giovedì 3 gennaio 2019

Amorose relazioni tra la setta "cattolica" neocatecumenale e i giudei Lubavitcher

LA SETTA GIUDAICA CHABAD LUBAVITCHER GOVERNA IL MONDO?


La setta "cattolica" neocatecumenale ha intrecciato amorose relazioni con la setta giudaica dei Lubavitcher. Lo rivela (è un segreto di pulcinella) il vaticanista dell'Espresso Sandro Magister. Il quale sottolinea che una entusiastica presentazione della pseudo-teologia messianica dei Lubavitcher, apparsa sul Foglio il 22 gennaio 2005, era firmata da Giuseppe Gennarini. Si tratta del capo della setta neocat in Italia.

I neocat, nuovi servi-pastori dei neocon, sono tecnicamente degli anabattisti (ritengono invalido il battesimo dei cristiani qualunque, sicché ribattezzano i loro adepti); benedetti dal Papa polacco come "movimento" cattolico, sono una frazione secessionista della Chiesa, come sanno tanti bravi parroci. Quando i neocatecumenali s'impadroniscono di una chiesa parrocchiale ne espellono i fedeli normali.

Rotolo della Toràh
al centro della Domus kikiana
Quanto ai Lubavitcher (chiamati anche Habad o Chabad) sono la setta più estremista del giudaismo. Il loro guru e falso messia Schneerson (defunto nel 1994) sosteneva ad esempio che era lecito, per salvare un ebreo, trapiantargli il fegato strappato a un non-ebreo. Perché "lo scopo dell'intera creazione è il bene degli ebrei", e gli altri non sono che "animali parlanti", destinati a servire i padroni giudei nel "regno a venire". Sono loro, i Lubavitcher, a governare gli insediamenti più fanatici in Palestina: Baruch Goldstein, lo zelota pazzo che nel 1994 massacrò 39 palestinesi in preghiera nelle tombe dei patriarchi, era un Lubavitcher e viene considerato da loro un "eroe sacro" come Sansone (¹).
Cena ebraica neocatecumenale
usando veri calici da Messa
L'amicizia dei neocat con i Lubavitcher nasce, dice Magister, dal comune messianismo stravolto. Gennarini, ignorante o ingenuo, si estasia sul Foglio del fatto che "gli ebrei cabalisti Isaak Luria e Safed nel 1500, e ancora oggi gli ebrei osservanti [per lui sono tali i Lubavitcher, ndr.] seguendo le profezie commentate nel Talmud e nello Zohar, aspettano la manifestazione del Messia nella 'Galilea dei pagani'. Una speranza quando l'uomo è arrivato al colmo della tristezza, dell'umiliazione e della disperazione". Forse a Gennarini non interessa sapere che Isaak Luria, il celebre kabbalista, riteneva i Gennarini ed ogni altro non-giudeo come nato "dalla parte femminile della sfera satanica. Per questo le anime dei non giudei sono dette a nulla buone e senza conoscenza". Quanto al "messia" della setta che lui adora, Schneerson, decretò per i gentili "la condanna capitale, se hanno inventato una religione per sé. Non gli consentiamo di celebrare nuovi rituali religiosi". Nel "regno a venire" giudaico, questa è la condanna che attende i cristiani (minìm), che "hanno inventato nuovi rituali". Ancor più la meriteranno i neocatecumenali, che i riti cattolici li hanno abbandonati da tempo, ma sono inventori insaziabili di rituali fai-da-te.
Mezuzà neocatecumenale
Gli ingenui neocat credono di potersi mascherare da giudei e così sfuggire alla pena rabbinica. In un loro tempio neocat sul monte Korazim in Israele, ci informa Magister, hanno posto all'entrata "una bimah, un pulpito, come nelle sinagoghe; a lato del chiostro il decalogo scolpito in ebraico; al centro una Torah", e alla fine del rito post-cattolico elevano il canto "Shemàh Israel". Insomma, la forma estrema della mascherata giudaica promossa dal Concilio, di cui abbiamo visto una prova generale nel Giubileo, quando il Papa è stato annunciato da suonatori in costumi da Ben Hur soffianti in copie hollywoodiane dello "shofar", il corno del tempio ebraico. È una moda clericale tragicomica (abbandonato il latino nella liturgia, bisognava cercare qualche "tradizione" arcaico-cinematografica da ricopiare) che i neocat spingono fino alla parodia.

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Fascetta reggichitarra neocat


¹) Cfr. Israel Shahak, Jewish fundamentalism in Israel, Londra 1999, p. 62. Per un'approfondita illustrazione del messianismo Lubavitcher e della loro influenza sulla politica Usa, si veda il mio Chi comanda in America, Effedieffe edizioni, seconda edizione, 2004.


Dalle diete alla sessualità: gli adolescenti non parlano con i genitori, ma si rivolgono ad Internet

globalizzazione solitudine
Il 77% degli adolescenti italiani cerca sul web notizie, informazioni e risposte riguardanti diversi aspetti della propria salute. Tanti i click per le notizie legate al benessere, all’alimentazione, all’uso di alcol o droghe, alla sessualità e alle malattie sessualmente trasmissibili. E se i ragazzi cercano soprattutto informazioni sulla sessualità, le ragazze sono interessate soprattutto alle tematiche su dieta e alimentazione.
Sono alcuni dei risultati dello studio “Diagno//Click: quando il web influisce sulla costruzione identitaria dei giovani”, prima indagine europea che analizza il rapporto tra adolescenti, salute e web, presentata alla Biblioteca della Camera dei Deputati e condotta su circa 1.700 adolescenti di età compresa fra i 14 e i 19 anni, in 10 regioni italiane.
Il 77% degli adolescenti preferisce utilizzare Internet per avere risposte che riguardano il benessere e la salute, mentre solo il 45% decide di confrontarsi con i genitori dopo aver navigato in Rete.
Dai dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, è emerso come il 97% degli adolescenti tra i 14 e i 18 anni, tenda a scaricare applicazioni di ogni tipo sul proprio cellulare, anche quelle legate a diete, alimentazione e allenamento fisico. Le app sembrano rispondere alle proprie esigenze in maniera puntuale e veloce, tanto che in alcuni casi non si riesce più a farne a meno.

La salute per gli adolescenti

II concetto di salute per gli adolescenti è diverso da quello degli adulti, e per la maggior parte di loro essere in salute significa avere un corpo in forma. Le notizie più cliccate sono così quelle legate a forma fisica, alimentazione, utilizzo di alcol e droghe, sessualità, malattie sessualmente trasmissibili, medicine e farmaci. E se il 72% delle quindicenni ricerca notizie sull’alimentazione (contro il 28% dei ragazzi), il 63% dei quindicenni ricerca notizie sulla sessualità (contro il 37% delle coetanee).
I dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza confermano come 4 adolescenti su 10 seguano una dieta per dimagrire, in quanto non si accettano così come sono e non sono soddisfatti del loro corpo, adottando sempre più spesso diete “fai da te”: il 13%, infatti, riduce autonomamente il cibo e il 2,5% ha assunto farmaci per dimagrire, il 3% segue una dieta indicata dagli amici, il 2% ha scaricato un’app sullo smartphone e circa il 2% segue le indicazioni trovate in rete.


Per gli adolescenti Internet è meglio di genitori ed esperti

Il 92% dei ragazzi preferisce il web, rispetto al confronto con esperti o genitori, perché è sempre accessibile e la risposta arriva velocemente. Il web, inoltre, consente di avere risposte senza doverne necessariamente parlare con gli adulti (perché si vergognano o perché hanno paura di non essere compresi) e senza dover dichiarare ai coetanei di non conoscere alcune informazioni, soprattutto quelle legate alla sessualità.
I giovani cercano di reperire le informazioni attraverso gli strumenti che hanno a disposizione: internet e amici. Il 36% dei ragazzi ha, infatti, ricevuto indicazioni sul sesso parlando con gli amici, il 25% non ne ha parlato con nessuno, il 18% le ha trovate in Rete e solo in minima parte da genitori e scuola. Inoltre, i filmati pornografici online sono visti dal 24% degli adolescenti, a partire da età molto precoci, e spesso apprendono le informazioni sul sesso direttamente da questi siti (Dati Osservatorio Nazionale Adolescenza).
Tuttavia, dopo le ricerche fatte sul web, il 91% degli adolescenti dichiara di sentirsi in ansia perché non sa come gestire queste informazioni, l’88% si sente rassicurato perché comunque ha ottenuto una risposta e l’82% confuso perché non è riuscito a comprendere tutte le informazioni ricevute.
Dati importanti che confermano come, nonostante la tendenza dei ragazzi a spostare online tutte le loro richieste, il confronto e la condivisione con gli adulti sia fondamentale per comprendere realmente le informazioni ricevute e chiarire dubbi o difficoltà.

UN "SEGNO" DELLA VERGINE THEOTOKOS IN CRIMEA?

Russia: dodici  delfini hanno portato su dal mare l’immagine della Vergine!

L’icona sulla spiaggia in Crimea.



“Un evento insolito e meraviglioso è avvenuto a Sochi, in Russia. Un branco di delfini (12 secondo i testimoni) hanno portato a riva un’immagine della Vergine davanti agli occhi attoniti dei villeggianti sulla spiaggia.

Il caso è stato reso noto da un colonnello dell’armata russa e da sua moglie, che hanno sorpreso dei delfini nuotare molto vicino alla riva e deporvi un oggetto. Quando i delfini hanno riguadagnato il mare, la coppia si è avvicinata al punto in cui era l’oggetto, coperto di fango.
La moglie del militare ha ripulito l’oggetto e ha visto l’immagine della Vergine, ed ha lodato Dio per questo miracolo. Questa è l’immagine della Madonna di Kursk. Non si sa come l’icona sia finita in fondo al Mar Nero, e non si spiega come i delfini l’abbiano riportata sulla riva. Il colonnello ha portato l’icona a Mosca, dove spera di mostrarla al patriarca Kirill e raccontargli l’evento miracoloso”.

Una Madre profondamente partecipe alla sanguinosa storia della Russia


L’icona e i suoi ritrovatori.

E’ vero? E’ leggenda? Infine, credo che poco importi: il fatto stesso che una leggenda così possa nascere, in una Russia minacciata da tutte le forze globali più oscure e violente di “questo mondo”, è significativo. 
Ricordo solo che la vera immagine della Theotokos venerata a Kursk è senza dubbio l’icona più profondamente intrecciata con la storia del popolo russo, le guerre, gli eventi più sanguinosi, e fu persino ferita essa stessa. Si dice che un cacciatore la trovò nel settembre del 1295 fra le rovine di Kursk, a quel tempo svuotata e ridotta a deserto, abitata da selvatici, dalla ferocia genocida dell’invasione mongola. L’immagine – uguale o simile all’icona venerata a Novgorod – era a faccia in giù; appena l’uomo la sollevò, sprizzò da sotto una sorgente d’acqua viva e purissima.
I pii cacciatori allestirono una minuscola cappella di legno per l’immagine; presto essa fu oggetto di visite e pellegrinaggi, essendosi sparsa la fama che compisse miracoli. Secondo i racconti vari tentativi degli abitanti e del principe della vicina Rylsk di portare il quadro nella loro città, andarono a vuoto: l’immagine tornava sempre nella cappelletta. Ci si convinse che la Madre di Dio voleva restare là dove era stata scoperta. Nel 1383, nuova invasione: dei tartari. Costoro si ostinarono a incendiare la cappella di legno, affastellando legna e fascine, senza riuscirvi; accusarono il prete che la custodiva, Bogoliub, di stregoneria. Solo quando gli invasori spezzarono l’icona in due, riuscirono a dar fuoco alla cappella. Presero Bogoliub come prigioniero e schiavo. Soltanto anni dopo, riacquistata la libertà (degli emissari dello zar avevano pagato il riscatto) egli tornò , ritrovò i due pezzi dell’icona e li ricompose – o l’immagine si ricompose per prodigio, si dice. In ogni caso essa ha ancora il segno dello spacco. Nel 1597, per ordine dello Zar, un monastero fu costruito attorno alla cappella; era sua volontà dare inizio così alla ricostruzione di Kursk. Ma nel 1611 un’altra incursione dei tartari devastò il monastero. L’immagine fu portata di nascosto a Mosca; erano i tempi di Boris Godunov, che dotò l’immagine di ornamenti preziosi; da lì fu riportata nel monastero ricostruito di Kursk nel 1618: Ancor oggi una processione, il nono venerdì dopo Pasqua, ricorda il trionfale ritorno della Signora del Segno. Frattanto però, nel 1612, furono i polacchi ad attaccare Kursk. In quell’occasione la Vergine accompagnata da due “monaci raggianti”, fu vista in cielo dai cittadini; anche i polacchi catturati riferirono di aver visto l’apparizione.
Nel 1812 un comitato cittadino di Kursk donò una copia dell’icona al generale Kutuzov, il vincitore di Napoleone, coperta da una riza d’argento. Ma nel 1898, anarchici criminali, in odio alla fede, piazzarono una bomba gigantesca sotto l’icona. La chiesa – ormai Cattedrale del Segno – fu devastata, le vetrate distrutte, i portoni di ferro piegati dalla violenza dello scoppio, persino la cupola danneggiata. L’immagine invece rimase intatta, il che aumentò la fede popolare nelle sue virtù.
1918, rivoluzione bolscevica. Kursk prima viene occupata dai comunisti, poi liberata dall’armata bianca; questa la riparò nella sua roccaforte in Crimea; ma fu sconfitta e dovette ritirarsi. Sotto la protezione dei bianchi in ritirata, alcuni monaci misero in salvo l’icona a Belgorod, poi a Taganrog, Ekaterinodar e Novorossinsk: mesi di angosciose peregrinazioni, al seguito dell’Armata bianca braccata e sconfitta. Infine , per nave, nel 1920, il quadro fu portato a Tessalonica, e poi da lì a Belgrado, dove rimase nella chiesa russa della Santa Trinità. Ma nel 1944, i devoti e i preti russi riparati in Serbia, quando la Yugoslavia passò sotto la dittatura comunista, fuggirono portando con sé l’immagine. Prima a Vienna e a Carlsbag, poi a Monaco, poi in Svizzera, Francia, in Belgio, secondo le vicissitudini della guerra e l’avanzata dell’Armata Rossa. Dal 1957 l’icona originale ha trovato sede a New York, nella chiesa della Madre di Dio del Segno, sede della gerarchia della Chiesa Russa all’Estero.


Quanto ai due immani incendi di Londra e della foresta presso Fatima, in Portogallo: la fulminea rapidità con cui il fuoco s’è diffuso, l’incontenibile violenza della fiamme divoratrici di decine e decine di vite umane incenerite, è parsa ai soccorritori preternaturale. Anch’esso un segno, forse, del rabbioso potere che ha sul nostro mondo il Signore del Fuoco.




Adolescenti che invertono il giorno con la notte. Cosa devono fare i genitori?

inversione notturna
Durante le vacanze, anche brevi, di qualche giorno, gli adolescenti sentono l’esigenza di uscire, di non rimanere in casa, si sentono liberi dai vincoli e dagli orari in quanto non hanno più l’obbligo di svegliarsi presto la mattina e invertono molto spesso il giorno con la notte. Finché si tratta del fine settimana o di giorni limitati di vacanza non ci sono problemi, ma quando si vive di notte e si dorme di giorno per rimanere attaccati alle chat, ai social network, a visionare film o serie tv in streaming, per navigare in rete, ALLORA SÌ CHE DIVENTA UN PROBLEMA.

Gli adolescenti scambiano il giorno per la notte invertendo i ritmi biologici


Tantissimi genitori si lamentano del fatto che i figli trascorrono un numero eccessivo di ore a giocare a chattare e scombinano completamente i ritmi biologici. Il problema, infatti, non sarebbe una notte o più notti in cui magari si decide con gli amici di giocare o di divertirsi in rete, parliamo di troppi giorni consecutivi in cui si vedono ragazzi in versione zombie durante il giorno, con le occhiaie, apatici, perché non si rendono conto che questa inversione fa male all’organismo e il sonno diurno non è qualitativamente come quello notturno PER CUI RISCHIANO DI ANDARE IN DEPRIVAZIONE DI SONNO E IN OVERDOSE DA SMARTPHONE.
La tecnologia, inoltre, sollecita tantissimo i sensi, c’è un’iperstimolazione che porta a stressare il sistema nervoso, a produrre gli “ormoni dello stress” che sono nocivi per la salute, a mangiare male e  in maniera sregolata.
Troppi adolescenti vivono inoltre le relazioni sentimentali in rete, si conoscono online, parlano, si innamorano, litigano e fanno sesso, infatti, 1 su 5 ha una relazione amorosa online (Comunicato stampa Osservatorio Nazionale Adolescenza e Skuola.net del 18-07-2016). Questo li induce in tanti casi a passare ore e ore della propria nottata con lo smarpthone in mano, finché l’alba non li separa.
Infine, tantissimi adolescenti trascorrono le notti insonni o vanno a letto tardissimo per vedere film e serie TV in streaming , anche una dietro l’altra. A volte si guardano intere serie, vengono catturati dallo schermo e non sanno calcare il tasto stop.
Play Station, film e videogiochi da una parte, relazioni sentimentali e chat in rete dall’altra, preoccupano fortemente il genitore che non sa come gestire queste situazioni. Si passa dalle punizioni, al sequestro del mezzo, fino al “arrangiati fai come vuoi”.

Andare a letto tardi alimenta il senso di libertà e la rottura delle regole


Sicuramente è importante fare una breve premessa: è importante sottolineare che l’adolescente di per sé è in un certo senso attratto dall’inversione del giorno con la notte, si sente grande, si sente più “figo”, a volte forzano intenzionalmente l’orario in cui andare a dormire, perdono tempo, pur di dire che hanno raggiunto una determinata ora, vanno contro il ritmo dei genitori e infrangono le regole. Andare a dormire molto tardi o non andare per niente dà anche un senso di libertà, alla fine, è fin da piccoli che gli insegniamo che i bambini vanno a letto presto e i grandi possono andare anche tardi.
QUINDI VIENE QUASI NATURALE IN VACANZA FARE TARDI ED E’ ANCHE IMPORTANTE CHE LO FACCIANO. Un conto però è se escono con gli amici, fanno vita sociale, vanno in posti dove socializzano e si divertono, in questo caso non dormire sottolinea il senso della vacanza e i suoi benefici legato allo svago e all’essere svincolati dalle regole, un altro è se si rinchiudono in camera e stanno tutta la notte o tutto il giorno attaccati allo smartphone.

Come si deve comportare un genitore?


È indubbio che sequestrare il telefono non abbia minimamente senso, significherebbe tagliarli completamente fuori dal mondo, subirebbero la punizione, vi odierebbero e andreste ad intaccare il rapporto con loro.

• Bisogna parlare con loro e spiegargli che quello che fanno, anche se a loro sembra così normale e non ci vedono niente di strano visto che lo fanno quasi tutti, non fa bene alla salute.
• Non parlate con loro in termini di paternale, con toni punitivi e minacciosi, ma da genitore consapevole di quello che gli sta dicendo, altrimenti non vi ascoltano, vi dicono sì e come vi girate o andate a dormire si riattaccano immediatamente. Loro non conoscono i danni che tutto questo può generare perché si rendono conto solo di ciò che vedono, sono concentrati solo sul presente, non su quello che può accadere un domani.
• Non imponete regole troppo rigide, concordate modalità e tempi con loro, magari che abbiano una certa elasticità, sono comunque in vacanza e hanno bisogno di maggiore libertà rispetto al periodo scolastico. Limitate la Play Station quando potete e non fateli giocare di notte. Alzatevi a controllare se stanno dormendo e se è troppo tardi fateli staccare, senza farlo voi di forza.
• Il giorno non fateli dormire fino al pomeriggio ma svegliateli ad una certa ora, almeno riescono a mantenere una sorta di equilibrio e che riescano a mangiare anche ad un orario decente e cibo commestibile, non solo alimenti che trovano qua e là.
• Esortateli a fare qualche attività ricreativa e coinvolgeteli in qualche cosa che state facendo o che pensate di fare.
• Dategli qualche compito domestico da svolgere come per esempio comprare qualcosa al supermercato, buttare la spazzatura, fare qualche attività utile alla famiglia. Sbufferanno, si lamenteranno in tutti i modi perché loro sono la generazione degli stanchi, ma a voi questo non deve importare perché significa farli aderire alla realtà e quindi significa fargli del bene. Gli pesa tutto quello che riguarda casa e che esula dalle loro importantissime attività però èimportante che questa DEPRESSIONE TECNOLOGICA in qualche modo non li schiacci e non invada le loro vite.


di Maura Manca, Psicoterapeuta
Direttore AdoleScienza.it


SIMONE VEIL FIRMÒ UN ACCORDO SEGRETO PER CEDERE ORGANI DI FRANCESI A ISRAELE






Ci sarebbe da non credere, se questa informazione non provenisse direttamente dalla Camera di Commercio France-Israel. Nell’elogio funebre della gran donna  pubblicato  da questa associazione sul suo sito,  si legge:

“Tel Aviv (Daniel Rouach).
“Ebrea di cuore e sostegno permanente a Israele e al sionismo. 
“Pochissime persone lo sanno. Durante il suo passaggio al Ministero della Sanità, ella aveva firmato un accordo franco-israeliano per  la donazione di organi. In effetti Israele mancava crudelmente di donatori. Questo accordo reale ma applicato con  grandissima discrezione ha permesso a numerosi israeliani di restare in vita.


“France3 – Regioni: “Più volte ministra sotto Giscard d’Estaing e Mitterrand, ha segnato la vita politica francese specie con la legge sulla Interruzione Volontaria di Gravidanza.  E’ stata anche la prima donna eletta al Parlamento europeo”. Qui sotto il testo originale, rivelatore di questo accordo  segreto fino ad oggi,  di cui non  si sa null’altro:

Disparition de Simone Veil. Beaucoup d’Israéliens lui doivent la vie.

Già.  La stessa ministra che in segreto  donava organi di francesi da trapiantare su ebrei, è quella che ha introdotto l’aborto legale per i francesi. Una legge per gli eletti, e un’altra per gli animali parlanti,  materiale umano da usare  quale materiale  biologico per la razza padrona.
La Veil è stata ministra della Sanità  dal 1974  al 1979, ininterrottamente   sotto i diversi governi Giscard d’Estaing, Chirac 1,   tre  governi  Raimond  Barre; poi di  nuovo con Mitterrand presidente  tra il’93  e il ’95.
Le è affidata una missione: legalizzare l’aborto.  Presenta la legge, subito neutralizzata  in neolingua  con la sigla IVG (Interruption Volontaire de Grossesse).  Le opposizioni  sono forti, la  legge rischia di essere bocciata all’Assemblea da una maggioranza.   Il rischio viene superato da quel che descrive così Wikipedia: “Il testo  è infine adottato dall’Assemblea nazionale il 29 novembre 1974, grazie al fatto che i deputati massoni, di destra come di sinistra, sostengono  i deputati centristi favorevoli alla legge ma non maggioritari all’Assemblea”.
Al tempo della legge abortista.
Laicissima  fu infatti la Veil. Il suo laicismo militante, scopriamo ora, si applicava solo ai noachici e goy,  perché sul piano degli espianti la pensava  esattamente come Rabbi Schneerso, il maestro e  messia dei Chabad Lubavitcher:
” Il corpo dell’ebreo sembra simile in sostanza al corpo del non ebreo […] ma la similarità è solo nella sostanza materiale, aspetto esteriore e qualità superficiale. La differenza della qualità interiore è così grande che i corpi devono considerarsi di specie del tutto diversa. Ecco perché il Talmud stabilisce una diversità halachica [giuridica] tra i corpi dei non ebrei [in  confronto ai corpi degli ebrei]…Un ebreo non è stato creato come mezzo per uno scopo: egli stesso è lo scopo, dal momento che tutta la sostanza della emanazione è stata creata solo per servire gli ebrei.” In principio Dio creò i cieli e la terra” (Genesi 1 : 1 ) significa che tutto fu creato per il bene degli ebrei,che sono chiamati “il principio”. Ciò significa che tutto[…] è vanità in confronto agli ebrei”‘.
Ne consegue la questione  rabbinica: ”Se un giudeo ha bisogno di un fegato, può prendere il  fegato di un non ebreo innocente per salvare il primo?”, a  cui il gran rabbino Schneerson risponde: “ “La Torah probabilmente lo consente. La vita di un ebreo ha valore infinito. Se vedi due persone affogare, un ebreo e un non ebreo, la Torah ti impone di salvare prima la vita dell’ebreo”. Commentava l’indimenticato Israel Shahak,  al cui saggio dobbiamo queste informazioni: (Israel Shahak ,Norton Mezvinsky,  J e w i s h  f u n d a m e n t a l i sm in I s r a e l , Londra,1999): “Basta cambiare qui la parola” ebreo” con ”tedesco” o ”ariano”, ed ecco la dottrina che ha reso possibile Auschwitz”.
Del traffico  di organi  israeliano  s’è già diffusamente parlato, anche da noi:
e da altri,  a cui rimandiamo:
Gli ebrei non donano organi (solo il 4%,  rispetto al 30 per cento dei non-ebrei) per la superstiziosa convinzione che   alla resurrezione della carne,  potranno rinascere menomati.   Il servizio sanitario ebraico rifonde i “viaggi all’estero” di suoi cittadini che  tornano con un rene nuovo, o altro organo, comprato  a qualche miserabile del Terzo Mondo (o a ucraini e romeni).  Molte testimonianze parlano di poveri palestinesi  uccisi dai soldati israeliani, i cui corpi sono   restituiti alle  famiglie  evidentemente laparatomizzati.   Naturalmente,  riportare queste testimonianze fa’ attaccare  con accuse  furenti  antisemitismo  e  negazionismo dell’olocausto. Razzisti infatti siamo noi, non loro.
Laicissima, europeista totalitaria, prima donna eletta in Europa,  nel 1981  è premiata con il Premio Charlemagne,   detto anche premio Kalergi, lo stesso cui è stato insignito  mesi fa El Papa. Accolta con tutti gli onori all’Académie,   il suo corpo sarà presto inumato al Panthéon, insieme alle 75  glorie  francesi della laicità ,  Rouseeau, Voltaire, Napoleone III, Victor Hugo,  Jaurés,  Jean Monnet… Ha  dato disposizione che sulla sua tomba fosse pronunciato il Kaddish. Un sondaggio ufficiale  del 2010 la presentava come “la donna preferita dai francesi”.     Shabbos Goy.



Allarme adolescenti: raddoppiati tentativi di suicidio


suicidio2



“Ho cercato di uccidermi, non ci sono riuscito, penso che lo rifarò, la mia vita non ha senso”: nel migliore dei casi tutta la sofferenza di un ragazzino disorientato, insicuro, incapace di gestire emozioni e conflitti arriva all’orecchio di uno psicologo. Ed è già un grande passo avanti.
In Italia il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani.
Secondo l’Osservatorio Nazionale Adolescenza i tentativi di suicidio da parte dei teenager in due anni (dal 2015 al 2017) sono quasi raddoppiati: si è passati dal 3,3% al 5,9%, ovvero 6 su 100 di età tra i 14 e i 19 anni hanno provato a togliersi la vita. Un dramma che riguarda soprattutto le ragazze (71%). Il 24% degli adolescenti ha invece pensato almeno una volta a un gesto estremo.
Una fotografia che mette a nudo un crescente disagio giovanile: ragazzini già stanchi di vivere quando tutto è solo cominciato.
Un giovane si lancia nel vuoto e muore: la notizia, letta su un giornale o passata in tv, è sempre un pugno allo stomaco. Fanno notizia i casi di bullismo, meno quelli i cui contorni restano sfocati. Quando in sostanza è il ‘malessere dell’anima’ a togliere l’ultimo respiro.
“Circa la metà del campione che l’Osservatorio ha intervistato (10.300 adolescenti, ndr) si percepisce depresso: una sensazione di tristezza, di malumore che colpisce oggi il 53% dei ragazzi e delle ragazze, la percentuale nel 2015 era pari al 33%. Inoltre quasi il 36% ha dichiarato di avere frequenti crisi di pianto”, afferma all’Adnkronos la psicoterapeuta Maura Manca, presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, premettendo che la depressione nell’adolescente si presenta con caratteristiche ben diverse rispetto all’adulto. E che il fenomeno che porta talvolta a gesti disperati è “spesso sottovalutato”“Bisogna fare più prevenzione, specie nelle scuole”, è l’invito della psicoterapeuta.
Secondo Manca “ci sono dei campanelli di allarme in famiglia e anche a scuola che non vanno mai sottovalutati: il suicidio non è un raptus ma l’ultimo atto di un percorso di sofferenza in cui matura il disagio esistenziale. Arrivano ad uccidersi perché nel momento in cui decidono di farlo non trovano nessun’altra risorsa interna a cui aggrapparsi. E’ come se fossero in una bolla isolante”.
Ragazzi e ragazze che giorno dopo giorno si sentono sempre più oppressi da un senso di vuoto che difficilmente riescono a comunicare. “Sono sempre più piccoli – riflettiamo! – i ragazzi che tentano il suicidio per una sofferenza che spesso non riescono ad esprimere a casa, ad amici, insegnanti”, riferisce l’esperta. Ecco perché ai primi segnali – isolamento, cambio delle abitudini quotidiane e dell’umore, irritabilità, disinteresse, impulsività – i familiari “hanno il dovere di rivolgersi a uno specialista”, suggerisce la psicoterapeuta. “Per non parlare poi di quando hanno già provato a togliersi la vita, il rischio sale drasticamente. E non può rimanere un fatto privato, bisogna parlarne, confrontarsi, chiedere aiuto”.
“Sia chiaro – insiste Manca – non è un evento stressante, come per esempio la litigata con la fidanzatina o i brutti voti a scuola, la causa del comportamento suicidario. Il rischio è dentro una vulnerabilità già manifesta, che dipende da fattori diversi lungo un ‘vissuto depressivo’ mal gestito”. I più esposti sono gli ipersensibili e “coloro che non hanno strumenti per affrontare le sfide della vita”.
Restano così incastrati in un tunnel che li isola dal mondo esterno. Si sentono incompresi, in realtà non sanno trovare risorse per lottare, per gestire i sentimenti, spesso non hanno direzioni cui guardare.
“La parola ‘solitudine’ – spiega la presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza – è quella che sento più spesso da parte di questi ragazzi fragili, si tratta di ‘solitudine emotiva’ non fisica. Il dolore poi cresce quando l’aspettativa di chi dovrebbe comprendere o semplicemente ascoltarli – genitori, amici, amata – va delusa”.
Cosa si può fare? “Primo passo non avere paura di guardarli, di ascoltarli. I genitori non si fermino al rendimento scolastico del figlio ma provino a squarciare silenzi. E in caso vengano colti determinati segnali, rivolgersi subito a centri specializzati, c’è un’ampia rete di accoglienza sul territorio. La scuola, da parte sua, faccia più prevenzione su autolesionismo e suicidio in adolescenza. L’alleanza scuola-famiglia su questi temi è di vitale importanza”, conclude Manca.

Fogne intasate, freddo e topi. Ecco le "casette" di Amatrice

UN ARTICOLO DEL 4 GENNAIO DELL'ANNO SCORSO SULLE CASETTE DI AMATRICE. DOPO UN ANNO LE COSE NON SONO CAMBIATE, ANZI SOLO PEGGIORATE. FRAGILI CASETTE DI LEGNO CON LO SCALDABAGNO SUL TETTO IN ZONE IN CUI CADONO QUINTALI DI NEVE OGNI INVERNO, E L'ACQUA CHE ANZICHE' SCALDARSI SI GELA. IL GENIO ITALICO DELLA POLITICA NOSTRANA HA DATO IL MEGLIO DI SE'....

Amatrice 22/08/2017 - In Punta di Matita


Caldaie non coibentate mentre fuori si precipita a meno venti gradi, topi, fognature intasate, il fetore che occlude le narici e soffoca l'aria di soggiorni e cucine.



E ancora tubi ghiacciati, infiltrazioni. L'inferno di Amatrice a più di un anno dal terremoto è nelle 515 casette che ieri sono state oggetto dei primi sopralluoghi congiunti tra Protezione civile, la ditta che ha eseguito i lavori, la Regione che ha realizzato le opere di urbanizzazione, l'impresa comunale che gestisce l'acquedotto e il sindaco Sergio Pirozzi. Le verifiche, che andranno avanti fino a sabato per poter entrare in ognuna delle costruzioni erette nelle aree individuate dopo il sisma in cui posizionare le soluzioni abitative di emergenza, si sono rese necessarie dopo le incessanti segnalazioni di disagi lamentati dai cittadini.

La prima giornata di sopralluoghi non lascia spazio a dubbi, secondo la relazione ufficiosa arrivata sul tavolo del primo cittadino: dal documento emergerebbero gravissimi problemi relativi, più che alle costruzioni in sé, che pure presentano criticità a partire dalla coibentazione delle caldaie, ai «sotto servizi». Dunque alle infrastrutture di urbanizzazione realizzate, a partire dalla rete fognaria. È qui che si concentrano le lacune, spiega il sindaco. «I topi sono una conseguenza marginale, le casette sono state erette in zone di campagna non urbanizzate, e può essere comprensibile la loro presenza. Ma il vero problema sono i sotto servizi - tuona Pirozzi - : da mesi ricevo telefonate e segnalazioni di problematiche alle fogne e all'acquedotto. In un caso ho mandato io la nostra ditta comunale che si occupa di spurghi a liberare una fognatura intasata. Nel tempo le telefonate sono cresciute tanto da evidenziare un problema strutturale. Finalmente sono arrivati a fare le verifiche che pretendevo da mesi viste le difficoltà che sono emerse, e fino a sabato si continuerà a verificare. Il delegato della Protezione civile - precisa Pirozzi - ha già potuto constatare ciò che abbiamo denunciato. Se già ora le cose stanno così figuriamoci cosa sarà tra due o tre anni». Per questo Pirozzi pretende che chi ha la responsabilità delle opere di urbanizzazione messe sotto accusa, ovvero la Regione Lazio, corra ai ripari. E in fretta. «Voglio, e lo voglio subito, al termine di queste verifiche, un cronoprogramma serio, con la lista degli interventi e le scadenze, e che sia consegnato ai cittadini. Io posso anche chiedere loro ulteriori sacrifici, ulteriore pazienza, ma ci deve essere serietà, basta interventi spot. Qua serve un'operazione vasta e programmata. Il mio è ultimatum. Voglio che le case funzionino al cento per cento. Se non otterrò una risposta cambierò registro, adotterò altre iniziative».

L'esasperazione nel centro Italia martoriato è al limite. Le casette, pur consegnate in ritardo e a singhiozzo, dovevano essere il simbolo della ripartenza. Invece lo sono dell'inadeguatezza. A partire dalle caldaie. «Dalle verifiche è emerso che non sono state coibentate - aggiunge Pirozzi - L'azienda che ha vinto l'appalto si è oggi stesso (ieri, ndr) impegnata a sistemarle una a una. Non sono state progettate per queste altitudini, d'inverno la temperatura è di molto sotto lo zero». Il numero verde dell'impresa è stato preso d'assalto da oltre 4mila chiamate di inquilini sfiniti dalle difficoltà, dal freddo, dai tubi ghiacciati e dai topi. «Me ne sono entrati sei in tre giorni», è la testimonianza raccapricciante di una signora anziana. Rassegnata. Come i suoi vicini.








OGGI 3 GENNAIO SI FESTEGGIA IL SANTISSIMO NOME DI GESU'

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Santissimo Nome di Gesù

3 gennaio - Memoria Facoltativa

Il Santissimo Nome di Gesù fu sempre onorato e venerato nella Chiesa fin dai primi tempi, ma solo nel secolo XIV cominciò ad avere culto liturgico. San Bernardino, aiutato da altri confratelli, sopratutto dai beati Alberto da Sarteáno e Bernardino da Feltre, diffuse con tanto slancio e fervore tale devozione che finalmente venne istituita la festa liturgica. Nel 1530 Papa Clemente VII autorizzò l'Ordine francescano a recitare l'Ufficio del Santissimo Nome di Gesù. Giovanni Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio la memoria facoltativa nel Calendario Romano.
Martirologio Romano: Santissimo Nome di Gesù, il solo in cui, nei cieli, sulla terra e sotto terra, si pieghi ogni ginocchio a gloria della maestà divina. 





Il significato e la proprietà del nome

Anzitutto i nomi hanno un loro significato intrinseco, come appare dai nomi teofori (evocatori della divinità) e da quelli di alcuni eroi, che sono il simbolo della missione adempiuta da costoro nella storia. 

In secondo luogo, il nome ha un contenuto dinamico; rappresenta e in qualche modo racchiude in sé una forza. Esso designa l’intima natura di un essere, poiché contiene una presenza attiva di quell’essere. 

Platone diceva che “Chiunque sa il nome, sa anche le cose”; conoscerlo vuol dire conoscere la ‘cosa’ in se stessa. Il nome “occupa” uno spazio, ha la “proprietà” della cosa e la spiega. 

Il nome di nascita indica in primo luogo, l’”essenza” di una persona, le sue prerogative, le qualità e i difetti; pronunciandolo si è come in presenza di colui che si nomina, si dà ad esso una precisa dimensione. 

Così come fra i ‘primitivi’ che cercavano di conoscere il nome al fine di esercitare un potere su una persona o su qualsiasi cosa vivente, il nome è ancora indispensabile nel praticare un incantesimo; infatti i cosiddetti ‘maghi’ vogliono conoscerlo, per inciderlo su amuleti e talismani, accanto a quello delle Entità Invisibili. 


Il nome nelle società antiche
Nell’antica Grecia i nomi provenivano da due categorie: 1) nomi di un dio o derivati da quello portato dalla divinità (Apollodoro, Apollonio, Eròdoto, Isidoro, Demetrio, Teodoro, ecc.); 2) nomi scelti come augurio per la futura vita del bambino, seguiti da quello della località di residenza o provenienza. 
I Romani imponevano ai neonati tre nomi: Il prenome scelto fra i diciotto più usati, che si abbreviava con la lettera iniziale, es. P = Publius (Publio), C = Caius (Caio), ecc. Il nome indicava la gens di appartenenza, es. Julius (della gens Julia). Il cognome indicante la famiglia, quando la gens d’origine si divideva in molte famiglie
Nei nomi di origine ebraica, particolarmente quelli maschili, si nota quasi sempre una invocazione a Dio, l’eterno creatore, dal quale il popolo ebraico trasse sempre forza nella sua travagliata esistenza. 

Il nome nella mentalità semitica
Per i semiti i nomi propri avevano un significato intrinseco; questo era indicato dalla loro stessa composizione, dalla etimologia od era evocato dalla pronuncia. 
Nel costume popolare, due usanze sembrano comunemente diffuse; in primo luogo l’imposizione di nomi teofori, con cui si voleva porre il bambino sotto la protezione della divinità, oppure si intendeva ringraziare e pregare la divinità per il lieto evento (es. Isaia = Iahvé salva; Giosuè = Iahvé è salvezza, ecc.). 
In secondo luogo, l’attribuzione di nomi che esprimono qualche circostanza o particolarità della nascita dei bambini, es. (Gen. 35, 16-18) “… Rachele, sul punto in cui le sfuggiva l’anima, perché stava morendo a causa del penoso parto, chiamò il figlio appena nato, col nome di Ben-Oni (figlio del mio dolore)…”. 
Così pure, per gli ebrei c’era la tendenza a fare del nome, il simbolo del significato religioso o politico degli eroi nazionali e religiosi; così interpretato, il nome era in un rapporto molto più significativo con la persona che caratterizzava; Eva è “la madre di tutti i viventi”, Abramo è “il padre di una moltitudine”, Giacobbe è “colui che soppianta”, ecc. 
Nella concezione semitica, il nome ha anche un aspetto dinamico, che corrisponde alla forza, alla potenza che il nome rappresenta e in qualche modo include; dove c’è il nome c’è la persona, con la sua forza, pronta a manifestarsi. 
Conoscere qualcuno per nome, vuol dire conoscerlo fino in fondo e poter disporre della sua potenza. Questo concetto svolge un ruolo importante applicato agli esseri superiori, che non sono conoscibili normalmente da parte dell’uomo; la sola conoscenza che si può avere di essi è quella del loro nome. 
Il nome del dio nasconde la sua presenza misteriosa e rappresenta il mezzo più accessibile di comunicazione tra l’uomo e lui. Quindi nella sfera del ‘mistero’ sia esso magico che religioso, chi conosce il nome del dio e lo pronunzia, ha la forza di farsi ascoltare da lui e di farlo intervenire a suo favore. 
Infine nella Tradizione semitica c’è inoltre il concetto, che chi impone a qualcuno il nome che deve portare o gli cambia il nome che possiede, esprime il potere assoluto, la sovranità, che detiene su quello (Ge. 2), così come Adamo impose i nomi a tutto il bestiame di cui poteva usufruire. 
Anche il Dio degli Ebrei esprime il suo dominio assoluto, imponendo e mutando i nomi di Abram in Abraham e Sarai in Sara (Ge. 17, 5-15) e di Giacobbe in Israel (Ge. 32, 29), acquistando così tali nomi nuovi significati. 

Il nome di Dio nella Bibbia
L’esigenza di sapere il nome della divinità in cui si crede, è stato sempre intrinseco nell’animo umano, perché il nome stesso è garanzia della sua esistenza; a tal proposito si riporta un passo dell’opera di Francesco Albergamo “Mito e Magia” che scrive: “Una bambina di nove anni chiede al padre se Dio esiste; il padre risponde che non ne è troppo sicuro, al che la piccola osserva: Bisogna pure che esista, dal momento che ha un nome”. 
Quindi quando Mosè (Es. 3) viene chiamato da Dio alla sua missione fra il popolo ebraico, logicamente gli chiede il suo Nome da poter comunicare al popolo, che senz’altro gli chiederà “Chi ti ha riconosciuto principe su di noi?”. E il Dio di Israele, conosciuto inizialmente come il “Dio degli antenati”, il “Dio di Abramo di Isacco di Giacobbe”, oppure con espressioni particolari: “El Shaddai”, “Terrore di Isacco”, “Forte di Giacobbe”, rivela il suo nome “Iahvé”, che significa “Egli è”; e questo Nome entrò così a far parte della vita religiosa degli israeliti, e mediante gli interventi sovrani nella storia, il nome di Iahvé divenne famoso e noto. 
I profeti ed i sommi sacerdoti, lungo tutta la storia d’Israele, posero al centro della liturgia il nome di Iahvé, con la professione di fede del profeta, l’invocazione solenne di Dio, la fede e la glorificazione di tutto il popolo (Commemorazione, invocazione, glorificazione del suo Nome). 
Nel tardo giudaismo però, per il bisogno di sottolineare la trascendenza divina, il nome di Iahvé non è stato più pronunciato e Dio è stato designato col termine Nome e con altri appellativi, come Padre a sottolineare lo speciale rapporto che lega Dio e il suo popolo. 

Il nome del Padre
Ma solo nel Nuovo Testamento, sulla bocca di Gesù e dei credenti, il nome di Padre attribuito a Dio, assume il suo vero significato.
Solo Gesù, infatti conosce il Padre e può efficacemente rivelarlo (Mt.11, 27-28). Gesù si è riferito spesso a Dio chiamandolo Padre, nel Vangelo di s. Giovanni, Padre viene usato addirittura come sinonimo di Dio e secondo l’evangelista questa è la sua vera definizione, questo è il nome che esprime più profondamente l’essere divino. Tale nome è stato manifestato agli uomini da Gesù, ed essi ora sanno che, se credono, sono figli insieme a lui. 
Inoltre Gesù ha anche insegnato a pregare Dio con questo titolo “Padre nostro…” e questa è diventata la preghiera per eccellenza della comunità cristiana. 
Gesù aveva chiesto al Padre di glorificare il suo nome (Giov. 12, 28) e aveva invitato i discepoli a pregare così: “Sia santificato il tuo nome”; Dio ha risposto a queste preghiere, manifestando la potenza del suo nome e glorificando il proprio figlio. 
Ai credenti è affidato il compito di prolungare questa azione di glorificazione; essi lodano, testimoniano il nome di Dio e devono comportarsi in modo che il nome divino non riceva biasimo e bestemmie (Rom. 2, 24)

Il nome del Signore Gesù
Il Messia ha portato durante la sua vita terrena il nome di Gesù, nome che gli fu imposto da san Giuseppe dopo che l’angelo di Dio in sogno gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché ciò che in lei è stato concepito è opera dello Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt.1, 21-25)
Quindi il significato del nome Gesù è quello di salvatore; gli evangelisti, gli Atti degli Apostoli, le lettere apostoliche, citano moltissimo il significato e la potenza del Nome di Gesù, fermandosi spesso al solo termine di “Nome” come nell’Antico Testamento si indicava Dio. 
Nel corso della vita pubblica di Gesù, i suoi discepoli, appellandosi al suo nome, guariscono i malati, cacciano i demoni e compiono ogni sorta di prodigi: 
Luca, 10, 17, “E i settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome”; Matteo 7, 22, “… Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti prodigi nel tuo nome?”. 
Atti 4, 12, “…Non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale possiamo avere la salvezza”. 
Risuscitando Gesù e facendolo sedere alla sua destra, Dio “gli ha donato il nome che è sopra di ogni nome” (Ef. 1, 20-21); si tratta di un “nome nuovo” (Ap. 3, 12) che è costantemente unito a quello di Dio. 
Questo nome trova la sua espressione nell’appellativo di Signore, che conviene a Gesù risorto, come allo stesso Dio Padre (Fil. 2, 10-11). Infatti i cristiani non hanno avuto difficoltà ad attribuire a Gesù, gli appellativi più caratteristici che nel giudaismo erano attribuiti a Dio. 
Atti 5, 41: “Ma essi (gli apostoli) se ne partirono dalla presenza del Sinedrio, lieti di essere stati condannati all’oltraggio a motivo del Nome”. 
La fede cristiana consiste nel professare con la bocca e credere nel cuore “che Gesù è il Signore, e che Dio lo ha ridestato dai morti” e nell’invocare il nome del Signore per conseguire la salvezza (Rom. 10, 9-13). 
I primi cristiani, appunto, sono coloro che riconoscono Gesù come Signore e si designano come coloro che invocano il suo nome, esso avrà sempre un ruolo preminente nella loro vita: nel nome di Gesù i cristiani si riuniranno, accoglieranno chiunque si presenti nel suo nome, renderanno grazie a Dio in quel nome, si comporteranno in modo che tale nome sia glorificato, saranno disposti anche a soffrire per il nome del Signore. 
L’espressione somma della presenza del Nome del Signore e dell’intera SS. Trinità nella vita cristiana, si ha nel segno della croce, che introduce ogni preghiera, devozione, celebrazione; e conclude le benedizioni e l’amministrazione dei sacramenti: “Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. 
Il culto liturgico del Nome di Gesù
Il SS. Nome di Gesù, fu sempre onorato e venerato nella Chiesa fin dai primi tempi, ma solo nel XIV secolo cominciò ad avere culto liturgico. 
Grande predicatore e propagatore del culto al Nome di Gesù, fu il francescano san Bernardino da Siena (1380-1444) e continuato da altri confratelli, soprattutto dai beati Alberto da Sarteano (1385-1450) e Bernardino da Feltre (1439-1494). 
Nel 1530, papa Clemente VII autorizzò l’Ordine Francescano a recitare l’Ufficio del Santissimo Nome di Gesù; e la celebrazione ormai presente in varie località, fu estesa a tutta la Chiesa da papa Innocenzo XIII nel 1721. 
Il giorno di celebrazione variò tra le prime domeniche di gennaio, per attestarsi al 2 gennaio fino agli anni Settanta del Novecento, quando fu soppressa. 
Papa Giovanni Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio la memoria facoltativa nel Calendario Romano. 

Il trigramma di san Bernardino da Siena
Affinché la sua predicazione non fosse dimenticata facilmente, Bernardino con profondo intuito psicologico inventò un simbolo dai colori vivaci che veniva posto in tutti i locali pubblici e privati, sostituendo blasoni e stemmi delle varie Famiglie e Corporazioni spesso in lotta fra loro. 
Il trigramma del nome di Gesù, divenne un emblema celebre e diffuso in ogni luogo, sulla facciata del Palazzo Pubblico di Siena campeggia enorme e solenne, opera dell’orafo senese Tuccio di Sano e di suo figlio Pietro, ma lo si ritrova in ogni posto dove Bernardino e i suoi discepoli abbiano predicato o soggiornato. 
Qualche volta il trigramma figurava sugli stendardi che precedevano Bernardino, quando arrivava in una nuova città a predicare e sulle tavolette di legno che il santo francescano poggiava sull’altare, dove celebrava la Messa prima dell’attesa omelia, e con la tavoletta al termine benediceva i fedeli. 
Il trigramma fu disegnato da Bernardino stesso, per questo è considerato patrono dei pubblicitari; il simbolo consiste in un sole raggiante in campo azzurro, sopra vi sono le lettere IHS che sono le prime tre del nome Gesù in greco ΙΗΣΟΥΣ (Iesûs), ma si sono date anche altre spiegazioni, come l’abbreviazione di “In Hoc Signo (vinces)” il motto costantiniano, oppure di “Iesus Hominum Salvator”. 
Ad ogni elemento del simbolo, Bernardino applicò un significato, il sole centrale è chiara allusione a Cristo che dà la vita come fa il sole, e suggerisce l’idea dell’irradiarsi della Carità. 
Il calore del sole è diffuso dai raggi, ed ecco allora i dodici raggi serpeggianti come i dodici Apostoli e poi da otto raggi diretti che rappresentano le beatitudini, la fascia che circonda il sole rappresenta la felicità dei beati che non ha termine, il celeste dello sfondo è simbolo della fede, l’oro dell’amore. 
Bernardino allungò anche l’asta sinistra dell’H, tagliandola in alto per farne una croce, in alcuni casi la croce è poggiata sulla linea mediana dell’H. 
Il significato mistico dei raggi serpeggianti era espresso in una litania; 1° rifugio dei penitenti; 2° vessillo dei combattenti; 3° rimedio degli infermi; 4° conforto dei sofferenti; 5° onore dei credenti; 6° gioia dei predicanti; 7° merito degli operanti; 8° aiuto dei deficienti; 9° sospiro dei meditanti; 10° suffragio degli oranti; 11° gusto dei contemplanti; 12° gloria dei trionfanti. 
Tutto il simbolo è circondato da una cerchia esterna con le parole in latino tratte dalla Lettera ai Filippesi di san Paolo: “Nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, sia degli esseri celesti, che dei terrestri e degli inferi”.Il trigramma bernardiniano ebbe un gran successo, diffondendosi in tutta Europa, anche s. Giovanna d’Arco volle ricamarlo sul suo stendardo e più tardi fu adottato anche dai Gesuiti. 
Diceva s. Bernardino: “Questa è mia intenzione, di rinnovare e chiarificare il nome di Gesù, come fu nella primitiva Chiesa”, spiegando che, mentre la croce evocava la Passione di Cristo, il suo Nome rammentava ogni aspetto della sua vita, la povertà del presepio, la modesta bottega di falegname, la penitenza nel deserto, i miracoli della carità divina, la sofferenza sul Calvario, il trionfo della Resurrezione e dell’Ascensione. 
In effetti Bernardino ribadiva la devozione già presente in san Paolo e durante il Medioevo in alcuni Dottori della Chiesa e in s. Francesco d’Assisi, inoltre tale devozione era praticata in tutto il Senese, pochi decenni prima dai Gesuati, congregazione religiosa fondata nel 1360 dal senese beato Giovanni Colombini, dedita all’assistenza degli infermi e così detti per il loro ripetere frequente del nome di Gesù.

La Compagnia di Gesù, prese poi queste tre lettere come suo emblema e diventò sostenitrice del culto e della dottrina, dedicando al Ss. Nome di Gesù le sue più belle e grandi chiese, edificate in tutto il mondo. 
Fra tutte si ricorda, la “Chiesa del Gesù” a Roma, la maggiore e più insigne chiesa dei Gesuiti; vi è nella volta il “Trionfo del Nome di Gesù”, affresco del 1679, opera del genovese Giovanni Battista Gaulli detto ‘il Baciccia’; dove centinaia di figure si muovono in uno spazio chiaro con veloce impeto, attratte dal centrale Nome di Gesù.



Autore: Antonio Borrelli