Fonte: oltre la linea
Paolo Borgognone classe 1981, laureato in Scienze Storiche all’Università degli Studi di Torino, saggista e lavoratore del campo giornalistico ed editoriale. Collaboratore, tra gli altri, dei siti “Blondet&Friends”, “Controinformazione.info”, “Pandora TV”, e del quotidiano “La Verità”. Autore di diversi saggi sul sistema della (dis)informazione e sul fallimento della sinistra “radicale”. Importante anche il suo saggio “Generazione Erasmus. I cortigiani della società del capitale e la “guerra di classe” del XXI secolo” (Oaks Editrice, 2017).
Pensi che il movimento populista/sovranista, nazionale ed europeo, sia in grado di generare una nuova Europa? E che, anzi, sia proprio esso a generare una vera Europa, frutto di necessità “effettive”, come unire le innumerevoli nazionalità del continente alla luce di principî comuni, alti e condivisi, e che quindi non abbia nulla a che fare con l’Europa della moneta, dell’“economia al centro di tutto” e più in generale del “disvalore”?
Nel momento in cui le categorie antifascismo e anticomunismo saranno inequivocabilmente rimosse dal lessico e dall’immaginario politico di chi si proclama oppositore del regime neoliberale vigente, potranno sorgere nuovi soggetti in grado di realizzare l’unione del populismo e del sovranismo come blocco politico antiglobalista in grado di sfidare i banchieri internazionali e i loro lacchè nel ceto politico, accademico e mediatico occidentale.
I populisti sono infatti riusciti, come spiega il politologo Marco Tarchi, a individuare e recepire alcuni temi cari a un discorso che poteva essere definito, negli anni Settanta-Ottanta del XX secolo, di Nuova Destra e, oggi, di Nuove Sintesi oltre la destra e la sinistra, come «identità contro cosmopolitismo, popoli contro oligarchie, specificità culturali contro omologazione, ecc.».
Per questa ragione, io credo che l’attuale governo italiano (M5S-Lega) sia il meno peggiore che la storia repubblicana ci abbia riservato e, tuttavia, non si tratta di un esecutivo entusiasmante poiché, nonostante alcune prese di posizione effettivamente in controtendenza rispetto alle politiche di chi lo ha preceduto, rimane prono, spaventato e talvolta complice di fronte ai poteri finanziari che ne hanno determinato la possibilità di costituirsi. È anche vero che l’esecutivo “giallo-verde” non ha alcun interesse, non trarrebbe alcun vantaggio e sarebbe rovesciato immediatamente dai poteri di cui sopra se si ponesse effettivamente in un’ottica di scontro aperto con gruppi e apparati oligarchici di pressione internazionale spaventosamente più grandi e influenti di esso, come la NATO, Israele, le banche d’affari private anglo-americane tipo JP Morgan e Goldman Sachs, il FMI, la BCE stessa…
Dal punto di vista dell’elaborazione teorico-politica, non pensi che sia chiuso anche il capitolo del superamento della dicotomia destra/sinistra o di alleanza trasversale tra parti della destra e della sinistra? Non trovi sia il caso, dunque, di procedere con la creazione di una nuova sintesi che unisca a monte il “pensiero” che dovrà guidare un processo politico di trasformazione? Questo anche per evitare l’etichettamento, tipo “rossobruni”, che poi sarebbe la morte di una spinta propulsiva “teorica” perché inserisce il tutto in nicchie ideologico-politiche che, per quanto rivoluzionarie, possono essere addomesticabili, o comunque depotenziate.
Sì, è quello che sostenevo rispondendo alla domanda di cui sopra. Bisogna portare la sinistra a destra sul piano culturale e la destra a sinistra sul piano economico. E costruire l’ipotesi di nuove sintesi populiste/sovraniste che producano emancipazione dei popoli in lotta contro l’imperialismo del caos non soltanto geopolitico e finanziario, ma anche etico e morale. Ovviamente, per fare ciò occorre sbarazzarsi dei legami precedenti con le ideologie novecentesche, ovvero con il fascismo e con il comunismo, per poter combattere a fondo il nemico principale dei popoli in questo secolo, cioè il liberalismo, il capitalismo postmoderno e la società di mercato.
La categoria di popolo, in questo senso, dev’essere riportata alle sue origini metafisiche, ossia il popolo come prodotto concreto, realmente esistente, del Dasein, cioè dell’intelletto sovrarazionale, puro. In questo senso, la grande dicotomia contemporanea non si articola sulla linea di faglia destra/sinistra, né su quella città/campagna, bensì nella lotta senza quartiere tra il sovraumano (Dasein) e l’inumano (o post-umano, o addirittura trans-umano, cioè il liberalismo). Non a caso, in Italia, i liberali più estremisti, come quelli del defunto (ma puntualmente redivivo a ogni appuntamento elettorale) Partito radicale, hanno intrapreso, negli anni, una retorica distruttiva centrata sulla particella maligna “trans” (transnazionale, transpartito, transessuale, transgender, transumano, ecc.) con cui usavano storpiare a piacimento le identità.
Di fronte a questa prospettiva, i partiti e i movimenti, presenti e futuri, che si richiamano alle categorie del Dasein e del Geviert, devono unirsi, oltre la destra e la sinistra che sono ormai sprofondate nel baratro del globalismo e della biopolitica debilitante, per ricostituire il katechon, il potere costituente e di freno all’immoralità e alla mediocrità trionfanti. L’interprete politico primario dell’idea di katechon è certamente il Soggetto Radicale duginiano, ovvero l’imperatore occultato (il Mahdi nella tradizione islamica sciita), il sacro romano imperatore dormiente nella montagna incantata detta Kyffhäuser. Il Soggetto Radicale, il sacro romano imperatore occultato della saga di Kyffhäuser, non è una persona fisica ma un’intelligenza pura, un ideale organico di giustizia e verità.
Quando i patrioti della giustizia si ritroveranno e daranno vita a un blocco eterogeneo di legionari della ricerca del vero, cioè di guerrieri filosofi hegeliani ma anche heideggeriani e viceversa, allora l’imperatore occultato tornerà nel mondo e sopprimerà per sempre ogni forma di oppressione, arroganza e prepotenza. Naturalmente, le categorie storiche di destra e di sinistra hanno nulla a che vedere con l’antitesi odierna tra sostenitori e oppositori del transumanesimo e dei processi di disumanizzazione del mondo, tant’è vero che destra e sinistra sono state, sono e saranno, alleati imprescindibili per chi vuole costruire un mondo di ingiustizie. Destra e sinistra sono il frutto di un processo di separazione su basi contrapposte della società mentre la società o è organica o non è.
Pensi che questa “proposta” possa creare un paradigma “nuovo” che sostituisca il principio dell’“economia al centro di tutto”, e dunque ci si possa avviare ad una fase che rimetta le cose in ordine, per così dire, e quindi lo “spirito” e l’“idea” come guida di una “nuova Europa”?
Sì ma, come ripeto, siamo soltanto all’alba di una “rivoluzione populista” in Europa e i passi da fare sono ancora molti prima di poter stilare un bilancio in attivo di tanto lavoro. Il populismo italiano, leghista, è stato molto reattivo ma si trova, insieme al M5S, a dover fare i conti con un avversario temibile e sleale, ossia il partito dello spread. Questo partito è internazionale, di matrice cosmopolita-oligarchico, è guidato dai banchieri della BCE e del FMI, dagli speculatori dei fondi d’investimento privati transnazionali e dalle agenzie private di rating di Usa e Ue.
In Italia, questo partito ha dei manutengoli riprovevoli nel ceto politico, accademico e mediatico, anche tra gli artisti e i comici di regime. Sono quelli che ogni giorno ci ricordano le presunte e pretese, ma indimostrate, virtù “salvifiche” dell’euro e della Ue e che ci rimproverano perché, in fin dei conti, non siamo abbastanza liberal e clintoniani… I banchieri che hanno in mano gli Stati della Ue e l’Unione stessa tengono per le palle il governo “giallo-verde” e Salvini e Di Maio, sapendo di non avere la forza per attuare politiche espansive che siano davvero risolutive della crisi in corso, hanno delegato la trattativa con la Ue a dei tecnici neoliberali in doppiopetto che, a differenza dei leader leghista e pentastellato, non devono rispondere al giudizio degli elettori dei loro cedimenti e cambi di passo ideologico repentini.
Hai scritto un libro sulla generazione Erasmus (Generazione Erasmus. I cortigiani della società del capitale e la “guerra di classe” del XXI secolo, Oaks Editrice, 2017) che, sintetizzando, parla di questa nuova generazione come di una “nuova cortigianeria”, programmata, o meglio “formattata” prendendo in prestito un linguaggio a loro caro, sulle norme del competitivismo neo-liberale, dell’edonismo libertario, o forse sarebbe più corretto dire commerciale, e su tutta una serie di dogmi che sono tanto cari al mondialismo in atto (ideologia del progresso, fine delle frontiere, svilimento delle identità individuali e collettive). Non pensi che a questa generazione si opponga sempre più con forza la generazione del movimento sovranista/populista, ovvero dei dannati della globalizzazione, degli esclusi, ma forse soprattutto delle nuove élite illuminate che meglio di tutte si sono rese conto dello sfacelo “spirituale” della nostra era?
Il libro parla del conflitto di classe contemporaneo e si ispira al testo “La France périphérique. Comment on a sacrifié les classes populaires”, del sociologo Christophe Guilluy. È un lavoro dai contenuti incompatibili con quella che è la nuova morale immorale imposta dai ceti politically correct alle masse precarizzate come sorta di sovrastruttura ideologica del capitalismo liberale e, per questa ragione, non ha trovato alcuna forma di accoglimento presso i media mainstream.
Tutto questo per dire che non ci potrà essere alcuna coscienza politica e di classe fintantoché il mainstream sarà in mano ai guitti della società dello spettacolo e del giornalismo di sistema che ci ripetono all’unisono che dobbiamo, ogni giorno, rendere grazie alla BCE per ciò che ha fatto e sta facendo “per noi”. O gli oppositori del regime riescono a dar vita a media alternativi e performanti capaci di porre in discussione il dominio del mainstream ideologico liberale, o l’agenda del dibattito pubblico sarà dettata dai soliti noti, quelli che ci chiedono di sacrificarci per la continuità del regime internazionale di banchieri, investitori miliardari e speculatori.
Tra l’altro, il mainstream esercita, a tutt’oggi, forme di dominio senza egemonia perché i giornali sono in netta perdita (da 6 a 2 milioni di copie giornaliere vendute dal 2007 al 2018) e sono puntellati esclusivamente dai finanziamenti pubblici che ricevono e i talk show televisivi hanno un pubblico rappresentato, ormai, soltanto da pochi e indefessi aficionados da tifo politico-calcistico. Per cui, volendo, spezzare il dominio di chi non detiene alcuna forma di egemonia non sarebbe neppure difficile. Peccato che, dalla parte di chi si oppone, il settarismo e l’imbecillità che pullulano, a destra come a sinistra, impediscano di dare concretezza a tante buone intenzioni espresse da singoli o da gruppi meritori ma ristrettissimi e, soprattutto, il più delle volte pure in difficoltà dal punto di vista dei mezzi economici atti a finanziare le loro attività.
Sempre rimanendo sul tema gioventù, cosa pensi dell’altro pezzo della gioventù nostrana, che si rifà sostanzialmente sempre ai valori del globalismo, seppur nella versione radical e “socialisteggiante”… alludo a centri sociali e formazioni della sinistra radicale. Non trovi siano, in un modo o nell’altro, anche essi un supporto allo status quo?
Penso che sia sopravvalutata. Questa gioventù è rilevante sui media (ci credo, sono i pretoriani del regime…) ma è a sua volta vittima del complesso inestricabile di fragilità e debolezze psico-fisiche introdotte dal sistema per dominarli e per dominare. Per cui, il regime deve sapere, ma lo sa perfettamente a mio avviso, di essersi dotato di un esercito pretoriano di qualità scadente e numericamente irrilevante.
Nel momento in cui le cose dovessero realmente cambiare registro, la “Generazione Erasmus”, ne sono sicuro, non muoverà un dito per salvare il sistema che l’ha allevata, coccolata, fatta “divertire”, dominata e sfruttata. Rimarrà semplicemente chiusa in casa, tremante di paura, o si riallineerà al nuovo corso come se nulla fosse, alla chetichella. Il sistema, infatti, per difendersi da eventuali scossoni portatigli da contestatori incazzati di turno, farà ricorso a strumenti molto più collaudati e tristemente efficaci (golpe finanziario, mediatico, giudiziario e militare) che non il canto lamentoso belato ostensivamente da chi, in vacanza-studio permanente, chiede al sistema sopraccitato ciò che il sistema vuole gli sia chiesto, ovvero di dargli “più mercato”, “più divertimenti” e “più Europa”.
(a cura di Roberto Siconolfi)
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