lunedì 21 ottobre 2019

Gaffe nucleare della Nato

È un “segreto di Pulcinella”. Ma è anche la più madornale negazione della verità da parte dell’Alleanza Atlantica: bombe nucleari sono stoccate in Italia, Germania, Belgio, Olanda e Turchia, in violazione del diritto internazionale.



Un membro dell’assemblea parlamentare della NATO l’ha scritto per errore in un rapporto che è stato poi immediatamente ritirato. Che gli Stati uniti mantengano bombe nucleari in cinque paesi della Nato – Italia, Germania, Belgio, Olanda e Turchia – è provato da tempo (in particolare dalla Federazione degli scienziati americani) [1].

La Nato però non l’ha mai ammesso ufficialmente. Qualcosa tuttavia è andato storto. Nel documento “A new era for nuclear deterrence? Modernisation, arms control and Allied nuclear forces”, pubblicato dal senatore canadese Joseph Day, per conto del Comitato Difesa e Sicurezza dell’Assemblea parlamentare della Nato, il “segreto” è venuto alla luce. Attraverso la funzione “copia-incolla”, il senatore ha inavvertitamente riportato nel suo documento il seguente paragrafo (numerato 5), tratto da un rapporto Nato riservato:

“Nel contesto Nato, gli Stati uniti hanno dispiegato in posizioni avanzate in Europa circa 150 armi nucleari, in specifico le bombe di gravità B61. Queste bombe sono stoccate in sei basi statunitensi ed europee – Kleine Brogel in Belgio, Buchel in Germania, Aviano e Ghedi-Torre in Italia, Voikel in Olanda, Incirlik in Turchia. Nello scenario ipotetico che siano necessarie, le bombe B61 possono essere trasportate da aerei Usa o europei a duplice capacità”.


Accusando la Russia di mantenere nel proprio arsenale molte armi nucleari tattiche, il documento afferma che le armi nucleari dispiegate dagli Usa in posizioni avanzate in Europa e Anatolia (ossia in prossimità del territorio russo), servono ad “assicurare l’ampio coinvolgimento degli Alleati nella missione nucleare della Nato e quale concreta conferma dell’impegno nucleare Usa, per la sicurezza degli alleati europei della Nato”.

Appena il documento del senatore Joseph Day è stato pubblicato online, la Nato è intervenuta cancellandolo e ripubblicandolo poi in versione emendata. Troppo tardi però. Alcuni siti (anzitutto il belga De Morgen) l’avevano già registrato nella versione originale completa [2]. A questo punto, l’incauto autore è corso ai ripari, scrivendo sul The Washington Post che si trattava semplicemente di una bozza per la redazione di un rapporto dell’Assemblea parlamentare Nato, che sarà pubblicato in novembre [3]. Non ha potuto però negare quanto scritto nel paragrafo riportato dal rapporto Nato riservato.

Esso conferma quanto da anni documentiamo [4]: ad Aviano, caccia Usa F-16C/D sono pronti all’attacco nucleare con 50 bombe B61 (numero stimato dalla Federazione degli scienziati americani); a Ghedi-Torre, Tornado PA-200 italiani sono pronti all’attacco nucleare sotto comando Usa, con 20 bombe B61. Dal 2020, le B61 saranno sostituite dalle B61-12, destinate in particolare ai nuovi caccia F-35.

Tutto questo violando il “Trattato di non-proliferazione”, ratificato sia dagli Usa che dall’Italia e mentre il Parlamento si spacca sulla Tav, questa violazione viene tacitamente approvata all’unanimità.

C’erano gli F-35 nell’agenda segreta di Pompeo a Roma



Benché non ufficialmente, la vendita degli F-35 era nel programma del viaggio di Mike Pompeo in Italia. Anche la visita in Vaticano ufficialmente riguardava questioni teologiche, in realtà, verteva sulla mobilitazione della Santa Sede contro Cina, Cuba, Iran e Siria.

l caccia stealth F-35 si rendono invisibili non solo ai radar ma anche alla politica: nei comunicati degli incontri del segretario di stato Usa Mike Pompeo a Roma, infatti, non ce n’è traccia. Il Corriere della Sera rivela però che Pompeo ha richiesto all’Italia di pagare gli arretrati sui caccia acquistati e di sbloccare l’ordine per un ulteriore acquisto, ricevendo da Conte l’assicurazione che “saremo fedeli ai patti”. L’Italia si è impegnata ad acquistarne 90, con una spesa prevista in circa 14 miliardi di euro.

L’Italia non è solo acquirente ma fabbricante dell’F-35, quale partner di secondo livello, con Leonardo (già Finmeccanica) la maggiore industria militare italiana, di cui il Ministero dell’economia e delle finanze è il principale azionista. Ma mentre i guadagni vanno quasi interamente nelle casse di aziende private, le spese escono dalle casse pubbliche, facendo lievitare la spesa militare italiana che ha già raggiunto i 70 milioni di euro al giorno.

L’Italia ospita già oltre 30 mila militari e dipendenti del Pentagono in cinque basi maggiori e oltre 50 sub-installazioni, ma Mike Pompeo ha chiesto, negli incontri riservati, di poter installare in Italia altre basi militari (magari in cambio di qualche alleggerimento dei dazi Usa sul parmigiano italiano).


Inoltre, in un simposio del 1° ottobre in Vaticano, Mike Pompeo ha tenuto una “orazione” su “Dignità Umana e Fede nelle Società Libere”, affermando: “gli Stati uniti sono arrivati un po’ dopo San Pietro, ma da sempre hanno protetto la libertà religiosa e, con essa, la dignità umana”; ha inoltre accusato Cina, Cuba, Iran e Siria di reprimere tali libertà. Parole pronunciate, con sullo sfondo una grande croce, da un “sant’uomo” che, al momento di divenire capo della Cia, dichiarava al Congresso che avrebbe considerato “la reintroduzione del waterboarding e di altre misure di interrogatorio potenziato”, ossia della tortura. (tratto da: Osservatore romano)

Riferimenti:

[1] “MFA State Minister Hoyer Defends Withdrawal of Tactical Nukes, New CFE Initiatives“, ambassador Philip Murphy, November 12, 2009, source Wikileaks. “Non-Strategic Nuclear Weapons“, Hans Kristensen, FAS, May 2012.



[4] “Le 300 Hiroshima dell’Italia“, di Manlio Dinucci, Il Manifesto (Italia) , Rete Voltaire, 16 dicembre 2015.

Articolo di Manlio Dinucci

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