giovedì 25 giugno 2020

LA PIRAMIDE CAPOVOLTA E' IL CIELO CHE INCONTRA LA TERRA MA ANCHE UN SIMBOLO DI RIVALSA



Il mondo è come una piramide capovolta...

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Se osserviamo l’esistenza del mondo nella sua dimensione psicofisica da una parte, e la vita empirica dell’umanità nella sua dimensione spirituale dall’altra, constatiamo sia nell’una che nell’altra una struttura piramidale, cioè la presenza della disuguaglianza e a qualcuno verrà quindi da pensare che la disuguaglianza è qualcosa di ontologicamente necessario alla natura umana; e così, sia per passione che per impassibile convinzione filosofica, si soffocano le esigenze della propria coscienza. Ma altri, basandosi proprio su queste pressante esigenze del più profondo della nostra coscienza, cercano instancabilmente di realizzare quest’eguaglianza nell’esistenza dell’umanità.

Ma è possibile l’eguaglianza dove si trova la libertà quale principio fondamentale dell’esistenza? La risposta data dalla millenaria esperienza storica dell’umanità sarebbe negativa.

Cosa possiamo dunque fare per modificare quest’ordine di cose, inaccettabile al nostro spirito? Non possiamo infatti rinunciare alla nostra più profonda aspirazione spirituale: vedere tutti gli uomini uguale in pienezza e ad immagine della Santa Trinità dove non c’è né grande né piccolo.

Rivolgiamoci a Cristo e vediamo come ha risolto questo problema.

Il Signore non nega il fatto della disuguaglianza, della gerarchia, della divisione in piani superiori ed inferiori, maggiori e minori, ma capovolge questa piramide dell’essere, collocando la cima in basso; in tal modo si giunge all’ultima perfezione.

La cima incontestabile di questa piramide è il Figlio dell’uomo, l’Unico, il Vero, l’Eterno Signore; ed egli stesso dice che “non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita per la redenzione di molti”. Per quanto riguarda gli angeli sappiamo che sono esseri superiori a noi, sia per la loro conoscenza che per il loro modo di vita, se li paragoniamo alla nostra esistenza terrena; ma l’Apostolo parla di loro come di «spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza» (Ebr 1,14). Il Signore comanda ai suoi discepoli di seguire l’esempio che gli è stato dato con la lavanda dei piedi (Gv 13,15). Egli dice loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non sia così: ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti» (Mc 10,42-44).

Con queste parole definisce lo scopo e la ragione dell’esistenza della gerarchia ecclesiastica, cioè far raggiungere, a chi si trova al grado inferiore della perfezione spirituale, il livello cui si trova colui che è gerarchicamente più in alto, poiché secondo la parola dell’Apostolo: «E’ lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,11-4).

Cristo, il Creatore – in questo senso, causa – dell’universo creato, appare come «responsabile» della sua esistenza e, di conseguenza, prende su di sé il fardello, il peccato del mondo intero. Egli è la cima della piramide capovolta, la punta su cui si appoggia tutto il peso dell’intera piramide dell’essere.

Coloro che seguono il Cristo diventano, in modo inspiegabile, simili a lui e prendono su di sé il fardello o le infermità degli altri: «Noi che siamo forti abbiamo il dovere di sopportare l’infermità dei deboli» (Rom 15,1). Parliamo di questo per indicare gli aspetti caratteristici dell’itinerario cristiano e ciò che abbiamo potuto osservare nella vita interiore dello Staretz [Silvano del Monte Athos]. Ma percepiamo tuttavia l’insufficienza di ogni parola ed immagine che possa esprimere questa vita.

Il cristiano si volge verso il basso, nella profondità della piramide capovolta, dove si sopporta una terribile «pressura» e dove si trova Colui che ha preso su di sé il peccato del mondo: il Cristo.

Quando il cuore umano viene toccato da una grande grazia divina, agisce in lui la forza dell’amore di Cristo, e, trascinata da quest’amore, l’anima discende realmente nelle profondità della piramide capovolta, alla sequela di Cristo, e diventa simile a Lui. L’uomo prende su di sé, proporzionatamente alle sue forze, il fardello dei propri fratelli. L’intensità delle sofferenze vissute colma il cuore d’una grande compassione per tutti coloro che soffrono; l’amore che compatisce è pronto a sacrificarsi, a sacrificare tutta la sua vita per il bene del prossimo e contemporaneamente quest’amore trascina l’uomo totale in modo irresistibile verso Dio: la mente, il cuore e lo stesso corpo, tutto l’essere umano è attratto verso Dio con una fervente preghiera, con le lacrime versate per gli uomini, sia per questa o quella persona in particolare, conosciuta o sconosciuta, sia per tutta l’umanità fin «dalla notte dei tempi»; ma altre volte, dopo le lunghe sofferenze dell’amore crocifisso, l’anima si abbandona totalmente in Dio e dimentica il mondo intero.

«Quando l’anima è in Dio, il mondo è completamente dimenticato e l’anima contempla Dio». Ma dopo aver offerto questo sacrificio, cioè dopo la rinuncia interiore a tutto, nasce nell’uomo la quiete e sopraggiunge una profonda ed intima pace, la pace di Cristo, «la pace che oltrepassa ogni intelligenza» (Fil 4,7).

Alla base della piramide capovolta, il cui insondabile fondo non è altro che la cima, si trova il Cristo crocifisso per amore del mondo; e là vi troviamo una particolare vita, una particolare luce, un particolare profumo. In questo luogo l’atleta di Cristo viene attirato dall’amore. L’amore di Cristo martirizza il suo eletto, lo schiaccia e rende la sua vita insopportabilmente difficile finché non giunge al suo ultimo desiderio, ma particolari sono anche le strade da lui scelte per giungere a questo ultimo fine.

«Pregare per gli uomini significa versare il proprio sangue» [diceva Silvano l’Athonita]. E noi, abbiamo visto e testimoniamo che quando il beato Staretz Silvano pregava per gli uomini, per il mondo, per tutta l’umanità, per l’Adamo totale, aveva sacrificato con questa preghiera la propria vita.

Tale preghiera è il pentimento offerto per i peccati degli uomini: e in quanto pentimento consiste nel prendere su di sé il fardello dei loro peccati, e, in quanto preghiera per il mondo intero arriva in una certa misura a portare il peso del mondo. Ma perché l’uomo trovi in se stesso l’audacia d’intraprendere una simile preghiera, occorre che giunga a un reale pentimento; poiché se egli continua a vivere nel peccato e nelle passioni anziché prendere su di sé il fardello dei fratelli, farà portare loro il proprio fardello. Per partecipare alla passione di Cristo per il mondo, per poter «partecipare alle sue sofferenze» (Fil 3,10; 1Pt 4,13), bisogna aver «rotto definitivamente con il peccato» (1Pt 4,1).

archimandrita Sofronio Sacharov

tratto da Archimandrita Sofronio, Silvano del Monte Athos,
Gribaudi, pp.225-228


Congiungendo le quattro stelle che perimetrano la costellazione di Orione (Betelgeuse, Bellatrix, Rigel e Saiph), si ottiene un rettangolo; unendo ognuna delle quattro stelle con Sirio, si compone una piramide capovolta la cui base è il rettangolo Betelgeuse-Bellatrix-Rigel-Saiph e il cui vertice, in basso, è Sirio; al centro del solido si stagliano le tre stelle della Cintura di Orione: Z.E.D. Orionis.

Si delinea, così, un’immagine di rara magnificenza: la punta della piramide capovolta si unisce idealmente con il vertice della piramide di Cheope, suggellando mirabilmente il collegamento tra Cielo e Terra.





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