video e foto di ragazzine, amiche della tredicenne fidanzata del figlio che per mandare le immagini aveva utilizzato il telefonino cellulare regalato dal presunto orco all’insaputa dei genitori. Da utilizzare solo per scambiarsi le foto della piccola nuda. Denunce emerse durante le indagini della Procura, seguite dal pubblico ministero Giovanni Battista Ferro e affidate al comandante della stazione dei carabinieri di Savona, Andrea Venditto. Indagini che hanno portato a diversi sequestri di materiale informatico estratto dalle chat watshapp e dalle memorie dei cellulari degli indagati e delle presunte vittime. Acquisite anche le pagine del diario segreto in cui la ragazzina avrebbe riferito le attenzioni morbose del padre del fidanzatino che secondo lei voleva assistere ai baci scambiati dai due.
Una vicenda scabrosa che risale a circa tre anni fa (filone d’indagine finito a Genova) e che si va ad aggiungere a un’altra inchiesta in cui è sempre la stessa adolescente (ora sedicenne) a essere al centro di abusie atti sessuali come potenziale vittima. Un filone, denunciato sempre dalla madre, che ha portato questa volta a iscrivere nel registro degli indagati l’ex marito (quarantenne savonese).
Un’indagine per cui è prevista la prossima settimana un incidente probatorio disposto dal giudice Francesco Meloni finalizzato a verificare anche l’attendibilità dei racconti della presunta vittima sulle attenzioni subite dall’uomo. La ragazzina ha riferito ai carabinieri anche i fatti analoghi che sarebbero capitati alle sue amiche.
Le famiglie delle presunte vittime e degli indagati sarebbero accomunate dalla frequentazione degli stessi oratori, cerimonie religiose e pubbliche assistenze.

PORNO PER BAMBINI A MILANO



AL PEGGIO NON C'E' MAI FINE....L'ITALIA HA PRESO UNA PESSIMA CHINA! 

di Gianni Lannes



Un cancro, anzi una cancrena con radici istituzionali: nel corso della XVII legislatura, ben 60 atti parlamentari non hanno mai ricevuto risposta dal governo italiano. Perché mai? Omertà o collusione? Dopo il TEDx a Firenze con Matteo Renzi ed il pedofilo pluricondannato ma non recluso (nonostante l'ultima condanna in appello a 15 e 10 mesi di galera) Rodolfo Fiesoli, ecco Milano. Infatti, il 13 dicembre prossimo nel capoluogo lombardo verrà inaugurata una mostra denominata «Porno per Bambini» di un “artista” brasiliano. Organizzata dall’agenzia Lampo nella sede della Galleria Lampo in viale Toscana. Per saperne di più, ecco come gli organizzatori presentano l’evento: 


«I social lo censurano, le mamme lo querelano, ma nulla possono contro l'ingenuità del gesto amoroso, la semplicità e l'innocenza del proprio sesso. Ma origine e senso della ricerca stilistica e artistica di P***operbambini è proprio dare sfogo alla sessualità primigenia, erotica e sensuale nella sua naturalezza più viva, contro i nuovi bigottismi o proprio contro l'esibizione e il consumo commerciale dei corpi». E ancora. «Non c'è pornografia, non c'è voyeurismo, solo fantasia e divertimento. Una grande nuova mostra per raccogliere tutta la produzione di P***operbambini, dalle origini ad oggi, con tante nuove produzioni che potrete anche portarvi a casa. In occasione del Natale non c'è migliore regalo che un po' d'amore, o sesso spinto».


È forse l’ennesimo episodio di sdoganamento pubblico della pedofilia, mediante la cosiddetta arte contemporanea? Provocazione? O, piuttosto, omologazione culturale (dentro un'Italia in avanzato declino morale), già auspicata dalle nuove direttive addirittura dell'Unesco. Nel frattempo, la casta intoccabile dei pedofili sbava sugli attributi che non ha.

Si tratta di una paranoia? Per rendersene conto è sufficiente leggere - come già segnalai qualche anno fa - lo “Standard per l'Educazione Sessuale in Europa dell'OMS” (propagandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità), che raccomanda per i bambini dagli 0 ai 4 anni la masturbazione e il gioco del dottore, e per quelli dai 6 ai 9 anni la visione di video porno. 


Peraltro, come attestano da tempo i rapporti annuali dell’associazione Meter all’attenzione dell’autorità giudiziaria, la pedopornografia in Italia aumenta sempre più e dilaga ovunque. Le vittime? In particolare: neonati, bambini e adolescenti.


In punta di diritto penale, il delitto di pornografia minorile, previsto e punito dall'articolo 600 ter tutela la libertà e l'integrità psico-fisica del minore. La stessa norma chiarisce che per pornografia minorile si intende "ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore degli anni diciotto per scopi sessuali."


La finestra di Overton è una metodologia di persuasione delle masse, che fa ricadere - e fa evolvere - idee in un semplice quadro di possibilità politiche, dentro al quale si muove l’opinione pubblica e il legislatore. L’oggetto di questa tecnica di manipolazione politica siamo tutti noi. Overton (1960-2003), ex vice-presidente del Centro d’Analisi Mackinac Center For Public Policy, ci mostra con la sua teoria come sia effettivamente possibile - col tempo necessario, con la complicità dei mass media e della politica - fare accettare alle masse l’introduzione e la successiva legalizzazione di qualsiasi idea/fatto sociale, fosse anche la pratica che al momento l’opinione pubblica ritiene maggiormente inaccettabile, come la pedofilia, l’incesto, eccetera. Il funzionamento del modello è semplicissimo: si comincia a parlarne in ragione del progresso. Progredire significa, per la vulgata popolare, negare ogni tabù, superare ogni divieto che non regga all’analisi della critica razionale. È così che si deve poter parlare di tutto, anche di ciò che in linea teorica sarebbe bene tacere. Si procede per piccoli passi, esattamente come ci spiega la metafora della “rana bollita”: per la «strategia della gradualità», occorre cominciare a parlare di ciò che si vuole far accettare in modo apparentemente asettico, imparziale, senza dare nessuna idea del reale obiettivo che ci si è posti (l’accettazione socialmente condivisa). Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. Così il gioco è fatto.


La pornografia è una delle tecniche fondamentali di controllo mentale - esteso al controllo sociale - non solo per la sua drammatica forza simbolica ma per il suo effetto fisiologico misurabile, sul cervello. E di conseguenza sul comportamento. La normalizzazione indotta dal consumo di pornografia agisce su due piani: un primo livello, in cui ci si abitua a considerare il rapporto unitivo tra uomo e donna come prestazione e consumo, nella riduzione dell’altro come dipendente rispetto all’io-spettatore rinchiuso in sé, incapace di un’autentica relazione; un secondo livello deriva dall’assuefazione e dall’abitudine.


Proprio nell'ex belpaese è in atto da lungo tempo, un attacco senza eguali all'infanzia. C'è almeno un giudice a Berlino?


































PEDOFILIA: ATTI PARLAMENTARI SENZA RISPOSTA!




XVIII legislatura:




XVII legislatura: