Una fonte diplomatica confermava ai media che il progetto presentato da Mike Pompéo “di persona” è stato opportunamente seppellito e sostituito da un altro presentato dalla Russia che difende il dialogo politico, “inaccettabile” secondo Washington. Come previsto, il progetto statunitense di “Dichiarazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul Venezuela”, coll’intento di portare “pieno sostegno” all’autoproclamato presidente Juan Guaido, al posto del legittimo Presidente Nicolas Maduro, veniva bloccato da Russia e Cina. Lo scopo del testo era ottenere il sostegno della comunità internazionale a tale colpo di Stato dell’opposizione al fine, diceva, di ripristinare la democrazia e lo stato di diritto in Venezuela, col pretesto della mancanza di legittimità dell’ultimo processo elettorale nel Paese. Tali affermazioni nel testo nordamericano venivano rigettate dalla Russia che, col sostegno della Cina, interrompeva una procedura di silenzio coi 15 membri del Consiglio chiamati ad adottare il documento. Una fonte diplomatica confermava ai media che il progetto presentato dal segretario di Stato Mike Pompéo “di persona” veniva opportunamente seppellito, e sostituito da un altro presentato dalla Russia che invoca il dialogo politico, approccio inaccettabile per Washington, i cui sforzi erano mirati da diversi mesi semplicemente alla caduta di Maduro e del governo bolivariano.
Gli Stati Uniti erano in qualche modo confortati dall’approccio di Parigi e Berlino che, dopo un periodo di esitazione durante cui i due Paesi chiesero di negoziare, finiva per minacciare in una settimana di agire se Maduro “non indirà una nuova elezione”. Nel frattempo, il capo di Stato bolivariano ha incaricato il Ministro degli Esteri Jorge Arreaza di visitare le Nazioni Unite a New York per ripristinare “la verità sul Venezuela”. Va notato che durante queste giostre difficilmente diplomatiche, gli Stati Uniti erano l’unico dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza ad aver riconosciuto formalmente Juan Guaido “presidente” al posto di Nicolas Maduro. Né Francia né Regno Unito facevano tale passo, anche se espressero “sostegno” a Guaido, mentre Russia e Cina denunciavano con forza “interferenze estere”.
Imposte illegittimamente da Stati Uniti, Unione Europea e Paesi membri dell’organizzazione latinoamericana, le recenti elezioni presidenziali vinte da Nicolas Maduro esasperavano i sostenitori della sovversione del regime bolivariano. Così, l’oppositore autoproclamato presidente provvisorio rifiutava un’offerta di Maduro, appoggiata dal Messico, di essere pronto al “dialogo nazionale” ed incontrare Juan Guaido che rifiutava. Quindi sullo sfondo di intensi negoziati diplomatici e del suono allarmante degli stivali del gigante petrolifero in America Latina e nel mondo vengono tracciati scenari indicibili. Con la proposta del Messico di accogliere i due protagonisti della crisi per avviare discussioni venire prontamente liquidata, era difficile vedere come la crisi sia superata senza lo scontro brutale che subirà il popolo venezuelano mentre la ricchezza petrolifera verrà effettivamente confiscata. “Se le parti lo richiedono, siamo nella posizione migliore per aiutarli ad avere il dialogo”, proponeva il Presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador, il cui Paese è uno dei pochi in America Latina, a non avere riconosciuto Juan Guaido. Quest’ultimo sceglie consapevolmente lo scontro nella speranza del ribaltamento dell’esercito, per il momento mobilitato attorno le istituzioni legali. Criticando lo scenario, il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov accusava gli Stati Uniti di portare avanti una “politica distruttiva” in Venezuela. “Tutti noi vediamo gli appelli aperti al colpo di Stato”, dichiarava, indicando il comportamento “inammissibile” contrario alla Carta delle Nazioni Unite.
Gli Stati Uniti erano in qualche modo confortati dall’approccio di Parigi e Berlino che, dopo un periodo di esitazione durante cui i due Paesi chiesero di negoziare, finiva per minacciare in una settimana di agire se Maduro “non indirà una nuova elezione”. Nel frattempo, il capo di Stato bolivariano ha incaricato il Ministro degli Esteri Jorge Arreaza di visitare le Nazioni Unite a New York per ripristinare “la verità sul Venezuela”. Va notato che durante queste giostre difficilmente diplomatiche, gli Stati Uniti erano l’unico dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza ad aver riconosciuto formalmente Juan Guaido “presidente” al posto di Nicolas Maduro. Né Francia né Regno Unito facevano tale passo, anche se espressero “sostegno” a Guaido, mentre Russia e Cina denunciavano con forza “interferenze estere”.
Imposte illegittimamente da Stati Uniti, Unione Europea e Paesi membri dell’organizzazione latinoamericana, le recenti elezioni presidenziali vinte da Nicolas Maduro esasperavano i sostenitori della sovversione del regime bolivariano. Così, l’oppositore autoproclamato presidente provvisorio rifiutava un’offerta di Maduro, appoggiata dal Messico, di essere pronto al “dialogo nazionale” ed incontrare Juan Guaido che rifiutava. Quindi sullo sfondo di intensi negoziati diplomatici e del suono allarmante degli stivali del gigante petrolifero in America Latina e nel mondo vengono tracciati scenari indicibili. Con la proposta del Messico di accogliere i due protagonisti della crisi per avviare discussioni venire prontamente liquidata, era difficile vedere come la crisi sia superata senza lo scontro brutale che subirà il popolo venezuelano mentre la ricchezza petrolifera verrà effettivamente confiscata. “Se le parti lo richiedono, siamo nella posizione migliore per aiutarli ad avere il dialogo”, proponeva il Presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador, il cui Paese è uno dei pochi in America Latina, a non avere riconosciuto Juan Guaido. Quest’ultimo sceglie consapevolmente lo scontro nella speranza del ribaltamento dell’esercito, per il momento mobilitato attorno le istituzioni legali. Criticando lo scenario, il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov accusava gli Stati Uniti di portare avanti una “politica distruttiva” in Venezuela. “Tutti noi vediamo gli appelli aperti al colpo di Stato”, dichiarava, indicando il comportamento “inammissibile” contrario alla Carta delle Nazioni Unite.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
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