LO SCANDALO DELL’INCHIESTA SUI MAGISTRATI
CORROTTI PER PILOTARE PROCESSI E NOMINE
ARRIVA SINO AI VERTICI DELLA GIUSTIZIA E DEL CSM.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA HA VIGILATO
O DORMIVA SONNI TRANQUILLI ALL’OMBRA DEL PD?
__di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
Soltanto in Italia, e forse in altri pochi paesi del mondo sudamericano o africano sotto il controllo CIA, può capitare che il procuratore generale della Corte di Cassazione, massima autorità requirente della Repubblica Italia e membro di diritto del Consiglio Superiore della Magistratura, faccia lo “spione” per informare un collega togato delle indagini a suo carico approdate al CSM, organismo autonomo che dovrebbe essere, il condizionale è d’obbligo, di autocontrollo e sorveglianza sulle attività dei magistrati.
Le intercettazioni che fanno balzare agli onori della cronaca il nome del PG della Cassazione Riccardo Fuzio nelle indagini per corruzioni sull’ex consigliere Csm e presidente Anm (Associazione Nazionale Magistrati) non sono soltanto l’ennesima riprova della melma in cui sguazzano le toghe di alto livello, a dispetto dei loro colleghi che in migliaia di migliaia svolgono onestamente i loro lavoro. Sono la certezza che una matrice politica soggiace dietro la carriera anche di quei pubblici ministeri che dovrebbero essere imparziali di fronte alla legge da amministrare “in nome del popolo italiano”.
Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Così la tregenda infernale di rapporti tra politica e magistratura, soprattutto implicata con esponenti rossi del Partito Democratico, sta venendo pian piano a galla. Ciò avviene a distanza di pochi giorni da quando la Procura della Corte d’Apello di Messina ha confermato la proroga delle indagini a carico di due magistrati ritenuti ipotetici reponsabili del depistaggio delle indagini sulla strage di Via d’Amelio in cui il 19 luglio 1992 morirono il giudice Paolo Borsellino con cinque agenti della scorta.
Se a distanza di quasi 27 anni ancora non si conoscono i veri nomi di mandanti ed esecutori di quell’attentato dinamitardo dobbiamo ringraziare la Casta Togata che ha badato prima di tutto a proteggere sè stessa ed i propri colleghi sotto inchiesta: proprio come lo stesso procuratore generale Fuzio ha fatto con Palamara chiedendo al CSM la sospensione “facoltativa” dello stipendio per il magistrato accusato di gravi episodi di corruzione che avrebbero fatto finire dietro le sbarre qualsiasi altro cittadino della Repubblica Italiana. E col quale ora risulta implicato…
Ciò si scopre proprio nel momento in cui la mano dei democratici risulta essere stata complice di altri vergognosi reati come quelli sugli affidamenti giudiziari di bambini e minori strappati alle famiglie, con provvedimenti di giudici onorari nominati dal Ministero di Grazia e Giustizia sulla base dei criteri indicati dal Csm, per essere consegnati a comunità protette dove, secondo varie inchieste, tra cui l’ultima dei Carabinieri di Reggio Emilia, sarebbero avvenuti abusi e torture.
DALLE TOGHE ROSSE ALLE TOGHE MARCE
Cercando di nascondere e in qualche modo tutelare le conseguenze giudiziarie per le Toghe Marce la nomenklatura della magistratura italiana svela all’Italia ed al mondo due lapalissiane certezze: la legge non è uguale per tutti e l’influenza della sinistra nella politica della giustizia è tale da risultare uno scudo antiatomico capace di resistere ad ogni attacco.
Il sostituto procuratore Luca Palamara, ex consigliere del Csm e presidente dell’Anm
Alla luce delle ultime vicende in cui l’inchiesta sui presunti atti corruttivi del magistrato Luca Palamara si mescolano con i suoi tentativi di condizionamento delle nomine dei procuratori capo di Roma e Perugia e con i contatti con l’ex ministro del Pd Luca Lotti a giudizio per violazione di segreto istruttorio in merito alle spiate sulla pesante inchiesta Consip, viene da riflettere a fondo sulla raffica di indagini nei confronti dell’ex premier Silvio Berlusconi e su tutta la strategia di Mani Pulite del 1992 ed i suoi successivi sviluppi.
Da essi prese sempre più potere la corrente di sinistra dello scudocrociato e quella moderata del Partito Comunista di Giorgio Napolitano, accusato dall’ex premier socialista Bettino Craxi di ben conoscere il finanziamento illecito ai partiti. Lo stesso Napolitano che finì nell’occhio del ciclone per le intercettazioni, poi distrutte, con l’ex Ministro dell?interno Nicola Mancino nelle indagini sulle trattative Stato-Mafia.
Nel nuovo corso della magistratura post Tangentopoli ha svolto un ruolo fondamentale il pluriministro ex democristiano Sergio Mattarella che, da indagato assolto per una regalia di buoni benzina ricevuti da un mafioso siciliano, è divenuto Presidente della Repubblica e del CSM dopo essere stato nominato membro dell Corte Costituzionale in virtù della sua esperienza da avvocato e della sua veste da deputato del Partito Democratico, ma non sembra essere stato capace di cancellare le ombre del passato.
Quelle sui presunti orientamenti politici delle inchieste dei Di Pietro di turno,. quanto quelle di evidenti collusioni con esponenti della mafia, come Vito Ciancimino, di suo padre Bernardo Mattarella, introdotto alla carriera politica dai militari angloamericani dell’ex Cia (Oss) quando i servizi segreti Usa collaboravano con il boss dei due mondi Lucky Luciano.
Nonostante ciò oggi gli opinionisti del mainstream giornalistico sperano che sia proprio il presidente Mattarella a fare ordine e pulizia in un sistema di collusoni tra politica di sinistra e magistratura proliferato proprio grazie al Partito Democratico che può vantare nel Consiglio Superiore della Magistratura non solo il Capo dello Stato come presidente ma anche il suo vice, ovvero l’avvocato David Ermini, renziano di lungo corso e già responsabile della Giustizia all’interno del Pd.
Ermini oggi grida allo scandalo per le toghe sporche sospettate di plurimi episodi di corruzione ma egli stesso aveva già politicamente “assolto” il compagno di partito Lotti ritenendo che lo scandalo Consip, per gli appalti miliardari pilottati nelle forniture alla pubblica amministrazione dell’ente del Ministero del Tesoro, fosse soltanto una nuvola di cenere. Ma le relazioni pericolose emerse dalle intercettazioni tra il magistrato indagato Palamara, l’ex ministro Lotti presente ai summit con vari pm e giudici del CSM, ed ora persino le spiate del procuratore generale della Cassazioni svelano ben altro…
LE INTERCETTAZIONI SUL PROCURATORE DELLA CASSAZIONE
«Nei giorni scorsi il procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, ha chiesto la sospensione facoltativa dalle funzioni e dello stipendio di Luca Palamara, il pm di Roma indagato a Perugia per corruzione. Oggi, però, il nome di Fuzio compare – in un ruolo di assoluto protagonista – nelle nuove intercettazioni nella vicenda sulle nomine al Csm – scrive Il Fatto Quotidiano – Dai brogliacci che la Guardia di Finanza ha inviato al Consiglio Superiore della Magistratura su disposizione dei pm umbri, emergono le trascrizioni integrali dei colloqui avvenuti il 21 e 22 maggio scorso tra Fuzio e lo stesso Palamara, durante i quali l’alto magistrato (nonché membro di diritto del Consiglio superiore della magistratura) svela al collega indagato le notizie sull’inchiesta di Perugia. Del contenuto delle intercettazioni ne scrive il settimanale L’Espresso sul proprio sito. I due inoltre parlano anche del futuro capo dell’ufficio di Roma che dovrà succedere a Pignatone: “Il problema è lavorare sui numeri” sottolinea Fuzio. I due discutono, inoltre, dell’esposto del pm di Roma Stefano Fava contro i colleghi Paolo Ielo e Giuseppe Pignatone e affrontano il tema delle nomine dei procuratori capo della Capitale e del capoluogo umbro».
Il procuratore generale della Corte di Cassazione, Riccardo Fuzio, implicato nelle intercettazioni con il pm inagato Luca Palamara
«Da un colloquio captato dal trojan installato nel cellulare di Palamara, emerge inoltre che Fuzio informa il pm di Roma dell’arrivo al Csm delle carte della procura umbra ed in particolare dell’informativa redatta dalla Gdf in cui si descrivono i pagamenti effettuati dall’imprenditore Centofanti in favore di Palamara – riporta ancora il quotidiano – Quest’ultimo dice: “Perché almeno l’unico modo per controbattere l’informativa è poter darle l’archiviazione, se no che cazzo faccio giusto? Però rimane l’informativa che mi smerda… nessuno gli dice questa cosa qui, questo è gravissimo…qualcuno glielo deve dire, cioè o gli dici chiaro, sennò veramente io perdo la faccia… mi paga il viaggio, l’informativa non l’ho mai letta, non si sa di che importo si parla…qual è l’importo di cui si parla? Si può sapere. Cioè io non so nemmeno quanto è l’importo di cui parliamo”».
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Ulteriore fango a conferma dei sospetti di tutti quegli italiani che ritengono le alte sfere della magistratura fortemente politicizzate per l’attività delle correnti delle Toghe Rosse. Altra melma che va ad adombrare il lavoro serio, onesto, scrupoloso di molti magistrati. Come quelli di Roma, Perugia e Messina che per le inchieste Consip, Palamara ed omicidio Borsellino non si sono fatti remore a mettere sotto inchiesta i loro colleghi.
In tale contesto il presidente del Csm Sergio Mattarella, sotto la supervisione del quale sono accadute tutte queste vergogne di stato, non ha che un’unica via per ridare senso e dignità alla giustizia: dare le dimissioni da Presidente della Repubblica e dell’organo di sorveglianza e autocontrollo della magistratura che non ha saputo – o voluto – minimamente controllare.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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