WUHAN: CHI PARLA SCOMPARE (Giornalisti desaparecidos)
Scomparso dal 6 Febbraio scorso, il blogger denunciava un “disastro sanitario”. Le autorità cinesi affermano che è stato “messo in quarantena” per aver trascorso troppo tempo negli ospedali di Wuhan.
“Davanti a me c’è il virus. Dietro di me c’è il potere legale e amministrativo della Cina”. In uno dei suoi ultimi video diffusi in rete Chen Qiushi lanciava l’anatema dopo aver visitato quasi tutti i punti caldi di quello che denunciava essere un “disastro sanitario”: ospedali, supermercati, pompe funebri, famiglie delle vittime, taxi di volontari. Infaticabile, il blogger si aggirava per la città, con smartphone e stabilizzatore in mano, per documentare tutto quello che accadeva nella Wuhan colpita dall’epidemia. “Mancano le maschere – raccontava – gli indumenti protettivi, le attrezzature e, soprattutto, i kit diagnostici. Senza questi kit, non c’è modo di controllare che tu abbia il virus, puoi solo metterti in quarantena a casa”. Nel suo ultimo video Chen Qiuschi, visibilmente provato, appariva con vistose occhiaie”. “Ho paura”, diceva.
Di chi, di cosa?
Di chi, di cosa?
Dal 6 febbraio, Chen Qiushi è scomparso. I parenti, che hanno accesso al suo account Twitter, hanno pubblicato un video di sua madre che chiede aiuto. “Stasera, Qiushi ha detto che andava in un ospedale da campo. Dalle 19.00 alle 20.00. Da allora non risponde più. Vi chiedo di aiutarci a trovarlo, grazie”. Dopo l’appello su Twitter, le autorità cinesi si sono messe immediatamente in contatto con la madre di Chen Qiushi spiegandole che il blogger è stato “messo in quarantena”, presumibilmente perché aveva trascorso troppo tempo in ospedale. Questa la motivazione ufficiale, ma amici e colleghi sospettano si tratti di una vera e propria detenzione in isolamento per porre fine alle sue video-inchieste. Allo stato attuale, afferma il suo entourage, Chen Qiusci è sprovvisto infatti di qualsiasi mezzo per comunicare con l’esterno ed è completamente isolato. Genitori ed amici di Chen Qiushi si sono detti essere “preoccupati ed ansiosi per la sorte di Chen”.
L’avvocato, diventato un famoso giornalista freelance, aveva già confessato alla famiglia di aver subito pressioni da parte della polizia da quando aveva iniziato a pubblicare le sue video-inchieste sull’emergenza sanitaria a Wuhan. Dopo la pubblicazione del suo primo video su WeChat, il più importante social network cinese, il suo account è stato sospeso per oltre un mese. Per rappresaglia le autorità hanno cominciato a sospendere anche gli account di tutti coloro che menzionano il suo nome o che condividono i suoi video su WeChat o Weibo, il Twitter cinese. Ma non c’è solo Chen Qiusci. Le autorità locali hanno agitato lo spauracchio della quarantena a diversi giornalisti stranieri, un vero e proprio strumento di censura più che una misura di prevenzione sanitaria dal momento che è stata data loro la possibilità di scegliere se restare in quarantena, dove stavano indagando, o ritornarsene a Pechino o a Shanghai con il primo aereo.
Piccola considerazione finale....
Quello che succede in Cina lo sappiamo bene: la censura dell'informazione è più virale del coronavirus. La libertà di opinione e di stampa vengono fortemente represse. La dittatura comunista censura chiunque tenti di dire la verità a proposito del coronavirus e, nel peggiore dei casi, uccide i trasgressori.
Tuttavia, nel resto del mondo, i giganti del web chiudono canali e account di chiunque non si dimostri prono al pensiero unico dominante. Alcuni canali italiani, tra cui "Informal TV" che ha pubblicato il video sopra dei giornalisti scomparsi, subisce la stessa censura già da un po', e non è l'unico. Allora, siamo ancora convinti che i metodi comunisti siano solo un problema cinese?
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