giovedì 3 gennaio 2019

UN "SEGNO" DELLA VERGINE THEOTOKOS IN CRIMEA?

Russia: dodici  delfini hanno portato su dal mare l’immagine della Vergine!

L’icona sulla spiaggia in Crimea.



“Un evento insolito e meraviglioso è avvenuto a Sochi, in Russia. Un branco di delfini (12 secondo i testimoni) hanno portato a riva un’immagine della Vergine davanti agli occhi attoniti dei villeggianti sulla spiaggia.

Il caso è stato reso noto da un colonnello dell’armata russa e da sua moglie, che hanno sorpreso dei delfini nuotare molto vicino alla riva e deporvi un oggetto. Quando i delfini hanno riguadagnato il mare, la coppia si è avvicinata al punto in cui era l’oggetto, coperto di fango.
La moglie del militare ha ripulito l’oggetto e ha visto l’immagine della Vergine, ed ha lodato Dio per questo miracolo. Questa è l’immagine della Madonna di Kursk. Non si sa come l’icona sia finita in fondo al Mar Nero, e non si spiega come i delfini l’abbiano riportata sulla riva. Il colonnello ha portato l’icona a Mosca, dove spera di mostrarla al patriarca Kirill e raccontargli l’evento miracoloso”.

Una Madre profondamente partecipe alla sanguinosa storia della Russia


L’icona e i suoi ritrovatori.

E’ vero? E’ leggenda? Infine, credo che poco importi: il fatto stesso che una leggenda così possa nascere, in una Russia minacciata da tutte le forze globali più oscure e violente di “questo mondo”, è significativo. 
Ricordo solo che la vera immagine della Theotokos venerata a Kursk è senza dubbio l’icona più profondamente intrecciata con la storia del popolo russo, le guerre, gli eventi più sanguinosi, e fu persino ferita essa stessa. Si dice che un cacciatore la trovò nel settembre del 1295 fra le rovine di Kursk, a quel tempo svuotata e ridotta a deserto, abitata da selvatici, dalla ferocia genocida dell’invasione mongola. L’immagine – uguale o simile all’icona venerata a Novgorod – era a faccia in giù; appena l’uomo la sollevò, sprizzò da sotto una sorgente d’acqua viva e purissima.
I pii cacciatori allestirono una minuscola cappella di legno per l’immagine; presto essa fu oggetto di visite e pellegrinaggi, essendosi sparsa la fama che compisse miracoli. Secondo i racconti vari tentativi degli abitanti e del principe della vicina Rylsk di portare il quadro nella loro città, andarono a vuoto: l’immagine tornava sempre nella cappelletta. Ci si convinse che la Madre di Dio voleva restare là dove era stata scoperta. Nel 1383, nuova invasione: dei tartari. Costoro si ostinarono a incendiare la cappella di legno, affastellando legna e fascine, senza riuscirvi; accusarono il prete che la custodiva, Bogoliub, di stregoneria. Solo quando gli invasori spezzarono l’icona in due, riuscirono a dar fuoco alla cappella. Presero Bogoliub come prigioniero e schiavo. Soltanto anni dopo, riacquistata la libertà (degli emissari dello zar avevano pagato il riscatto) egli tornò , ritrovò i due pezzi dell’icona e li ricompose – o l’immagine si ricompose per prodigio, si dice. In ogni caso essa ha ancora il segno dello spacco. Nel 1597, per ordine dello Zar, un monastero fu costruito attorno alla cappella; era sua volontà dare inizio così alla ricostruzione di Kursk. Ma nel 1611 un’altra incursione dei tartari devastò il monastero. L’immagine fu portata di nascosto a Mosca; erano i tempi di Boris Godunov, che dotò l’immagine di ornamenti preziosi; da lì fu riportata nel monastero ricostruito di Kursk nel 1618: Ancor oggi una processione, il nono venerdì dopo Pasqua, ricorda il trionfale ritorno della Signora del Segno. Frattanto però, nel 1612, furono i polacchi ad attaccare Kursk. In quell’occasione la Vergine accompagnata da due “monaci raggianti”, fu vista in cielo dai cittadini; anche i polacchi catturati riferirono di aver visto l’apparizione.
Nel 1812 un comitato cittadino di Kursk donò una copia dell’icona al generale Kutuzov, il vincitore di Napoleone, coperta da una riza d’argento. Ma nel 1898, anarchici criminali, in odio alla fede, piazzarono una bomba gigantesca sotto l’icona. La chiesa – ormai Cattedrale del Segno – fu devastata, le vetrate distrutte, i portoni di ferro piegati dalla violenza dello scoppio, persino la cupola danneggiata. L’immagine invece rimase intatta, il che aumentò la fede popolare nelle sue virtù.
1918, rivoluzione bolscevica. Kursk prima viene occupata dai comunisti, poi liberata dall’armata bianca; questa la riparò nella sua roccaforte in Crimea; ma fu sconfitta e dovette ritirarsi. Sotto la protezione dei bianchi in ritirata, alcuni monaci misero in salvo l’icona a Belgorod, poi a Taganrog, Ekaterinodar e Novorossinsk: mesi di angosciose peregrinazioni, al seguito dell’Armata bianca braccata e sconfitta. Infine , per nave, nel 1920, il quadro fu portato a Tessalonica, e poi da lì a Belgrado, dove rimase nella chiesa russa della Santa Trinità. Ma nel 1944, i devoti e i preti russi riparati in Serbia, quando la Yugoslavia passò sotto la dittatura comunista, fuggirono portando con sé l’immagine. Prima a Vienna e a Carlsbag, poi a Monaco, poi in Svizzera, Francia, in Belgio, secondo le vicissitudini della guerra e l’avanzata dell’Armata Rossa. Dal 1957 l’icona originale ha trovato sede a New York, nella chiesa della Madre di Dio del Segno, sede della gerarchia della Chiesa Russa all’Estero.


Quanto ai due immani incendi di Londra e della foresta presso Fatima, in Portogallo: la fulminea rapidità con cui il fuoco s’è diffuso, l’incontenibile violenza della fiamme divoratrici di decine e decine di vite umane incenerite, è parsa ai soccorritori preternaturale. Anch’esso un segno, forse, del rabbioso potere che ha sul nostro mondo il Signore del Fuoco.




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