giovedì 8 ottobre 2020

In mare ci sono più mascherine che meduse. L’allarme dell’ISPRA


Dove finiranno le mascherine e i guanti una volta usati?


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L’IPSRA lancia un tragico allarme: in mare ci sono più mascherine che meduse e la situazione è destinata a peggiorare, soprattutto a causa della scuola.

I fondali marini hanno un nuovo inquilino e purtroppo non è una buona notizia. L’ISPRA, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, lancia l’allarme spiegando che a breve i nostri mari potrebbero avere più mascherine che meduse.
I dispositivi anti Covid-19 usa e getta porteranno maggiore problemi ora che la scuola ha riaperto le sue porte, dal momento che agli studenti sarà fornita ogni giorno una nuova mascherina monouso. Il Governo ha difatti annunciato la fornitura di 11 milioni di presidi monouso ogni giorno.

In questo modo l’Italia aumenterà notevolmente la produzione di immondizia, aggiungendo molti quintali di rifiuti difficili da smaltire e soprattutto non riciclabili. Da mesi ormai mascherine di ogni tipologia si trovano gettate in strada, nei parchi, nelle aree verdi della città e a breve le troveremo molto spesso in mare.
L’ISPRA non è il solo istituto a lanciare l’allarme, dal momento che anche l’associazione francese Opération Mer Propre ha descritto lo stesso fenomeno affermando che il mare si sta riempiendo di mascherine, che diventano più numerose delle meduse.

Gli studi dell’ISPRA: le mascherine popoleranno i nostri mari

Sin da inizio pandemia mascherine monouso e guanti di plastica hanno destato preoccupazioni tra gli ambientalisti, dato l’enorme utilizzo. Purtroppo i timori si sono ben presto trasformati in una reale situazione fuori controllo, che porta i mari e la natura ad essere sempre più inquinati.
L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha reso note le sue stime a inizio maggio e non sono per nulla incoraggianti: per il 2020 la produzione complessiva di rifiuti, tra guanti e mascherine, sarà tra i 160mila e le 440mila tonnellate.

Il dato medio ci dice che saranno prodotte 300mila tonnellate di spazzatura solo con questi dispositivi di protezione dal Covid. Ma se fino all’inizio delle scuole si poteva pensare ad una gestione idonea di questi rifiuti con la ripresa delle lezioni in sede si avrà un incremento della produzione. Si aggiungono infatti 11 milioni di dispositivi ogni giorno e diventa così molto complessa anche la gestione dello smaltimento.
Le mascherine, dopo esser state usate, devono infatti essere gettate nella raccolta indifferenziata, dal momento che in questo modo saranno poi smaltite mediante inceneritore. Un modo in sostanza per eliminare ogni tipo di possibile virus, batterio e rischio di contagio attraverso il fuoco.

In Italia però gli inceneritori, soprattutto al Sud, non riusciranno a smaltire l’enorme mole di rifiuti e il rischio è che mascherine e guanti rimarranno in discarica o, peggio ancora, dispersi nell’ambiente e soprattutto nel mare. La paura è che a breve in mare troveremo più mascherine che meduse, rifiuti che finiranno in acqua a causa di una cattiva gestione dello smaltimento e a causa dell’inciviltà dei cittadini.
Del resto dobbiamo pensare che, se anche solo l’1% delle mascherine usate finisse smaltita in modo errato, avremmo ogni mese 10 milioni di mascherine sparse nella natura e nelle nostre acque. Un vero e proprio disastro ambientale a cui ad oggi nessuno sembra essere particolarmente interessato.

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